Roteglia (RE), Trail del Pilastrino: la prima volta che…
12 settembre - … Me l’ha fatto notare una podista venuta fin da Berlino per camminare qua: è la prima volta che al termine della gara c’è un tavolone ricco di prelibatezze (metto personalmente sul podio l’uva dai grandi acini succosi; foto 53), cui tutti possono attingere, senza l’obbligo di prendersi il sacchetto con le cibarie e smammare il prima possibile. D’accordo, non eravamo tantissimi (poco più di un centinaio secondo le cifre diramate), essendo la partecipazione limitata dalla vicina e ‘ufficiale’ gara di Borzano dove pare si sia sfiorato il mezzo migliaio di presenze; dunque era facile mantenere il distanziamento all’interno del bellissimo cortile nel Borgo di Casa Maffei (foto 10-11, 14) dove si erano svolte tutte le operazioni di iscrizione (5 euro, senza preiscrizioni o data di scadenza, e senza pacco gara). D’altronde, sugli spalti degli stadi, in questa giornata, la mascherina sembra un oggetto vietato (la porterà l’1% dei tifosi, oltre tutto a contatto strettissimo), dunque ancora una volta non saremo noi podisti gli untori della prossima inevitabile “ondata”. Notevole qui da noi anche la presenza di ampie e confortevoli toilette in muratura, dove non si è mai dovuto fare la fila: negli stadi invece, non saprei come sono messi.
Partenza, in gruppo, con 5 minuti di ritardo perché le iscrizioni si erano protratte (ultimo o quasi era arrivato il Cuoghi della Cavazzona in foto 19, raccontando che la sua auto si era diretta in automatico verso Borzano, ma quando lui se ne era accorto aveva invertito la marcia e puntato su Roteglia).
Percorso mai collaudato in gare, sebbene qualche suo pezzo più corribile facesse parte di una classica camminata preserale dello stesso paese, grosso modo in questa stagione; e soprattutto, noi foresti ci siamo meravigliati arrivando, dopo 3 km e mezzo, e tornandoci dopo 8 km se avevamo scelto il giro lungo di 15 km (+880 D, che però il mio Gps riduce a 620), in un agriturismo intorno a quota 400 che era la sede di una “camminata di San Valentino”, più o meno all’epoca della festa di S. Anna. Gradito ritorno, augurale per futuri eventi: notevole che Italo (fotografo ‘della concorrenza’, ma pur sempre un amico), dopo averci fotografati in partenza, sia già arrivato lì per ulteriori scatti (foto 3, poi 26-30).
Diciamola tutta: non siamo né sulle Dolomiti né perlomeno sul Monte Valestra che si staglia nelle vicinanze: qui si corre sui calanchi, in parte sventrati dall’industria delle piastrelle, e dove i tipi di terreno a fatica permettono la nascita di arbusti e fiori (però mi sorprendo a vedere parecchi bucaneve, se sono davvero loro, nel sottobosco). Si sta quasi sempre su stradette bianche, a volte sassose, che la seccaggine ha cosparso di crepe, capaci a volte di trasformarsi in tagli che inducono frane. Giunti in quota si hanno belle visioni, ad esempio su quella “big bench” (mega panchina per salire sulla quale ci sono dei gradini) verso il sesto km; oppure sul Monte Stadola, circa 440 metri (cioè 250 metri più su della partenza-arrivo), dove pare di riconoscere (a me e al fido Paolo Giaroli) il tracciato di una antica camminata di San Valentino, che facevamo in senso inverso, talora imbattendoci in capre al pascolo.
Il percorso è ampiamente segnalato da bandelle, con una piccola defaillance (parlo sempre a nome dei foresti) verso il km 13/14: qui, un cartello non ufficiale (?) informa che tenendo il centro-destra si arriva al Pilastrino (che dà il nome alla gara), una chiesetta commemorativa su un cocuzzolo; ma i pendagli biancorossi portano a sinistra, in direzione di un’altra chiesa (“Maestà Nera”) che ci attira anche col suo scampanare. Risultato: chi segue il percorso ufficiale non passerà né dal Pilastrino né dalla Maestà Nera (che resta sopra); solo i più curiosi o i meno agonisti fanno la deviazione turistica, che avrei fatto anch’io se avessi conosciuto la topografia locale.
Pazienza, mi accontento di foto panoramiche, prima di scendere, lungo una stradetta con uno strano e fastidioso acciottolato antisdrucciolo, di nuovo verso Roteglia (eccola apparire in foto 52): dove c’è di nuovo Italo a fotografarci, quasi tutti con una gran fiacca addosso, salvo signore pimpanti come quella delle foto 24 e 53-54, che -come diceva Carlo Porta - “desdott in fira [bè, qui sono 15] e fresca cum un oeuv”.
Arrivano Giaroli e le sorelle Gandolfi (foto 6 e 13), arriva Cuoghi, arriva il nutrito gruppetto della Guglia di Sassuolo capitanato dalla signora Emilia e dalla sua seconda mamma Silvana. Si suda (verso le 11 stiamo intorno ai 28 gradi), ci si accovaccia sul prato, si cerca l’ombra, sorseggiando cola o succhi di frutta e sgranocchiando la squisita uva di cui sopra. La festa è finita, oppure siamo solo agli antipasti della festa grande della Liberazione?
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1 commento
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Lunedì, 13 Settembre 2021 07:36
inviato da Cuoghi Giuseppe
Caro direttore, premesso che sono sempre molto contento di riuscire ancora a far parte del nostro fantastico mondo pedestre, ed ancor più onorato delle citazioni del tuoi bellissimi ed accattivanti reportage, questa volta, devo, purtroppo per me, segnalare una inesattezza. "Arriva Cuoghi", sì, ma in macchina dopo circa cinque ore, raccattato dall'ottimo servizio di emergenza. Cos'è successo? In zona Maestà Nera, dopo essermi fatto anche il giro del Monte Croce, il mio fisico mi ha fatto capire che era logico fermarmi, sono transitati gli ultimi sette/otto concorrenti che ero faticosamente riuscito a mettermi alle spalle, poi il servizio scopa, che mi ha detto "aspetta qui che veniamo a prenderti in auto". Sentendomi leggermente meglio, e credendo di agevolare il soccorritore, considerando anche l'impervietà del fondo stradale, se così si può definire, ho ripreso a camminare, ma ho perso il giusto percorso, incamminandomi sull'asfaltata di Sassogattone, allungando notevolmente il percorso. In condizioni normali non sarebbe stato un problema, ma purtroppo per me si era già spenta la luce. Morale della favola: l'automobilista dell'organizzazione, che mi ha raccolto, mi ha detto che per l'arrivo dovevamo percorrere circa sei chilometri in auto, ed io avevo abbandonato il sentiero a circa due dall'arrivo. Sono molto molto amareggiato per aver angosciato e rovinato la domenica ad un po' di persone, ma tant'è!, tutto è bene quel che finisce bene. Ciao, alla prossima, anche se queste cose mi fanno meditare sul mio futuro podistico.
NdR: Avevo scritto "Arriva Cuoghi" senza vederti materialmente, sulla fiducia che tu, in migliaia di corse, eri sempre arrivato. Come, tutto sommato, sei arrivato anche stavolta e arriverai per lunghi anni ancora! [F.M.]
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