Gareggiano ancora in pochi
Abbiamo appena lasciato alle spalle un fine settimana con una prima gara “vera” e che possiamo definire quasi di massa. Gli organizzatori della Milano Salomon City Trail sono soddisfatti e ne hanno ben donde in quanto si sono lanciati in una scommessa vincente ovvero quella di organizzare la gara ben sapendo che nel futuro non c’era certezza. Specialmente al momento del lancio. Bravi loro. Al netto delle dichiarazioni sempre molto entusiastiche degli uffici stampa, la somma degli arrivati al traguardo sulle tre distanze, secondo la società di cronometraggio si avvicina a quota 2100. Non male, così come era andata a bene agli organizzatori della mezza e dei dieci chilometri a Monza nel weekend del 12-13/9 us. A memoria almeno un migliaio di finisher.
Tutto ciò premesso, è inevitabile constatare come a fronte di una offerta di gare nuovamente in crescita, ma sempre nettamente inferiore al periodo precedente alla pandemia, in numeri assoluti gli atleti che s’infilano scarpette e pettorale sono molto meno rispetto a prima. Il tutto malgrado gli organizzatori stiano seguendo con attenzione tutti i protocolli relativi a distanziamento, partenza in ondate successive, controlli della temperatura corporea ed in qualche caso anche tamponi sul posto. Offerta bassa, ma domanda ancora più fiacca se vogliamo usare un linguaggio da economisti.
Se pensiamo alla Salomon City Trail, a cui ho assistito da volontario sul tracciato, i pettorali sarebbero dovuti andare a ruba. Ci sarebbero voluti i bagarini anche perché l’organizzazione aveva anche fissato un numero massimo, peraltro non raggiunto, sempre per esigenze di sicurezza. Il Trail era una gara che avrebbe dovuto ingolosire i maratoneti e gli amanti della maratonina. A parte la 5 chilometri, forse più per un pubblico di neofiti, si potevano correre anche i 10k. Distanza gettonatissima.
E invece niente. La gente resta a casa o per meglio dire corre, ma non gareggia. Forse per la paura di ammalarsi o ancora peggio di contagiare qualche familiare specialmente quando si è di fronte a soggetti più deboli? Possibilissimo. Però io non sono in virologo e non ho nemmeno una laurea in medicina, quindi lascio ad altri tuttologi una dettagliata analisi e relative farneticazioni dal basso della loro ignoranza. Mentre siamo arrivati ad 1.000.000 (un milione) di morti. Mi è anche toccato leggere che molte delle vittime sarebbero morte comunque e quindi… Aggiungo io, magari con meno sofferenze e più tardi rispetto all’accelerazione portata dal virus.
Ma torniamo alla ricerca dei motivi. Gli “assenti” non fanno gare agonistiche in quanto non sono tesserati per questa stagione? Se per il tesseramento giovanile questa potrebbe essere un’ipotesi in quanto di solito molti ragazzi si tesserano solo a primavera (quando quest’anno si è bloccato tutto), per i senior, considerate tutte le gare invernali e che il nuovo tesseramento scatta appena inizia l’anno nuovo questa non sembra una giustificazione valida. Ed in ogni caso se non avessero rinnovato oppure fosse scaduta la visita medica di idoneità, si sarebbero potuti buttare nelle non competitive. Ad esempio a Milano e Monza sui 10 chilometri.
Lascio proseguire ai lettori che vorranno intervenire in questa analisi con le loro opinioni e le loro esperienze personali in questo periodo.
Rodolfo Lollini – Redazione Podisti.net
3 commenti
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Lunedì, 05 Ottobre 2020 07:50
inviato da Luigi Foschini
Sono d'accordo con William. Infatti, io sono uno di quei podisti. Non ho prestazioni tali da poter aspirare al podio, per cui vado alle gare per l'aspetto sociale: incontrare amici e pranzare insieme. Mancando questo aspetto, non ho motivo di andar per gare, anche se - ammetto - qualche volta sono stato tentato per curiosità e, se non fossi infortunato, forse avrei ceduto.
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Venerdì, 02 Ottobre 2020 20:21
inviato da Giulio ANGELINO
Caro Rodolfo, leggo sempre con interesse i tuoi articoli, condivido con te la grande passione per la corsa (e per l'atletica in generale), ma ho la "vaga" impressione che tu sia una di quelle tante persone che sono state vittime della campagna di terrorismo psicologico lanciata dai politici e dai mezzi di comunicazione di massa dall'8 marzo in poi. Io non sono certamente un virologo, e neanche un tuttologo, ovviamente, ho una modestissima laurea in lingue, ma sono appassionato di statistiche e di storia. E quindi ti voglio semplicemente portare delle cifre: è vero, siamo arrivati a più di un milione di morti del mondo (che ha attualmente una popolazione di 7,8 miliardi di persone) per 'sto Covid, ma ti ricordo che la ben più terribile influenza spagnola di 100 anni fa causò dai 20 ai 50 milioni di vittime, e contagiò mezzo miliardo di persone, su una popolazione mondiale che allora era inferiore ai 2 miliardi di persone. Qui in Italia l'influenza spagnola uccise dalle 350.000 alle 600.000 persone, e ne contagiò dai 4 ai 5 milioni, a fronte di popolazione di 38 milioni di persone. A tutt'oggi, 2 ottobre, il Covid ha causato in Italia quasi 36.000 morti, che sono molti di meno dei 54.000 provocati dall'epidemia influenzale del 2015. Allora, di che cosa stiamo parlando ? Perché dobbiamo aver paura ? Nel maggio del 1990 io non ebbi nessuna paura a bloccare uno scippatore in una via di Torino, mentre mi stavo allenando, e adesso dovrei aver paura di gareggiare a causa del Covid ?
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Mercoledì, 30 Settembre 2020 09:47
inviato da William
La mancanza di partecipazione credo sia anche da ricercare nel fatto che molte persone prendono parte alle gare per stare in compagnia.
Le nuove norme non permettono la socialità e pertanto molti rinunciano alle competizioni in quanto viene a mancare il vero motivo che le spinge a gareggiare.
Credo, inoltre, che la paura del contagio tenga al di fuori delle competizioni una piccola parte dei podisti.
Dico questo poiché se si frequentano le strade spesso utilizzate per gli allenamenti si possono notare gruppi considerevoli di persone che si allenano in compagnia (almeno questo dalle mie parti).
La fine dell'allenamento spesso è scandita da una fermata al bar o da un banchetto improvvisato nel baule di una macchina.
In fin dei conti questi podisti non pagano il pettorale per correre ma per passare una domenica in compagnia e, visto che non possono più farlo, si sono organizzati per farlo senza pagare nulla.
Oggi i partecipanti alle gare lo fanno per puro agonismo.
Ovviamente questo è il mio pensiero.
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