Protestano gli organizzatori: le gare su strada non campano di brioches
Cosa succede in città? si chiede Rodolfo Lollini (https://podisti.net/index.php/notizie/item/9516-fidal-cosa-succede-in-citta-qualcosa-che-non-va.html). Ma lasciamo stare il problema pista, che prima non sembrava esistere ed ora invece sta scoppiando con le novità sempre meno gradite dalle società stadia, e soffermiamoci sul tema che sta più a cuore a noi podisti: “sul settore strada siamo in un limbo”, magari lo fossimo, almeno potremmo sperare in un Salvatore che ci porti in Paradiso.
Nel 2006 le maratone in Italia avevano visto 45.907 partecipanti, l’anno dopo saliti a 52.858, poi 53.828, calati nel 2009 a 49.023, ma poi risaliti con alti e bassi: 52.169, 55.344, 55.190, 53.833, 58.322 nel 2014. Questo trend innescò il Run Project, che dopo un anno di gestazione fu approvato e presentato trionfalmente con una circolare agli organizzatori il 5 luglio 2016: “sarà una svolta epocale”.
In effetti lo è stata, ma bisogna vedere come e per chi.
Tutte le maratone e mezze maratone diventarono di competenza esclusiva della Fidal Nazionale, assolutamente proibita l’organizzazione territoriale su distanze analoghe, corollario inevitabile l’omologazione del percorso per € 450, mentre l’approvazione fu differenziata a seconda del tipo: Gold € 4.500, Silver € 3.600, Bronze 1.500, su parametri di qualità agonistici e organizzativi (costosi) stabiliti dalla Federazione, con la possibilità di quote agevolate, rispettivamente a 2.100, 1.500 e 1.000 euro, per “Società per cui è plausibile pensare che le entrate derivanti da manifestazioni di Running siano reinvestite in attività giovanile e su pista”. La Fidal sconta il suo “peccato originale”, la mentalità da pista, che privilegia le regole e le prestazioni, cioè l’élite, che è la ragion stessa della sua esistenza; adombrando il presupposto che organizzare una manifestazione su strada abbia come fine il lucro.
Non dimentichiamo poi la tassa di un euro per ogni iscritto, il tutto allo scopo (fu detto allora) di “riformulare la tassazione per l’approvazione delle manifestazioni affinché tutte le manifestazioni di running italiane possano stare sotto egida federale ed affinché il ruolo di servizio della Federazione sia evidente”
Ma quale servizio? Gli 11 parametri minimi per avere la qualifica Bronze o i 10 su 13 per essere Silver o i 13 su 16 per essere Gold sono validi, ma a carico dell’organizzatore; la Fidal si limita a fornire l’opera dei giudici, che, come si sa, sono volontari rimborsati solo delle spese vive, qualora le sostengano: in realtà la tassa di approvazione è percepita come una rendita feudale che i vassalli devono al Signore.
Ma alla Fidal sanno cosa deve fare un organizzatore?
Prima di tutto l’iter burocratico: richiesta annuale di inserimento nel calendario federale, nazionale o territoriale, indicando una data alternativa a quella indicata, anche se quasi sempre questa non è negoziabile perché legata a qualche avvenimento sul territorio.
Ricevuta l’autorizzazione all’organizzazione con la pubblicazione del calendario, si deve inviare il regolamento della gara per l’approvazione, unitamente al 30% della tassa relativa.
C’è poi la parte organizzativa sul territorio: richieste delle autorizzazioni agli organi competenti (Comune, Regione, ANAS, Carabinieri, Polizia eccetera); reperimento dei fondi; reclutamento dei collaboratori non solo interni, ma anche e soprattutto esterni (Protezione Civile, ANA, Carabinieri in pensione, eccetera); medico di servizio e ambulanza con defibrillatore.
E ancora, occorre scegliere la società di transponder (chip) alla quale affidare la gestione della manifestazione, che spesso comincia dalle iscrizioni, con la raccolta delle relative quote, e si chiude con la rilevazione dei tempi il giorno della gara, le classifiche, cui va aggiunta la pubblicazione sul sito, oltre all’invio dei risultati alla FIDAL (cosa che non sempre avviene). Dalle due ditte iniziali (che allora portavano i nomi di Championchip e Winningtime) al proliferare odierno di queste società (ne ho già contate sei e forse sono di più) c’è da pensare che sia un investimento proficuo, a carico, ovviamente, dell’organizzatore (che poi in parte si rivale sull’iscritto, cui viene quasi sempre richiesta una cifra suppletiva per spese di gestione).
Segue la definizione dei premi di classifica con relativa scaletta - oggi ci sono una ventina di categorie per un minimo di cento premi individuali più quelli di società - e del premio di partecipazione per tutti gli iscritti. Una volta approvato il budget di spesa inizia la ricerca del fornitore al minor costo possibile, tenendo conto delle tasse da pagare alla FIDAL (o all’EPS) e delle regalie ai collaboratori.
L’ultimo impegno, il più delicato, è la predisposizione di tutti i servizi previsti nel dispositivo, l’assegnazione ad ogni collaboratore dei suoi compiti, il controllo puntuale di ogni particolare; il giorno della gara, tutto deve essere in ordine, non parliamo poi dell’emergenza attuale che si protrae da oltre due anni. Il COVID è giunto come un fulmine a cielo già nuvoloso, le maratone dopo l’euforia del primo anno (2017, con 60.928 partecipanti) sono andate in calando. Se il 2017 aveva segnato un incremento di 5.480 partecipanti nelle maratone e oltre 207.000 presenze nelle mezze maratone, i risultati, soprattutto dal punto di vista economico, furono deludenti e il 2018 e il 2019 ne pagarono le spese: 53.019 classificati nel 2019 e il crollo del 2020 a 3.197; poi l’anno scorso 23.484, quest’anno a un mese dalla fine 30.246, forse si potrà arrivare a 40.000.
Ma intanto la FIDAL ne ha pensata un’altra, anche le gare su 5 e 10 chilometri entrano nel calendario Nazionale, con omologazione di 200 euro e tassa nazionale di € 2.250 per le Gold e € 1.800 per le Silver; per le Bronze (bontà sua) è ammessa l’approvazione regionale.
Chissà perché mi viene in mente la leggenda (falsa ma densa di simboli) sulla regina Maria Antonietta di Francia che chiedeva perché il popolo stesse protestando: quando le risposero “non ha il pane”, disse stizzita “Mangino le brioches”.
Il problema è “la stanza dei bottoni”: finché una legge elettorale ancorata ad uno Statuto obsoleto darà privilegi solo alla casta che svolge attività su pista, consentendo che la maggioranza dei voti sia in mano al dieci per cento delle società, nulla potrà cambiare. Occorrerebbe tenere conto non solo delle graduatorie basate sulle prestazioni su pista, ma anche a quelle su strada, premiando gli organizzatori delle manifestazioni realizzate con cura e professionalità.
La nascita di una nuova associazione degli organizzatori è l’occasione giusta per promuovere finalmente la corsa su strada: l’unione fa la forza, speriamo che sia la volta buona.
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