Maurizio Lorenzini
appassionato di atletica, istruttore Fidal e runner
Discovery Kenya - Live report from Kenya Cross Country
Un viaggio piuttosto lungo, tre voli per raggiungere Eldoret, complessivamente sono quasi 24 ore.
E cosa fa un podista per smaltire la fatica? che domanda…corre! o almeno ci prova. Già, perché a queste altitudini (2100 metri) si fa fatica persino a camminare. Mi dico che è solo l’effetto della stanchezza, del cambio del clima, che domani sarà meglio…forse.
Il mio albergo, un simil resort, è spartano secondo i canoni europei, in realtà l’unica cosa che manca è una buona connessione internet. E’ posizionato poco fuori la città di Eldoret.
Il 28 gennaio è il grande giorno , si è corsa oggi la 27^ edizione del Discovery Kenya Cross Country, a poca distanza dalla città ,la più importante gara di corsa campestre in Kenya; hanno partecipato davvero tutte le categorie giovanili, fino ai senior donna e uomo, rispettivamente sulle distanze di 8 e 10 km.
Uno spettacolo unico, indescrivibile. Il comitato organizzatore è composto tanti grandi atleti ed ex atleti, uno su tutti: Paul Tergat. Conoscevo le sue capacità tecniche, ora ho scoperto anche il grande uomo che c’è dentro.
Il percorso, articolato su un giro da 2 chilometri, è sostanzialmente piatto e veloce, anche se non mancano proprio le curve. Molti lo hanno corso a piedi scalzi e le scarpe chiodate le vedo apparire solo con gli Under 20, e nemmeno tutti le calzano. I tempi di accredito sono notevoli, al femminile mediamente sono pari a 3’20/km, al maschile intorno a 3’/km.
Gabriele Rosa (la Rosa & Associati organizza la manifestazione unitamente alla Athletic Kenya Central Rift), coordina, vigila, dirige con discrezione tutte le fasi di una manifestazione complessa, eppure tutto gira bene.
Difficile trasmettere le emozioni vissute in questa giornata; è una sorta di nostro Campaccio, però alla radice quadrata, qui le categorie partono da Under7 (corrono 500 metri). Spettacolari questi bambini, molti sono scalzi, altri hanno calzature assolutamente improbabili per correre (lo fotografie che pubblicheremo ne danno ampia prova).
Nel pomeriggio si forma un gruppetto di runner del gruppo che qualcuno ha già definito il “Rosa Team” (ma lui, sarà d’accordo?): andiamo sulle famose strade rosse, non si trova un metro di piano, tantissime le ondulazioni e il fondo è molto “variegato”. L’atmosfera è a suo modo magica, persone che vivono in condizioni davvero difficili, ma al tuo passaggio tutti ti sorridono e ti salutano, i bimbi in particolare, ti dicono "how are you" se gli rispondi in genere non sanno più cosa altro dire, ma è bellissimo.
Mille altre cose da scrivere e descrivere, rimando tutto ad un possibile diario di bordo, al mio ritorno.
IL VIDEO
Trieste: il mio trail della Bora, senza Bora
Probabilmente non sarò mai un vero trailer ma questa esperienza mi è piaciuta davvero tanto. Intendiamoci, tra il vasto menù ho scelto la soluzione meno complicata, “S1 Half” di 21 chilometri, quindi niente lunghe distanze e dislivelli esagerati, ma proprio per questo ho potuto apprezzare al meglio le caratteristiche di questa specialità.
Un approccio, quindi, relativamente tranquillo, un trail easy, che probabilmente il direttore di questo sito definirebbe “trailino”. Non mi manca l’abitudine a correre fuori strada, appena posso vado su sterrati e sentieri boschivi, anche se qui le cose sono un po’ più complicate. Difficile trovare tratti di vero falsopiano, si sale e si scende in continuazione, peraltro su fondo molto scivoloso causa la pioggia dei giorni precedenti. Alcuni passaggi ti scordi di correre ma anche quasi di camminare decentemente. Benvenuto nel mondo dei trail…qualcuno potrebbe dire.
Ciò che mi ha particolarmente colpito di questa Corsa della Bora è stata l’organizzazione, in particolare per quanto riguarda il pre e il post gara siamo su livelli eccellenti; non so proprio come vadano le cose in simili manifestazioni, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza, punto cruciale quando si corre in certi contesti. Alla Corsa della Bora raccomandazioni e consigli scritti e ripetuti sino alla noia, assistenza continua lungo il percorso, ristori ben forniti. Tanti volontari nei punti critici, alcuni addirittura attrezzati con corde. Ma prima ancora di correre, bus che ti raccolgono ovunque per portarti alla partenza… insomma, la promessa “vieni a correre a Trieste, alla Corsa della Bora, a tutto il resto ci pensiamo noi” è perfettamente mantenuta.
Il percorso: si parte da Opicina, più precisamente dall’Obelisco, eretto nel 1830 in onore di Francesco I. Non piove, alla faccia delle previsioni, ma Tommaso de Mottoni “deus ex machina” del comitato organizzatore, raccomanda prudenza e ancora prudenza, i partecipanti sono attesi da un fondo particolarmente scivoloso. Il “race guide”, uno dei tanti accessori obbligatori da portarsi appresso (oltre a liquidi, cellulare, torcia elettrica, etc) dice che alla fine si scenderà da 300 metri fino a livello del mare, tuttavia descrive minuziosamente anche tutto quello che succede nel mezzo, fino ad assommare 500 metri di dislivello positivo.
Dopo i primi 300 metri di salita a freddo, poco gradita, il percorso prosegue in leggera discesa e facilmente corribile sino al km 5; si corre sul crinale, attraversando diversi tratti boschivi davvero belli, che di tanto in tanto aprono alla bella vista sul golfo di Trieste. Da qui e fino al km 10 il percorso diventa impegnativo, difficile trovare piano, falsopiano o fondo facile. Poco dopo la graziosa cittadina di Santa Croce (dove è situato uno dei tre ristori) si trova un tratto di discesa piuttosto impegnativo, un primo test per capire come stanno le gambe. Personalmente le mie …. non si lamentano, corro abitualmente su sentieri boschivi, con salite e discese, e questo certamente aiuta. Invece provo un po’ di disagio causa la totale desuetudine a correre con lo zaino.
Dopo il km 15…mi perdo, e con me un piccolo gruppo di altri partecipanti; ero in un tratto di corsa facile, rilassato e, molto banalmente, sono andato dietro a quelli che mi stavano davanti, e con me …quelli che mi venivano dietro. Uno di questi, per sua stessa ammissione, stava seguendo il percorso del 2017, che proprio in quel punto era stato modificato. Pazienza, non avevo nessuna velleità agonistica per questo mio primo trail. Ci abbiamo messo un po’ a ritrovare la retta via, in effetti in quel bivio c’erano delle fettucce attaccate alle piante, sia nel punto specifico che pochi metri dopo la deviazione, probabilmente ero troppo rilassato e poco abituato, mentre corro, a capire la direzione da prendere.
“Il finale suggestivo…tutt’altro che scontato” (come promesso nelle comunicazioni) in effetti è stato una faticosissima sorpresa: una picchiata verso la spiaggia, attraverso un bosco con pendenze severe e con tanto fango da non riuscire letteralmente a stare in piedi. Poi una spiaggia di sassi e massi ed infine la risalita verso Visogliano, un centinaio di metri di dislivello da superare con le gambe che ormai si rifiutano di avanzare. Il passaggio a Portopiccolo, un lussuoso complesso residenziale a Sistiana, mi fa pensare: sono indeciso se si tratti di un fantastico posto oppure di un altrettanto fantastico pugno in un occhio in un bellissimo tratto della costa. Finalmente l’arrivo al Bora Village, un centro direi bene attrezzato ad ospitare l’arrivo di questa manifestazione.
Bene, mi porto a casa questa bella esperienza, le gambe gridano ancora vendetta, del resto queste corse, su questi percorsi, vanno adeguatamente preparate. Magari sarà la volta proprio nel 2019.
Trieste - S1 Trail la Corsa della Bora
Non è stata un’edizione “della Bora”. Questa terza volta dell’evento di trail running, organizzato da ASD SentieroUno, c'è stata la beffa dallo scirocco. Giornate miti, umide e nebbiose, per quel che riguarda il meteo. Ma forse anche per questo è un’edizione che ha registrato un’ulteriore crescita e un successo di partecipazione, essendo riuscita a far concludere la propria prova ad oltre 900 atleti (con 70 atleti ancora in gara al momento che vi scriviamo) sulle quattro distanze competitive da 8, 21, 57 e 167 chilometri.
I vincitori di Ipertrail-167km sono Luca Guerini e Maria Elisabetta Lastri, che hanno concluso sostanzialmente con lo stesso tempo 28:56:56. Michele Piatto ed Enrico Viola, entrambi atleti di casa, sono risultati rispettivamente secondo e terzo con il tempo di 30:11:36 e 31:50:08. Al femminile il secondo posto per Cristiana Follador, già vincitrice della prima edizione, che ha chiuso in 33:03:24. Roberta Peron è la terza classificata in 44:04:02. Al momento che vi scriviamo siamo in attesa della terza donna. Una gara durissima, condotta in autonomia, senza punti di ristoro, con al loro posto una cassa con dentro cibo e cambi, trasportata dall'organizzazione a basi-vita ogni 20km. Niente tracciatura del percorso, ma una traccia gps da seguire e un sistema di tracking satellitare che ha consentito all'organizzazione di monitorare costantemente la posizione. Condizioni rese ancor più dure dal meteo, tra rovesci piovosi, nebbia fitta e zone innevate nel cuore della Slovenia.
Il viaggio di S1Trail-57km è iniziato stamattina alle 7.30; in 400 si sono presentati sulla linea di partenza a Pesek. Un percorso ancor più duro da una variante resasi necessaria per questioni di sicurezza, che ha portato i concorrenti a guadare tre torrenti nella prima metà del percorso a cavallo tra Slovenia, Val Rosandra, Monte Carso e Draga S.Elia. Da lì tutto il ciglione carsico, con spettacolare vista sul Golfo di Trieste, poi il passaggio sulla spiaggia di ciottoli e rocce e l’ultima impietosa salita per raggiungere il traguardo al Bora Village a Visogliano. Il tedesco Florian Reichert ha vinto in volata sull’italiano Luca Carrara 5:07:05 e 5:07:06 rispettivamente i tempi registrati. Al terzo posto un altro tedesco, Matthias Dippacher, 5:12:52. In campo femminile prima assoluta la bergamasca Lisa Borzani che ha chiuso in 6:22:34 davanti alla slovena Simona Dolinar Majdic (6:25:59) e l’italiana Francesca Scribani (6:31:59).
Il record di presenze si è registrato su S1Half-21km con 568 iscritti e 463 classificati. Un continuo saliscendi su sterrato affacciato sul mare dall’Obelisco di Opicina a Visogliano, reso insidioso dalla scivolosità delle rocce. Il più veloce è stato Alessio Milani, in 1:53:26, che ha dato un significativo distacco ad Enrico Pusin che ha chiuso in 2:02:39. Terzo gradino del podio per Enrico Dal Farra con 2:05:26. Prima classificata è Michela Miniussi (e 18 assoluta) che ha vinto in 2:21:34, secondo posto per la slovena Manja Zebre, 2:30:33 che ha prevalso di pochissimo sull’austriaca su Eva Kaplan (2:30:37). Infine, la nuova distanza competitiva di questa edizione, S1Just, gli 8km panoramici sul sentiero Rilke e nella Riserva Naturale delle Falesie di Duino, organizzata in collaborazione con Trieste Atletica. L’austriaco Leon Fian ha vinto la prova in 34:41, secondo l’italiano Andrea Marino (36:21), a seguire Pietro Spadaro (39:33). Tra le donne, Amina Bizmana ha completato la sua prova primeggiando in 44:57. Al secondo posto Samatha Cossio (47:58); al terzo Anna Tadiello (50:56). La novità di quest’anno sono stati anche gli eventi non competitivi: le marce FIASP attorno al Monte Ermada, la passeggiata con giochi per i cani “S1Dog” gestita dall’UCIO, l’escursione in Val Rosandra guidata dal CAI Muggia e la visita alla Grotta Valentina del Gruppo Speleologico San Giusto. Non solo trail dunque, ma un invito a vivere il Carso con le numerose opportunità che offre anche d’inverno per trasformarlo in un nuovo epicentro dell’outdoor invernale. E con questo obiettivo, appuntamento al 2019!
Milano Marathon 2018: novità e riflessioni
Si correrà il prossimo 8 aprile la 18^ Maratona di Milano, dopo un’edizione 2017 da numeri davvero importanti, non solo in termini di partecipazione (5303 classificati, + 42,59% rispetto al 2016), ma anche di performance. Il keniano Edwin Koech Kipngetich, con 2:07:13 ha fissato il nuovo limite della maratona più veloce mai corsa in Italia.
Ora ci sono i presupposti per fare ancora meglio, vediamo di fare il punto della situazione e di capire cosa succederà nel 2018. Ne parliamo con Andrea Basso, coordinatore generale della maratona di Milano; l’intervista che segue è lunga, d’altra parte le novità sono molte ed è opportuno descriverle bene. E poi viene dato anche un importante sguardo attorno alla Maratona di Milano, un contesto da considerare e valutare con attenzione.
Marathon Village, la nuova sede è parsa decisamente all’altezza della manifestazione.
Era da un paio d’anni che sentivamo la necessità di un cambio di location, per dare slancio al villaggio e metterlo in condizione di espandersi negli anni futuri, seguendo il percorso di graduale e costante miglioramento che abbiamo intrapreso per l’evento.
Con Milano Congressi abbiamo trovato una sinergia importante, per far crescere il Marathon Village da un lato, e per far conoscere le potenzialità dell’area espositiva milanese ad un pubblico allargato di cittadini dall’altro. È stata una scelta di medio-lungo termine, perchè probabilmente solo dall’edizione 2020 tutta l’area di City Life, contigua al MiCo e al Marathon Village, sarà apprezzabile, e “sfruttabile”, nella sua veste definitiva.
Per il momento i feedback sono stati positivi, la prima edizione in una nuova sede serve sempre a “prendere le misure” e infatti quest’anno cambieremo qualcosa per cercare di utilizzare meglio gli spazi disponibili e offrire a maratoneti e visitatori un villaggio ancora più vivibile.
Intanto da quest’anno sposteremo anche la School Marathon nella zona, anticipandola al sabato, per due motivi. Il primo è tecnico: con i numeri che ormai ha raggiunto (oltre 6.000 tra bambini e accompagnatori) sarebbe impossibile gestirla in sicurezza negli stessi spazi destinati alla maratona e alla staffetta. Il secondo è che vogliamo dare più visibilità all’evento e, nel contempo, offrire la possibilità a chi correrà domenica di divertirsi con i propri figli al sabato, prima di andare a ritirare il pettorale.
Sembra che Milano cominci ad accettare la maratona.
Meglio tardi che mai! Milano è una città complicata, sempre assorbita nella sua frenetica voglia di “fare”, di “produrre”... però è anche una città capace di aprirsi al nuovo e di reinventarsi, più di qualsiasi altro luogo in Italia, in questo momento. Questa mentalità, unita al fatto che a Milano ci sia una massa critica enorme di runner (magari non ancora intercettati dagli eventi competitivi e non), ci ha sempre incoraggiato nella convinzione che prima o poi la situazione sarebbe cambiata.
D’altra parte è innegabile che i tanti, troppi, cambi di percorso e di data che hanno segnato le prime 9 edizioni non abbiano certamente aiutato. Siccome non ci sono azioni in grado di modificare da un anno all’altro il tipo di “accoglienza” che una città riserva alla propria maratona, quello che abbiamo fatto è puntare proprio sulla continuità.
Stabilità di percorso e di data, quindi, perchè sapere che a inizio aprile nella tua zona c’è la maratona aiuta a non farsi trovare impreparati. E poi migliore comunicazione preventiva, con cartelli di preavviso posizionati almeno due settimane prima sulle strade interessate dalla gara.
Ma soprattutto, l’affiancamento della maratona con la staffetta prima, e con la school marathon poi, ci ha permesso di coinvolgere un numero crescente di milanesi (direttamente i runner e indirettamente le loro famiglie) e secondo noi questo fattore ha avuto grossa influenza sul cambio di atteggiamento di Milano nei confronti della Milano Marathon.
Sia chiaro, Milano non è New York (e magari non lo sarà mai), però i segnali positivi ci sono tutti e possiamo dirlo proprio basandoci sui resoconti di chi la maratona l’ha corsa.
E a proposito di cambi di data c’è il “capitolo concomitanza” con Maratona di Roma, che la gente fatica a capire….
Non stento a crederci, faticano a capirlo gli addetti ai lavori, figuriamoci i runner!
Su questo argomento siamo molto sereni, sappiamo di avere la coscienza a posto. Dal 2010 al 2012 la Milano Marathon è stata la seconda domenica di aprile (con posticipo di una settimana in caso di coincidenza con la Pasqua). Dal 2013 la data si è stabilizzata alla prima domenica di aprile (sempre con la possibilità di posticipare di una settimana per evitare la sovrapposizione con la Pasqua). E lo stesso sarà per il prossimo futuro, con date già richieste a FIDAL.
Nel medesimo periodo la Maratona di Roma si è disputata la terza domenica di marzo fino al 2013, per poi passare per due anni alla quarta. Nel 2016 c’è stato il “salto in avanti” alla seconda di aprile, giustificato dalla situazione straordinaria del Giubileo e sul quale non abbiamo avuto nulla da obiettare. Il problema è che poi invece di tornare a marzo, la gara della capitale ha scelto anch’essa la prima domenica di aprile come propria data.
Questo cambiamento ha causato l’attuale sovrapposizione, che andrà avanti fino al 2019. Nel 2020 Roma anticiperà all’ultima domenica di marzo per evitare la concomitanza con la Domenica delle Palme, situazione che precluderebbe il transito in prossimità del Vaticano.
La decisione “salomonica” della FIDAL è nota: se due eventi dello stesso livello chiedono la stessa data, e accettano la sovrapposizione, la Federazione non ha nulla da obiettare. Dal punto di vista pratico, abbiamo visto che la concomitanza è sostenibile: Milano è cresciuta del 43% sugli arrivati, Roma ha perso qualcosa, ma poco. Il problema è nel percepito del pubblico, a livello nazionale, ma soprattutto internazionale.
Una precisazione che ritengo importante: per noi la data della prima domenica di aprile è sostanzialmente obbligata: la maratona è incastrata tra Stramilano e Salone del Mobile, e il Comune (giustamente) impone un “cuscinetto” (cioè un week-end libero) tra gli eventi. Quindi, uno spostamento della maratona creerebbe problemi a cascata sulla città (senza nemmeno andare a considerare quelli sul calendario FIDAL). Anche volendo cambiare data (e ci abbiamo pensato...) non è possibile farlo senza lo spostamento congiunto di altre realtà.
Alla fine, l’unico approccio positivo che possiamo avere è quello di concentrarci sul nostro prodotto, migliorarlo e fare in modo che sia sempre più interessante per i runner. Sugli altri fattori, allo stato attuale, non c’è la possibilità di intervenire.
Nel 2017, a parte il record, è un po’ mancata la battaglia dietro, con qualche buco di troppo nella fascia 2:15-30, e lo spettacolo ne ha un po’ risentito.
È vero: lo scorso anno si è deciso di puntare sul risultato cronometrico del vincitore piuttosto che sulla qualità complessiva delle prime 10-15 posizioni di classifica. La decisione “ha pagato” perchè siamo riusciti a far registrare la miglior prestazione all-comers italiana, che era il nostro obiettivo, tra l’altro con un riscontro cronometrico che avrebbe anche potuto essere migliore se Koech non si fosse trovato a fare gara solitaria dal 30° km in poi.
D’altra parte, il budget che abbiamo a disposizione per gestire la gara élite impone di fare delle scelte: non si può avere il “tempone” del vincitore, e allo stesso tempo ottimi tempi nelle posizioni di rincalzo, così come non si può avere una gara femminile della stessa qualità di quella maschile. Tenendo a mente questo presupposto, credo che negli ultimi anni sia stato comunque fatto un ottimo lavoro di “costruzione” della gara.
L’obiettivo per il futuro è di aumentare gradualmente l’investimento economico (montepremi, ingaggi, bonus, ecc.) su questo aspetto, che riteniamo qualificante per la gara sul piano internazionale. Sia chiaro, non “romperemo il salvadanaio”... la nostra politica è di migliorarci anno dopo anno, mantenendo l’attuale Silver Label della IAAF per poi puntare alla Gold in prospettiva.
Per il 2018 ci piacerebbe “abbattere” la barriera delle 2h07’ con il tempo del vincitore, cercando al contempo di avere maggiore “profondità” di risultati. In parole povere, se lo scorso anno abbiamo avuto 9 atleti classificati sotto le 2h30’, ci piacerebbe che questo numero almeno raddoppiasse, se non qualcosa in più. E nella nostra testa la fascia dalle 2h15’ alle 2h30’ dovrebbe essere riempita dagli atleti italiani...
Anche perchè nel 2018 la maratona di Milano sarà il punto di riferimento, al maschile, in vista degli europei di Berlino, la gara dovrebbe essere scelta da molti atleti italiani, ci sarà un occhio di riguardo per loro?
Credo che la Milano Marathon offra un contesto ideale (percorso, logistica, periodo dell’anno, ecc.) a chi vuole provare a migliorarsi. Mi piacerebbe molto se nei prossimi 2-3 anni la nostra gara si potesse affermare come quella “giusta” per chi cerca il tempo, il nuovo personal best. Anche e soprattutto per gli atleti italiani, in particolare quelli che corrono nella fascia di cui abbiamo parlato prima, dalle 2h15’ alle 2h30’.
Sono atleti non professionisti, che ci mettono tanto impegno e raccolgono spesso poche gratificazioni. Vogliamo sicuramente provare a fare qualcosa per loro... ad esempio stiamo ragionando sull’introdurre i pacer per le 2h15’, 2h20’, 2h25’ e 2h30’, per fornire dei punti di riferimento che li aiutino a non rimanere soli. Forse riusciremo anche a fare qualcosa di più e a coprire con diversi pacer anche l’intervallo che va dalle 2 ore e mezza alle 3 ore. Ci stiamo lavorando da un po’ e mi auguro che potremo ufficializzarlo a brevissimo.
Il percorso, ho sentito parlare di tanti piccoli ritocchi.
L’input del Comune è quello di stabilizzare i percorsi dei principali eventi di running della città: maratona, ma anche Stramilano e Deejay Ten. Con questo obiettivo bisogna giocare d’anticipo e fare in modo che fin da subito la logistica della maratona possa sopportare 10.000 runner, numeri a cui ambiamo ad arrivare tra qualche anno.
La struttura di massima del percorso resta inalterata: partenza e arrivo in Corso Venezia, ampio anello che tocca prima Porta Nuova per poi entrare in Centro Storico, lambire CityLife, andare a recuperare chilometri verso San Siro e Trenno e quindi rientrare in centro. Però ci siamo accorti che c’era la possibilità di migliorare alcuni tratti, specialmente di rendere più fluidi i chilometri iniziali (che sono i più critici quando i numeri crescono) e di “tagliare via” ancora un pezzo di via Gallarate (che è il punto più “indigesto” per tanti runner).
Ci siamo mossi con largo anticipo con Comune e ATM, perchè il nuovo percorso andrebbe ad interessare Via Vitruvio e Corso Buenos Aires (anche se solo per le prime ore della mattina) costringendo a variazioni significative del trasporto pubblico. I feedback che abbiamo ricevuto sono positivi e quindi spero di poter ufficializzare il percorso entro fine gennaio, anche perchè poi bisogna omologarlo!
Con questa nuova soluzione migliorerebbero anche gli spazi all’arrivo: maratona e staffetta negli ultimi 800 metri correrebbero in carreggiate separate, invece che in un’unica carreggiata divisa a metà come avviene attualmente.
Restano invece inalterate le posizioni delle zone cambio della staffetta, su cui siamo intervenuti lo scorso anno e che hanno funzionato bene. Per la Relay comunque la volontà è quella di assestarci su un numero chiuso di 3.000 squadre.
Altri ritocchi li faremo soprattutto nell’area tecnica di partenza/arrivo, specie per rendere più fluida la zona delle sacche, che l’anno scorso ha avuto qualche rallentamento di troppo nella riconsegna.
Comunque sai bene gli aspetti tecnici sono un mio “pallino”, quindi non smetto praticamente mai di pensare a come migliorarli: ad esempio anticiperò il ristoro con i gel rossi (per non fare nomi di sponsor) dal 35° km ad una posizione a sé stante, poco dopo il 30° km e accessibile solo ai maratoneti (per i quali i gel sono pensati e quantificati).
Hai altre novità da raccontarci sulla prossima Milano Marathon?
Stiamo valutando di mettere a disposizione le docce, provando ad appoggiarci ad una piscina comunale che si trova a meno di un chilometro di distanza. Dopo averne discusso su un forum con alcuni runner, che hanno apprezzato l’idea, ho deciso di verificarne la fattibilità.
Un’altra idea, che stiamo coltivando da un po’, è quella di creare un kindergarden per i figli dei runner. In sostanza mettere a disposizione - non gratuitamente, ma ad un prezzo competitivo (molto meno di quello che costerebbe una normale babysitter) - una struttura professionale e affidabile che possa tenere i bambini per il tempo necessario ai genitori a correre la maratona o la staffetta (non tutti hanno possibilità di "parcheggiarli" ai nonni).
Infine, le nuove normative in materia di sicurezza (la famosa “Circolare Gabrielli”) ci impegneranno a rivedere completamente il sistema degli accessi alla zona di partenza. Ci saranno dei veri e propri gate, con corsie assegnate e metal detector. Stiamo “dimensionando” tutta la logistica per fare in modo che le operazioni di controllo siano accurate, ma scorrevoli. Sicuramente servirà collaborazione da parte dei runner: presentarsi ai gate nei tempi giusti, utilizzare solo la borsa trasparente fornita dall’organizzazione, ecc. In pratica, permettimi la battuta, comportarsi come quando si va a correre all’estero!
Infine, una domanda (forse) fuori tema, le nuove regole in vigore dall’1 gennaio 2018….
Eehh, qua ce n’è da parlare! Partiamo da un dato di fatto: quando la Federazione per 20 anni lascia il mondo del running sostanzialmente abbandonato a sè stesso, senza regole ferree sul calendario e senza una politica gestionale seria, poi pretendere di mettere a posto la situazione nel giro di pochi mesi è un’utopia.
L’intervento era necessario e non poteva essere rimandato, quindi apprezzo che sia stato fatto. Da qui a pensare che sia risolutivo però ce ne passa...
Uno dei problemi principali che abbiamo è che il rapporto tra potenziali partecipanti ed eventi (in particolare maratone e mezze) è sbilanciato. La proliferazione delle gare non ha rafforzato il movimento, ma lo ha indebolito, perchè ha frammentato le risorse. In Francia la Federazione ha “pilotato” gli eventi facendo in modo che la maratona di Parigi emergesse nettamente. In Italia ci interroghiamo sulla concomitanza tra Roma e Milano, quando il problema vero è che il sistema running-paese non riesce ad esprimere una maratona da oltre 30.000 partecipanti (che necessariamente dovrebbe essere Roma).
In Italia nel 2017 ci sono state 54 maratone e 227 mezze. Tra le 42km, solo 6 hanno avuto più di 2.000 arrivati e complessivamente solo 11 più di 1.000 arrivati. Io mi chiedo come una maratona con meno di 1.000 arrivati possa avere le risorse economiche per garantire anche solo gli aspetti organizzativi essenziali: chiusura strade e messa in sicurezza del percorso, ristori e spugnaggi, servizio sanitario. La risposta è semplice: non può.
Noi con quanto incassiamo da 1.000 iscrizioni non riusciremmo nemmeno a pagare la quota parte della Polizia Municipale di competenza e il costo delle modifiche al trasporto pubblico, due voci di bilancio che da sole valgono oltre 50mila euro. Aggiungiamone almeno altrettanti per il servizio sanitario e le transenne... L’inghippo è che il mercato degli eventi di running non ha un controllo di qualità. Chiunque può decidere di organizzare una maratona, senza che ci sia qualcuno che verifica le necessarie competenze e capacità organizzative. Inoltre le condizioni di mercato non sono le stesse per tutti: organizzare seriamente a Milano (e non mi riferisco solo alla maratona) comporta controlli (e costi) che in altre parti d’Italia non ci sono.
Quindi secondo me non si può dire che il “liberismo organizzativo” sia positivo per il running, se questo determina uno scadimento della qualità. Faccio un paragone “forte”: se nel mondo degli alimentari venissero meno tutti i controlli di qualità e quindi il mercato fosse invaso da prodotti scadenti a basso prezzo, staremmo meglio o peggio?
Si può pensare che questa mia visione sia condizionata dal fatto di rappresentare un “evento top”, ma ti posso garantire che mi è capitato di parlare anche con tante società sportive che si lamentano del come i troppi eventi stiano rendendo la loro attività complicata, perchè frammentano i partecipanti.
Ci sarebbe poi da affrontare il discorso del rapporto Federazione – Enti di Promozione. In tanti dimenticano che la realtà del running è unica: praticamente in nessun altro sport in Italia c’è commistione tra i tesserati della federazione e quelli degli enti... i rispettivi campionati e tornei sono autonomi e indipendenti. Il fatto è che un ente di promozione dovrebbe fare, per l’appunto, attività promozionale e non competitiva, perchè se la fa si torna al discorso di prima, che le condizioni non sono le stesse per tutti.
Possibili soluzioni?
In primis un percorso di formazione e valutazione preventivo per gli organizzatori, che devono dimostrare di saper fare le cose prima di avere “la licenza” di farle. Poi maggiore omogeneità di condizioni per chi organizza. E infine un sistema oggettivo di valutazione e classificazione degli eventi, fluido e non a gradini (gold, silver e bronze) sulla base del quale razionalizzare il calendario ponendo dei limiti al numero di eventi in funzione del numero di partecipanti complessivi.
Perchè credo che debbano essere premiate le capacità, e non il fatto di trovarsi in una data “fortunata” mentre un’altra gara, oggettivamente migliore, che si svolge una settimana prima o dopo invece viene penalizzata dalla concomitanza con altri eventi, come purtroppo si sta verificando in diverse circostanze.
E soprattutto perchè se non si va in questa direzione, temo che il sistema sia destinato ad implodere.
Pietra Ligure (SV) - Camminata dei Tre Colli
Si chiude il 2017 e come, se non correndo? La mia scelta cade su questa “Camminata dei tre Colli”. Prima, bella, sorpresa di giornata è di trovare alla partenza l’amica e forte runner Angiola Conte; sarà la più veloce nella sua categoria, ma di certo non è una novità. Corsa organizzata dal gruppo sportivo Runners Loano, in collaborazione con il comune di Pietra Ligure; corsa ormai storica, perché nata nel lontano 1979. Tre colli, i cui nomi sono Chiappe, Montegrosso e Trabocchetto, che sono anche nello stemma di questa cittadina.
Si parte ….camminando nel centro cittadino: misura molto sensata, giusto un centinaio di metri per uscire da un tratto in cui erano presenti molte bancarelle. Si passa sotto la via Aurelia e dopo poche centinaia di metri si comincia a salire attraverso l’Orto Botanico e poi il Camping dei Fiori. Salita dura, non è l’unica ma forse la più complicata, perché arriva all'inizio. Il percorso è tutto un susseguirsi di salite e discese, talvolta su fondo sterrato e sassoso. Particolarmente bello un lungo tratto verso metà percorso, quando si corre prima tra ulivi secolari e pini silvestri, con una magnifica vista sul mare, e poi col passaggio nel grazioso borgo storico di Ranzi; da qui inizia la discesa verso l’arrivo, che diventa particolarmente impegnativa se le gambe te le sei giocate in salita ed ora, che potresti fare velocità, rispondono con molta fatica.
I chilometri alla fine sono circa dieci, ma poco conta la precisione su un percorso di questo genere, davvero bello e allenante, così come in genere si dice quando si fa tanta fatica.
Il più veloce alla fine risulterà Gabriele Tonon (Cambiaso Risso), non succedeva da vent’anni che un pietrese primeggiasse alla Tre Colli. Al femminile invece è Clara Rivera (Atletica Cairo) ad avere la meglio.
Speaker per l’occasione è Giacomo Bollorino, dei Runners Loano: sarà meglio in questa veste o quando corre?
Ricco ristoro finale con pasta party, ma anche le tradizionali focaccia e farinata, mentre nella piazza centrale di Pietra Ligure già fervono i preparativi per la festa che saluterà il 2017.
Buon anno a tutti
Cicloturismo sui generis a Reggio (e non solo)
Riceviamo e pubblichiamo una lettera di Daniele Cavazza, che ci segnala un’irregolarità. Il contesto è la maratona di Reggio Emilia ma in realtà è un qualcosa che accade in molte manifestazioni; si tratta quindi, come Cavazza giustamente rileva, di un problema ben più ampio e diffuso. Prima ancora di richiamare i regolamenti federali, dei quali comunque trovate evidenza in coda all’articolo, basterebbe leggere quanto scritto in quello specifico della maratona di Reggio Emilia ……. Non è consentito il transito, sul percorso di gara, di mezzi non autorizzati dall’organizzazione (biciclette, ecc.). Si tratta di una questione di sicurezza degli atleti, prima ancora che di regolarità nello svolgimento della gara.
Cara Redazione di Podisti.net,
mi rivolgo a voi che cercate sempre di richiamare il rispetto delle regole nelle competizioni di atletica leggera su strada.In diverse competizioni e da diversi anni vedo podisti che si fanno seguire in bicicletta durante le manifestazioni FIDAL: mi risulta che questo non sia ammesso da regolamento, ma mi sembra che non si faccia molto per fare rispettare questa regola e chiedo a voi se questa regola effettivamente esiste ed è stata ben interpretata da me.
Le biciclette sul percorso mi danno molto fastidio: dato che seguono i podisti che vanno alla mia velocità, me le ritrovo di fianco a volte per tutta la gara, qualche volta ostacolano nei rifornimenti e comunque sono pericolose perché andando ad una velocità "da passeggiata " per loro, non hanno attenzione nella guida, soprattutto considerando che i podisti che invece stanno dando il massimo sono meno lucidi.
Dopo quest'osservazione generale, mi sento di far un'osservazione particolare. Il mio passo in mezza e in maratona e molto simile a quello di Ilaria Aicardi, nota podista reggiana, anche da me ammirata per i suoi risultati. Non posso fare a meno di testimoniare però l'immancabile presenza del padre che la segue in bicicletta durante le gare FIDAL, con la sua mountain bike il suo completino "Oliviero" anni '80, sempre lo stesso, che lo rende facilmente riconoscibile. Ora, questo non toglie nulla al mio risultato, però considerando che la Aicardi lotta sempre per le prime posizioni femminile, non mi sembra corretto nel confronto delle avversarie, sia perché ha un accompagnatore in bicicletta (prima infrazione al regolamento), sia perché dallo stesso riceve rifornimenti al di fuori di quelli dell'organizzazione. Oggi alla maratona di Reggio Emilia ho notato un fatto alquanto antipatico però: il padre, per mimetizzarsi, aveva indossato, sempre sul completo "Oliviero", un giubbetto arancio ad alta visibilità con la scritta "Servizio Viabilità", credo per farsi passare come addetto dall'organizzazione alla viabilità. Proprio lui che non rispetta i regolamenti e che invece è di intralcio agli altri podisti. Il tutto può essere provato dalle foto della gara, a meno che non abbia avuto l'accortezza di nascondersi ben bene ai fotografi.
Quest'episodio di oggi mi è stato particolarmente antipatico e mi ha spinto a scrivervi, sperando che possiamo fare un richiamo dal vostro sito al rispetto delle regole succitate.
Daniele Cavazza
Le regole esistono, eccome, ecco alcuni passaggi:
regola 144: La zona di gara… il cui accesso è limitato, ai sensi delle Regole e dei Regolamenti, agli atleti partecipanti ed al personale autorizzato. 2. Ogni atleta, che dà o riceve assistenza all’interno della zona della competizione durante una gara, deve essere ammonito dall’Arbitro ed avvertito che, in caso di seconda ammonizione, sarà squalificato…
….pertanto non sono permessi: Fornire consigli o altre forme di supporto da parte di qualsiasi addetto non coinvolto nella competizione…
regola 240… Un concorrente, che riceve o si rifornisce o prende acqua in un posto diverso da quelli stabiliti dagli organizzatori… o prende il rifornimento di un altro atleta, dovrebbe essere normalmente ammonito dall’Arbitro, per questa prima infrazione, mostrandogli un cartellino giallo. Per una seconda infrazione l’Arbitro deve squalificare l’atleta…
Più in generale, leggendo queste ed altre regole, è vietato: accompagnare gli atleti con mezzi meccanici, fornire loro indicazioni (ad esempio sulla posizione di altri concorrenti), il rifornimento fuori settore, lo sfruttamento della scia da bicicletta, etc etc. Insomma, ogni comportamento che favorisce in modo illecito, alterando la prestazione.
Se poi un’atleta, abitualmente, attua questi comportamenti e l’accompagnatore si traveste da “servizio viabilità”, non c’è molto altro da aggiungere.
Come anticipato dal titolo, il fenomeno (seppur non generalizzato) è abbastanza diffuso, specie nelle maratone non di primissimo piano internazionale: un salto di qualità ulteriore per l’ottima Reggio potrebbe essere quello di far rispettare il regolamento dall’A alla Z.
Scarpadoro Vigevano: si corre il 18 marzo
La 12^ Scarpadoro Half Marathon di Vigevano è in programma domenica 18 marzo 2018 con partenza e arrivo, come di consueto, dallo Stadio Comunale Dante Merlo (Viale Montegrappa 24). Oltre alla mezza maratona, gara che rientra nel calendario nazionale della Fidal, gli organizzatori riproporranno le diverse 5 km non competitive: l'VIII Scarpadoro In Rosa (riservata alle donne), VIII Stracittadina, VII Scarpadoro Ability (riservata agli atleti disabili e ai loro accompagnatori), la IV Scarpadoro 4 Zampe e la III Scarpadoro Bebè(dedicata alle mamme con i loro piccoli), vi sarà inoltre, per il secondo anno, la 10km non competitiva, aperta a tutti. Per la 21km è già possibile effettuare le iscrizioni online tramite il portale enternow, cliccando qui. Tutte le altre modalità di iscrizione saranno possibile a partire dal 15 gennaio 2018. Per maggiori informazioni: www.scarpadoro.it, info@scarpadoro, tel. 334/7195551 |
Scarpadoro-Atletica Vigevano 334-7195551 www.scarpadoro.it Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. |
Recensione scarpe: Brooks Levitate
Leviteranno davvero le prestazioni dei runner che calzeranno le Levitate? La traduzione dall’inglese all’italiano, a dire il vero un po’ forzata, serve per introdurre il nuovo prodotto di casa Brooks, da poche settimane in vendita sul mercato italiano.
Un prodotto decisamente nuovo, cambiano i materiali, le caratteristiche costruttive; per queste ultime mi limito a riportare alcune principali note del produttore, che trovate in fondo all’articolo, mentre preferisco concentrarmi sugli aspetti più facilmente percepibili e comunque più importanti per chi corre.
A mio avviso nella gamma Brooks le Levitate si inseriscono molto bene tra Ghost e Glycerine, scarpe protettive, per tanti chilometri e sostanzialmente adatte a tutti (salvo problemi di accentuata pronazione) e le Launch, scarpa più reattiva e più idonea per ritmi più veloci e/o runner più leggeri. In realtà la suddivisione non dovrebbe essere così netta tra il primo e il secondo caso, dato che anche per i podisti più pesanti e/o meno veloci sarebbe una buona cosa effettuare le prove corte e/o veloci con scarpe che favoriscono la spinta, fermo restando che la maggior parte dei chilometri andrebbe percorsa con scarpe più protettive. Al tempo stesso anche i più podisti più efficienti e performanti dovrebbero correre buona parte dei chilometri, tipicamente quelli a ritmo lento, con scarpe più ammortizzate.
Il differenziale, o drop (la differenza da terra in termini di altezza tra tallone e avampiede), è di 8 mm, a mio avviso il giusto compromesso per salvare tendini ed articolazioni (un drop medio-alto limita l’estensione del tendine ed il carico del tricipite surale), senza sacrificare in modo eccessivo spinta e reattività (un drop medio – basso favorisce la corsa sull’avampiede).
La conchiglia è piuttosto morbida, ad esempio rispetto ad un altro prodotto Brooks top di gamma, le Transcend, di questo beneficeranno in particolare i runner che privilegiano la calzata "morbida" a livello del tallone. Più in generale questo prodotto è davvero azzeccato da questo punto di vista, in quanto a confort e comodità siamo ai massimi livelli, la calzata risulta subito facile, nessuna particolare necessità di adattamento. In corsa la sensazione è ampiamente confermata, si potrebbe quasi dire che dimentichi di avere le scarpe ai piedi. Tutto questo non vuole dire che le scarpe più rigide, e secche, non vadano bene, sono due diverse concezioni costruttive, poi è il podista che decide.
Ritorno di energia: su questo aspetto Brooks ha puntato molto nel progettare e costruire le Levitate. Secondo le prove effettuate in laboratorio si ha un ritorno pari al 70%, in pratica si ha una dispersione delle forze impresse solo del 30%, un dato davvero ragguardevole. Nella corsa è difficile misurare questi parametri, però con le Levitate si percepiscono nettamente flessibilità e morbidezza, unite ad un discreto effetto “rimbalzante”. Proprio per questo effetto l’impressione è che per godere al massimo del ritorno di energia (ma è più corretto dire minore dispersione di energia) si debba correre a ritmi elevati, o relativamente elevati. Quindi bene per i runner più efficienti ma anche per tutti gli altri, in particolare se utilizzano le Levitate per prove veloci, sia in allenamento che in gare brevi.
I lacci sono elasticizzati, il che potrebbe far pensare ad un’allacciatura non ferma e salda come si vorrebbe, tuttavia credo si tratti soprattutto di abitudine, un fatto mentale, dato che la maggior parte delle scarpe presenti sul mercato hanno lacci rigidi. E’ ovviamente sempre possibile sostituirli, ma suggerisco di provare prima ad abituarsi con quelli “di serie”.
Inusuale il colore dell’intersuola (completamente nuova), argentata, un look che conferisce un carattere “tecnologico” alle Levitate. La tomaia Fitknit è molto diversa da qualunque altro prodotto di casa Brooks, l’idea è quella di garantire maggiore traspirabilità. Credo che l’obiettivo sia centrato, ma lo vedremo meglio nella prossima estate.
Le Levitate pesano 344 grammi nella mia misura, US 10,5 (44,5). Non avevo fatto caso al peso prima di usarle, sono rimasto sorpreso perché l’impressione, piuttosto netta, è stata subito quella di una scarpa decisamente più leggera. A questo concorre una struttura molto morbida e flessibile.
Per Brooks si aggiunge quindi un nuovo, nuovissimo prodotto ad una gamma già molto completa, difficile non trovare la giusta soluzione per …i propri piedi e le proprie caratteristiche di runner.
Brooks Levitate è la prima scarpa a disporre dell’esclusiva intersuola con tecnologia DNA AMP. Creata da Brooks in collaborazione con BASF, questa rivoluzionaria tecnologia consiste in un nuovissimo sistema di ammortizzazione con base in poliuretano (PU), espressamente studiato per garantire un ritorno di energia mai provato prima. La base del DNA AMP è una schiuma in poliuretano che si espande in modo naturale, restituendo l’energia nel momento stesso in cui viene applicata la forza. Per garantire un’esperienza amplificata, Brooks ha inserito la schiuma in una pellicola in poliuretano termoplastico (TPU), che resiste all’espansione orizzontale per restituire l’energia direttamente al corridore. Il risultato è un composto tecnico che garantisce un eccezionale ritorno di energia, impreziosito da un’affascinante finitura cromata.
Oltre all’esperienza energizzante della scarpa, Brooks Levitate è dotata di una tomaia integrata in Fit Knit che avvolge delicatamente il piede, assecondandone i movimenti e adattandosi costantemente alla sua forma. Il Fit Knit di Brooks utilizza un processo di cucitura a maglia circolare per dare vita a una tomaia tecnica progettata per garantire la traspirabilità dove ce n’è più bisogno e la struttura dove è necessario. La suola della scarpa è flessibile, grazie al design a forma di freccia, e aiuta i corridori a passare rapidamente dal tallone alla punta, senza disperdere energia.
Diventa più forte e veloce per correre meglio la tua maratona
Un recente articolo di Ignazio Antonacci mette in evidenza la mancanza degli allenamenti lunghi come una delle ragioni, se non la principale, per la quale non si ottengono buone prestazioni sui 42195 metri. In base alle mie personali esperienze , gli studi fatti ed i podisti che ho seguito, in realtà spesso ho riscontrato che il problema non è la mancanza dei “lunghi”, semmai l’eccesso di lunghi ed invece la mancanza di altri allenamenti più qualificanti e mirati al miglioramento delle prestazioni. Torno dopo su questo punto non prima di aver fatto qualche passaggio fondamentale per comprendere i parametri in gioco, con la doverosa precisazione che le considerazioni che seguono si riferiscono solo/soprattutto al settore amatoriale.
Al podista che ha difficoltà a superare il “muro” , o comunque paga troppo in termini di tempo nella parte finale di gara, manca la resistenza specifica (aerobica) oppure non è abbastanza forte dal punto di vista muscolare? La risposta, che ai più potrebbe apparire scontata, è che ci vorrebbero entrambe le caratteristiche, sia pure in proporzione diversa in relazione agli obiettivi posti e le capacità individuali.
Alla domanda posta nell’articolo di Antonacci “Si può correre la maratona senza effettuare lunghi oltre i 30 km” la risposta parrebbe scontata. NO, lo direbbe anche il buon senso.
Invece alla successiva “E’ vero che ci sono maratoneti che riescono a correre la maratona senza lunghissimi specifici?” . SI, è possibile, ma piuttosto insensato e certamente improbabile ambire a migliorare le proprie performance senza il cosiddetto fondo.
In realtà ci sono degli accorgimenti per chi proprio non ce la fa mentalmente a correre 30 e più chilometri in allenamento, oppure non dispone del tempo adeguato. Esistono “alchimie” sostitutive, tipo correre la sera 20 km e la mattina successiva altri 20, 20 + 20 = 36-37, giusto per compensare la suddivisione della fatica. Resta il fatto che abituare le gambe a sopportare sforzi continuativi rappresenta la soluzione più efficace.
Ma torniamo al titolo, ovvero come diventare più forti e veloci per correre meglio la maratona, ovvero migliorare le proprie prestazioni. Perché in fondo è questo che interessa al runner.
La resistenza specifica è praticamente obbligatoria ma questo è un qualcosa che , in base alle mie esperienze, non è così difficile allenare, anche in età avanzata; di fibre rosse ( dette anche di tipo I , lente, etc) , quelle correlabili alla fatica in regime aerobico, ne abbiamo in quantità abbondanti, come a dire che la resistenza è un parametro sempre allenabile, anche in età avanzata. Giovanni ha iniziato a correre a 66 anni e nel 2014, 70enne, ha concluso la sua prima maratona in 5h04’.
I guai arrivano quando servirebbe un altra tipologia di fibre presenti nei nostri muscoli, quelle bianche ( dette anche di tipo I, pallide, veloci, etc), che invece servono per gli sforzi intensi, lattacidi, in regime anaerobico. Tali fibre hanno un difetto, sono strettamente correlate all’invecchiamento, non si “ricostituiscono” da sole , qualcuno sostiene che la parabola discendente inizia addirittura a trent’anni!. Insomma la cattiva notizia è che diminuiscono, la buona è che per quanto siano quantitativamente minori sono attivabili al meglio. Quindi allenabili.
Il punto è se voglio limitarmi a passare sotto la finish line della mia maratona ( e magari fare collezione ….) oppure voglio anche migliorare la mia performance.
Il percorso ( visto che si parla in termini podistici) sinora effettuato mi serviva proprio per arrivare a questa conclusione: se corro sempre e solo lentamente migliorerò la resistenza, riuscirò sempre a finire i 42195 metri, ma ad un certo punto i tempi saranno più o meno gli stessi, se non addirittura peggiori.
Giovanni ha corso nuovamente maratone, migliorando di poco e solo una volta , sia pure memorabile, perché ha abbattuto il muro delle 5 ore. Giovanni non ne vuole sentire parlare di allenamenti intensivi, né ripetute e corse in salita, a lui piace correre, facilmente e senza alcuno stress. E basta.
Il punto è proprio questo, se non si fa qualcosa per mantenere vive ed attive le nostre fibre bianche, fatalmente dovremo fare i conti con performance sempre simili. Se è questo che vogliamo…tutto bene così, ci mancherebbe, ma ne ho conosciuti pochi di podisti che…si accontentano.
Giovanni non è un caso isolato, sono molti i podisti amatoriali ( diverso il discorso sui giovani e gli atleti elite) che accettano di buon grado di correre a lungo e malissimo l’idea di svolgere prove ad elevata intensità, soffrono il disagio che esse provocano, la respirazione affannosa. Ma sono queste che qualificano gli allenamenti e consentono il miglioramento delle prestazioni, non solo nella maratona.
Non bisogna necessariamente sottoporsi a torture indicibili; odio le ripetute? Posso sostituirle con il fartlek ( 1-2-3-4- minuti) e le variazioni prolungate ( 5-10-15-20 minuti). I percorsi collinari possono parzialmente surrogare le prove di forza e intensità ( 3x5x100, 3x4x200 e così via), magari spingendo bene nei tratti di salita meno impegnativi e recuperando nei falso piani.
I lunghi di tanto in tanto dovrebbero essere svolti su percorsi ondulati e/o variando il ritmo.
Ogni tanto fuggiamo dalla strada, boschi, sentieri e sterrati miglioreranno le nostre caratteristiche di runner, oltre a rendere più divertenti le nostre uscite.
Insomma, sono diverse le modalità per mantenere attive le nostre fibre muscolari, se esse perdono troppo la loro efficienza difficilmente potranno restituirci l’energia che richiediamo.
Quindi ben vengano i lunghi, noiosi e interminabili, ma necessari, come Antonacci ha molto bene evidenziato,ma variamo il più possibile il nostro modo di “fare running” , e vedrete che anche se over and over ci potremo prendere diverse soddisfazioni.
Infine la corsa, a prescindere dagli innumerevoli benefici, certamente logora, in particolare se i chilometri sono troppi. Logora il nostro organismo ( tendini, articolazioni, etc), in parte logora anche sul piano mentale, quante volte si arriva il fatidico giorno della nostra maratona esauriti da una estenuante preparazione. Eppure quel giorno il requisito più importante dovrebbe essere …la voglia di correrla. Cerchiamo,sempre e comunque, il miglior equilibrio possibile tra quantità e qualità nelle nostre uscite.
Maratona di New York: vincono Kamworor e Flanagan
SERVIZIO FOTOGRAFICO - Tutti gli italiani nei primi 100 qui.
Sono Geoffrey Kipsang Kamworor e Shalane Flanagan a trionfare alla maratona di New York. Splendido esordio di Sara Dossena.
Gara avvincente, in particolare al maschile, con Kamworor che al 40° chilometro lascia la compagnia di Kipsang, Desisa e Berhanu per poi resistere al ritorno finale di Wilson Kipsang, che gli finisce vicinissimo.
Finale un po' a sorpresa nella gara femminile dove il pronostico, a favore di Mary Keitany, è stato sovvertito dall'americana Shalane Flanagan. La vincitrice, prima della gara, aveva annunciato che sarebbe stata la sua ultima maratona.
Ottimo esordio per Sara Dossena, con una seconda parte di gara, la più difficile, più veloce della prima. Finisce con un prestigioso 6° posto in 2:29:39 perdendo la 5^ posizione negli ultimi metri, come si puo' vedere nella sequenza fotografica di Stefano Morselli, è stata forse sorpresa dalla rimonta fulminante dell'americana.
Emma Quaglia, alla prima partecipazione alla maratona di New York, chiude in 2:34:10.
Bene anche un altro esordiente in maratona, il campione del mondo di corsa in montagna Francesco Puppi, 2:25:35 il suo crono finale; secondo italiano Doriano Bussolotto, 2:27:41, terzo Alberto Mosca 2:28:01. Tutti gli italiani nei primi 100 QUI
(Foto Giancarlo Colombo/NYCM)