Valtournenche (AO), 2° White Peaks Skyrace in crescita
6 agosto – Dopo una prima edizione del 2021, sulla distanza unica di 32 km che aveva classificato 73 atleti, la valle di Cervinia si è ripresentata nel primo sabato di agosto, proponendo due distanze: i 31 km (con piccola modifica rispetto all’anno prima), dai 2000 metri di dislivello, e i 18 km, dichiarati con 1100 m D+. Partenza e arrivo a Maen, 1330 m di altezza, sulle rive di un lago artificiale il cui riempimento rende ottimisti e fornisce al termine un refrigerio ai nostri piedi ‘leggermente’ impolverati, con ottima disponibilità di parcheggi adiacenti, e contiguità con la festa del cibo di strada, la cui fruizione per gli iscritti era compresa nel prezzo del pettorale (25 e 35 euro a seconda dei percorsi). Si cominciava, quando il termometro segnava 14 gradi, con la risalita verso l’alta valle, sulla destra idrografica del torrente Marmore, ricco d’acqua come tutti i torrenti in zona (benedette anche le fontanelle freschissime in tutti i villaggi) e ripassato dopo circa 4 km, quando comincia la prima salita ‘seria’, che intorno al km 10 porta alla prima cima, 2359 metri in corrispondenza dell’arrivo della funivia di Salette (La Roisette).
Già questa differenza altimetrica, di oltre 1000 metri dalla partenza a questo intermedio, mette in dubbio che il D+ del giro ‘corto’ sia solo di 1100 metri. Basti pensare che già prima c’erano state salite e discese, intenzionali o no che fossero (vedi sotto), tant’è vero che dopo 2,2 km si era saliti di 200 metri, ma poi si è tornati grosso modo all’altezza del capoluogo di Valtournenche (1530 m) per risalire alla Salette; dunque i 1100 metri erano già fatti, pur essendo noi ancora a metà del giro ‘corto’.
Mentre quelli del ‘lungo’ svoltavano a sinistra, per la meravigliosa conca delle Cime Bianche (White peaks, secondo la pessima idea di inventare un nome inglese: e quanti angloamericani sono venuti a correre?), salendo di altri 800 metri fino ai 3166 della Gran Sometta, per poi tornare a Salette e da lì, in comune coi loro colleghi più ‘corti’, attraverso vari saliscendi lungo il meraviglioso sentiero panoramico 107, a raggiungere Cheneil (uno dei villaggi più incantevoli dell’alta val d’Aosta, a 2100 metri, e all’incrocio col sentiero del col di Nana, alias alta via n. 1 ben nota ai frequentatori del Tor des Geants e ai camminatori con zaino in spalla); e da lì avviarsi in discesa verso Valtournanche salvo una deviazione finale di circa 3 km per raggiungere Maen attraverso un sentiero nel bosco, con pendenze fino a 25 gradi (che significa una pendenza del 55%).
Doveroso partire dai vincitori: sul percorso lungo è stata una lunghissima volata, o se vogliamo un arrivo trionfale in coppia, tra i due compagni di squadra Climb Runners Alessandro Ferrarotti (29 anni) e Francesco Nicola (26), con vittoria a spalla del primo in 3.47:41; a 30 secondi è giunto il terzo, Maurizio Basso, che deve aver recuperato assai nel tratto finale perché quando mi ha superato, grosso modo a 4 km dall’arrivo, aveva un distacco ben superiore (infatti era passato dall’intermedio con un minuto dalla coppia di testa). Degli altri, mi piace segnalare il 9° posto di Marco Bethaz, il più anziano dei primi coi suoi 58 anni, non solo perché era tra i pochi reduci della prima edizione (dove era giunto sesto), ma perché al traguardo l’attendevano la mamma e la sorella Milena, grande e sfortunatissima campionessa di trent’anni fa, compagna di tante “Martze a pià” in queste contrade.
Tra le donne, ho assistito in diretta (avendo finito da poco il percorso ‘corto’) all’arrivo di Marina Cugnetto in 4.22:54, 13° posto assoluto, e quasi un quarto d’ora di margine sulla seconda Margherita De Giuli, compagna di squadra dei due vincitori uomini. Ritengo invece che sia venuta qua per fare una passeggiata la plurititolata Francesca Canepa, giunta solo 52^ in quasi 5 ore e mezzo.
114 gli arrivati, dunque con un netto incremento sul 2021; cui si aggiungono i 73 classificati della esordiente 18 km (17,5 circa secondo i Gps, che però dichiarano 1350 metri di dislivello), regolati tra gli uomini dal 27enne Stefano Vota, 1.55:02 e due minuti e mezzo sul ‘ragazzino’ diciassettenne Erik Brunod. Anche qui, la prima donna risulta 13^ assoluta: Elisabetta Negra, 36 anni, 2.19:52, una quarantina di secondi sulla 31enne Martina Baronio, altra rappresentante dei Climb Runners.
Fin qui, i “front runner”, come è venuto di moda dire adesso, su istigazione di uno che ha la fronte molto spaziosa; poi tutti noi, fino alle 6 ore abbondanti degli ultimi due, ‘salvati’ nonostante il tmax fosse fissato in 5 ore; e alle 8.23 circa degli ultimi tre del lungo (dove peraltro il tmax era di 9 ore). Ma sembra che una metà circa abbia denunciato uno sbaglio di percorso, che l’ha allungato ‘a discrezione’ e forse aggravato altimetricamente. Secondo la ricostruzione degli organizzatori, intorno al km 3, quando il sentiero iniziale si immetteva nell’Alta via n. 1 in direzione Cignana, qualche malintenzionato aveva tolto la freccia che indicava la direzione da prendere a sinistra (cioè in su, per mantenere lo stesso versante), cosicché la maggioranza di noi, orientandosi a vista con l’occhio sulla funivia di Salette, si è diretta invece a destra in discesa giungendo in centro di Valtournenche, e da lì arrangiandosi per recuperare la strada giusta (che in genere era ottimamente segnata, soprattutto con provvidenziali bolli arancione sui sassi). Alla mia altezza, abbiamo sbagliato in tre, tra cui Nadia, per essere esatti Nadiya Fesyuk, 35enne ucraina da tempo residente in Piemonte. In ogni caso, niente di paragonabile a quello che si dice sia capitato alla Maratona delle Dolomiti pochi giorni fa, tra sospetti di bici elettrificate o tagli di percorso o autostop (ciclisti, avete imparato dal Passatore?).
Noi duri e puri, dopo qualche meditazione sulle paline segnaletiche, abbiamo infine ritrovato il sentiero 20 che (per quanto mi riguarda, con l’ausilio della ‘scopa’ dei 31 km, un abituale frequentatore del Tor des Geants), nei 3 km più pendenti del tracciato ci ha portato alla Salette, sede del ‘cancello’ e di un ristoro quanto mai ricco.
Lì è finita la sofferenza e cominciato l’idillio: mancavo da questa conca dal 2010 (quando preparai qui il quarto UTMB, quello drammatica dell’interruzione causa meteo terrificante, la ripresa su percorso ridotto a circa 100 km, con sole iniziale e altra bufera sul col Ferret, cui però seguì la Bovine non terribile come le altre volte, a confronto di ciò che avevamo passato nei km precedenti); e in quella balconata ho capito come mai, per 36 estati consecutive, fossi andato, cocciutamente, banalmente, a passare le vacanze in Val d’Aosta. Mi si sono inumiditi gli occhi pensando a quello che è stato e forse non sarà più (ovviamente anche oggi ero nettamente il più vecchio in gara); ma poi è stato necessario asciugarseli e guardare bene a terra, perché la discesa su Maen è stata, come anticipato, la parte più tecnica del giro.
E Nadiya mi aveva detto poco prima che il suo amico ortopedico è stanco di riparare ginocchia di trailer che se le sono mangiate saltando sui sassi in discesa: non è però il mio difetto, dato che in discesa non sono mai riuscito a stare sotto gli 8:30 a km, e che i camosci della 31 passassero pure volando e atterrando ogni 3-4 metri. Perché correre e lasciar svanire in fretta gli spettacoli della natura?
Comunque arriviamo quasi tutti (i ritirati si contano sulle dita di una mano), prontamente annunciati dal caratteristico speaker locale che lavora a fianco dei cronometristi di Wedosport. Verso l’una la temperatura sta già a 26, e il ristoro finale, ricchissimo (fontina, torte, frutta ecc.), è stato molto gradito anche per la dotazione senza fine non solo di acqua fresca, ma di birra (alcoolica) e coca, che poi abbiamo integrato sui tavoli della festa gastronomica a fianco. Non erano previste docce, ma mi è stato cortesemente permesso di usufruire dei servizi del camping Glair (di cui ero stato ospite mezza vita fa). Qualche gadget utile nel pacco gara (oltre alla maglietta griffata); tra questi non suscita particolare simpatia l’integratore “CR7”.
Ciò nonostante, si riparte dando il poudzo a tutti: pochi km sotto, nel comune di Antey, il termometro segna già 30, che saranno 33,5 al casello di S. Vincent, e 35 a Piacenza. Allarmato da un titolo del Corsera (29 luglio, p. 25: “il grande Po non esiste più”, perché si avvicina alla “soglia psicologica dei 100 mc di portata”), verifico la “psicologia” del Po al passaggio autostradale, trovandolo comunque in buona salute (nessuna spiaggia: a parte che io sulle spiagge del Po ci passai l’agosto 74 e nessuno gridava alla secca e alla morte del fiume). Ma si sa, i giornaloni front-runner devono pur trovare titoloni; noi più modestamente ci accontenteremo del vecchio motto militare, “Cousta l’on ca cousta, viva l’Aousta”.
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