Direttore: Fabio Marri

* Per accedere o registrarsi come nuovo utente vai in fondo alla pagina *

Mag 04, 2018

Nodi regolamentari Fidal: il Duce non vuole che si rida

"Compare Alfio, fate come più vi piace..." "Compare Alfio, fate come più vi piace..." Roberto Mandelli

Sebastiano Scuderi (http://www.podisti.net/index.php/in-evidenza/item/1332-i-nodi-vengono-al-pettine.html ) ha già segnalato alcune contraddizioni e indefinitezze della circolare Fidal del 24 aprile, che sembra allargare i cordoni della borsa, riconoscendo al podismo amatoriale dei caratteri speciali rispetto alle austere gare in pista (dove io non ricordo di aver mai visto un atleta sorridere durante l’atto agonistico): le sole che la Fidal ha gestito fino a pochi anni fa, quando invece la necessità di ‘pettinare’ la parte più attiva del movimento atletico, cioè i podisti, l’ha indotta a sconfinare in terreni nei quali è apparsa spesso inadeguata tranne che nel battere cassa.

Facendo mie le considerazioni di Scuderi (in particolare, quella relativa al fatto che - al limite - ricadiamo tutti nel lato ‘severo’ delle regole, dato che tutti o quasi noi stradisti partecipiamo alle pletoriche classifiche di categoria) espongo qualche altro dubbio che mi ha preso alla lettura della circolare.

Va precisato subito che la Fidal dichiara di recepire norme emanate dalla Federazione Internazionale (la IAAF): la formula burocratica secondo cui la IAAF “ha inteso NON imporre limitazioni NON necessarie” si tradurrebbe meglio, in italiano per podisti, con “ha inteso togliere limitazioni ecc.”.

Sono i “non-élite” a poter sfuggire a norme, diciamo pure, militaresche: il problema è stabilire chi NON è d’élite. La IAAF dà indicazioni generali, lasciando le specificazioni al buon senso degli organizzatori, purché i patti siano chiari sin dall’inizio.

Un patto chiaro che condivido subito, e non da oggi, è quello di esibire il pettorale in gara: il non esporlo è solo roba da furbastri o da evasori (di quelli che fanno la gara “in modo non agonistico”, come mi ha precisato tra gli insulti il riccioluto modenese de cuius, dichiarandosi dunque in diritto di non pagare l’iscrizione se non compete). Io lo renderei obbligatorio anche per le gare non competitive, come contrassegno pure per gli estranei, comprese le auto in eventuale passaggio per la strada, le forze dell’ordine che vigilano gli incroci, gli addetti ai ristori ecc.

Buona idea è quella di pettorali (tutti numerati, s’intende: lo fanno nella Bassa mantovana e mirandolese, perché non ovunque?) dai colori diversi a seconda se sei élite o no, fermo restando un trattamento identico in gara, ai ristori ecc.

Maglia sociale: in teoria, sembra non essere più obbligatoria, ma il famigerato giudice pugliese potrebbe replicare che la circolare la impone dove ci siano modalità di classifica per società tramite punteggi o somma di tempi. Sembra quasi che i giudici abbiano bisogno di vedere il colore della maglia e il nome che c’è scritto sopra per fare una classifica: possibile, nell’era dei computer, degli smartphone, dei chip??

Permane la preferenza data al cosiddetto Gun time (negli Usa però dicono “Clock time”, che è meno bellicoso) rispetto al Real time, almeno per gli élite: che si suppone partano tutti sulla stessa linea. Sistema inapplicabile per le gare con migliaia di partecipanti, e molto complicato da applicare laddove ci siano partenze scaglionate (da Boston a Miami a Nashville ecc.). Di fatto, non applicato nelle maratone internazionali più affollate, o anche in quelle “medie” (come Interlaken, dove i 4000 partecipanti, che sfilano via in un quarto d’ora dallo sparo, hanno tutti e solo il tempo del chip). Capisco lo spirito della regola: impedire che un atleta giunto secondo risulti poi primo perché partito 15” dietro il vincitore: ma chi, tra i cacciatori di prosciutti o di dollari, rinuncia a partire marcando stretti gli avversari?

O forse c’è anche un tornaconto di parte: dato che il chip renderebbe inutili i giudici d’arrivo (come la tecnologia televisiva ha reso inutili i giudici di porta nel calcio), imponendo il cosiddetto Gun Time (e dagli!) la Fidal vuole perpetuare la categoria dei giudici che prendono a mano i numeri (e il colore della maglia…) degli arrivati. Siamo inutili, ma ci dichiariamo indispensabili. Come lo eravamo al tempo che il campionato italiano di maratona era ‘affollato’ da cinquanta partecipanti e c’erano da pagare 51 giudici.

Rientra invece nell’Ufficio Complicazione Affari Semplici la regola secondo cui i rifornimenti personalizzati sono riservati agli élite, salvo casi e sottocasi. Premesso che io, personalmente, li vieterei per tutti, perché tutti devono essere messi nelle stesse condizioni, e quanto al contenuto dei boccettini individuali… farò peccato ma ne penso male; se però sono ammessi, allora, li ammettiamo per chi fa 2.30 in maratona e non per chi fa 3 ore?? (quella dei tempi in gara è una delle norme per distinguere i normali dai super: e per chi fa solo maratone di montagna adotteremo il tempo compensato per capire se le 3 ore a Fiera di Primiero equivalgono alle 2:20 di Venezia?!).

Auricolari: la Fidal dice boh?, ma meglio no che sì, per gli élite no assoluto. La scusa della sicurezza mi sembra ridicola (allora, perché non vietare l’autoradio con musica ad alto volume quando guidi?); quella dettata dal sospetto di ricevere istruzioni dai tecnici esterni, poco meno: me le possono sempre mandare per telefonino o gridare dal bordo della strada; e se io so che Paolino mi sta dietro cento metri, cosa farò di diverso? E se, non potendo ascoltare Pretty Woman di Orbison, con quel meraviglioso attacco di batteria e lo stupendo giro di chitarra che dà la carica, me la farò cantare da Gianni Morandi, sarà sempre considerato ‘doping’?

Abbigliamento: Deo gratias, potrà essere consentito (a noi volgaroni) quello “non tecnico” purché “nel rispetto della morale pubblica”. Per l’ammissione delle atlete in due pezzi succinti decide la consulta degli Imam competente per il luogo della manifestazione? Fino a qualche anno fa, ai margini delle spiagge c’erano i cartelli che vietavano di circolare per strada in costume… Imporre il rispetto della morale pubblica non è compito della Fidal. O vogliamo demandare al giudice pugliese il verdetto su chi circola con tette finte incollate sopra la maglietta?

Handbike e simili non ammesse? Sono pericolose! fantastico, gli handicappati restino davanti alla tv! E se – bontà sua – un organizzatore li ammette, riservando ovviamente una partenza differenziata (cioè davanti), quando i podisti ‘normali’ raggiungono una carrozzella in difficoltà su una salita, questa va radiata? Qui l’UCAS si tinge di spietatezza, ovvero la Fidal dimostra la sua inadeguatezza a gestire corse al di fuori delle piste, dove non ci sono dislivelli, gli atleti sono tutti giovani e belli (anche se non ridono), mai più di 24 ma meglio se 8, le carrozzelle intralciano, e i reietti della società non devono trovare spazio.

Idem per il paragrafo dedicato a “bacchette Nordic Walking”. La Fidal nulla sa di gare in salita o su sterrato. Scuderi l’ha sempre scritto che non dovrebbe impicciarsi di “non stadia”; ma se lo fa per ‘pettinarci’, almeno venga per le strade e i sentieri a vedere chi siamo e come corriamo. Le bacchette sono pericolose? Per me, sono più pericolose le scarpe chiodate: e mò?

La Fidal è nata nel dicembre 1926, e dal marzo del 1927 “il Partito Nazionale Fascista a mezzo del Presidente del CONI Lando Ferretti nominò l'on. Leandro Arpinati Presidente sia della F.I.D.A.L. che della F.I.G.C.” (fonte: Wikipedia): con questo battesimo, si spiegano meglio certi atteggiamenti duceschi, il divieto di sorridere che connota gli atleti della pista: ma almeno ai tempi del Duce si vincevano medaglie olimpioniche e titoli mondiali. Adesso, il Duce federale è di cartapesta: si continua a non ridere, e a far ridere gli altri.

Ultimi commenti dei lettori

Vai a inizio pagina