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Ott 13, 2024 267volte

L’Occidente deve salvare il Kenya da doping e fatti di sangue

 

C’era una volta un’atletica leggera a cui partecipavano, salvo rare eccezioni, solo concorrenti del mondo occidentale. A un certo punto, su questo pianeta, sbarcarono degli alieni. Erano africani e la corsa sulle lunghe distanze cambiò faccia. Tra i paesi più attivi e quindi beneficiari di medaglie, gloria e premi, c’era e tuttora c’è il Kenya. Se la favola finisse qui, potremmo parlare di un lieto fine, un po’ di benessere che grazie allo sport arriva anche da quelle parti, ma purtroppo le cose hanno preso una brutta piega, anzi bruttissima. 

Cominciamo con il doping. E’ notizia di questa settimana la squalifica per due anni di Charles Kipkkurui Langat. Non è probabilmente un nome conosciuto ai più, ma si tratta di un atleta capace di stampare un 58’53” alla mezza di Matarò (Barcellona) nel 2023. Ecco, forse questo è uno dei problemi. Ormai in Kenya sono in troppi ad ottimi livelli e quindi se vuoi emergere devi andare fortissimo. Purtroppo non è un caso isolato, anzi chi si è impegnato a contare i casi di violazioni in materia di doping da parte di atleti keniani, nel solo 2024 è già arrivato a quota 82! E come nel caso di Langat, siamo al doping, diciamo più sofisticato, in quanto il ventottenne è risultato positivo al Furosemide, un diuretico comunemente usato come agente mascherante di altre ben più potenti e sofisticate sostanze.

Poi c’è un aspetto ancora più cruento e che a mio avviso è legato all’improvviso benessere di questi giovani che con i premi e le sponsorizzazioni accumulano improvvisamente del denaro come mai hanno visto in vita loro. In un paese dove il reddito pro-capite è di circa 2000 euro annui, queste somme appaiono ancora più ingenti. Per i beneficiari, i loro parenti ed amici e anche chi vive nel circondario, malviventi compresi. Sono pronti questi giovani a gestire questa situazione? Spesso la risposta è negativa. Se questo derivi da una modesta istruzione, cattivi consiglieri o semplicemente da un ambiente circostante ancora “selvaggio” o da una combinazione di questi ed altri fattori, non saprei dire.

Sta di fatto che nella magica (per i runner) Rift Valley, continuano a susseguirsi i lutti e le tragedie Pochi giorni fa è toccato a Clement Kimutai Kemboi, siepista da 8’10”, ritrovato impiccato ad un albero.  La vicenda non è ancora stata chiarita, come quelle che legano altri campioni precocemente scomparsi. Senza la pretesa di redigere un elenco completo o seguire un ordine cronologico, ricordiamo la maratoneta Rebecca Cheptegei, morta dopo essere stata data alle fiamme dall’ex fidanzato. O l’incidente stradale dove hanno perso la vita il recordman sulla maratona Kelvin Kiptum (2h00:35 a Chicago nell’ottobre 2023) ed il suo coach Gervais Hakizimana. Inquietante il fatto che la sera prima quattro individui avessero bussato alla porta del campione per reclamare delle somme di denaro. Sempre restando in zona, ad Eldoret, nella notte di Capodanno del 2023 l’ugandese Benjamin Kiplgat venne ritrovato morto nella sua auto, trafitto da diverse coltellate. Il movente dell’omicidio probabilmente una rapina. O i femminicidi di Damaris Muthee Mutua, soffocata in casa a Iten con un cuscino e di  Agnes Tirop, bronzo nei 10000 metri piani ai mondiali di Londra 2017 e Doha 2019. Uccisa anche lei a casa con diverse coltellate all’addome. L’incidente stradale di  Stephen Arusei Kipkorir, mezzofondista keniota e vincitore della medaglia di bronzo nei 1500 metri piani ai Giochi di Atlanta 1996. Concludiamo con Samuel Wanjiru, oro olimpico della maratona di Pechino 2008, morto cadendo dal balcone di casa sua in circostanze anche queste mai chiarite.

Io capisco che “nell’anno con più alto numero di conflitti armati dalla Seconda Guerra Mondiale”,  parola del Segretario Generale dell’ONU, questi fatti possano risultare secondari, però penso che per il mondo del running questa sia una priorità. Non ho in mente la formula magica per trovare una soluzione, ma credo che ad esempio una maggiore preparazione di questi ragazzi al cambiamento del loro status sociale, potrebbe aiutarli a gestire meglio la situazione. Fatte le debite proporzioni e relativi adattamenti, un po’ come capita ai rookie NBA, che diventando ricchi e famosi, vengono preparati con dei corsi organizzati dalla stessa lega a sfuggire alle lusinghe di prostitute, spacciatori e falsi amici.

Rodolfo Lollini - Redazione Podisti.net

1 commento

  • Link al commento P. Castrilli Lunedì, 14 Ottobre 2024 07:59 inviato da P. Castrilli

    Grazie di questi spunti. Il divario del continente africano dal Nord del mondo e' ancora grande. Questi giovani atleti che sentiamo a volte balbettare monosillabi ai microfoni degli intervistatori hanno bisogno di gradualità e buoni consiglieri

    Rapporto

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