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Set 12, 2022 1313volte

Tra Sassuolo e Campogalliano, prove di sofferta normalità modenese

A Campogalliano, Gabriele, Evaristo & C A Campogalliano, Gabriele, Evaristo & C Roberto Mandelli

10-11 settembre – Il fine settimana modenese, come sempre minacciato da un maltempo che sta solo nelle Sacre Scritture dei Corazzon e Bruscagin, è parso insolitamente ricco di offerta nel campo delle non-competitive o (come le si chiamavano nei primi tempi, “maratone popolari”). Correre al sabato e domenica era cosa che capitava prima del Covid; e stando al calendario, andrà ancora meglio nella settimana appena cominciata, con appuntamenti nel modenese mercoledì, venerdì, sabato e domenica.

Ma forse gli indigeni non se ne danno ancora per intesi, cosicché i numeri stentano a decollare; oppure bisognerà rassegnarsi a quantità meno reboanti: un po’ come i giornaloni che si sono adattati a vendere 150mila copie al giorno se va bene, mentre vent’anni fa arrivavano a 700mila, eppure nei talkshow continuano a pontificare come facevano vent’anni fa; e Massimo Giannini, romano costretto a tifare Juventus per ossequio alla Razza Padrona, buca lo schermo a getto continuo senza far sapere che da quando è direttore la sua testata vende diecimila copie in meno, e rispetto a otto anni fa ha dimezzato la tiratura.

Insomma, mal comune mezzo gaudio; o piuttosto, rassegnamoci che le vacche grasse, se mai ci sono state, adesso sono alquanto dimagrite; anche le vacche podistiche.

Eccoci comunque, fiduciosi, sabato 10 alla periferia nord di Sassuolo per la quarta edizione del Corri in Croce Blu (ripresa dopo chissà quanti anni di interruzione), che ripercorre le zone di un’antica gara abbinata a un festival del giornale oggi arrivato alla fatale quota di zero lettori, e in un certo senso prende le veci di un’altra corsa, a breve distanza, abbinata a una sagra parrocchiale, e che addirittura si permetteva il lusso di un Brighenti speaker.

Adesso fa quasi tutto la famiglia Casolari con la podistica Sassolese, ovviamente col supporto dell’associazione cui è intitolata la gara, e basta un altoparlante a pile per comunicare l’essenziale.

Le 15,30 sono decisamente presto per correre in questa stagione, e all’orario ufficiale saremo, a dir molto, una cinquantina. Da elogiare il fermo proposito di non propinare il ristoro finale né distribuire il premio-gara prima che sia trascorso un quarto d’ora dal via: è il minimo sindacale per arginare il malvezzo dei giri attorno all’isolato camuffati da corse.

Il totale degli iscritti arriva a 190, stesso numero della Badia bolognese del giorno prima: forse solo Lucio ha partecipato a entrambe. Da notare anche come la quota di iscrizione sia bloccata alla ‘vecchia’ cifra dei 2 euro, e i conti sono presto fatti: speriamo che l’austerity in arrivo lasci un angolino di futuro a iniziative benemerite ma un tantino tagliate fuori dai tempi grami.

Percorso gradevole, con un inizio trail fra le brughiere del Secchia e qualche montarozzo di detriti ora inerbati (comunque, meglio non scavare troppo dalle parti di Sassuolo); poi ci si instrada lungo la risaputa ciclabile di destra Secchia, ombrosa fino al casotto dove ante Covid natum si celebravano le spaghettate e grigliate delle società podistiche (sembra un’altra epoca, quando ci veniva Ermanno Fioroni, e tra i più attivi era Giuliano Lamazzi, volontario Pubblica assistenza, scomparso nel 2016 ed al quale oggi è intitolato il “Memorial”). Poi si gira a sinistra per il ritorno, un po’ più assolato, verso l’Ancora e la zona di partenza, con un totale di 6,7 km. Premiazioni di società impostate sul vino, e (come da antica tradizione) il Cittanova è il gruppo più numeroso.

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La truppa non agonistica e non trailer (per gli uni, in zona c’erano le 21 di Parma e di Guastalla, per gli altri le corse di Roteglia e del Lago Santo, su cui preannuncio una chicca da queste colonne) si dà appuntamento domenica mattina, allo strano orario delle 8,45 (8,15 per i camminatori), a qualche km da Campogalliano, per la 12^ Verdelaghi: bel giro grossomodo a forma di 8, prevalentemente sugli argini che separano le province di Modena e Reggio e avrebbero lo scopo di difendere il capoluogo geminiano dalle inondazioni del Secchia (ogni tanto ci va sotto qualche casolare o trattoria della zona, come è sempre stato dai tempi in cui l’argine verso città era regolarmente più alto di quello verso campagna).

Qui gli iscritti sono 650, una bella cifra – direi, la più alta in provincia di tutto l’anno – anche se è meglio non pensare a quanti erano appena tre-quattro anni fa; la quota è passata ai 2,50 euro, come il Coordinamento, obtorto collo, lascia liberi di fare. Non tutti i partecipanti espongono il pettorale, ma abbiamo fiducia che l’abbiano “sotto” (sebbene Gelo Giaroli, che in qualità di bancario sa fare i conti, stima in un centinaio il numero di quelli che si aggirano a sbafo). L’organizzazione è in mano a Gabriele Gualdi e ai suoi, e funziona egregiamente, anche se i parcheggi sono sottodimensionati (per colpa del comune, mica di Gabriele) e costringono chi arriva in auto a una camminata supplementare.

Dei “sassolesi” di ieri rivedo Lucio (anzi, ripeto che per lui è un triplete considerando la Badia di venerdì; mentre Giangi fa solo doppietta perché dopo Badia aveva saltato l’Ancora, dove il metanauto è passato, orrore, da 0,86 a 2,26 al chilo), Pivetti, Rambo Benassi, i coniugi Rossetto, Morena Baldini ed Elisa “Teidina”.

In più, arriva in tutto il suo splendore non artefatto (a differenza della **) la supermaratoneta Greta Massari, 170 maratone ufficialmente riconosciute per un totale di 2650 km percorsi; poco dietro lei appare il consocio Mastrolia, 253 maratone accreditate, a torso nudo ma infinitamente meno sexy di lei (bisognerebbe però chiedere il parere all’altra metà del cielo).

A me fa istruttiva compagnia la presidentessa Emilia Neviani, che trascinandomi a 6’/km lungo i 10,900 del percorso ‘lungo’ mi informa sugli oneri ormai insostenibili per gli organizzatori (cominciati ben prima del Covid, con la circolare Gabrielli dettata dall’onda emotiva delle stragi islamiche in Francia e del caos alla mancata festa juventina per una Champions che non arrivò), sulle gare che alzano bandiera bianca, sulle tristezze per le persone che vengono meno: penso al dottor Franco Furini, medico condotto di Campogalliano, varie presenze a New York, e morto meno di un anno fa, a 67 anni, dopo un investimento subìto in bicicletta.

Sfilano altri ex protagonisti delle 42, ora appagati in più miti consigli: Fabietto da Castelfranco, Ivaldo e William (protagonista, per chi ha la memoria lunga, di uno sprint con Rossano Brevini sulla pista di Klagenfurt all’arrivo della maratona del Woerthersee). C’è anche Micio Cenci, finissimo costruttore di chip (magari, il vostro bancomat ne ingloba uno suo) che dopo tanti ultratrail italo-svizzeri adesso predilige le corse di nicchia, quelle snobbate che alla fine assommano 20 partecipanti; poi il vigile veterano Pavesi da Carpi, e infine Massimo Bedini che sfoggia una divisa da Interforze (a proposito, oggi anche Eugenio Di Prinzio calza le scarpette da corsa).

“Vai tranquillo”, Valentini, che anche oggi il premio del gruppo più numeroso lo incamera la tua Cittanova, con 98 iscritti, davanti alla storica casa-madre della Madonnina (con 60) e al giovane gruppo Run&Fun di Mohamed Moro (54).

Accontentiamoci di quello che viene, del domani non v’è certezza, e forsan et haec olim meminisse iuvabit.

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