A Savigno, una sana sudata per pochi patiti
Savigno (BO), 17 luglio – E' stata la 26^ edizione della “Corri per un Amico”; negli anni d’oro, era la gara di bassa collina che nel bolognese si aggiungeva o contrapponeva a quella di pieno Appennino. Oggi pare invece che fosse l’unica, e nemmeno troppo frequentata: all’orario di partenza, fissato alle 8,45 senza deroghe (strano e coraggioso, in un podismo padano non competitivo dove ormai gli orari sono “da… a”) eravamo esattamente in 30. Iscrivendomi un quarto d’ora prima della partenza, mi è toccato il pettorale 225; sommando le 8 società più numerose delle preiscrizioni, si arriva ai 300 (ma è diffuso il vezzo di iscrivere un numero tot di podisti, poi chi viene viene e per gli altri si restituiscono i pettorali). A memoria, sono gli stessi numeri degli anni in cui Savigno era la camminata numero 2, la meno frequentata in provincia.
D’altronde, i competitivi vanno altrove, e i non competitivi non sono stati ancora recuperati dal dopo-o-durante-Covid (curiosità: qui a Savigno, circa 25 km da Bologna, risiede l’assessore regionale alla salute, che appunto decide il bastone e la carota per infettati o infettabili).
Non saprei chi sia l’Amico cui la gara è dedicata, ma personalmente ne ho almeno due da ricordare come legati a questa tranquilla piazzetta, con un ristorante intestato ad Amerigo 1934 (come lo zio di Guccini cui è dedicata una toccante canzone-poesia), un teatrino quale una volta l’avevano tutti i paesi, e un benemerito cesso pubblico come purtroppo non se ne vedono quasi più in giro, pulito, con acqua corrente e uno spiritoso cartello sullo sciacquone.
Dunque, i due Amici sono Angelo Pareschi, a lungo presidente del Coordinamento bolognese, e organizzatore della Bologna-Zocca che qui a Savigno aveva il suo traguardo intermedio dei 32 km (arrivavamo in discesa dalla Badia di Colombara e Mongiorgio, prendevamo un po’ fiato prima dei mitici 7 km di tornanti tra Savigno e Montombraro); e Antonio Mazzeo, un grande campione ultrarunner, che oggi farebbe 70 anni ma è morto esattamente quattro anni fa, il 21 luglio 2018. E mi fece l’onore (lui, primatista mondiale su varie ultradistanze) di accompagnarmi, appunto sui tornanti di Montombraro, sopportando le mie chiacchiere fino ad involarsi verso il vicino traguardo di Zocca.
http://podisti.net/index.php/cronache/item/3889-curno-bg-1-5-tutti-in-prima-con-antonio.html
Questo, sia detto con tutto il rispetto per l’Amico cui è dedicata ufficialmente la corsa. Che quest’anno cambia percorso, rispetto al solito giro calancoso sul versante ovest (quello appunto di Montombraro), e affronta invece le colline a est, verso Bologna, a destra del torrente Samoggia completamente secco (e se dico secco, non è un’iperbole come quella dei telegiornali che mostrano il Po che defluisce e dicono che è in secca: no, qui intendo che non c’è un goccio, un filo, un rigagnolo d’acqua, e potrei portarci il mio nipotino duenne a caricare i “tatti” sul suo “trak” sicuro che non si bagnerebbe nemmeno i sandalini, e se invece volesse riempire d’acqua il suo fàirtrak dovrebbe ricorrere alla fontanella del parcheggio auto).
Due percorsi, di 10 e 15 km “c.a.” (corrente anno, spiega il siglario dello Zingarelli), con partenza e arrivo ai 260 metri dell’ex capoluogo (adesso si è fuso con altri comuni limitrofi e la denominazione comune è Valsamoggia): come nella tradizione, è mantenuta una buona dose di trail, specialmente tra il km 3,5 (dove avviene la separazione dei due percorsi) e il 6,4, i 700 metri slm del monte Nonascoso, con una ascesa di 380 metri dei 490 complessivi che i Gps indicheranno, condotta su una ex strada della quale restano solo i sassi della massicciata e le buche profonde scavate dai trattori o jeep o fuoristrada.
Per fortuna, la temperatura non è infame (stiamo sui 28), e una parte della salita si svolge all’ombra; i più scelgono i 10, compreso Lucio Casali, tra i pochi modenesi presenti, uno che si è fatto il Cammino di Santiago e due giorni fa la Casaglia-San Luca appena sopra l’ora, dunque può anche rifiatare; a proposito, sorpassiamo un altro reduce, Giuseppe Cuoghi, che da terzo di categoria ha vinto una bottiglia di vino (pagandola, in sostanza, 15 euro più la trasferta), ma soprattutto “ho battuto Ivano”, il che gli basta.
Lo rivedremo venerdì prossimo a Bosco Albergati (vicino a casa sua e di Raffaella Carrà), in una delle poche camminate residue tra quelle che il Partitone bolognese organizzava in gran numero negli anni gloriosi di Prodi, e che come premio riservava una bottiglia di bianco frizzante (chiamarlo vino è un po’ esagerato), e una rosa rossa per le donne. Scopriremo venerdì se ci saranno ancora le rose rosse, o invece i crisantemi per la fine della gloriosa e “responsabile” avventura governativa in (tras)corso.
Ma torniamo all’oggi, alla quota 700 del monte Nonascoso, dove noi pochi salitori vediamo una vettura e due addetti: speriamo vanamente che ci sia un ristoro, che invece troveremo solo verso il km 8 (dunque dopo un’oretta di cammino), suppongo all’intersezione col percorso "corto" (già, qui non c'erano i ridicoli percorsini da 2/3 km che valgono soprattutto come pretesto per arrivare il prima possibile a rimpinzarsi al ristoro finale), quando il tracciato del “lungo” devia su un nuovo sterrato che lo porterà a raggiungere la dominante chiesa dell’Assunta di Merlano, con belle viste collinari, per scendere poi per tornanti asfaltati con pendenza del 18%, fino a un’ultima salita sterrata e discesa erbosa con vista finale su Savigno, il tutto a cumulare km 13,600 secondo il Gps.
Si arriva molto alla spicciolata (in genere, a gruppi di 3 o 4 camminatori, soprattutto camminatrici, insieme); il traguardo non è segnato ma bisogna entrare in un cortiletto per il ristoro finale e il rituale mezzo kg di pasta come pacco-gara, consegnando i pettorali mogli di sudore e spesso sbriciolati (per 2,50 di iscrizione: a Bologna stanno sempre 50 cent sopra Modena, fin dai tempi delle 1000 lire che qui erano 1500).
Benedetti siano la fontanella al parcheggio e i lavandini dei bagni pubblici: benedetti anche i savignesi (2800 in tutto nell’ex-comune, secondo l’ultimo censimento) per averci dato quello che potevano darci.
Il circo del podismo mediopadano riserva il prossimo appuntamento a un luogo che, se non ci fosse la corsa, il grande pubblico avrebbe diritto di ignorare: Cacciola, poco a nord di Arceto (RE), 300 abitanti con chiesa e sagra parrocchiale, dove ci si vedrà mercoledì 20 alle 19,45. Chissà se a quell’ora sarà de-finito il tormentone politico che agita i talkshow di questi giorni: crisi o non crisi? Il 2 ottobre voteremo (o il 4, martedì, come piace scrivere al Corriere della sera di oggi, p. 6, ad opera dell’autorevole Virginia Piccolillo), o potremo scegliere tra le maratone del Mugello, Montepulciano, Sacile o Rieti?
Personalmente penso che possiamo iscriverci tranquillamente alle gare, confortati in ciò da quanto si legge più autorevolmente sullo stesso Corriere a p. 5:
“La politica è sangue, merda e poltrona. Molti grillini vogliono restarci aggrappati. Vogliono portarsela dietro insieme al conto corrente… Dovete immaginare cosa possono provare molti di loro, diventati parlamentari per uno sfizio del destino, talvolta eletti solo coi voti di un condominio… La prospettiva di dover rinunciare non solo allo stipendio, ma ai velluti rossi e ai commessi che si alzano in piedi al loro passaggio, gli fa orrore”.
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