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Lug 27, 2021 Massimo Muratori 2339volte

Stelvio Marathon: quanto pesa un pettorale?

Stelvio Marathon: quanto pesa un pettorale? Marina Muratori - Roberto Mandelli

24 luglio -Tornare a scrivere di gare trail dopo 20 mesi fa sicuramente un certo effetto… A onor del vero la “mia“ Stelvio Marathon era quella dei marciatori con possibilità di utilizzo  dei bastoncini e senza classifica finale, per me una sorta di  warm up/giro di prova per capire quanto il ginocchio balordo, che al trail del Monte Casto 2019 e al successivo trail di Portofino aveva mollato, avrebbe tenuto, e dove sarei potuto arrivare.

Ventuno km e cento metri la distanza, 2.100 il dislivello positivo da Prato allo Stelvio al Rifugio Garibaldi, posto 90 metri sopra il passo stesso, giusto al confine tra Italia e Svizzera. Rifugio edificato negli anni sessanta sulle rovine del vecchio albergo svizzero bombardato durante la guerra.

Praticamente una lunghissima salita con forse un km tra falsipiani, e discesa quello che mi serviva per non stressare troppo le giunture in discesa.

http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/7470-prato-allo-stelvio-bz-4-stelvio-marathon.html

Vengo alla cronaca personale: partenza alle 7,15,con 45 minuti di vantaggio sui corridori veri, saremo ad occhio un 60 persone (58 all’arrivo), riscaldamento zero metri (tanto di marcia si tratta), allenamento di 12 km con 800 metri di dislivello, fatti con calma domenica scorsa. Partenza con un po’ di groppo in gola, ovviamente di corsa dietro al gruppetto dei primi 8/10 “ velocisti “, ma passano 300 metri e sono già in affanno. Meno male, inizia la salita, ma perché perdere il treno e farsi raggiungere subito dal gruppo? apri i bastoncini e tieni il passo dei tempi buoni, controlla che il Garmin sia partito, non quello da polso che mi ha abbandonato da tempo bensì quello cartografico da escursionismo che ho nella taschina dello zaino, estrai, controlla : ok funziona, hai fatto 600 metri e sei completamente fuori giri, respiri come un mantice e fra tre minuti a questo ritmo le gambe saranno fritte.

Calma e gesso: rallento e cerco di rimettere le cose a posto, ci vorranno un paio di km per inserire una velocità di crociera adatta alle mie possibilità, se qualcuno sorpassa nessun problema; il mio scopo è arrivare in cima in 7 ore e trequarti (tempo massimo), prima che si sbaracchi tutto.

Si sale in maniera decisa ma su un sentiero di tipo “ autostradale” alternato da tratti di strade carraie praticamente piatte, è in questa prima parte che si trovano gli unici tratti di discesa: appunto sulle menzionate carraie  anche il più accanito dei marciatori non resiste alla tentazione di correre, nemmeno io sfuggo alla regola e, se non proprio di corsa posso parlare, almeno un passo da riscaldamento riesco a tenerlo per alcune centinaia di metri, venendo staccato e sorpassato da corridori da 6’ al km dove agevolmente si potrebbe volare ai 3’50”; piccola soddisfazione la ottengo quando la carraia torna a essere sentiero, se non tecnico, almeno sassoso:  quel po’ di km fatti in passato mi permettono di recuperare terreno e posizioni su titubanti atleti/e dal passo non proprio sicuro. 

Si arriva al paese di Stelvio con un primo fornito ristoro e un gran tifo degli organizzatori e dei pochi spettatori presenti; sto bene e il motore adesso gira al giusto regime mentre le gambe non danno segni di ribellione. Affronto di nuovo la salita e cerco di godermi la sensazione di avere un traguardo da raggiungere su un sentiero di montagna con panorami che, pur se in parte nascosti dalle nuvole, ripagano dello sforzo fatto. Non sono in gara se non con me stesso e il mio ginocchio, e ho quel  “522” stampato su un foglio con il mio nome che mi sbatte sulla pancia appeso alla cintura elastica: ma quanto può pesare un foglio di carta?!

Secondo ristoro , mangio e soprattutto bevo visto il caldo e l’umidità, poi penso ai 35 gradi della pianura e mi rincuoro, estraggo di nuovo il gps: sono quasi 10 km in meno di due ore, una iniezione di fiducia; sono vicino a metà percorso e la  speranza di farcela in 6 ore mi concede 4 ore per i prossimi 11 km, che so essere molto più impegnativi di quelli già percorsi.

Se fino a qui avrei parlato, nei tempi andati, di una ecomaratona o tuttalpiù di un “trailino”, da qui in avanti la componente trail si farà più marcata con 5/6 km di vera arrampicata su sentieri finalmente tecnici e impegnativi come pendenza, con alcuni tratti “ valdostani“ su sentieri-non sentieri,  spesso su rocce, che mi hanno ricordato l’ascensione alla “Crenna dou  Leui“ che salendo dal Lago Chiaro attraversa la montagna per scendere al Colle della Vecchia poco dopo la metà percorso del “Tor de Geants”. 

Il sentiero monotraccia a mezza costa sale decisamente e numerosi sono i concorrenti competitivi che mi superano, concedendomi peraltro quelle soste di pochi secondi che mi hanno permesso di tenere a bada crampi sempre incipienti. A un punto di controllo chiedo a un giovane volontario del Soccorso Alpino quanto manca: 5 km, e 500 metri di salita, la risposta; anche se in realtà siamo solo 200 metri di quota sotto l’arrivo,  ma ci aspettano molti su e giù. Bene per i 5 km, meno bene per i 500D+ ; ma testa bassa, anche per il vento, e proseguiamo; al successivo punto di controllo i km rimasti sono tre e non credo assolutamente di essere salito più di 100 metri: o l’indicazione era sbagliata o mi aspetta un inferno di salita: fortunatamente la prima ipotesi era quella giusta.

Poco prima del termine della salita un gruppo nutrito di spettatori fa un tifo allegro e rumoroso incitando i concorrenti al leggerne il nome sul pettorale; ringrazio e svoltando per la montagna nell’ordine succede che: un vento fortissimo mi investe in pieno, in lontananza vedo le costruzioni del Passo Stelvio illuminate da un sole pieno in un raro momento di sereno, realizzo che ormai ce l’ho fatta, mi metto a piangere.

Mi aspettano poco meno di tre km che saranno tra i più belli che ho corso in 13 anni di trail: due anfiteatri immensi a picco sui tornanti che salgono al passo percorsi da un sentiero a mezza costa su un pendio fatto di sassi fini; e qui si sviluppa in me una sorta di dicotomia tra gambe e testa, le prime che essendosi risparmiate fino a quel punto vogliono correre; la testa che cerca di tenerle a freno perché tre km sono lunghi e mollarci adesso sarebbe sciocco. Risultato 100, 200, 300 mt di corsa e poi camminata per un paio di minuti, e via di nuovo 100 metri e stop fino al secondo anfiteatro che è in salita. Qui la testa ha la sua rivincita: “te l’avevo detto! “.

Altri 10/12 minuti e ci siamo: mancano meno di 500 metri: testa , gambe, chi scrive di nuovo con le lacrime agli occhi, tutti d’accordo, tolgono i freni andiamo a passare il traguardo in 5 ore e 2 minuti. Non chiedevo tanto.

Marina, come sempre , mi aspetta al traguardo: tutto a posto!

Se qualcuno mi leggerà, spero non resti deluso da questa, non cronaca di una gara ma resoconto di una esperienza che ha suscitato in me sensazioni raramente provate prima: confido di non aver annoiato.

 

Informazioni aggiuntive

Fotografo/i: Comitato organizzatore

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