Dalla Corsa della Bora un avvio ideale a gestire i trail
Arrivo un po’ lungo a raccontare la mia Corsa della Bora, sarà perché prima dovevo smaltire la fatica? No, questa volta non è così, me la sono presa comoda (attenzione che è tutto relativo). Scrivo questa volta perché in realtà sono tornato dopo una prima esperienza nel 2018, quando ero arrivato distrutto dalla fatica e avevo percorso circa 25 chilometri, anche se la gara è di circa 21…certo che se ti perdi…….
Invece tutto liscio in questa occasione, non credo proprio perché le indicazioni fossero più chiare, semplicemente perché ho corso più rilassato e con maggiore attenzione. Nella mia limitatissima esperienza di corsa in ambito trail per ora ho imparato che o guardi il cronometro o…guardi la strada. Dirò una banalità per chi corre abitualmente i trail, invece forse una cosa utile per chi è alle prime armi, o forse non si è ancora avvicinato alla specialità: niente indicazioni chilometriche, frecce, transenne, bensì tante fettucce appese ai rami degli alberi, ti dicono che sei nella giusta direzione, però devi sempre tenere lo sguardo un po’ più avanti, in occasione di bivi e incroci con altri sentieri.
Ma veniamo alla gara, la mia gara, la S1Half: poco più di 21 chilometri, circa, su questi percorsi la precisione della distanza conta davvero poco.
Numeri in crescita (anche, ma non solo) su questa distanza, ricordo che nel menu c’erano anche una 8 km (S1Justfun), una 57 km (S1Trail) e una 164 km (S1Ultra). Alla fine i classificati della S1Half sono stati 554, contri 469 del 2018. Un percorso alla portata di tutti quelli che corrono 3-4 volte alla settimana, non avendo problemi a farlo continuativamente almeno per 2-3 ore (gli ultimi 100 classificati hanno impiegato più di 4 ore), ma tutt’altro che da sottovalutare. I tratti in asfalto non superano il 10% del totale (come da regolamento trail), i sentieri sono mediamente più irregolari ed impegnativi dei classici collinari (ad esempio quelli lombardi o nel piacentino), difficile trovare tratti in pianura più lunghi di 3-400 metri e il fondo su cui si corre cambia di continuo.
Insomma, tutti possono riuscirci ma rispettando qualche condizione di base: ad esempio prendersela comoda! Certo che quando ti metti il pettorale ti senti costretto a gareggiare, ma almeno la prima/e volta/e è fondamentale prendere confidenza con percorsi completamente diversi; mi rivolgo al podista da strada, sull’asfalto l’appoggio è sempre uguale, nel trail non ce ne è uno che è uguale al precedente, o al successivo. Ecco perché è fondamentale fare un buon numero di allenamenti su sterrati e sentieri e con molti saliscendi (qui invece le colline lombarde, tipo in Brianza, vanno benissimo), in queste situazioni il corpo impara a gestire i “segnali” che arrivano dai piedi, che dovranno essere adeguatamente preparati (propriocettività). E abituarsi a correre con lo zainetto, cosa che personalmente trovo fastidiosa, ma sarà una questione di abitudine. Zainetto che deve contenere del materiale obbligatorio, pena la squalifica. A proposito, a questa gara erano previsti dei controlli, anche sul percorso, tempo medio del controllo circa due minuti, forse anche meno. I controllati all’arrivo ricevevano un bonus di tre minuti, insomma, convenivano! A patto di essere in regola.
A proposito di regole: so che i bastoncini sono consentiti in questo tipo di gare, certamente aiutano in salita, in particolare nei tratti più impegnativi, però mi chiedo a che servono quando ci si trova in piano. In alcune circostanze mi sono trovato davanti dei podisti che camminavano, magari in un tratto di sentiero piuttosto stretto, che quindi rendeva difficile il sorpasso, complice il fatto che inevitabilmente (forse) si devono tenere le braccia larghe. Qualcuno si spostava, qualcun altro no.
Il percorso è davvero bello, varia di continuo, alla fine non è un trail duro e puro, dato che la distanza e il dislivello sono contenuti, non è nemmeno una corsa in montagna; le salite sono sempre corribili, invece la definirei una corsa nella natura, una natura diversa e particolare, quella del Carso. Certamente ci sono dei passaggi un po’ complicati dove è meglio camminare, per non dire che si è obbligati a camminare. I panorami sono unici, si corre per lunghi tratti “sospesi tra il cielo e il mare”, come recita il sito della manifestazione, ed è proprio così.
Particolare, e complicata, la discesa sulla spiaggia, per certi versi una vigliaccata da parte di chi ha disegnato il percorso; questo perché il tratto di circa un chilometro in riva al mare è impossibile da correre, e poi perché si deve risalire un centinaio di metri di dislivello verso il Bora Village di Visogliano, punto di arrivo. Certo che non si può restare indifferenti allo spettacolo che si presenta alla Costa dei Barbari, la spiaggia dei naturisti, appena sotto Porto Piccolo.
Momenti particolari: tanti, ne estraggo uno per tutti. L’arrivo dell’amico Aurelio Martinelli (nella foto,sorridente, non pare nemmeno facesse fatica) dopo 57 chilometri percorsi in 9h49’. Ero con i suoi figli ad attenderlo all’ingresso del centro sportivo: stanco, emozionato, felice come di più non si può essere. Abbiamo corso tutti insieme gli ultimi 100 metri, una bella emozione, soprattutto per lui.
Dopo questo tipo di gare, per tutti o quasi, in misura diversa, i muscoli resteranno indolenziti nei giorni successivi (il cosiddetto DOMS, dolore ad insorgenza ritardata), e ci vorranno diversi giorni perché si ricostituiscano le nostre fibre muscolari (rabdomiolisi). Ma tutto ciò sparirà in breve tempo, mentre se si è vissuta bene la gara si porta a casa qualcosa che durerà molto più lungo, una bella esperienza che magari potrà costituire la base…per un prossimo trail.
Infine, uno sguardo alle gare competitive in programma: numeri tutti in crescita rispetto al 2018, i dati sono relativi agli atleti classificati. Generale: 1173 (+ 23%). Nel dettaglio: S1JustFun, 119 (+8%); S1Half, 558 (+ 21%); S1Trail, 410 (+15%); S1Ultra, 86 (+170%).
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