Pianoro (BO), 53^ Galaverna: la “montefortiana” dei bolognesi
19 gennaio – Cinquantatré edizioni: le prime dalle parti di Casalecchio, poi stabilmente qui, a una dozzina di km da Bologna sulla direttrice della Futa e della ferrovia “direttissima”, attorno a cui il vecchio Pianoro raccolto attorno al ponte sul Sàvena è cresciuto a dismisura costituendo una zona industriale di chilometri e chilometri.
Quest’anno faceva un po’ meno freddo rispetto alla tradizione: la pioggia della notte precedente e il cielo coperto avevano portato il termometro sopra lo zero, ma purtroppo anche prodotto un bel po’ di fango rispetto al ghiaccio cui eravamo abituati.
Il percorso sembra ormai stabilizzato, identico al 2024, e leggermente ridotto rispetto ai 21,5 km degli anni d’oro: il giro lungo è ‘venduto’ per 20 km ma risulta 19,100 con un dislivello di circa 550 metri. E’ divenuto molto più ‘trail’, fuori strada: la prima salita a Riosto (luogo d’origine della famiglia Ariosto) non avviene più per asfalto ma su una pista erbosa di un paio di km verso nord, seguiti da una conversione verso sud che all’incirca in falsopiano porta al primo ristoro del km 6 (una volta davano il vino, adesso viene servito il tè più scipito della storia del podismo).
Segue il tratto forse più bello della corsa, la discesa in parte sterrata (e anche recuperata da una frana) verso l’ex guado del torrente, ora oltrepassato da un ponticello in legno ma con un bel po’ di pantano prima e dopo (d’altronde il cartello ci aveva avvertito che “si sguilla”). Risalita fino al secondo ristoro (stavolta il tè è saporito, ma freddo!), poi un altro po’ di sterrato fino ai tornanti del discesone su Pianoro vecchio. Qui, in prossimità del ponte, terzo ristoro, e stavolta il tè è bollente e ci voleva; utile anche la presenza, come nei due pit-stop precedenti, di varie squisitezze dolciarie.
Come l’anno scorso, non si sale più sul versante opposto in direzione di Guzzano per l’asfalto, ma si percorre, insieme ai ritrovati colleghi dei 10 e 16 km, la statale in direzione nord, fino al sottopasso ferroviario: qui noi del lungo siamo mandati su una lunga traccia erbosa (quando va bene) e soprattutto pantanosa, con una minima salita che precorre al rientro sulla statale, ma stavolta in senso inverso, cioè di nuovo a Pian di Macina e al grosso comparto industriale, la cui unica nota lieta è il quarto ristoro verso il km 16.
Non resta che scalvalcare la ferrovia lungo il solito ponte, poi si sbuca sulla strada provinciale verso Pianoro nuovo (ottimamente presidiata dagli addetti) e infine al parco del Gualando con delle oche enormi che occupano il nostro stradello, e al traguardo annunciato da lontano dal profumo del gran falò acceso vicino al tavolo del vin brulé.
Di fronte al prezzo d’iscrizione stabile sui 2,50, dopo i 4 ristori intermedi c’è questo finale, diciamo una risposta alla bolognese rispetto alla celebratissima Montefortiana che oggi celebra i suoi fasti. Le migliaia di sportivi convenuti qui (ho visto pettorali numerati oltre il 2300) hanno a disposizione pastaefagioli o spaghettini conditi piccanti, più tortine, panettoni, biscottini, tè e il già citato brulé; confermato pure il premio finale di 6 “peschine”.
E se non basta, c’è il tendone riscaldato a stufa di Alessio Guidi del Passo Capponi (società seconda classificata con 122 preiscritti, dietro solo a Sport 2000 con 141) che garantisce un terzo tempo straordinario. Il Gps mi dice che i miei 24300 passi (alcuni molto corti per non “sguillare”) nella quattordicesima presenza in trent’anni sono costati 2170 calorie: speriamo di non averle recuperate tutte.
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