Giro dell’Umbria ‘open’, ovvero la Fidal ci ripensa
Dunque, a quanto pare, il pasticciaccio brutto del Giro dell’Umbria riservato solo ai tesserati FIDAL si è felicemente risolto: la Federazione Italiana di Atletica Leggera ci ha ripensato, spostando l’evento nel calendario regionale. La qual cosa, per chi conosce i complessi meccanismi con cui l’Ente pubblico sta irreggimentando da anni il podismo amatoriale, rende automaticamente la competizione accessibile anche a quei figli di un Dio minore degli iscritti agli Enti di promozione sportiva.
Ora, cercando di non scatenare inutili polemiche autodistruttive, mi pare doveroso informare il lettore in merito ai passaggi che hanno condotto ad un tale cambiamento, anche perché alcuni dirigenti umbri della FIDAL, in privato, mi hanno più volte esortato a riportare con la massima fedeltà i fatti, compresi quelli legati alla vicenda in oggetto.
Bene, in base agli elementi in mio possesso, le cose hanno avuto la seguente evoluzione:
- a) all’inizio il Giro dell’Umbria, da sempre organizzato da Sauro Mencaroni, uomo pratico che mal digerisce le pastoie burocratiche, era stato inserito nel calendario nazionale, su pressione della stessa FIDAL la quale, in caso contrario, non avrebbe concesso la propria egida.
- b) Il buon Mencaroni, confidando in un successivo ripensamento – così come è di fatto avvenuto - aveva pubblicato on-line un regolamento nel quale si specificava l’esclusiva partecipazione dei tesserati Fidal, lasciando però inalterata nei volantini la vecchia definizione di ‘corsa open’.
- c) Sabato scorso esce l’articolo su Podisti.net in cui viene criticata l’ennesima scelta della FIDAL, dopo la corsa di Castiglione del Lago, di escludere gli atleti appartenenti agli Eps,
e magicamente accade il miracolo: il Giro dell’Umbria viene spostato nel calendario regionale, tornando ad essere una competizione open.
- d) La notizia mi viene comunicata in un severo messaggio su Facebook dal mio vecchio amico Patrizio Lucchetti, delegato regionale Fidal per il settore non stadia, il quale mi dice che in realtà la decisione era già stata presa da una quindicina di giorni e che il buon Mencaroni si era chiaramente confuso, pubblicando un regolamento errato. Sarà: ma interpellato, il notissimo organizzatore umbro riferiva di aver anch’egli saputo della modifica all’ultimo momento.
- e) A conferma che qualcosa nella comunicazione della FIDAL è andato storto – anche perché sulla buona fede dei suoi dirigenti mi sento più sicuro di Muzio Scevola - dobbiamo registrare che solo lunedì 10 agosto il Giro dell’Umbria è stato calendarizzato come gara regionale nel sito della FIDAL. Mentre il giorno precedente la stessa corsa a tappe era scomparsa anche dal calendario nazionale. Dunque solo a partire da questa data i “tapascioni” aderenti agli Eps hanno ufficialmente scoperto di non essere più emarginati da una delle kermesse più affascinanti della verde Umbria.
Ora, nel ribadire agli amici della FIDAL che chi scrive non possiede poteri medianici e che, pertanto, non possiamo leggere nella mente di chiunque, mi sembra comunque evidente che nell’era delle nuove regole del podismo - imposte dall’Ente preposto dal CONI a gestire e regolare l’attività del nostro settore - molte cose non funzionino affatto. In tal senso l’emergenza sanitaria ancora in atto sembra aver messo ancor più in chiaro gli elementi critici di una situazione che, in forza delle nuove norme sancite con la convenzione in vigore tra FIDAL ed EPS, non sembra particolarmente vantaggiosa per il movimento nel suo complesso.
In particolare, la differenziazione tra gare nazionali e gare locali stabilita dalla FIDAL, oltre a costituire un elemento che disincentiva la partecipazione, tende a creare molta incertezza e confusione presso la vasta platea dei podisti amatoriali.
Tant’è, a conferma di ciò, che mentre scrivo questo articolo, nel sito della FIDAL un’altra corsa molto popolare in Umbria, la “Corrigubbio”, compare sia come gara nazionale sia come corsa regionale, generando dubbi amletici che, ne sono certo, molto presto verranno fugati, come sollecitamente accaduto per il Giro dell’Umbria.
D’altro canto, a monte di tutto, sarebbe interessante capire la ratio che ha spinto il potere pubblico ha creare una serie di differenziazioni che prima, nel mondo dei “tapascioni” ( che per la Treccani sono“coloro che partecipano alle gare senza intenti agonistici, per il puro piacere di portare a termine il percorso”) non esistevano. Chissà che un giorno non ce lo spieghino con dovizia di particolari.
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