Fabio Marri
Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua.
Doping: annullata la condanna penale a Nino Di Francesco
Dall’avvocato Gianluca Lanciano (Pescara) riceviamo la seguente comunicazione:
Formulo la presente missiva in nome, per conto e nell’interesse del sig. DI FRANCESCO Nino, nato il 13 dicembre 1978 ad Atri (TE) e residente in Pescara, Strada della Bonifica 32. Come noto, in quanto tutte le testate giornalistiche destinatarie della presente hanno pubblicato un articolo al riguardo, il sig. Di Francesco, vincitore dell’edizione 2020 della “Maratona Dannunziana” disputatasi a Pescara il 18 ottobre 2022 [in realtà, 18.10.2020, NdR] è stato dapprima cautelarmente sospeso dal Tribunale Nazionale Antidoping (T.N.A.) e successivamente condannato alla squalifica per anni quattro.
Dalla presunta assunzione di sostanza vietata con finalità di alterare la prestazione sportiva (nella fattispecie positività all’amfetamina) è conseguito non solo un procedimento davanti al giudice sportivo bensì anche un procedimento penale. Se il sig. Di Francesco non ha inteso impugnare la decisione assunta dal T.N.A., essendosi peraltro dedicato nel frattempo ad altre discipline sportive diverse dalla corsa e non avendovi quindi particolare interesse, altrettanto non ha fatto in sede penale, dove ha insistito al fine di veder riconosciute le proprie ragioni.
In data 13 settembre 2024 sono state depositate dalla Corte d’Appello dell’Aquila le motivazioni della sentenza di assoluzione che si allega. Ivi è stato finalmente accertato, seguendo la chiara linea difensiva, il macroscopico errore valutativo effettuato in primo grado. Segnatamente è stata confusa l’unità di misura della sostanza rilevata ovvero nanogrammi contro milligrammi (indicati in sentenza). Come noto il nanogrammo è unità di misura che corrisponde a 0,000001 mg e quindi di gran lunga inferiore al milligrammo, di qui l’assoluta irrilevanza della sostanza rilevata al fine di alterare la prestazione sportiva.
Non solo, tale modestissima ed infinitesimale quantità di sostanza rilevata è stata dichiarata assolutamente compatibile con il farmaco, regolarmente prescritto, assunto dal Di Francesco una settimana prima della gara a seguito della quale è stato effettuato il prelievo e, comunque, assunto dall’atleta sin dall’anno 2019 con regolari prescrizioni mediche e pertanto senza alcuna finalità di alterare la performance sportiva. Tali chiarimenti erano stati già offerti dal sig. Di Francesco a seguito dei primi articoli apparsi sui media relativi alla squalifica ed ora risultano essere suffragati dalla decisione della Corte d’Appello.
Al comunicato è allegata copia della sentenza, di cui riproduciamo in immagine la parte finale. In merito all’articolo che a suo tempo pubblicammo (30.12.2020: https://podisti.net/index.php/notizie/item/6804-squalifica-di-4-anni-per-il-vincitore-della-maratona-d-annunziana.html ), va detto che il risultato sportivo ufficiale della maratona non cambia, né la squalifica per quattro anni (finiti di scontare il 9 novembre scorso), non avendo Nino Di Francesco presentato ricorso presso la giustizia sportiva. Viene meno invece la condanna penale, che in primo grado (9.6.2022) era stata quantificata in 4 mesi di carcere (con la sospensione condizionale) e 4000 euro di multa, nonché l’interdizione perpetua da cariche sportive.
11° Valtellina Wine Trail, sole nel cielo, e sui terrazzi piovono primati
Tirano-Sondrio, 9 novembre – Se ogni anno le iscrizioni a questo evento crescono e si chiudono parecchie settimane prima del termine, ci sarà più di una ragione. Quest’anno gli organizzatori parlano di quasi 3700 atleti da 52 nazioni; i numeri forniti da Endu danno 734 arrivati entro il tempo massimo per la maratona (con tetto di 1000 iscritti: le classifiche non elencano i DNF o i FTM, che però devono essere numerosi, stanti anche i 1800 metri di dislivello in salita e 1900 in discesa), 1151 per la mezza maratona (+900 D), 267 per la 13 km competitiva, 1059 sullo stesso tracciato ma non competitivo, infine 310 per le prove giovanili, tra gli 800 e i 2800 metri, in centro di Sondrio la domenica 10. Ma le gare erano cominciate da lunedì 4 ancora a livello giovanile con partenze da luoghi vari.
E record è stato anche sotto l’aspetto tecnico, indubbiamente col favore del clima fresco ma moderatamente soleggiato e del tracciato quasi completamente asciutto: per la prima volta il vincitore Mattia Bertoncini (Team New Balance) è sceso sotto le 3 ore, precedendo con 2.59:52 di soli 7 secondi il vicecampione del mondo di trail 2023 Andreas Reiterer (La Sportiva), che fino all’ultimo km era in testa. Dal libretto della gara (un po’ pasticciato) il miglior risultato della storia risultava il 3.11:56 del 2022. Terzo oggi lo spagnolo Mario Olmedo in 3.11:30, e anche il quarto, lo svizzero Francesco Ceschi, è sceso sotto il vecchio record.
Pure la vincitrice femminile, Elisa Desco (valtellinese del Team Scarpa), al suo sesto successo su 8 partecipazioni, con 3.36:15 ha abbassato di quasi 10 minuti il record da lei stessa fissato nel 2015 (quando però il percorso era un po’ più corto non includendo la dura deviazione finale verso il ponte sospeso sul Màllero). La seconda, Alice Testini, è arrivata al traguardo dopo 7:31, la terza, l’inglese Louise Mitchell, dopo 10:28; 135 in tutto le classificate, 649 gli uomini.
Niente record nella mezza maratona, vinta dal marocchino Elhousine Elazzaoui in 1.27:40” (il primato resta nelle gambe del formidabile Xavier Chevrier, 1.24:41 nel 2017, però sul percorso meno faticoso di un tempo). Tra le donne ha vinto la neozelandese Jemina Farley in 1.46:43 (record del 2014: 1.37:06; l’anno scorso 1.45:32).
La mezza è partita da Chiuro, con un contrattempo curioso e senza colpa degli organizzatori: il treno che stava portando gli atleti ha saltato la fermata, scaricando tutti solo alla stazione successiva di Teglio e costringendoli a prendere un altro treno in senso inverso, il che ha obbligato a ritardare la partenza.
In compenso, noi partenti della 42 km abbiamo dovuto prendere il via 10 minuti prima del programma, con la motivazione che sulla nostra strada doveva passare un treno (suppongo, quello svizzero per Poschiavo, e troverei strano che l’orario si sia conosciuto solo oggi). Ma direi che siano le uniche pecche di un allestimento decisamente complesso.
Sondrio, capoluogo di ventimila abitanti, con un centro storico molto ben tenuto e un notevole museo storico-artistico, oltre alla biblioteca dedicata al filologo più settentrionale d’Italia, Pio Rajna, era tutta esaurita causa l’afflusso di podisti e familiari, oltre che per altre iniziative come la commemorazione dello scrittore Gianni Celati: la piazza Garibaldi, sede del ritrovo, era stata trasformata in un immenso tendone (col monumento all’Eroe dei due mondi che fungeva quasi da colonna portante: foto 7), per accogliere l’Expo e, dopo la conclusione della gara, l’affollatissimo pizzoccheri-party gratuito per i partecipanti e a modico prezzo per gli accompagnatori (coda di almeno mezz’ora, a qualunque orario): degno coronamento del pacco-gara, anch’esso ricco di specialità locali (foto 12).
Si parte dunque da Tirano (foto 59-62), e dopo meno di 2 km di attraversamento della cittadina ci si immette nel percorso che sostanzialmente ricalca la “Via dei terrazzamenti”: sentieri ricavati sul bordo dei gradoni creati per le vigne, mediamente 100-200 metri sul fondovalle, dove scendiamo per raggiungere i paesoni della destra-Adda, entrando spesso nelle cantine locali da dove poi, con rampe o scalinate, si raggiungono di nuovo i vigneti (con macchie di meleti o uliveti).
A Teglio, dopo una ventina di km, ci fanno salire fino alla torre (foto 34), ai cui piedi sta il ristoro; poi giù verso Chiuro, forse il paesino urbanisticamente più delizioso, dove attraversiamo un paio di cantine (foto 30, 36) e siamo rilevati dall’unico “cancello” con tappetino-chip (che la classifica dichiara al km 21 mentre il programma dava al 27: facciamo 25 e saremo più realisti).
Ristori alle distanze prescritte, anzi nel finale più frequenti: grande disponibilità di tè, idrosalini, frutta, biscotti, e spunta ogni tanto qualche calice di vino. Segnalazioni eccellenti, impossibile non riconoscere il grappolo rosso o bianco sull’asfalto, e le numerose frecce e bandelle arancioni; peraltro a ogni incrocio dubbio ci sono sbandieratori che ti indicano la direzione. Traffico del tutto assente anche nei radi tratti su strada.
Come diceva una compagna di viaggio in treno, dopo il 25 non illudetevi di aver finito di faticare: finché non sarete alla chiesa e al castello di Grumello (foto 41-42), da dove la vista spazia su Sondrio, sappiate che ce n’è ancora molto, e pure duro. Dopo di che, a un certo punto, su un sentiero in forte discesa appare un cartello di pericolo: sono rampe terrose fermate da pali di legno. Ma è più pericolosa l’illusione che ci dà il segnalatore in basso: “mancano 4 km”. Bugiardo, bugiardo! gli grido, infatti i nostri gps stanno sui 34-35, e il cartello dei meno 5 (la prima segnalazione chilometrica di tutto il tracciato) compare ben dopo.
E le fatiche non sono finite: a parte l’illusione che da lì i chilometri siano più lunghi, ci aspetta la salita al nuovo ponte sul Màllero (affluente dell’Adda: foto 45-49), che riattraverseremo anche più in basso (52) entrando nella città vera e propria e finalmente, attraverso viuzze caratteristiche (foto 6, 8, 9-11) al traguardo.
Medaglia di pietra “beola”, e dopo la doccia si può rientrare nel tendone, dove sotto il palco delle premiazioni, ottimamente gestite dai due speaker professionali e simpatici, che poi ritroveremo in albergo (foto 57, 58, 69) si dipana il party delle foto 53-56, che andrà avanti fino a tarda ora nelle mani dei disc-jockey.
C’è gloria per tutti, compresi i miei compagni in qualche tratto della fatica: Daniel Quintana da Monza (foto 63), Giulia Pedrana da Livigno (classe ‘95, appena esordito in maratona a Edinburgo, e che qui corre poco dietro al fratello Enrico), per finire con Tobias, del team La Sportiva, qui accompagnato da moglie e dalle splendide figliolette di 2 anni e di 4 mesi: foto che il buon Mandelli inserisce alla fine del suo album, per dirci che tutti i salmi finiscono in gloria.
Bomporto & Solignano: il ponte podistico dei modenesi senza pretese
1-3 novembre – Sicuro, quelli buoni vanno a Venezia, poi New York o Lago Maggiore, e domenica prossima a Ravenna. Quelli invece che non hanno urgenze del genere e vogliono spendere poco possono accontentarsi di muovere le gambe in un raggio di 15 km da Modena, approfittando della tregua del maltempo e di temperature decisamente insolite per la stagione.
Eccoci dunque venerdì 1° novembre a Bomporto, località più celebrata grazie alla sua frazione Sorbara, e che offre al modico prezzo di 2 euro la 46^ edizione della “Camminata del lambrusco”, ridotta a 8,2 km di un doppio senso sull’argine sinistro del Naviglio (l’antica via navigabile che univa il porto fluviale di Modena, dietro il Palazzo ducale, al Panaro raggiunto appunto al “buon porto” attraverso un sistema di chiuse, e da lì al Po e all’Adriatico).
Oggi ci si contenta di risalire il Naviglio fino a Bastiglia, dove ci si ristora (acqua e tè centellinato) e si fa dietrofront per riportarsi alla partenza presso un quartiere nuovissimo su cui troneggia lo stadio dedicato ai quattro fratelli Sentimenti, calciatori di serie A dagli anni Trenta ai Cinquanta (ma la foto-simbolo affissa all’ingresso è un falso).
Sentimenti IV, della Juventus, fu il portiere delle prime 5 partite della Nazionale dopo la guerra, dal 1945 al 47, unico, insieme allo stopper Parola, a non appartenere al Grande Torino; e dopo la sciagura di Superga, fu mandato ai mondiali brasiliani del 1950, in nave, con tutti i palloni finiti in acqua, e insieme a Parola e Boniperti fu eliminato dalla Svezia di Jeppson, Nordhal e Skoglund. Finì la sua carriera in Nazionale con un’altra debacle storica, all’inaugurazione dello stadio olimpico di Roma nel 1953, lo 0-3 preso dall’Ungheria di Puskas e Kocsis poi finalista al mondiale.
Solicello gradevole, discreta partecipazione compreso Mastrolia con bizzarro copricapo e Morena Baldini appena rientrata dal Giappone, pacco-gara con wafer o pasta e berrettino (il lambrusco è solo nel titolo della corsa), e magri affari per la coppia di scarpivendoli Lupo & Boniburini. Mi raccomandano di elogiare i cassonetti della zona, liberamente apribili senza bisogno di tessere; non altrettanto farò dei parcheggi, lasciati alla nostra libera esplorazione.
Ci si ritrova domenica 3 a Solignano, alle pendici delle prime colline sotto il castello di Levizzano e il santuario di Puianello, per la 40^ edizione della “Camminata della val Nizzola”, riproposizione su tracciato ridotto e con altri organizzatori di quella che fu una delle più belle maratonine della provincia modenese, non a caso adottata da tanti raduni di gruppo (tra cui memorabili quelli organizzati dal compianto Vaccari della Madonnina alla vigilia di Natale o di Pasqua).
Il percorso di oggi (segnato nei cartelli addirittura con QR: m’immagino il podista medio ad almanaccarci sopra) taglia il giro classico, accontentandosi dei 14 km che dal paese portano alla trattoria della Bolognina, poi in salita per la via Medusia fino al Castello di Levizzano. Qui nei tempi d’oro si andava a destra e poi subito a sinistra per i Buricchi fino a Puianello; adesso si devia invece a sinistra attraversando il paese verso est per imboccare la via Tiberia, con qualche falsopiano tra cui la risalita alla stupenda chiesetta romanica di S. Michele, attraversamento della provinciale e dolce ascesa verso la Cavaliera, Solignano vecchio (altra chiesina dove si raccomanda di entrare pudicamente vestiti) e infine di nuovo alla partenza, per 13,7 km con 280 metri di dislivello (il percorso medio tagliava anche Levizzano limitandosi a 8 km).
La leggera foschia iniziale cede il passo a un tenue bagliore solare e ci possiamo accontentare: traffico assente, ristori a base di abbondante frutta (ce lo scordiamo il bianco del ristoro della Cavaliera al 10° km, ma in compenso c’è una squisita crostata, e chissà se tanto è bastato a Giangi per non chiedere il rimborso dei 3 euro di iscrizione); un mezzo kg di pasta come pacco-gara previa restituzione di un pettorale grande come un francobollo. Complice l’annullamento della loro gara istituzionale, presenti anche alcuni reggiani, in primis i cugini Giaroli e Claudio Iotti, e bis di Lupo come venditore di (poche) scarpe; come sempre ospitale la tenda di Peppino Valentini del Cittanova, che incredibilmente dicono faccia 82 anni dunque… qualcuno più di Giuseppe Cuoghi, presente pure oggi insieme a tanto bel mondo del podismo che fu, e al rosa-shocking di Anna Cavallo che fu, è e sarà.
Si rientra nel sole, pronti ad assaporare la libidine televisiva della partita del Napoli e, a seguire, la solita noiosa cronaca Rai da New York, che chiude dopo l’arrivo dei primi 5 o 6. Sopravviveremo.
Modena: 11^ San Donnino Ten, largo ai ventenni
27 ottobre – Un forte aumento di partecipazione ha segnato quest’edizione, dai 158 dell’anno scorso https://www.podisti.net/index.php/cronache/item/10773-la-10-san-donnino-ten-nel-segno-di-bortoli-e-de-nicolo.html ai 234 di quest’anno (su 278 iscritti), cui si aggiungono i 90 bambini impiegati nelle loro corse competitive, dopo il termine della gara adulti.
Altro segno beneaugurante per l’incerto futuro di questo sport: i due vincitori della corsa assoluti (Fidal Bronze) sono due che erano bambini poco fa, entrambi classe 2004: Miguel Espuna Larramona (Firenze Marathon) che con 30:23 ha prevalso per soli 8 secondi sul 31enne eroe di casa Riccardo Tamassia (ora tesserato Trevisatletica), e per 20” su un sedicenne, Alessandro Santangelo (Virtus Lucca), mentre quarto è arrivato il vincitore 2023, Nichoas De Nicolò (sebbene con 30:52 abbia migliorato la sua prestazione); tra le donne, Carolina Fraquelli (altra della Virtus Lucca), che con 34:43 ha staccato nettamente le avversarie, la 27enne Enrica Bottoni (Corradini Rubiera, 35:59) e la 44enne modenese Fiorenza Pierli (ora tesserata Atletica Faenza, 37:09).
Clima ideale, dopo la pioggia della nottata. Cedo la parola a un protagonista, Alessio Guidi, che così ha commentato su Fb:
Stamattina è andata in scena proprio una bella gara, velocissima, spettacolare e soprattutto con un'organizzazione da grande evento. Innanzitutto ottimo il sistema di iscrizioni con IRunning in modalità Fidal, quindi per noi presidenti di società basta flaggare gli atleti da iscrivere e pagare senza commissioni, e vi posso garantire fa tutta la differenza del mondo rispetto alle altre piattaforme. Pre-gara come sempre gestito egregiamente dall'ottimo Brighenti al microfono.
Prima griglia di altissimo livello e appena parte lo sparo dello starter i "puledri" hanno aperto le danze dando spettacolo. Solito doppio giro da 5 km, percorso molto veloce e ottimamente presidiato, primo passaggio sotto all'arco sempre bello e divertente anche con un discreto pubblico.
Premiazioni veloci, fotografi sul percorso, consegna pettorali velocissima, ristoro a metà percorso e alla fine, pacco gara tecnico, km segnati perfettamente, spogliatoi e docce: in estrema sintesi tutto ciò che serve a noi atleti per gareggiare nelle migliori condizioni possibili. Quindi va fatto un doveroso plauso ai Modena Runners Club e a tutti i volontari sul percorso perché oggi ci hanno regalato un'organizzazione perfetta. Concludo facendo i complimenti al Presidente dei MRC Alberto Cattini perché ricordo ancora come se fosse ieri quando nel 2013 organizzammo insieme la staffetta a Formigine (Happy Hour Run) e lui parlava già di voler organizzare un grande evento competitivo a Modena. Ecco, Alberto: ci sei riuscito e non puoi capire quanto mi faccia piacere, continua così, brev!
Da parte mia, aggiungo le ampie premiazioni di categoria, senza accorpamenti: cioè gli M 70 si sono misurati tra loro, non coi sessantenni come spesso accade, e ha vinto il solito Alberto Gruppioni, classe 1953, con 43:32; come la sua compagna di squadra Gloria Gandini, classe 1960, ha battuto le colleghe F 60 (la categoria ‘più anziana’ presente) con 46:38. https://www.irunning.it/risultato_realtime.php?id=42366#
Di rilievo il 38:05 con cui Gloria Venturelli (classe 1979, Atletica 85 Faenza), quinta assoluta, ha dominato le F 45. Notevole poi il 43:36 utile a Sonia Donnini (Panaria Group) per regolare le F 55, tra cui fa ancora la sua bella figura la reggiolese Antonella Benatti (49:32). E a proposito di reggiane, Rosa Alfieri ha stravinto tra le F 50 con un 39:12 che la colloca all’ottavo posto assoluto; mentre nella sua categoria, secondo posto per Sonia Del Carlo, e quarto per Anna Rosa Mongera (le cito perché sono due simpatiche mamme nonché ottime atlete).
Un altro reggiano, Pier Massimo Giglioli, classe 1964 (Atletica Reggio), ha fatto segnare uno stupefacente 35:18, distanziando di oltre cinque minuti due vecchie volpi del podismo modenese, Fausto Barbieri e Stefano Baraldini. Poco prima di lui con 34:41 era arrivato Fabrizio Gentile (Modena Runners), vincitore degli M 50.
Ma non posso chiudere senza aver ricitato le corse per bambini, svoltesi ovviamente su tracciati ridotti ma con lo stesso traguardo dei “grandi”: uno spettacolo. Chi diceva che l’agonismo fa male ai piccoli? E’ solo un peccato che queste gare su strada, su percorsi dedicati, siano così rare.
Notati al margine, per seguire figli, nipoti e allievi, Lotfi Gribi, appena arrivato decimo assoluto in 32:06, e subito dopo a 'curare' i suoi ragazzi dell'Olimpia Vignola (cui prestava attenzione anche una luminosa Anna Cavallo); l’ingegnera Ilaria Silvestri, vincitrice di categoria l’anno scorso, impegnatissima tra ieri e oggi sul versante organizzativo e 'istruttiva' nei confronti del figlio Giulio; senza dimenticare altre gran signore di Modena Runners, come Elisa Casoni, Barbara Giovanelli, Cristina Rossi, Simona Bedeschi e Chiara Mezzetti, che davanti e dietro le quinte hanno contribuito a questa bella giornata di sport.
Marco Ercoli e Francesca Badiali si affermano alla 10K di Formigine
20 ottobre – L’allerta “rosa” che la protezione civile aveva proclamato su Modena sabato mattina, trasformandola poi in allerta “rossa” sabato sera, inondando di proclami “Io” e i social (tirate fuori le auto e le vostre cose dai garage seminterrati, non uscite se non per gravi ragioni, ecc.) si è poi trasformata in una domenica grigia, addirittura con qualche raggio di sole, e – se ha portato all’annullamento delle corse ‘confinanti’ nel bolognese e nel reggiano - non ha per niente turbato la 44^ Edizione della “Carovana” formiginese (così battezzata per l’antica tradizione zingaresca di queste zone), per la quarta volta divenuta una 10 km competitiva, con l’ovvio corredo di corse non competitive (al prezzo ormai simbolico di 2 euro, compensato da una bottiglia di lambrusco che ne costa di più) e di una affollata camminata scolastica, valutata in 1800 unità: gestita molto meglio di quanto avevano fatto a Correggio domenica scorsa, creando caos e malumori. Qui invece le due tipologie di gara sono state distanziate di un’ora e non c’è stato il minimo disturbo dall’una e dall’altra parte.
I competitivi (cresciuti in extremis di qualche unità per l’arrivo dei reggiani rimasti orfani, alla pari del loro fotografo-principe Nerino, nella foto 4 col collega Italo Spina, poi ancora nelle foto 8 e 10 intento al suo mestiere) sono risultati 130 (31 donne): non un granché, ma a queste latitudini e con l’allarmismo di cui sopra c’era poco da sperare. Ha vinto Marco Ercoli, classe 1990, in 33:06, precedendo di 17 secondi Taoufik Bazhar che oggi compiva 45 anni; terzo, e primo dei modenesi, Andrea Baruffaldi (1987). Molto staccati gli altri: il quarto e il quinto, i coetanei e compagni di squadra (Corradini Rubiera) Mattia Guidetti e Manuel Cecchini sono giunti a 1:35 dal vincitore.
Arrivo praticamente in volata tra le donne, regolate da Francesca Badiali (Fratellanza, del 2002) in 39:13, tre secondi meglio di Mirela Alice Cherciu (Corradini, del 1993); decisamente lontana la terza, l’eroina di casa Laura Ricci (41:25), che però di anni ne fa 45 e ha largamente dominato la sua categoria.
Curiosando appunto tra le categorie, colpiscono le prestazioni delle quattro F60, col successo di Paola Bernini in 48:09, seguita da Anna Maria Venturelli e Carmen Pigoni (che poi si sono prestate a una posa comune per ‘nobilitare’ il sottoscritto: foto 13), e infine da Francesca Caselgrandi, la meno giovane di tutto il gruppo (del 1962) che ha chiuso in 50:25. Ma citerei anche il trittico delle F 55, con Manuela Cremonini davanti a Barbara Giovanelli e alla grandissima Antonella Benatti, a suo tempo dominatrice di tante maratone nazionali (qui nella foto 12 alle spalle del giudice-capo Vincenzo Mandile).
Tra gli uomini, sottolineo l’ottimo livello della categoria M 65+, dove ha vinto un M 70, il bolognese Alberto Gruppioni, in 43:13, 20 secondi davanti al formiginese Donato Piacentini M 65. Se fosse esistita la categoria M75, l’avrebbe stravinta il solito reggiano Ettore Marmiroli (1948, il più anziano in gara) che oltre a battermi regolarmente sul campo, oggi con 44:59, mi relega al ruolo di eterno secondo anche per l’anagrafe.
Tra le società, la più numerosa è stata la Modena Runners, con 8 tesserati Fidal e 5 Uisp, seguita con 7 totali dal 3.30 Team e dalla Guglia Sassuolo. E se volete una curiosità, la “famiglia” più numerosa è stata quella dei Guidetti, con Mattia (il più giovane di tutti) 4° assoluto, Andrea 12°, Luigi 16°, poi Matteo e Fabio, con l’aggiunta di Aleksandra, unica signora con questo cognome.
Se consideriamo anche i non competitivi (appena 400, scolari esclusi) ad aggiudicarsi il primo posto è stata la Sportinsieme Formigine, che una volta tanto ha spodestato la Cittanova di Peppino Valentini (foto 6, in attesa della sua gara storica di domenica prossima). Presenza di spicco della coppia berlinese-elvetica-svedese Dethleff & Marianne Elias (foto 9): lui fu tra i protagonisti della prima maratona di Berlino, ed entrambi hanno vissuto lungamente a Formigine prima di trasferirsi in Svezia.
Ottima l’organizzazione, sia nello scenografico ritrovo di piazza Calcagnini (tra castello e cattedrale), sia per la gestione del percorso mediante una schiera infinita di addetti in blusa gialla. Per fortuna, il sottotitolo “plastic free” non è stato preso alla lettera, e nei ristori c’erano i tradizionali bicchierini, seguiti dai debiti raccoglitori. Ai competitivi, dietro modico esborso di 10 euro, sono toccati, oltre a questi servizi, la bottiglia di lambrusco locale e mezzo kg di parmigiano stagionato 24 mesi: di questi tempi, va decisamente di lusso.
Fidal-Uisp: la convenzione a breve termine, tra seppure e ancorché
Il 9 ottobre, il neorieletto presidente Fidal Stefano Mei e il presidente Uisp Tiziano Pesce hanno finalmente rinnovato la convenzione tra i loro due enti, peraltro valida solo per gli 80 giorni che ci separano dalla fine dell’anno (forse anche di meno, siccome si lasciano 15 giorni di tempo alle parti per “depositarla”; divertente poi come l’art. 5 dia 60 giorni per istituire “Commissioni paritetiche” onde definire attività e calendari, dunque – se va male - arrivederci al 9 dicembre).
https://podistinet.zenfolio.com/convenzione_fidal-uisp_2024.pdf
L’impressione è che abbia vinto la Fidal, proclamata fin dal preambolo (che sembra quello dei Dieci Comandamenti “Non avrai altro Dio fuori che me”), al punto F, “L’unica rappresentante riconosciuta dagli organismi nazionali ed internazionali suddetti [CONI, WA, EA] per la disciplina
– sportiva dell’atletica leggera” (il trattino e il capoverso sono nell’originale, con una spezzatura ed evidenziazione immotivata, e che si ripete 5 righe sotto a proposito di “Quadri Tecnici e Ufficiali di Gara”).
La definizione dell’Uisp è leggermente ambigua, come dimostra il ricorso (qui al punto G del preambolo, e altrove) alle frasi che in grammatica si chiamano “concessive”, quelle cioè che (Zingarelli) “indicano una circostanza NONOSTANTE LA QUALE si verifica ciò che è detto nella reggente”. Si immagina insomma un dibattito del genere: “Noi Fidal siamo gli unici che possiamo fare atletica agonistica, voi Uisp dovete preoccuparvi solo della salute e del benessere sociale!” – “No, noi Uisp abbiamo il diritto anche di fare gare con le classifiche”.
Alla fine del quale vien fuori la definizione che l’Uisp “promuove e organizza attività… a carattere promozionale, amatoriale e dilettantistico”, cui si fa seguire la concessiva “seppure con modalità competitive”, ma ribadendo subito dopo gli “scopi di ricreazione, crescita, salute, maturazione personale e sociale”. Cioè: l’Uisp deve fare attività sociale, ma noi “concediamo, ammettiamo pure che” (è il significato di seppure) ogni tanto compili anche delle classifiche. Se nella convenzione fosse scritto pure, l’attività agonistica, quantunque collaterale, verrebbe indicata tra quelle praticate dall’Uisp; scrivendo seppure (e sottolineo se, cantava Mina) si rimarca l’eccezionalità della cosa.
Il fatto era già introdotto al punto B del preambolo, secondo cui il Coni riconosce il ruolo degli EPS per le “finalità ricreative e formative”, “nel rispetto dei princìpi, delle regole e delle competenze” delle Federazioni “ancorché con modalità competitive”. Ancorché è un altro sinonimo (più letterario: il burocrate autore della convenzione ama le finezze) di seppure, sebbene, benché ecc.: insomma, siamo sempre alle “concessioni”, va là, ogni tanto stila un ordine d’arrivo e stabilisci che X ha vinto e dagli perfino un premio.
La cosa e la parola sono ribadite al successivo punto H (siamo sempre al preambolo!), secondo cui all’Uisp spettano “finalità formative e ricreative, ancorché con modalità competitive”. Scrivere “anche” era troppo impegnativo, allora scriviamo un equivalente di “sebbene”, appunto concessivo. Volendo filosofeggiare, si potrebbe sostenere che le modalità competitive sono viste come un ostacolo, una deviazione rispetto alla formazione, ricreazione, promozione sociale ecc.; e, dal versante opposto, sostenere che alla Fidal non interessa produrre persone, ma macchine da record.
Vabbè, lasciamo stare la filosofia, e notiamo solo che la graziosa concessione torna nell’Allegato 1, articolo 3 comma 1, con parole quasi uguali al punto G del preambolo: l’Uisp organizza “attività… promozionali, amatoriali e dilettantistiche, seppure con modalità competitive”.
Mi viene in mente una frase che si usava quando ero bambino e non avevo i soldi per andare alla partita: qualche volta ci andavo con un adulto pagante, e l’usciere mi concedeva di “entrare allo stadio con lo scappellotto”. Vabbè, diranno all’Uisp: l’importante era che ce lo concedessero. E diranno alla Fidal: siamo buoni, ve lo lasciamo fare, sebbene/ancorché non sarebbe affar vostro.
E in compenso… si potrebbe proclamare una “santa alleanza”, come è lecito supporre dalle ultime righe del preambolo (dopo 2 pagine e 6 righe: i Dieci Comandamenti si sbrigavano più velocemente). Fidal e Uisp “condividono… una nuova visione strategica del sistema sportivo italiano in grado di aumentare la pratica sportiva nel paese… occupando quello spazio attualmente gestito da soggetti terzi che operano fuori dal sistema CONI e che, più frequente in alcune discipline e meno in altre, rappresenta comunque un fenomeno ampiamente diffuso”.
Formulazione ambigua, sintatticamente distorta (“e che, più frequente ecc.” si riferisce grammaticalmente allo spazio, ma vorrebbe riferirsi alla sua “occupazione”; o volevano scrivere “più frequentemente”?), oserei dire vagamente minacciosa. Verso chi? Non lo si dice. Le parrocchie che organizzano la camminata per la sagra patronale? Le scuole? (sarebbe grossa, non ci posso credere). L’ente benefico che raccoglie fondi per il morbo di Vattelapesca? Gli “enti/associazioni di secondo livello” esorcizzati nell’art. 2, comma 1? (e cosa sono? Le province?). Perdurando il mistero, se consentite un’altra reminiscenza, mi viene in mente il proclama di Badoglio dell’8 settembre: “ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.
Pace fatta, fino a Capodanno, tra Fidal e Uisp; quanto ai “soggetti terzi”, di qualsiasi altra provenienza, stiano in guardia: perché l’articolo 1, comma 4, della convenzione vera e propria dichiara, altresì (come il però di Badoglio) “azioni comuni nei confronti di organizzazioni terze, non facenti parte del modello sportivo organizzato, che operano nell’ambito della stessa disciplina”; e dunque dovranno guardarsi (per tornare alla rievocazione bellica) sia dall’esercito regolare sia … dai partigiani.
Che però non sono proprio pari: solo la Fidal, impone l’art. 2.2, può usare i termini di campionato italiano, squadra italiana, atleti azzurri; mentre quelli dell’Uisp sono solo campionati nazionali Uisp e rappresentativa nazionale Uisp (con una battutaccia d'altri tempi, semmai, non azzurra ma rossa). E poco sotto l’art. 2.4 sancisce minacciosamente: “è fatto divieto di uso decettivo del nome, delle parole, di qualsiasi desinenza o riferimenti diretti comunque a richiamare detta disciplina sportiva e le attività ad essa correlate”. “Detta disciplina sportiva” è in questo caso l’atletica, che (si dice sopra) solo la Fidal è autorizzata a gestire; le sue “attività” sono per esempio le corse podistiche, citate all’Allegato 1, articolo 3.1: “maratona e mezza maratona, nonché tutte le distanze standard individuate da Word Atletics” (ancora a titolo di esempio e senza esaurire il campo, i 5000 e 10000 metri) “per le quali la Fidal è l’unico ente a certificare e omologare il percorso e le prestazioni”.
Siccome non avevo mai sentito la parola decettivo, l’ho cercata sul vocabolario: il De Mauro dice che è parola di “basso uso”, ed equivale a “ingannevole”. Dunque, è vietato a chiunque (esclusa, suppongo, la Fidal) di usare in modo “ingannevole” parole come maratona, ad esempio come le usano Mentana o la Telethon? (dove -thon sarebbe una “desinenza” proibita, da vietare anche al Club Supermarathon).
Proibite le desinenze, ma non i prefissi, dunque – se vogliamo spaccare il capello in quattro come invita a fare questo comma - parole come maraturismo e maratombola non sono vietate. Ma credo che il divieto si rivolga soprattutto a quegli organizzatori che denominano le proprie gare come “Maratona delle Canalette” o, con prefisso e suffisso decettivo, “Super Maratonina del Monte Delle 3 Croci”: attenti al lupo, o meglio, a qualche spia locale, emula di certi CarlMarc di non venerata memoria, che per invidia segnali le violazioni del divieto ai cosiddetti “gruppi Territoriali di Monitoraggio”…
E veniamo alle corse: l’art. 2 della convenzione vera e propria, sotto il titolo di “Attività sportiva”, non si occupa di organizzazione ma solo di tesseramento, ammettendo (2.1) il “doppio tesseramento”, per il quale si rinvia all’Allegato 1; e consentendo l’uso reciproco di giudici dell’altro ente (2.3). Nell’articolo 3 si parla di formazione e aggiornamento dei “quadri tecnici”, ricorrendo alla sigla non a tutti nota di SNaQ (già nel preambolo, punto D, senza spiegazione). Non c’è tra le sigle dello Zingarelli, allora ho dovuto ricorrere a internet scoprendo che questa sigla indica sia lo Short Nutritional Assessment Questionaire, sia, nel caso nostro, il Sistema Nazionale di Qualifiche degli Operatori Sportivi (SNQOS, a dirla tutta): insomma, anche i dirigenti e gli allenatori dovranno essere preparati e valutati secondo SNaQ come dettaglia meglio l’Allegato 2.
Quanto alle concrete modalità di pratica sportiva, è tempo di passare all’Allegato 1, che - come si suol dire – mette a terra tutti i bei propositi enunciati solennemente, e infatti è lungo all’incirca come la convenzione vera e propria. In soldoni, l’art. 2 consente ai tesserati Uisp di tesserarsi Fidal (evidentemente anche per una società diversa dalla propria Uisp, come non è detto qui ma all’art. 3.5), o di prendere la Runcard al prezzo dimezzato di 15 euro; con questa Runcard potranno far figurare in classifica anche il nome della società Uisp. Reciprocamente, i tesserati Fidal possono prendere la tessera Uisp.
A quali gare possano partecipare gli Uispini lo stabilisce l’art. 3, premesso che alla sola Fidal spettano “l’organizzazione e il controllo delle manifestazioni competitive-agonistiche”: cioè tutte quelle in pista, tutte quelle non-stadia timbrate Gold, Silver e Bronze; tutte le maratone, maratonine e altre “distanze standard”, come già detto. Anche l’Uisp può organizzare “le attività sopraindicate”, ma qui torna il “seppure con modalità competitive” già visto sopra. I tesserati Uisp possono competere in gare Fidal di pista solo se appartenenti a categorie giovanili; altrimenti è obbligatoria la tessera Fidal o Runcard, pure per le gare non-stadia Fidal nazionali o classificate Gold, Silver e Bronze.
Basta la tessera Uisp per le gare Fidal regionali e provinciali, ma con trattamento equiparato alla Runcard: niente premi in denaro, buoni valore o rimborsi spese, ma solo premi in natura. I tesserati Fidal possono partecipare alle gare Uisp regionali e provinciali (l’art. 3.3.2 non parla di manifestazioni Uisp nazionali, citate invece al comma 3.6 con l’avvertimento che i titoli possono andare solo ai tesserati Uisp; per sottinteso, si deduce che possono gareggiarvi anche gli atleti Fidal); purché le gare Uisp siano state comunicate e concordate con la Fidal territoriale, onde scongiurare concomitanze. Se l’Uisp non comunica alla Fidal, gli atleti Fidal non possono partecipare (salvo che non siano tesserati Uisp).
Un po’ nel vago il codicillo seguente: “La partecipazione non autorizzata sarà segnalata al Gruppo Nazionale di Monitoraggio, ovvero agli Organi di Giustizia competenti”. Cioè? Se un atleta solo-Fidal va a una gara solo-Uisp, sarà squalificato, cioè tolto dalla classifica dell’Uisp, oppure squalificato/punito dalla Fidal per aver fatto bella una manifestazione “nemica”? (la soluzione era già stata trovata nei mesi passati: iscriversi come “non tesserato”, sempre sperando che un CarlMarc di turno non ti fotografasse).
Le gare competitive organizzate dalla Uisp, secondo l’art. 3.7, non possono prevedere premi in denaro o buoni valore e simili; ma solo “sono ammessi i in natura” (la parola “premi” forse non era gradita, o non se ne è trovato un sinonimo: che ne direste di “riconoscimenti”?), di valore massimo sui 150 euro, e meno per i piazzamenti o i premi di categoria.
L’Uisp o le sue società possono anche organizzare gare “valide per l’inserimento nelle graduatorie federali”, come dice l’art. 3.8; meglio se si affiliano alla Fidal, ma se no, il Gruppo Giudici Gare della Fidal interverrà solo “previo l’assolvimento degli obblighi contributivi previsti”, tra cui l’ “affiliazione della società”: il che viene a contraddire la teorica possibilità di organizzare gare valide per la Fidal restando solo tesserate per l’Uisp. Vabbè, per la prima affiliazione le società di entrambi gli enti non pagheranno niente (art. 5). Ma per avere la gara valida anche per la Fidal, ci sarà da pagare la tassa di approvazione (chissà se comprendente anche il supplemento di 1 euro per arrivato), l’eventuale “omologazione del percorso”, e altre cosette da vedersi caso per caso.
Non mi è molto chiaro l’art. 3.10, che vorrebbe stabilire le sanzioni per le violazioni (non si dice di chi, ma presumo delle società organizzatrici, non degli atleti). Sono due commi quasi uguali, anzi troppo uguali: nel primo si dice che se è accertato “un inadempimento in occasione di manifestazioni Uisp”, il Gruppo Nazionale di Monitoraggio potrà sospendere la convenzione fino a 15 giorni “nei confronti di tutte le manifestazioni richieste dalla medesima Uisp nella specifica provincia ovvero regione” (e le sanzioni aumentano alla seconda e terza infrazione). Responsabilità collettiva insomma: se la Podistica Uisp Oratorio Castellino di Brocco (MO) dà un premio in denaro al vincitore della Serpiano-Monte Cantiere, tutte le gare Uisp di Gaggio in Piano o di Panzano di Campogalliano sono “vietate” per 15 giorni.
Ma il secondo comma ribadisce: se l’inadempimento è constatato, “da parte della Gruppo Nazionale di Monitoraggio, in occasione di manifestazioni della Fidal, la convenzione stessa potrà essere sospesa dalla Commissione per un massimo di 15 gg. nei confronti di tutte le manifestazioni richieste dalla medesima Uisp nella specifica provincia ovvero regione”. Come?! Se è una società della Fidal a commettere l’infrazione, si castigano le società Uisp?
La traballante grammatica della frase mi induce a supporre un copiaincolla malfatto, dimenticando di cancellare Uisp e scrivere Fidal. Ma qualcuno l’ha riletto? E se invece le cose stanno così (paga sempre Pantalone-Uisp), basterà che la società Fidal Migliarinapernoi (MO) dia come premio una torta nuziale di valore superiore a 150 euro, per ottenere la sospensione della gara Uisp organizzata dalla Budrioneperloro e dalla Barigazzopertutti?
Se mi sbaglio io, chiedo anticipatamente scusa e invoco correzione; ma se lo sbaglio è nel testo, chissà se si può ricorrere all’articolo 6.1 (strano mettere anche il numero del comma, pure se non ce ne sono altri dopo l’1), secondo cui “la presente Convenzione è soggetta alle modifiche ed integrazioni conseguenti all’armonizzazione con l’ordinamento sportivo” ecc. Se questa “armonizzazione” dovesse estendersi anche alla lingua italiana e ai precetti dell’Accademia della Crusca, si potrebbero “armonizzare” pure le concordanze di genere e numero dell’art. 1.5 “Fermo restando l’applicazione a tutti gli atleti delle norme”, dell’art. 2.1” sia alla sola Fidal che alla sola Uisp oppure a entrambi, le modalità di reciproca partecipazione… sarà regolata”, dell'art. 3.8 "L'Uisp o una società ad esso collegata", dell'art. 3.10 "La Fidal e l'Uisp saranno tenuti".
Ma, direbbe don Abbondio a Perpetua che, per tirarlo su, gli offre un bicchiere di vino: “Eh! ci vuol altro, ci vuol altro, ci vuol altro”.
Correggio – La 40^ San Luca chiude il circuito delle “Cinque corse”
13 ottobre – Con 292 classificati nella maratonina competitiva, Correggio ha chiuso, come già nel 2023, il circuito “Five Road Race” disputato tra le province di Modena e Reggio (i Cinquemila del Novi Sad a Modena il 30 maggio, i Diecimila della bilancia a Campogalliano il 30 giugno, il Vertical Ospitaletto a Castelvetro il 3 luglio, la Staffetta di Borzano l’11 luglio sono i precedenti): questa gara ha segnato il record di partecipanti, superando di poco i numeri della corsa inaugurale, anche se in quella la partecipazione femminile era stata più ampia, 54 contro le sole 39 di oggi.
I vincitori assoluti della “San Luca” sono stati in campo maschile Fabio Lusuardi (23enne della Corradini Rubiera) in 1.11:57, che ha preceduto Emilio Mori, che delle “Five” è stato l’artefice principale, un classe 1979 capace di 1.13:13 e ovviamente stravincitore tra gli M 45.
Sorprendente e di gran valore tecnico la presenza, al terzo posto assoluto, di una ragazza, Sara Nestola, coetanea e compagna di squadra del vincitore maschile, che con 1.16:37 ha preceduto di quasi mezzo minuto il terzo uomo (primo M 35), Filippo Capitani dei Modena Runners. La seconda donna, Giulia Vettor (Uisp Castelfranco), è giunta ottava assoluta (e prima F 30) in 1.18:30, mentre la terza, Francesca Cocchi (altra Corradini Rubiera), ha chiuso relativamente lontana in 1.24:34.
Tra tutti gli altri arrivi, vorrei segnalare l’ennesimo successo di categoria M 75 di Ettore Marmiroli (Bismantova), che con 1.41:39 ha preceduto tutti gli M 65 e M70. E fra le donne, un elogio va al duo F 50 Rosa Alfieri (Atletica Reggio, 1.29:22) – Sonia Del Carlo (Campogalliano, 1.34:30) che hanno surclassato tutte le altre, comprese le F 40 e F 45.
La corsa si è disputata, come è in uso da qualche anno e come evidentemente piace ai correggesi, su tre giri da 7 km, non bellissimi ma evidentemente più comodi da gestire. Criticabile la scelta di far partire i competitivi dopo i “ludico-motorii”, in teoria dopo un quarto d’ora, nella pratica verso le 9,30, perché prima si è scelto di dare il via alle cosiddette “scuole” (gruppi scolastici con insegnante e relativo segnale, ma in gran maggioranza famigliole coi bimbetti, camminanti o in carrozzina): spettacolo avvincente e confortante, magari erano più di mille, che però hanno impiegato tantissimo per uscire dall’area, costringendo a una lunga permanenza sotto lo striscione (alla fine condita da fischi e urla di chi aspettava, mentre Brighenti si arrabattava per ingannare e giustificare l’attesa) i forse 500 non competitivi (che poi si sono trovati le “scuole” a fare da tappo nei primi e negli ultimi chilometri), e dietro a loro i quasi 300 competitivi, instradati – almeno loro – su un tracciato diverso.
Mentre noi che avevamo scelto i 12 km (anch’essi esclusi dal passaggio per il centro storico della nobile cittadina rinascimentale) siamo stati avviati verso sud, con qualche tratto erboso fino alla frazione di Fazzano, da dove abbiamo ripiegato di nuovo verso Correggio, con un paio di chilometri all’interno del grande parco urbano dove qualcuno ricordava di aver corso le campestri regionali; e infine di nuovo al traguardo, con l’arco “tagliato” a metà per consentire l’arrivo in tranquillità, sulla destra, dei primi competitivi (ovviamente mi riferisco a quando sono arrivato io, perché Vistoli padre mi aveva mollato da un pezzo, e stavo tallonando Attilio Acito - accento sulla A, come “acido”).
Premio per tutti, di fronte ai 3 euro di iscrizione divenuti la norma reggiana, una confezione di gnocchi di patate e una bottiglia di vino (non lambrusco locale, ma Prosecco di Valdobbiadene, imbottigliato in provincia di Treviso ma per conto di una cantina di Campegine). Ampie le premiazioni per i singoli competitivi e per le scuole partecipanti: speriamo che sia stata una buona semina di sportività nei giovanissimi, perché come dice il proverbio locale, Per San Lòcca chi an n’ha semnèe se splòcca, chi non ha seminato, non avendo pane, per mettere qualcosa sotto il becco si dovrà accontentare di togliersi i pelucchi.
Mangiare naturale per stare bene… e correre meglio!
Modena, 12 ottobre – AIMO, sigla con molti significati, comprendendo anche i Medici Oculisti, Osteopati, Olistici e forse altri ancora: ma in questo giorno che una volta celebrava la scoperta dell’America, nell’aula magna di Medicina dell’università di Modena è stata la volta di scoprire l’Accademia Italiana del Microbiota Orale.
E che ci fa un podista, tutt’al più letterato, ad ascoltare medici esperti di flora batterica (il nome che un tempo si dava all’insieme di microorganismi che popolano il nostro apparato digerente, specialmente nell’intestino)? Confesso che l’attrattiva numero 1 è stata ascoltare dal vivo Luca Speciani, bi-dottore lombardo-ticinese, a suo tempo eccellente podista e oggi (senza aver smesso per niente la frequentazione di piste, “siepi”, sentieri e asfalti) fautore di una medicina-zen, ovvero della “deprescrizione”, che si contrappone alla “cultura bellica” della medicina asservita alle case farmaceutiche (come il caso recente del covid ha dimostrato): per usare una sua figura, è come voler liberare un prato dalle erbe cattive bombardandolo col napalm.
Antibiotici su antibiotici, antinfiammatori appena ti gocciola il naso o ti fa male un ginocchio, disinfettanti se hai una gengiva rossa o un “rospetto” sulla lingua, e poi gastroprotettori o “inibitori di pompa” per rimediare ai guai delle medicine, e analisi infinite fondate su parametri talmente ristretti (citati la densitometria ossea o i valori di colesterolo) che ne veniamo fuori tutti malati e bisognosi di medicine, in un inseguimento folle che arricchisce soprattutto Big Pharma.
Cosa propongono invece Speciani e i suoi (vale la pena di citare almeno la rivista “L’altra medicina”, giunta al fascicolo 40 con la promessa di altri due entro l’anno)? Cominciare a star bene mangiando bene, con calma, senza l’ansia di dover rincorrere gli impegni della giornata, secondo una “dieta” che recupera il valore etimologico del termine, “stile di vita” (e qui il discorso di allargherebbe a un altro dei temi topici di Speciani, quella dieta “gift” o “di segnale” che ‘convince’ l’organismo di essere sazio e lo dissuade dall’abbuffarsi, a differenza dei cibi salatissimi o zuccheratissimi che invece ‘costringono’ a mangiare sempre di più).
E poi: gustarsi i cibi, sceglierli naturali - meno industriali e raffinati che si può -, variarli (un altro intervento congressuale ha detto che i piatti d’oggi sono grigi, scoloriti, mentre dovrebbero avere colori sgargianti; un successivo relatore ha notato che il tuorlo d’uovo ci darebbe la vitamina K2 oggi dichiarata fondamentale, ma solo se il tuorlo fosse ben rosso, come invece accade sempre più raramente); masticarli a lungo, insalivarli permettendo così al “microbiota” della bocca di avviare una digestione che lo stomaco e l’intestino completeranno, anziché dover combattere con cibi ancora non “smontati”, producendo cortisonici e mettendo in circolo i famigerati radicali liberi.
Quanto all’osteoporosi, vera e spesso presunta, le tradizionali cure mediante vitamina D e calcio ("mangiare le Dolomiti") potrebbero essere integrate, quando non sostituite, dalla camminata o corsetta al sole, in ogni stagione. Senza dire che altri farmaci che oggi vanno per la maggiore (anche come prezzo), a fronte di un miglioramento istantaneo dei dati della MOC, presi in continuazione finiscono addirittura per favorire le fratture. “I farmaci sopprimono i sintomi, non guariscono”, è un altro aforisma di Speciani, che può anche non convincere al cento per cento (in fondo – dico da profano – la chimica farmaceutica ci ha prolungato la vita…) ma va sempre tenuto presente e accostato al vecchio adagio ippocratico secondo cui il buon cibo è la medicina migliore.
Tornando al tema del giorno, cioè il microbiota orale (sapevate che ogni giorno deglutiamo un litro e mezzo di saliva, spostando così il microbiota, e le sue eventuali alterazioni, fino all’intestino?), il suo equilibrio è da perseguire non estirpando i batteri o funghi “cattivi” (la candida, l’helicobacter ecc.) ma rafforzando i loro antagonisti “buoni”. E le sue degenerazioni vanno seguite con molta attenzione: si può dire che non solo, come dicevano i latini, la prima digestione avviene in bocca, ma anche la nostra salute, il sistema immunitario, le capacità riproduttive, la salute dei nascituri e dei neonati, cominciano dalla bocca: dunque le mamme in dolce attesa visitino… spesso il dentista e l’igienista dentale. Senza dimenticare poi (ma questo vale per tutti) una costante attività fisica che vada dalla “ginnastica dolce” fino (perché no?) alla corsa.
L’infiammazione è il nostro vero nemico: non in sé (in quanto sarebbe una risposta del nostro organismo a un patogeno che si è intrufolato), ma quando la produciamo noi con pratiche alimentari scorrette, e poi ci illudiamo di sopprimerla con medicinali che spesso producono o favoriscono altre infiammazioni.
E noi podisti, o almeno quelli di noi che pur di non perdersi la maratonina mandano giù la pillolina o la pozione magica, ne sappiamo qualcosa.
Grado: Maratone nel fosso, Mythologia e Deontologia
Riceviamo e – come usa dirsi – volentieri pubblichiamo questo ulteriore post di Alessandro Genuzio -General Manager Mytho Marathon.
Egregio Direttore, la ringrazio per essersi esposto ed essersi preso la "responsabilità del titolo" che a mio modo di vedere poteva essere diverso da quello proposto... Rimango del parere che in questo caso e anche in altre occasioni la vostra testata non si sia mai espressa in maniera corretta ed oggettiva nei confronti del nostro evento, forse perché non compriamo i vostri spazi pubblicitari?... non voglio pensar male...ma questo dubbio non me lo toglie nessuno... Senza fondamento la giustificazione relativa alla tempestività della notizia... bastava infatti prendere spunto dal comunicato stampa e successivamente approfondire la tematica, ma forse non avreste potuto innescare la polemica che invece vi porta molte più visualizzazioni... Trovo invece, molto grave e di pessimo gusto, che su questa testata venga data la possibilità ad un organizzatore (in questo caso Marco Colavitti) di commentare il lavoro di un altro organizzatore... Io non mi permetterei mai pubblicamente di giudicare il lavoro di un altro collega, perchè so cosa c'è dietro l'organizzazione di una manifestazione... sbaglierò? Forse si... ma per me prima di tutto esiste il rispetto del lavoro altrui... Ringrazio invece il signor Colavitti che non sapendo come rispondere al mio intervento, abbia voluto snocciolare il suo interessante curriculum...magari tra i lettori di questa importantissima testata ci sarà qualcuno interessato a trovargli un nuovo incarico... Ps. non avere i social nel 2024 non significa non essere leoni da testiera [sic], significa semplicemente non essere al passo coi tempi... Detto questo rimango a disposizione per un incontro conoscitivo davanti ad un bicchiere di vino... Cordialmente.
Lasciamo al giudizio dei lettori (ed eventualmente dei partecipanti alla maratona) la seconda replica del signor Genuzio, dopo la tempestiva pubblicazione – da parte nostra – della prima. La questione del contendere era quel tratto di 450 metri (secondo la misurazione di Genuzio) percorso coi piedi a mollo o nel fango, rilevato dal concorrente Colavitti all’interno di un commento altamente elogiativo (https://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/12325-il-mytho-fa-scalo-a-grado-tra-mare-laguna-e-monti-innevati.html ); e poi ripreso dal sottoscritto, in un altro commento denso di elogi ma che non taceva – secondo uno stile che i miei lettori conoscono da un quarto di secolo – certune problematiche, ad esempio le millantate docce al traguardo su cui il signor Genuzio nulla replica (https://podisti.net/index.php/cronache/item/12326-la-luminosa-giornata-di-grado.html ).
Se poi da questo il General Manager (che di mestiere fa il Marketing & Communication Consultant, secondo il suo profilo Instagram, con evidente e legittima vocazione per gli affari, e principale specializzazione negli sport invernali) deduce che la nostra testata non si è mai “espressa in maniera corretta ed oggettiva nei confronti del nostro evento, forse perché non compriamo i vostri spazi pubblicitari?”, ci costringe a rileggere (come chiunque può agevolmente fare grazie al nostro motore di ricerca) la quindicina di volte in cui ci siamo occupati della Mytho Marathon dall’ottobre del 2021, pubblicando tutti i comunicati che ci giungevano dagli organizzatori, anche in mancanza di qualsiasi contratto pubblicitario.
Accusandoci di scarsa correttezza e oggettività, forse il General Manager si riferisce tardivamente alla pubblicazione di una lettera aperta dei precedenti organizzatori in zona (quelli dell’Unesco: https://podisti.net/index.php/commenti/item/8416-cividale-aquileia-una-o-due-maratone-la-parola-all-accusa.html ), avvenuta il 9 marzo 2022, che risulta abbia totalizzato oltre 3300 lettori, evidentemente con esclusione degli organizzatori del Mytho che in ogni caso non ebbero niente da dire. (Con altrettanta malizia di Genuzio, dovremmo dire che la sua organizzazione, stizzita per la pubblicazione dell’altra campana, ci abbia negato qualsiasi sponsorizzazione, peraltro non richiesta, e concessa invece ad altre testate purché raccontassero sempre e solo che il rancio era ottimo e abbondante…?).
Eppure, nonostante tutto ciò, abbiamo sempre pubblicato i resoconti ufficiali, tranne in quest’ultima occasione nella quale il sottoscritto è venuto di persona (come un utente qualunque, senza qualificarsi, pagando la quota come tutti, senza meritarsi nemmeno quel calice di prosecco offerto ai privilegiati nell’Expo), e poi ha gradito l’invio del primo commento di Colavitti, cui si è rifatto nel proprio racconto: a proposito delle mie asserzioni (nel bene e nel male) aspetto eventuali smentite.
E ancora sul dente che duole del tratto acquatico, il General Manager scrive che dovevamo “prendere spunto dal comunicato stampa e successivamente approfondire la tematica”. Ma il Comunicato stampa giunto in redazione domenica alle 14,22 (dunque un’abbondante ora prima che si concludessero gli arrivi della maratona) non fa il minimo cenno alla questioncella, poetizzando invece in questo modo “Dopo due giorni ingrigiti dalle nuvole e dalla pioggia, domenica il sole ha baciato l’intero territorio accendendo i colori su un grande evento capace di catalizzare non solo fatica e sudore, ma anche scorci meravigliosi, sorrisi e abbracci in una festa collettiva”, e dicendo del “via alla 42K alle 9.30 del mattino tra gli applausi dei tanti spettatori” (saremo ciechi e sordi, ma noi “tanti spettatori”, al di fuori dei nostri familiari, non li abbiamo notati in partenza; e semmai li abbiamo dovuti scansare negli ultimi 2 km di lungomare quando dovevamo scorrazzare sulla stessa pista pedonale).
Curiosa poi la definizione di “molto grave e di pessimo gusto” (also sprach Genuzio) per aver noi dato la parola a un organizzatore che critica un collega, il tutto onde “innescare la polemica che invece vi porta molte più visualizzazioni” (che in realtà sono venute solo DOPO che il signor Genuzio ha cominciato, lui sì, a polemizzare, e tutto sommato non sono poi quel granché arrivando, dopo tre giorni, a 800 accessi ripartiti su due articoli: ma d’altronde, una maratona partecipata da meno di 300 podisti non può pretendere 3000 lettori…).
A parte che gli organizzatori di gare si dividono in due categorie: i praticanti che organizzano per passione e festeggiano se chiudono il bilancio in pari (Colavitti), e i Marketing & Communication Consultant che lo fanno per guadagnare, noi siamo stati ben lieti di ospitare l’intervento di un atleta con un passato dignitoso e una grande esperienza in questo genere di manifestazioni: lasciamo al signor Genuzio le sue ironie sul curriculum di Colavitti, esibito solo in un secondo momento (inizialmente, dal sottoscritto) unicamente per dimostrare che non si trattava di un turista per caso ma di uno che sa come sono fatte le maratone, e che ha ampiamente dimostrato quel “rispetto del lavoro altrui” che il Marketing & Communication Consultant nega, salvo poi non impiegarlo nei confronti di noi podisti e “giornalisti” rei di raccontare anche i fatti sgraditi a madama la marchesa.
Quando nacque Podisti.net, un quarto di secolo fa (quando i social praticamente non esistevano, e l’informazione sulle gare era data solo dagli organizzatori o dai giornalisti prezzolati che il signor Genuzio auspica), l’intenzione dei fondatori era dare voce a chi partecipava alle gare rilevandone pregi e difetti, il che avrebbe aiutato sia gli organizzatori onesti e autocritici, sia i podisti in cerca di nuove esperienze. Malgrado la conclamata negatività della attuale recensione di Colavitti, ci risulta che almeno una società podistica di fuori regione abbia chiesto a lui informazioni su come iscriversi alla prossima edizione del Mytho. Ma non per questo chiederemo né la tangente né un calice di Prosecco al Marketing & Communication Consultant.
La luminosa giornata di Grado
6 ottobre – Con la Mytho Marathon, dichiaratamente “unica maratona del Friuli”, siamo all’inizio del secondo trittico, che nei prossimi due anni vedrà le partenze a Gorizia e Nova Gorica, mentre il triennio precedente si era svolto a Cividale, Sacile, Aquileia (si veda già quanto ha tempestivamente scritto Marco Colavitti: https://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/12325-il-mytho-fa-scalo-a-grado-tra-mare-laguna-e-monti-innevati.html ).
Chi ha la memoria lunga ricorda l’antefatto di questa serie, le Unesco City Marathon, inaugurate il lunedì di Pasqua del 2013 con partenza da Aquileia e arrivo a Cividale, invertendo i poli l’anno successivo (quello di cambiare continuamente le località è una simpatica caratteristica friulana, che si manifestò anche con le maratone delle “città del vino” nei pressi di Udine).
Il vino, per la precisione il Prosecco, c’entrava anche stavolta: una bottiglietta entrava nel pacco gara, e una bottiglia più grande era nei cestini dei numerosi premi di categoria (finalmente un’organizzazione che non accorpa le categorie costringendo i settantenni a competere coi cinquantenni!). Restava invece a bocca asciutta chi, all’ingresso del tendone-expo, trovava l’elegante signore della foto 2 che stappava e versava nei calici (di plastica): riservati a vip e organizzatori, nemmeno a chi aveva concluso la maratona (a Berlino con la birra sono più generosi).
A parte questo, e un altro dettaglio finale su cui torno sotto, la gara è stata organizzata a livelli d’eccellenza, cominciando dai pacchetti combinati tra l’iscrizione e il pernottamento del sabato nel grandioso complesso di Punta Spin (a circa 6 km dall’arrivo di Grado centro, e luogo di partenza della 21 km), dove il late-check-out era prolungato ad libitum, addirittura fino alle 19 di domenica, e i costi d’iscrizione alle gare venivano quasi dimezzati. Si continua con un pacco gara notevole, se non altro perché contenuto in un pratico borsone comodo per le prossime gare; con una gestione dei pullman-navetta accuratissima (spola continua tra Punta Spin e Grado, più il trasporto degli iscritti ai 30 km o degli staffettisti nei vari luoghi di partenza); con la chiusura assoluta al traffico (permesso il parcheggio gratuito dei podisti a 400 metri dal ritrovo), con la presenza di ristori con frequenza superiore ai canonici 5 km, e quasi sempre attrezzati con idrosalini e gel, oltre a frutta e acqua (ho apprezzato in particolare il ristoro verso il km 30, gestito da scout, e provvidenziale perché il successivo del km 33 al mio passaggio era ormai vuoto). Del tutto assente invece l’animazione con musica indicata dai programmi. Singolare il gemellaggio con la maratona di Ravenna, che aveva marchiato col suo nome i cartelli indicatori del percorso (foto 9): cartelli comunque scomparsi negli ultimi 3 km (dal viale Orione in poi), dove la prudenza suggeriva di chiedere info orali a chi tornava indietro con la medaglia al collo.
Il percorso, a parte i 10 km iniziali dall’isola (magnifico l’attraversamento del centro antico, foto 4-8) ad Aquileia, il tratto 27-31 in località Fossalon su argini e piste, l’ultimo in terraferma con sguardo su laguna o mare all’interno di una riserva naturale (foto 28-36), e i 3 km conclusivi sul magnifico lungomare di Grado (sebbene in comproprietà coi tantissimi turisti), non era il massimo: una prima delusione ce l’ha procurata il divieto del passaggio per Aquileia (dicono, voluto dalle autorità locali, che secondo una malignità di radiocorsa avevano chiesto una 'tassa di transito' alquanto insostenibile), sostituito da una circonvallazione in parte sterrata che ci ha dato un primo assaggio dello stile prevalente dei luoghi: campagne, fossati di scolo, lunghi rettilinei, pochissimi attraversamenti di centri abitati (foto 21-25). “Mi sembra Santhià o Vercelli”, dicevo a Daniela Lazzaro compagna di alcuni km prima di involarsi verso un insperato under-5 ore che le ha dato il primo posto nella classifica di categoria.
C’è poi stato il fuoriprogramma già descritto da Colavitti poco prima di metà gara: in sostituzione di un tratto di strada asfaltata sul quale pare non fosse stato concesso il transito, siamo stati dirottati su una pista erbosa rivelatasi un canale. Pittoresco e nello stile lagunare della corsa, se non fosse che il gruppetto cui appartenevo si è sfrangiato in fila indiana dovendo sottostare alle esitazioni e agli affondamenti di chi andava a un cauteloso passo, mentre i pacemaker delle 4:45 (visibili nella foto 27) si staccavano in avanti continuando a correre. Tornati sulla strada, con una certa fatica li ho raggiunti e abbiamo passato insieme la mezza e il ristoro successivo, finendo però col pagare lo sforzo e perdendoli del tutto nell’avant-indré sopra citato dopo il 26.
A questo proposito, viva la fiducia: nessun controllo chip al giro di boa, cosicché i furbetti avrebbero potuto guadagnare 2 km buoni. Sì, siamo tutti onesti; ma la succitata Daniela mi raccontava di un recente taglio perpetrato in una prestigiosa gara veneta non molti mesi fa, e comunque mi chiedo che senso avesse collocare un tappetino chip (uno dei due soli lungo il percorso) verso il km 30 quando ormai chi ha avuto ha avuto.
L’ordine d’arrivo, già sintetizzato da Colavitti, mostra la multinazionalità, specie mitteleuropea, della partecipazione: vicentino il vincitore, il 38enne Davide Fioraso; austriaco il secondo, polacco il terzo (pressoché coetanei), olandese il quarto che di anni ne fa 47, e di nuovo italiano (sardo) il quinto, che sfiora i 60. Udinese la prima donna, slovena la seconda (48enne), ferrarese la terza. Va però aggiunto, per l’ennesima volta, il rammarico per l’assurdo regolamento delle corse Fidal italiane, che ammettono stranieri non tesserati (che invece si possono iscrivere liberamente in tutto il mondo) solo come “turisti”: cosicché dei 293 partecipanti nella distanza più lunga ben 49 non hanno ricevuto una classifica, provocando un vistoso calo rispetto ai 300 tondi classificati l’anno scorso; e lo stesso è accaduto per 24 finisher della 21 km, e altri della 30 km. Atteggiamento tafazziano e imposto dalla dittatura congiunta di federazione e ordine dei medici.
Già che ci siamo, diciamo che nella 30 km hanno prevalso Mattia Malusa in 1.52:30 ed Elisabetta Longo in 2.12:48. Nella 21 (che stranamente i cartelli sul percorso dichiaravano 20) assolo dell’inglese tesserato Trieste Thomas Oliver Doney, che col “periodico” 1.11:11 ha dato 11 minuti al medico e jazzista modenese 51enne Giacomo Carpenito. Tra le donne, la slovena Sasha Torkar con 1.31:26 ha tenuto a distanza di 3 minuti la 57enne lignanese Alessandra Candotti. Sulle venti squadre della maratona a staffetta (di 4 componenti, talora anche di 2 o 3) hanno dominato “I competitivi”, che con 2.48 hanno dato mezz’ora all’ “Alta Val Torre”; tra le donne, le “Tre more e una bionda” sono arrivate intorno alle 3.34, appaiate alla staffetta mista “Running Instability” di soli due componenti, Esther e Alessandro.
Tra noi peones, detto che Marco Colavitti a 59 anni ci guarda dall’alto col suo under-3.52, ricorderò l’austriaca Michaela Renner, nei cui paraggi ho condiviso molti km (dire “abbiamo battagliato” sarebbe un’esagerazione) fino a che se ne è andata per chiudere intorno ai 5.06 (chissà cosa avrà pensato dei cartelli in tedesco maccheronico come da foto 7: verboten “zirkulieren durch die Straßen ohne Hemd”); e la domanda “sior caporal magior, gh’arivaremo a baita?” che un altro compagno di sofferenze finali (Mauro) mi ha rivolto, rammentando la ritirata di Russia di Rigoni Stern, al passaggio verso Punta Spin del km 36 (foto 37-39).
Ce lo siamo tornati a dire dopo l’arrivo, seduti al bordo di una fontana, medaglia multicolore dalla forma strana e “girevole” al collo, coi ristori a portata di mano, pregustando le imminenti docce. Che invece sono state una fregatura o una millanteria, conclamata nella cartografia dell’organizzazione ma che all’apparir del vero miseramente cadde: il cosiddetto stabile delle docce era in realtà quello dei wc, con 2-lavandini-2 di acqua solo fredda; mentre le docce erano quelle all’aperto usufruite dai bagnanti che escono dalla spiaggia e vogliono lavarsi via la sabbia o la salsedine. A saperlo prima, me ne tornavo a Punta Spin; ma ormai avevo liberato l’alloggio e così fu che, lavati i piedi dal fango della palude suddetta, e sciacquato sommariamente il resto ("signora, sa, se lei staziona nelle toilette maschili, io mi posso nascondere fino a un certo punto"), il tutto l’ho concluso a casa mia.