Maria Loreta Bellobuono-2: emozioni e riflessioni
La gara più bella: racconta. 365 giorni di attese, speranze, determinazione, paure, sorrisi, sofferenze, gare, amicizie, sudore, allenamenti, 365 giorni ho dovuto aspettare perché il mio “grande sogno” diventasse realtà, l'ho talmente tanto voluto, desiderato, ho lottato, ho pianto, ma alla fine: IO C'ERO! 100 Km del Passatore 2018. Io ti ho conquistato! “Conquistato!” Tutto è stato esattamente come lo volevo, come lo immaginavo, come me lo avevano descritto: levataccia alle 6 di mattina di sabato 26 maggio con le mie folli amiche Fabiola Massimiani ed Elvezia Colangelo (con loro ho condiviso pazzie, chilometri, idee folli, ultramaratone impensabili ‒ tutto per un obbiettivo preciso, il primo di una lunga serie); insieme abbiamo raggiunto gli amici ultrarunner di Pescara in direzione Firenze, ritiro pettorali, cambio con tutto il materiale tecnico che sarebbe servito, foto di rito, direzione griglie di partenza. Ecco qui che ci viene incontro Gennaro Tufano: con lui abbiamo condiviso buona parte dei nostri allenamenti, delle nostre incertezze, paure. Vederlo è stato come sentirci in un posto familiare, come in uno di quei tanti appuntamenti per allenamenti pazzi e divertenti. Un susseguirsi di attese, emozioni, il caldo torrido di un 35° preannunciato e decisamente percepito (forse anche di più). 3, 2, 1 e si parte. Ed ecco che lì ad aspettami sotto l’arco di partenza, pronto a immortalarmi con una foto dalla quale traspare tutta la mia gioia dell'essere lì, Simone Fegatilli, ormai c’ero ed ero consapevole che il mio Passatore era iniziato, la grande sfida con me stessa era lì dritta davanti a me per 100 lunghi chilometri, allora non rimaneva che dare sfogo alla grande voglia di correrla e far echeggiare nella mente tutti i consigli che ho ricevuto e dei quali ho fatto grande tesoro su come gestire la mia gara; e così ho fatto. Deciso di dividere questo sogno di ristoro in ristoro per non pensare alla distanza, alle ore che trascorrevano, alla fatica che si sarebbe presentata alle porte, ho fatto tesoro dei racconti e delle emozioni di chi quel sogno l’aveva vissuto, la bellezza del famoso e temuto passo della Colla, il rumore del fiume Lamone, che mi avrebbe accompagnato per buona parte del percorso, le lucciole alle quali avrei chiesto di farmi compagnia durante la notte, tutto proprio come mi aveva descritto la mia amica Virginia Nanni. Sapevo che durante il percorso avrei incontrato amici con i quali scambiare almeno un sorriso, così è stato e allora c'è scappato un selfie con il grande Francesco Mastrogiacomo, poco più avanti un secondo con gli amici da poco conosciuti ma che mi sembra di vivere da una vita, Domenico Martino e Roberta Varricchione, ed ecco che a Vetta le Croci vedo il mio grande mito, la campionessa del mio cuore Eleonora Rachele Corradini. È stato come ricevere una carica esplosiva, con il suo sorriso con le sue parole mi ha dato quella fiducia che bastava per poterne fare due di Passatore! Passo dopo passo, ristoro di ristoro, respiro dopo respiro eccomi al Passo della Colla e lì un abbraccio improvviso, un gesto inaspettato venuto dal cuore che mi ha fatto scendere una lacrima, Barbara Liberati. Da lì tutta discesa, sapevo che l'avrei dovuta gestire ancor meglio della salita, i secondi 50 km sarebbero stati più duri dei primi 50, vuoi perché discesa, vuoi perché la stanchezza sulle gambe si sarebbe presentata, allora ho cercato di farlo al meglio, chilometro dopo chilometro eccomi a Crespino, all’incirca 56 km. A un tratto, nel silenzio sento «eh no, aspettiamo lei la devo salutare»: era l’altro mio grande mito Delia Costantini, allora ecco che la pelle d'oca è venuta fuori, emozioni a go go, e allora dritta verso la mia méta. Eccomi giunta all'80° km, dove il caso ha voluto che raggiungessi il mio grande amico Luigi Remidi e con lui ci siamo fatti forza a vicenda e insieme abbiamo portato a termine, tra sofferenze degli ultimi chilometri, sorrisi, qualche battuta e imprecazione, la nostra prima 100 Km del Passatore. Non finirò mai di ringraziarlo perché il suo sostegno è stato fondamentale! Gli ultimi chilometri sono stati i più duri, si sa, la coda è sempre la più brutta, ma a tener testa è stato il mio pensiero fisso a chi avevo lasciato a casa, i miei amici che sapevo sintonizzati su Endu per seguirmi . Ma il sostegno fondamentale è venuto proprio da lui, Antonio Mariani.
IL MONDO ULTRA
Il calendario è sempre più fitto: tante gare, tanti atleti partecipanti. In fondo gli episodi drammatici di incidenti, infortuni, morti sono ridotti. Cosa ne pensi? Di gare ce ne sono sempre più, addirittura nell’arco della stessa giornata anche più di una, sparse per l’Italia oppure a pochi chilometri di distanza, farle tutte è quasi impossibile, ma farne molte è la realtà di oggi. Non sono contraria a fare quante più gare si abbia intenzione di fare, l’importante è farle sempre con criterio, sapersi scegliere e puntare su determinate gare e cercare di dare il meglio, tapasciare e recuperare in altre usandole addirittura come allenamento. Per quanto riguarda gli infortuni, sono dell’idea che gli atleti non si amano, non si curano affatto della propria salute; si dovrebbero fare sempre più spesso esami ematici e soprattutto visite dal fisioterapista, visite mediche in generale, e soprattutto curare l’alimentazione cercando di incrementare quelle sostanze di cui il corpo ha bisogno a seconda dello sforzo fisico, e ricorrere il meno possibile a integratori artificiali. Io lo faccio: sono seguita da un nutrizionista, ogni 15 giorni vado da un fisioterapista e ogni 8/9 mesi faccio le analisi (qui forse dovrei ridurre la distanza tra un esame e l’altro).
La FIDAL tempo fa informava di un progetto per regolamentare le gare outdoor. A tuo giudizio cosa andrebbe modificato e comunque rivisto? A mio avviso andrebbero incrementati i controlli, con più intermedi e rilevamenti dei tempi.
Il Gran Prix IUTA è ben organizzato? Ci sono dentro da poco tempo per poter giudicare, però da quel poco che sto vivendo, mi sembra di si.
Ogni manifestazione ha un suo Regolamento, ma non sempre viene rispettato cosa in esso contemplato; per esempio, ristori, spugnaggio, segnaletica percorso a volte lasciano alquanto a desiderare. Come operare al fine di rendere maggiormente fruibile l’evento? I ristori devono essere assolutamente migliorati, per esempio al Passatore non ho trovato pane, olio e sale, alimento semplice e necessario, perché leggero e utile per non appesantire lo stomaco, e con il sale si reintegra, poi le bevande più acqua, birra al posto dei sali minerali artificiali. Inoltre ogni gara è a sé a causa di fattori quali condizioni climatiche, distanza chilometrica: insomma andrebbero adeguati a ogni tipo di manifestazione. Poi la segnaletica, perché è vero il più delle volte lascia a desiderare, certe volte non si ha la percezione di dove si debba andare.
Nella maratona ci sono 13’45” di differenza tra il record maschile e quello femminile. Allungando la distanza il divario aumenta. Ma la donna possiede delle qualità di resistenza e di predisposizione alla fatica non certo inferiori all’uomo. Allora influisce in ciò il fattore che l’universo femminile si è dedicato più tardi dell’uomo? Secondo me è solo una questione di fisicità, l’uomo proprio perché uomo ha ormoni che lo predispongono naturalmente, mentre la donna sotto questo punto di viste è più fragile.
Non ritieni che quella degli integratori sia una moda? Assolutamente sì, io non prendo integratori prima e durante, mi aiuto con fruttini in gara, al massimo sale grosso, parmigiano, acqua e birra se ne trovo. Ritengo che gli integratori siano artificiali, e quelli liquidi poi sono bombe per la bile, intasano e non si smaltiscono.
Nel nostro Paese è ancora poco considerato il valore formativo dell’attività sportiva. Cosa fare per migliorare la situazione? Bisognerebbe incrementare e migliorare l’approccio nelle scuole, soprattutto in quelle elementari. I bambini andrebbero educati all’approccio all’atletica, la ritengo formante ed educativa sia dal punto di vista fisico sia sociale.
Nel mondo dell’atletica leggera stiamo assistendo all’”onda africana”: nel settore velocità c’è un dominio di atleti giamaicani; nel mezzofondo di atleti keniani ed etiopi. Perché gli africani ancora non sono riusciti a eccellere pure nel mondo ultra? Quando ciò potrà realizzarsi? Credo che non si approcceranno mai al mondo delle ultra, c’è scarso ritorno economico a mio avviso.
Lascia un commento
I commenti sono a totale responsabilità di chi li invia o inserisce, del quale restano tracciati l'IP e l'indirizzo e-mail.
Podisti.Net non effettua alcun controllo preventivo né assume alcuna responsabilità sul contenuto, ma può agire, su richiesta, alla rimozione di commenti ritenuti offensivi.
Ogni abuso verrà segnalato alle autorità competenti.
Per poter inserire un commento non è necessario registrarsi ma è sufficiente un indirizzo e-mail valido.
Consigliamo, tuttavia, di registrarsi e accedere con le proprie credenziali (trovi i link in fondo alla pagina).
In questo modo potrai ritrovare tutti i tuoi commenti, inserire un tuo profilo e una foto rendere riconoscibili i tuoi interventi.