Cinque Mulini, la più vecchia e la più a misura di Master
San Vittore Olona, 15 gennaio – Entrando in paese per la storica strada del Sempione, il cartello che annuncia l’ingresso sottotitola ai/alla Cinque Mulini, la principale, forse unica bellezza paesaggistica del luogo (ma suggestivi sono anche il vecchio birrificio, oggi spazioso e amichevole ristorante, e la vecchia fabbrica tessile dei Visconti di Modrone, probabilmente anche antichi proprietari del mulino oggi Meraviglia) oltre alla cattedrale che compie 100 anni esatti.
Nessun dubbio che la campestre (ovvero cross) dei Cinque mulini sia la più antica, arrivando alla 91esima edizione: onore al Campaccio e al suo inventore Livio Mereghetti, di cui ricorre l’anniversario della morte in questa vigilia della 91^ Cinque Mulini, ma appunto ci sono 25 edizioni, un quarto di secolo di differenza. Poi, molto bello l’accordo tra le due gare per un’iscrizione abbinata a soli 20 euro per noi amatori (altrimenti, 12 per la singola, con un pacco gara non disprezzabile, integratori vari, maglia o calze a scelta, e una bella medaglia di finisher): buoni rapporti tra vicini, con lo stesso hotel che serve da campo-base per la mia società e non solo. E se per quanto riguarda le gare assolute internazionali, siamo più o meno pari quanto ad arrivati, intorno ai 140, per gli “amatori” la Cinque Mulini non ha rivali, avendo raggiunto i 600 classificati contro i 450 del Campaccio: quasi mostruoso il contingente dei 295 partiti nella prima batteria riservata agli over 50, e se posso fare un critica, la salita sull’argine dell’Olona, dopo poche centinaia di metri, ci ha costretto praticamente a fermarci in attesa che chi stava davanti finisse di salire quei tre metri verticali, appena un zinzino scivolosi, lasciando spazio al nostro turno.
Come avete capito, io non ero tra i 450 ma tra i 600, e tra le tante ragioni che mi hanno portato a questa scelta (legate al calendario personale) quella forse decisiva me l’ha fornita la presenza di Roberto Mandelli, i cui due cannoni fotografici alla Cinque Mulini sono sempre ben graditi (come quelli di tanti altri fotografi, professionisti e dilettanti) mentre all’altra corsa potrebbero entrare solo dietro schedatura, identificazione, battesimo cresima e obbligo di non pubblicare più di 30 foto perché la Premiata Ditta deve lucrare sui 450. La tradizione di queste parti, da Carlo Porta a Dario Fo, da Cochi& Renato (Puli puli pulipù fa il tacchino…) a Jannacci e Beppe Viola, usa il simpatico invito “va a dà via i ciapp”; non lo faccio mio, ma a me i regimi di esclusiva non piacciono, e spendo i miei soldi in altro modo che intasando l’hard disk di foto che non guarderò mai più.
Eccomi dunque il sabato (dopo bei passaggi a casa Testori di Novate, al santuario della Madonna di Saronno, e perfino a Desio, rimpiangendo di non avere un’allenatrice come Emanuela Maccarani che mi facesse dimagrire) all’albergo-quartier generale di San Vittore, dove Mandelli mi fa trovare persino le sue scarpe chiodate tacco 12, casomai volessi cimentarmi. Ahi ahi i due mignolini (ho una mezza misura in più di piede), magari sento se il mio calzolaio le mette “in forma”.
Segue, nella piazza davanti al Duomo, la presentazione degli atleti più talentuosi, puntualmente descritta dall’alto della scala mandelliana, ai cui piedi si assiepano tutti i più bei nomi del giornalismo sportivo lombardo, da Brambilla & Perboni a Bragagna
https://podisti.net/index.php/component/k2/item/9676-14-01-2023-san-vittore-olona-mi-cinquemulini-presentazione-atleti.html, e tanti dei bambini che hanno corso nel pomeriggio. Alle spalle, distribuzione di vin brulé e cioccolata calda: devo rinunciarci? quel che non ammazza, ingrassa.
Ed eccoci domenica mattina, giornata grigia ma senza timori di pioggia. Zona del ritrovo chiusa al traffico, ma si parcheggia bene a 2-300 metri (io peraltro ci vado a piedi). Un po’ laboriose le procedure per il ritiro pettorali (che non era previsto alla vigilia), un po’ striminzito lo spazio per cambiarsi, così non mi resta il tempo per provare a fondo le scarpe mandelliane, e visto il fondo quasi asciutto opto per quelle da trail. All’ingresso nella zona di partenza, in una spunta a mano che va per le lunghe, qualcuno si vede controllata e rifiutata la scarpa, suppongo per le dimensioni dei chiodi, poi i controlli diventano più sommari perché il tempo stringe, e il via sarà puntualissimo in modo da arrivare giusti per le gare élite dopo mezzogiorno.
Ci si ritrova fra vecchi compagni di tapasciate e di maratone: ecco don Franco Torresani, sempre indaffaratissimo e quasi ansioso, ma arriverà 13° assoluto, secondo M 60 a 6” da un coetaneo e corregionale (al Campaccio aveva vinto lui). Per quelli del mio livello bisogna scendere più giù, lasciando stare Fabio Fiaschi da Firenze, troppo più forte sulle distanze brevi, mentre la lotta è col “veterinario” Andrea Dinardo (non chiamarmi così!, diceva mentre correvamo la prima Milano Marathon con don Gregorio Zucchinali lungo il lazzaretto manzoniano), e con Antonio Brillo (mio compagno a Interlaken per la maratona più bella del mondo).
Niente da fare, resisto solo fino all’argine, poi mi daranno un minuto abbondante. Vabbè, c’è gloria per tutti, fino agli ultimi assoluti Cerello e Iacoboni, che vanno a premio come primo e secondo M 85 (Iacoboni era stato primo al Campaccio).
La vittoria assoluta è arrisa ad Andrea Burlo, M 50, con 13:54 (sui 4,200 un pelino scarsi), seguito da Roberto Pedroncelli primo M 55 (lo era già stato al Campaccio) a 8 secondi. Due nostri valorosi modenesi, Gentile e Sargenti, sono 8° e 9°, appena davanti al primo M 60 Maurizio Leonardi (15:02). Con 16:31 arriverà il primo M 65, Francesco Mazzilli, primo anche al Campaccio; con 17:47 il primo M 70 Aurelio Moscato, con 20:22 il primo M75 Maurizio Chirico, con 22:26 Aldo Borghesi primo M 80 (come al Campaccio), compagno Road Runner di Brillo, che deve cedergli il passo.
Ci godiamo un percorso vario e bellissimo (non ho una grande esperienza, ma tracciati così entusiasmanti, col passaggio all’interno del doppio mulino sfiorando anche il Cozzi, il ponte sull’Olona da fare nei due sensi, l’argine dove in teoria potresti anche scivolare in acqua, non li ho mai visti altrove). Si arriva, confortati da medaglia e tè caldo (per i prescelti dalla sorte anche una mantellina argentata), le foto di Mandelli sceso in fretta dalla torre dei -75 e che ad un certo punto per farmi uno scatto dal vivo si mette a correre al mio fianco (ai 5:40/km); poi di nuovo ai box per prendersi il meritato sfottò dal Veterinario e gli immeritati complimenti dalle ragazze dell’équipe, rivestirsi, e assistere alle evoluzioni dei nostri confratelli più giovani M 35-45, ben 192.
Abbiamo in campo addirittura il presidente Alberto, che in partenza è buttato a terra e quasi calpestato dalla mandria, ma applicando a sé il programma di ripresa e resilienza si rialza e arriverà 123°. Vince un SM 45, già secondo di manche al Campaccio, Simone Paredi, col tempo abbastanza stratosferico di 20:17 (sui 6 km circa), 14” davanti al primo M 35, Stefano Clemente (che al Campaccio aveva vinto), mentre il primo M 40, Pierluca Armati, già terzo assoluto nella sua manche al Campaccio, qui è quarto assoluto in 20:39.
Poi tocca alle signore, giustamente in una manche di sole donne, senza il disturbo dei maschi che hanno già fatto la loro strada. Straordinario risultato della vincitrice, Primo (Carla) di cognome e di fatto, F 50, che con 15:15 (sui 4,2) sarebbe arrivata 15^ assoluta tra i maschi (e già aveva vinto la sua categoria al Campaccio). Quasi un minuto dopo arrivano, praticamente insieme, la prima F 45 Monica Vagni e la prima F 35 Cristina Ballabio; quinta assoluta sarà la prima F 40 Cinzia Cucchi (pure lei già vincitrice al Campaccio) in 16:27.
Faccio il campanilista per segnalare l’exploit coniugale di due neosposi Modena Runners: l’ottavo posto assoluto di Fabrizio Gentile si accoppia al 4° posto F 35 (17^ assoluta) della fresca moglie Elisa Ragazzi. Dopo le dinastie Battocletti, May-Iapichino, Ottoz-Calvesi, chissà che da Modena non venga qualche bella sorpresa… Intanto, la sfida Modena-Bologna tra F 50 si risolve a favore della modenese Chiara Mezzetti (la dietologa che ha rimesso in forma Alessio Guidi, 14 kg in meno) su Valentina Gualandi (cui forse Chiara suggerirebbe di metter su qualche chilo), 19:05 contro 20:22.
Senza la sorveglianza della dott. Chiara, andiamo a mangiare polenta, salsiccia e gorgonzola in paese, per tornare al campo dove Mandelli continua imperterrito a fotografare le gare giovanili. Finché mamma Rai dà il permesso di cominciare le due gare-chiodo (clou in francese), con 6 minuti di ritardo, pecca involontaria di un’organizzazione tempisticamente perfetta. Rifaccio il giro del percorso, inseguito dalle grida degli addetti che vogliono tenere una zona di rispetto verso i corridori anche nei prati attorno: se ero più sveglio esibivo la tessera chiedendo l’accredito stampa, e mi facevano entrare anche dentro le transenne; l’ideale era mettersi sull’argine di fronte al mulino Meraviglia, dove un pescatore con la canna sta indisturbato da ore, ma il massimo concesso a un uomo qualunque è la vicinanza al ponte, che garantisce la vista del doppio passaggio di tutti, valutando i distacchi e al limite dando il 5 ai meno impegnati, quelli che non passano col rantolo da orgasmo ma respirano tranquilli e dispensano sorrisi.
Potete immaginare il tifo per i due Crippa, mentre per le nostre donne c’è stata una breve illusione per Giovanna Selva ed Elisa Palmero, molto carine ma troppo più ‘deboli’ di fronte alla vincitrice Chebet (che, senza offese o allusioni, sembra un maschio, mentre la seconda ha tutti i requisiti della bella ragazza, per non parlare della silhouette della etiope quarta).
Ho tifato per l’ultima, sentendola più vicina al mio tipo di piazzamento, Sara Toloni, maglia verde della Recastello, che all’ultimo ponte aveva raggiunto e superato la penultima, un’altra Sara, che però alla fine la riagguanta e batte seppure con lo stesso tempo.
Forse non aspettano nemmeno il loro arrivo (Rai imperat?), per dare il via agli assolutissimi, col contrattacco di Yeman Crippa che al secondo giro sembra prendere la testa, e rimarrà in scia fino alla fine (per favore, la smettiamo di ‘obbligarlo’ a fare il record in maratona? Chissenefrega dei record, meglio le medaglie!); e piace non di meno il fratellone Neka, che sembrava destinato a essere comprimario e invece con una progressione costante arriva quinto, a due secondi dal terzo. Anche qui, sento miei consanguinei gli ultimi, doppiati due o tre volte su cinque giri. L’ultimissimo è 8 minuti dietro il penultimo, quando danno il rompete le righe e posso raggiungere il traguardo dove Mandelli fotografa le premiazioni, lui è ancora lì che gira sul percorso divenuto zona di passeggio, e finirà quasi in 50 minuti (a me sembravano di più, ma la classifica dice così e mi arrendo).
Tel chì el Mandelli cui spettano (senza escludere nessuno, ma il Migliore è lui) le foto delle premiazioni e dell’intervista a Crippa (ritardata, ancora causa Rai): si distrae un minuto e mi fotografa ormai incappottato, coi capelli bianchi che escono da un berrettino ricevuto alla maratona di Zermatt venti o trent’anni fa, poer vecc. Ma prima di appendere le scarpette al clou, certe esperienze bisogna farle. Se torno, uso le sue chiodate, e chissà se batto il Veterinario di tutte le guerre.
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1 commento
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Martedì, 17 Gennaio 2023 07:29
inviato da Fabrizio Sandrelli
Anch'io amo le campestri. Purtroppo non ho mai partecipato alla 5 mulini (solo a qualche cross di Villa Lagarina), ma il racconto è più vivace e interessante di qualsiasi cronaca televisiva.
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