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Lug 01, 2024 432volte

47^ Pistoia-Abetone, finalmente le classifiche

"Dalla sofferenza alla conoscenza" "Dalla sofferenza alla conoscenza" Roberto Mandelli

30 giugno – Non si contano i titoli nazionali (nel senso di campionati) che assegnava questa 47^ edizione della Pistoia-Abetone: ci scuseranno gli altri, ma i più importanti sono quelli Fidal sui 50 km assoluti e master, con la miriade di categorie di 5 in 5 anni, senza gli sconti e gli accorpamenti cari a molti organizzatori risparmiosi.

Ma aldilà dei cacciatori di titoli, o perlomeno invogliati dalle nutrite sportine-premio assegnate al traguardo, credo che il grosso del pubblico partecipante sia rappresentato dai fedelissimi, dai maratoneti più o meno super che anno dopo anno (con la sola eccezione dei covidiani 2020-2021) popolano con entusiasmo il centro di Pistoia e affrontano con gioiosa rassegnazione i quasi duemila metri di dislivello, sotto il sole estivo e sfidando, specie negli ultimi 15 km, le auto e le moto in discesa dalla caotica spianata dell’Abetone (almeno, stessero un po’ più verso il centro della strada…).

Dai risultati completi, usciti online solo il lunedì pomeriggio (suppongo che sia stato laborioso il confronto tra l’ordine d’arrivo e le spunte dei vari controlli in itinere) i grandi numeri sembrano tuttavia in calo, con 682 classificati sui 50 km (erano stati 793 l'anno scorso) e 232 sui 30 km; senza contare i circa 500 partecipanti alle gare minori, tra cui la durissima “non competitiva” sui 20 km da S. Marcello alla cima.

La gara ha avuto un dominatore in Alessio Terrasi, trentaquattrenne del Parco Alpi Apuane, che con 3:35:38 ha confermato il titolo nazionale sui 50 km conquistato l’anno scorso a Castelbolognese (senza dire che nel 2018 si era laureato campione italiano di maratona a Ravenna). Ha confermato il secondo posto del 2023 Simone Pessina, 39enne dei Bergamostars, giunto a quasi 5 minuti, tre dei quali persi nella salita finale (3:40:05: il tempo dell’anno scorso oggi l’avrebbe fatto vincere). Dopo un minuto e mezzo è arrivato il terzo e più anziano, il palermitano Dario Pietro Ferrante (1979, Osteria dei Podisti 3:41:33). Non ha confermato il quarto posto del 2023 il titolato Marco Menegardi, oggi settimo; mentre si è ritirato dopo il 40° un altro dei favoriti, e già vincitore in anni passati, Matteo Lucchese.

Solo master tra le prime cinque classificate: ha vinto la più “giovane”, Sarah Giomi (1985, Pro Patria Milano) in 4:06’24”, sei minuti davanti alla vincitrice del 2023, la sempiterna cinquantaduenne romagnola Federica Moroni (DinamoSport, 4:12:26. “Solo” quarantreenne e molto staccata la terza, un’altra celebrità, Ilaria Bergaglio (Novese, 4:32:43), e un anno in più ha la quarta Ilaria Zaccagni (Casone Noceto 4:44:27): insomma, non pare una gara per giovanotte; oppure, in Italia non c’è ancora il ricambio a questa generazione di fenomene.

Nella 30 km (leggermente scarsi) ha prevalso Lorenzo Castro (Maiano) in 2:00:25, appena sopra la media dei 4 a km, e abbondanti 9 minuti davanti a Claudio Marco Mazzola (Runcard). Quasi allo sprint il finale donne, dove Mihaela Robu (della Silvano Fedi, la società organizzatrice) con 2:20:49 ha prevalso per 40 secondi su Linda Grazzini (Cai Pistoia).

E' stata diramata anche una classifica sulla distanza-maratona, non prevista dal regolamento ma utile per i cosiddetti cacciatori di tacche: confermati i primi due, Terrasi e Pessina (gli unici sotto le tre ore), mentre tra le donne la Giomi con 3.17:28 aveva un vantaggio sulla Moroni di oltre 8 minuti.

Esauditi i doveri della cronaca, torniamo al pre-partenza: alle quote di iscrizione abbordabili, cui viene dato riscontro con uno zaino di ottima qualità, una bottiglia di vino locale, uno scaldacollo (genere di cui i podisti non sentono la mancanza) e qualche gaggetto (come dicono i puristi toscani). Abbastanza comodo, a circa 400 metri dalla stazione, il centro-maratona (ma i ritardatari potranno svolgere tutte le pratiche anche in piazza Duomo nell’imminenza del via).

Il libretto di presentazione delle corse è forse il migliore che abbia mai visto in 35 anni di frequentazione maratonica: una settantina di pagine dove la pubblicità è contenuta in dimensioni accettabili, e invece spiccano le statistiche di tutte le edizioni, dal luglio 1976 al 2023, comprese le altimetrie dei tratti in salita, in particolare i due più duri, i 700 metri verticali verso le Piastre e i 930 degli ultimi 16; e compreso, purtroppo, anche il record imbattuto della corsa, che mi rifiuto di specificare perché firmato Roberto Barbi 2007, per cui passo direttamente al secondo, di Rono Kipngetich con 3.19:16 (dunque un abbondante quarto d’ora meglio del tempo del 2024).

Curiose le “Frasi celebri”, di giornalisti o partecipanti, pubblicate a pp. 51-55, con qualche eccesso romanzesco, come questo firmato da una ex titolare di un ex sito podistico che ha anche passato i suoi guai: “il fascino di questa gara sta tutto nel […] silenzio della montagna interrotto solo dai click delle macchine fotografiche nascoste fra cespugli ed alberi” (mentre i click reali, chiamiamoli così, della gara sono da sempre quelli emessi dalle moto già citate, con annessi gas di scarico). Sottoscrivo invece questa frase di Fabrizio Di Michele (al traguardo nel più che dignitoso 6:17:20): “ad ogni maratoneta non dovrebbero chiedere se ha corso New York. Dovrebbero chiedere se ha fatto la Pistoia-Abetone”.

Al libretto si aggiunge l’edizione speciale di  “Metrorun Pistoia”, ricca di notizie (ma il dislivello è di 1908 o di 1830 metri, come si dice e disdice a distanza di 18 righe a  p. 6?) e curiosità, sia pure inframmezzate da parole ormai ripetute a sazietà e prive di senso: “panorama mozzafiato” in copertina, “alternarsi mozzafiato di salite e discese” a p. 6, “passeggiate mozzafiato” a p. 14.

Vabbè. Respirando regolarmente ci presentiamo alle 7 di mattina nella stupenda piazza del Duomo, ritrovandoci tra amici vicini e lontani (da Massimo Morelli a Werther Torricelli), tra ricordi antichi (sì, il 5:57 di 25 anni fa… piuttosto, teniamo di vista il tmax di 9 ore), spiritosaggini, contemplazioni di bellezze femminili (vincitrice assoluta: Greta Massari), foto e mini-accenni di stretching sui gradini del Battistero. Primi 15 km, fino alle Piastre, perfettamente chiusi al traffico, e godibili per il clima ancora freschino: la salita se ne va via quasi senza fatica.

Anche ai ristori assegno la medaglia d’oro: ogni 3 km, con grande abbondanza di frutta fresca già a spicchi, e per chi lo desidera fette biscottate spalmate di delizie varie. Sempre freschissimi anche acqua, tè e integratori salini, cui nella salita dell’Abetone aggiungeremo volentieri l’acqua che sgorga dalle fontane (grandiosa quella del Duca intorno al km 40: “o pellegrin se del sentier sei lasso – fermati bevi e poi raddoppia il passo”).

Percorso ottimamente segnato con frecce sull’asfalto, e numerosi segnalatori umani specie nei centri di paesi, dove l’orientamento si fa più complicato (tra Maresca e Gavinana soprattutto). Aggiungo il sacrosanto piazzamento di due tappetini chip “a tradimento” (oltre a quello conclamato del km 30; uno serve comunque per la tacca della maratona), e l'ulteriore presenza di due coppie di rilevatrici con foglio e penna: così si fa per evitare la piaga dei “centisti” automuniti!

Il traffico di auto ha una prima impennata verso Pontepetri, e provvidenzialmente dal km 21 al 24 (appunto di Maresca) siamo dirottati su uno stradello ghiaiato e all’ombra. Ma dalla Lima (km 33,5) in poi non avremo più scampo: cercare l’ombra comporta pericolosi zigzag lungo i tornanti, e chi osa, deve stare con l’orecchio teso per valutare la distanza del rombo dei motori, e se viene dall’alto o dal basso (e ci sono anche le bici, che vengono giù sparate senza fare rumore). A un certo punto un cartello a sinistra avvisa che se vogliamo una fontanella dobbiamo traversare verso destra: è un tornante, non mi fido, d’altronde per merito dei ristori non soffrirò mai la sete.

Per chi non si accontenta, il ristoro del km 46 (Cecchetto) offre qualcosa di più: mi fanno una gran voglia le costaiole, ma non è ancora il momento, anche perché la strada sembra spianare ed è ora di tentare la corsa (a 8’ al km, o peggio!).

Sebbene con un po’ di frustrazione, perché il traguardo sembra allontanarsi: se fino al km 35 i segnali dell’organizzazione erano sovrapponibili ai cartelli dell’Anas per la SS12 (cioè prima vedevamo il nostro segnale chilometrico, confermato dai Gps; cento metri dopo un altro segnale, più sbiadito, sull’asfalto, a volte corredato dal “chiodo” regolamentare; e dopo altri 2-300 metri il segnale Anas da cui si capiva che il traguardo sarebbe stato al km 88 e spiccioli); ma poi, e inesorabilmente, i nostri segnali si avvicinavano sempre più a quelli Anas, e al km 38 avviene il “sorpasso”, con un distacco che crescerà sempre più fino a raggiungere il mezzo km almeno. Cioè: prima il segnale Anas della distanza dallo scollinamento, e poi, sempre più tardi, il nostro chilometro. Se l’omologazione Fidal è un dogma di fede (lasciando però il dubbio su come abbiano avvicinato l’Abetone di 3 km rispetto ai primi tempi: d’altronde, anche il Passatore ha tutte le omologazioni possibili, ma è più lungo dei 100 km dichiarati), bisogna dedurre che o i cartelli intermedi sono buttati giù a un tanto il braccio, o che le misurazioni dell’Anas siano sballate.

Cercando di scacciare questi funesti pensieri, che si congiungono al sorpasso patito dal “trombettiere” Lorenzo Gemma (peraltro assistito dalla famiglia in auto chilometro dopo chilometro, e che arriverà un soffio sotto le 8 ore),  al meno 2,5 un ultimo ristoro offre perfino del vino (“bono, dalla mì damisgiana” assicura l’erogatore), e questa volta due dita me le faccio versare, per tre salutari sorsi verso il traguardo dove attende il solito collaudatissimo team Fiaschi-Menarini e una medaglia davvero bella e artistica, una volta tanto, tonda come dovrebbe essere.

In un’organizzazione con vari aspetti di perfezione assoluta, devo dire che il peggio è dopo il traguardo: non tanto per il ristoro immediatamente a destra, della stessa tipologia dei precedenti (bè, però il vino e la birra potevate metterli…), e il recupero nelle immediate vicinanze delle nostre borse; quanto per il cosiddetto pasta party, una cinquantina di metri avanti, cui si poteva accedere solo con un voucher, per ricevere un piatto di maccheroni freddi e sconditi (possiamo aggiungere l’olio) e dell’acqua prelevata da una tanica: tant’è vero che torno indietro al ristoro ufficiale per avere almeno un po’ di frutta e del tè.

Poi c’è da fare un altro centinaio di metri in salita per ritirare la maglia di finisher: disponibile solo in taglie S o XXL (stavolta prendo la S, la darò a un nipotino). Infine, altro centinaio di metri per raggiungere le docce: piccole (sono per i tennisti, dunque 4 erogatori in tutto) e fredde. Forse meriteremmo un po’ di più, e se non altro la massiccia disponibilità di bus navetta consente di tornare a casa o all’albergo per una lavatura come si deve.
Tra un percorso e l'altro ci rivediamo noi protagonisti di sorpassi e controsorpassi "kalipè" a ritmo lento nell'ultima ascesa: non più Werther Torricelli, che dopo il suo 6:21 deve aver già preso la strada per Carpi; né Mauro Gambaiani, il Pico Runner di Fanano (7:07). Franco Scarpa, psicologo e contabile dei supermaratoneti, dopo il suo 7:22 sta già sorseggiando qualcosa all'ombra del bar Leoncino, mentre ho perso le tracce del Road Runner Maurizio Colombo (7:44) con cui ci eravamo fatti fotografare una ventina di chilometri sotto. Il suo compagno Paolo Valenti è appena arrivato (8:04), mentre poco dietro ci sono il romagnolo Yuri Fabbri e il fiorentino (ripolino) Massimo Morelli, che hanno rimontato addirittura la luminosa Greta Massari.
Con 9 ore e 7 secondi, cioè appena oltre il tempo massimo, è classificata Fiorenza Simion da Primiero, classe 1943, che penso sia la più anziana del lotto, un anno in più di Giuliano Sidoli (8:00:45): sono vittorie anche queste, non meno belle di chi sta molto più in su.

 

Informazioni aggiuntive

Fotografo/i: R. Mandelli - F. Marri
Fonte Classifica: ENDU

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