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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Modena, 4 gennaio - Testo ricevuto alle 22 di oggi: “Buonasera a tutti, abbiamo appena finito la riunione della Polisportiva, dopo attenta analisi e dopo acceso dibattito, abbiamo deciso di rimandare l’iniziativa di domenica 9/1/2022 ‘Du pas per campagna’ a Marzaglia di Modena. Vedremo di fissare altra data. Grazie e scusate il poco preavviso – Nuova Marzaglia ASD e APS”.

È solo l’ultimo (per oggi, ma vedi più sotto) degli annunci che in questi giorni stanno circolando, anche nell’attesa di un ennesimo decreto che stringerà ancora di più la morsa, sia pur salvaguardando la sacralità dei saldi e chiudendo molti occhi sul rispetto delle ordinanze (avete visto come è andata colla proibizione di fuochi artificiali a Napoli o il divieto di assembramento nelle piazze di Bologna?).

Per il giorno della Befana, dopo l’annullamento della maratona di Crevalcore, al momento risultano rinviate o annullate:

        - Caminada de Baco a Bovolone (VR);

         - Attraverso Le Colline Pucciniane di Bozzano - Massarosa (LU)

         - Befana a Casa Bonello di San Miniato (PI)

         - Corri per La Befana di Roma

         - Corsa Podistica Dea Befana di Spresiano (TV)

         - Running Befana a Quarto (NA)

 

Temiamo che l’elenco si allungherà, ma per ora resistono la mezza maratona sul Brembo di Dalmine (BG), il Trail del Poggiolo a Casola Valsenio (RA) e la Corsa della Befana a Rimini.

Anche da Montepulciano ci arriva la conferma, che prontamente rilanciamo, dell'effettuazione del cross:  
Domani 6 Gennaio a Policiano organizzata dalla Polisportiva Policiano con il patrocinio del Comune di Arezzo e la Fidal, si disputerà la 39^ edizione della Befana Campestre che apre ufficialmente la stagione dei Cross sotto le rigide norme anticovid. Saranno presenti complessivamente oltre 400 atleti in rappresentanza di tutte le provincie Toscane e non solo infatti saranno presenti atleti di club siciliani e piemontesi umbri ed emiliani. 
La gara sarà valida come 3^ prova del Grand Prix di Cross Toscano e prova di Promocross  provinciale oltre al Grand Prix classico organizzato dalla U.P.Policiano ed il CSI.              
Il ritrovo presso la Polisportiva Policiano è alle ore 10,00 con obbligo di Green Pass. Alle ore 10,45 partirà la gara di km 4   open composta da Master ed Amatori.

Mentre sabato 8 si svolgerà la Corricelle di Celle Ligure, rinviata un mese fa (8 dicembre), ma per cause meteorologiche, non 'virali'; sebbene il recupero attuale sarà solo per la gara competitiva di 6 km, preceduta da corse 'promozionali' per i più giovani, mentre le non competitive sono annullate perché "molto complicate da gestire in modalità “Covid_19”. (così dice il comunicato degli organizzatori).

Domenica 9, annullata per esempio la 20 km “Crema d’inverno”, sono confermate la Bora di Trieste e l’Ultramaratona del Lamone a Bagnacavallo. Poi lunedì 10, con la proclamazione di altre “zone arancione” (anche per effetto dei bagordi e dello spensierato liberoscambismo di Capodanno), il ritorno dei bambini (sebbene non vaccinati) a scuola, e il ritorno dei virologi nei talk-show (specie delle virologhe, che ad ogni apparizione si fanno più carine e suadenti), aspettiamoci il peggio.

Che continua ad arrivare (aggiornamento delle 11 di mercoledì 5) sotto forma di quest'altro comunicato:

L’Atletica Savoca comunica a malincuore che, con forte senso di responsabilità e su richiesta dei sindaci dei comuni di Sant’Alessio Siculo e Savoca, sono stati rinviati a causa del crescente aumento dei casi Covid-19 il convegno tecnico di atletica leggera e la gara podistica nazionale “10 Km di Capo Sant’Alessio”, prima prova del Grand Prix Sicilia di corsa su strada, che erano in programma rispettivamente sabato 8 a Savoca e domenica 9 gennaio a Sant’Alessio Siculo. 

Come dicevamo rievocando la maratona di San Silvestro ad Assisi

http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/8174-ultimo-dell-anno-di-grazia-1999-assisi-in-maratona.html

alcuni dei partecipanti fecero sì e no la doccia, per andarsene a Roma, dove il giorno seguente si svolse un’edizione straordinaria della maratona, a inaugurare l’anno del Giubileo. Lo sportivissimo papa Wojtyla benedisse, tra gli urbi e gli orbi, anche i partenti; Podisti.net riferì dell’avvenimento, prima con un servizio di cronaca, cui si affiancarono due pezzi di lettori-collaboratori, il primo scritto alla vigilia e che esprimeva disappunto perché l’evento aveva cancellato tutto il resto (anche allora, sebbene per tutt’altri motivi, le corse saltavano…) ; il secondo, a giochi fatti, che rivestiva di toni epico-sacrali il divertimento di alcuni protagonisti. Ecco quanto pubblicammo 22 anni fa.

 

Kiprono, poi Grand’Italia

Stefano Morselli

Una Maratona straordinaria dal punto di vista climatico e meravigliosa per i luoghi in cui si è svolta, la gara maschile è stata di altissimo livello tecnico con molti ottimi maratoneti; i dubbi della vigilia sono stati spiazzati via dalle prestazioni cronometriche dei migliori, 3 atleti sotto le 2h09' sono garanzia di qualità e merce rarissima in Italia. Se poi 2 su 3 di questi atleti sono italiani, la cosa rende ancora più significativa la gara per i nostri colori.

Un plauso al grande Josephat Kiprono (cronometricamente il quinto uomo al mondo sulla distanza) che al 40° Km ha lanciato l'attacco decisivo. Un grande Giacomo Leone, secondo a pochi secondi a 2h08'41", ha confermato una classe di livello mondiale, la stessa che lo ha portato al 4° posto all'ultima Maratona di New York e soprattutto alla vittoria nella stessa qualche anno prima.

Senza togliere nulla a nessuno, però il capolavoro odierno l'ha costruito un atleta che sino a stamattina era considerato di seconda schiera, quel Francesco Ingargiola che mai come oggi era riuscito ad essere protagonista in una grande manifestazione. Oggi spinto da una preparazione puntigliosa e da una raggiunta maturita agonistica, ha letteralmente polverizzato il proprio record con uno straordinario tempo di 2h08'49" che lo catapulta di fatto nell'élite della maratona italiana all-time.

Non vorremmo essere nei panni di Massimo Magnani, selezionatore della squadra nazionale, che avendo a disposizione soli 3 posti per l'Olimpiade di Sidney, da stasera dovrà gestire 6 atleti di cui 3 con il posto già prenotato come Baldini, Modica e Goffi e 3 riserve di lusso come Leone, Ingargiola e Caimmi, che dovranno solo sperare nei problemi altrui.

A nostro avviso una situazione del genere sembra alquanto difficile da gestire: un atleta come Caimmi che mostra un grande potenziale, ma che cronometricamente non ha ancora raggiunto la maturità dei compagni, sarebbe opportuno dirottarlo da subito sui 10.000,   gara in cui potrebbe, se ben preparato, rappresentarci degnamente in finale. Con 5 atleti la situazione rimarrebbe comunque complicata ma visti i precedenti, sarà difficile che tutti arriveranno in forma e senza acciacchi vari all'evento: pertanto chi oggi è una semplice riserva potrebbe divenire l'atleta di punta di una nazionale che mai come in questo momento è parsa così importante a livello mondiale.

In campo femminile la gara romana, se pur con grandi atlete al via, non ha avuto un riscontro cronometrico interessante: la vittoria non è scappata a Tecla Loroupe che nel finale però si è vista arrivare come una fionda l'etiope Gadisse Edatto a soli 7". Nessuna italiana nelle prime dieci, con il forfait di Ornella Ferrara, impegnata poche ore prima a San Paolo del Brasile nella classicissima "Corrida".

 

Millennium Marathon - Roma annulla tutto

Roberto Santiloni

Quando ero piccolo mi facevano giocare ad un passatempo con le carte assai carino, che si chiamava "Asso piglia tutto". Ora che sono diventato grande e pratico l'attività podistica da un annetto, mi fanno giocare a "Roma annulla tutto". 
Il primo gennaio si correrà, nella capitale, la Millennium Marathon che, oltre ad avere una cassa di risonanza a livello mondiale, visto che è la prima gara del 2000, ha il potere di inibire qualsiasi iniziativa podistica si voglia intraprendere da parte di qualsivoglia società. 
E così la Best Woman, che è una classica del giorno di Santo Stefano, è stata anticipata di una quindicina di giorni, mentre la Corsa di fine millennio in programma in questi giorni a Centocelle (popoloso quartiere di Roma) è stata annullata già da tempo.

Ora ben difficilmente si comprendono i motivi per cui queste gare siano state annullate o spostate di data, visto che innanzitutto si tratta di percorsi di 10 Km e poi, cosa che nessuna istituzione sportiva ha considerato, non tutti i podisti romani potranno o vorranno partecipare alla Maratona o alla Stracittadina.
Qualcuno favoleggiava che tutte le gare prossime alla data della Maratona erano state annullate apposta per consentire agli atleti di arrivare "freschi" al grande appuntamento. Dio mi guardi dal voler contraddire un simile atto di carità e comprensione, ma a chi ha messo in giro questa voce sfuggono un paio di particolari: primo, chi deve correre una 42 Km sa già quali sono le cose che non deve fare, quali sono da evitare e quali sarebbe meglio non fare; secondo, mi piacerebbe sapere quanti (visto che è l'ultimo capodanno del millennio) la sera prima staranno attenti a diete, non berranno altro che acqua, andranno a letto alle 10 la sera e insomma rispetteranno le regole del bravo podista.
Perché invece non ammettere che privare tanti atleti di queste gare minori non è stata poi un'idea così geniale ?

 

Benedetta  maratona!

Fausto Giuliani

Nell’Anno Domini 1999 l’allora Papa Giovanni Paolo II promulgò la seguente bolla:

In occasione dell’imminente Anno Santo tutti i pellegrini che il giorno 1 del mese di Gennaio dell’anno 2000 si recheranno in Piazza San Pietro e da lì partiranno di corsa, verso le 12,40, in maglietta, pantaloncini e scarpette e percorreranno in lungo e in largo la Città di Roma arrivando fino alla Moschea da un lato (la forza della tolleranza religiosa …) e fino alla Basilica di San Paolo dall’altro, per poi giungere, dopo ben 42 chilometri e 195 metri, in Via dei Fori Imperiali, riceveranno, oltre alla medaglia contemplativa, al ristoro ed alla commiserazione di parenti e amici, l’indulgenza plenaria valida per tutto l’anno giubilare. E’ fatto assoluto divieto però di abusare, durante le festività natalizie, di dolci e allettanti cibarie quali panettoni, torroni, vini, fritti in genere, biscottini o tozzetti che dir si voglia, con obbligo assoluto di andare a letto non oltre i trenta minuti seguenti la mezzanotte dell’ultimo dell’anno.

“Beh, per noi podisti, meglio che farsi la Scala Santa in ginocchio …” pensarono subito i nostri tre amici pellegrini Fausto, Tony e Riccardo. E così partirono alla volta della Capitale con una borsa carica del più assortito vestiario e con tanta speranza di poter anche questa volta raggiungere l’agognata meta.

Sul posto comunque i tre trovarono tanti altri pellegrini, provenienti dai punti più disparati d’Italia: qualcuno, dopo il veglione di fine anno aveva avuto il coraggio o l’incoscienza di salire su di un treno e, tra un riposino e l’altro più o meno comodo, si era diretto verso il Vaticano per cimentarsi in questa rilassante corsetta. Qualche altro pazzo, forse informato anche del contenuto del famoso “Editto di Assisi”, aveva percorso la maratona il giorno precedente nella famosissima città umbra e, con il relativo pettorale attaccato sulla schiena, si accingeva a ricevere una doppia benedizione nel percorrere la stessa distanza soltanto ventiquattro ore dopo … ma, si sa, la fede religiosa non ha limiti!

A cospargersi di pomate, di unguenti miracolosi, a scegliere gli indumenti con i quali coprirsi nel corso dei primi chilometri i nostri tre amici trovavano sul posto molti conoscenti dei Castelli che per l’occasione avevano organizzato un torpedone dalla vicina Frascati: Claudio l’Avvocato, Mauro l’Ispettore, Ugo e Tiziana, Enzo, Pino, Claudio da Finocchio, Gizzi e la mitica Nicchia che in partenza lanciava il famoso grido di incitamento “Nnamo zuzzi !” (Su andiamo, sporcaccioni – n.d.r.) epiteto ormai famoso in quasi tutte le città del mondo.

Con tanto di benedizione del Santo Padre iniziava così questa nuova avventura sotto uno splendido sole seppur con una temperatura tale da indurre i nostri a coprirsi con una felpa che poi manterranno fino al traguardo; ciò ovviamente per evitare il gelo nei molteplici punti percorsi all’ombra e soprattutto nella fase finale del percorso quando il sole aveva ormai abbandonato gli intrepidi podisti ormai privi o quasi di energie ma cosparsi di tanto sudore che sulla pelle diveniva sempre più ghiacciato. Alla partenza Fausto e Tony non osavano seguire il più intraprendente drappello frascatano  preferendo adottare invece una tattica più accorta; nei pressi del terzo chilometro venivano raggiunti dall’imprecante Riccardo che era partito dalle retrovie in quanto aveva invano atteso i due indaffarati prima del via a cercare un sito per eliminare liquidi in eccesso; Tony e Fausto, ignari dell’appuntamento prestabilito si erano inseriti nel bel mezzo del gruppo per godere del bel sole in attesa del via. Riccardo comunque con il suo bel passo si allontanava in modo perentorio tra le scuse dei suoi compagni che, di comune accordo, coprivano chilometro dopo chilometro contenendo comunque qualsiasi voglia di strafare.

La temperatura era sempre piuttosto rigida ed ogni volta che l’ombra occupava l’intera parte del percorso risultava gradevole la scelta iniziale relativa all’abbigliamento con tanto di felpa come efficace protezione; facevano quasi compassione del resto gli addetti agli spugnaggi, opportunamente evitati, che invano offrivano spugne intrise di acqua gelida. - Non la prenderei nemmeno se fosse stata intinta nell’acqua santa! - rifletteva Tony a bassa voce, tanto per non incappare in una scomunica immediata.

Intorno al 15° chilometro Fausto iniziava a sentire strani sintomi: come se le gambe divenissero via via più legnose; cosa peraltro inspiegabile per chi di strada in allenamento ne percorre molta di più. Lungo la via il tandem veniva ripreso da Claudio di Finocchio e da Aldo, pellegrino della Capitale; i quattro insieme percorrevano qualche mille. Alla mezza maratona fermavano il cronometro a 1h 53’24”, media 5.23 a km, ma le avvisaglie precedenti stavolta le sentiva anche Tony, mentre Claudio e Aldo pian piano si staccavano.

Con la speranza che il Centro Storico (con i suoi comodi sampietrini …) potesse in qualche modo risollevarli, i nostri due beniamini cercavano di farsi coraggio l’un l’altro.

Ma proprio quando Roma si mostrava agli atleti con tutto il suo splendore per Fausto cominciavano i guai: Piazza di Spagna e Fontana di Trevi con la gran folla acclamante non riuscivano a debellare l’immensa fatica e così, mentre Tony si allontanava, seppur barcollando, nei pressi del Pantheon, Fausto restava solo in balia dei propri pensieri  - ma come è possibile … mancano ancora 13 chilometri e non ce la faccio più! Ma come, ho seguito alla lettera il diktat papale, non ho toccato dolci né spumanti, sono andato a letto presto, eppure mi trovo in questa situazione. Non è possibile … ma sia ben chiaro … non mi ritiro, a costo di chiuderla in quattro ore e mezza questa “benedetta” maratona -  E mentre procedeva caracollando non si capacitava nel vedere come altri atleti avessero potuto correre in assoluta tranquillità addirittura augurando in continuazione Buon Anno alla gente che festante gremiva il percorso.

Subito dopo il 30° chilometro, nei pressi di Piazza Venezia, Fausto aveva però la brillante idea di utilizzare la sosta al ristoro nel modo migliore: ingurgitava sali minerali, succhiava voracemente spicchi di arance, mangiava avidamente qualche zuccherino e quant’altro nella speranza di poter ridare linfa vitale al suo fisico ormai fortemente debilitato. In quel mentre lo raggiungeva Claudio di Finocchio con il quale percorreva un paio di chilometri: tra i due non si capiva bene quale fosse quello più distrutto. Ma Claudio era evidentemente più provato e pertanto incapace anche di corricchiare dietro a Fausto che man mano sentiva le energie tornare.

La corsa verso la Basilica di San Paolo, con quel sole sul tramonto che ti sbatteva in fronte tanto da far sembrare quel calvario un viaggio verso una meta ignota, si tramutava in una perfetta cavalcata che il nostro amico miracolato ormai conduceva intorno ai 5.15 – 5.30 a chilometro.

Lungo quella Via Ostiense, che tanto dolore gli aveva arrecato negli scorsi 42 di Marzo, Fausto pareva ormai lanciato in pieno recupero verso un tempo finale che mezz’ora prima sembrava impossibile da raggiungere. E mentre copriva gli ultimi chilometri riusciva anche ad intravvedere la possibilità di arrivare entro le quattro ore, e via via più avanti, a rendersi conto persino di poter togliere qualche secondo al proprio personale.

Lungo quella Via Ostiense, percorsa in doppio senso, piena di podisti ma clamorosamente silenziosa, dove si udivano soltanto i passi, più o meno pesanti, dei poveri tapascioni-pellegrini, Fausto raggiungeva e superava il povero Mauro che aveva osato troppo nella prima parte e si stava pian piano arrendendo a dei maledetti crampi che lo azzannavano come belve inferocite.

Fausto concludeva la sua corsa degnamente in 3.56.30, limando seppur di poco la sua precedente miglior prestazione ottenuta sempre su queste strade (e su questi sampietrini …) la scorsa primavera in 3.57.13; all’arrivo ritrovava Tony (3.51) e Riccardo (3.45), entrambi soddisfatti per l’indulgenza ottenuta.

Dopo aver dismesso, non senza difficoltà, gli abiti del sacrificio, i tre decidevano di attendere il povero Mauro, ormai ridotto allo stremo e con lui, distesi lungo una delle poche aiuole libere di Via dei Fori Imperiali, aggredivano una busta piena dei tanti agognati tozzetti natalizi,  in attesa di ritrovare le forze per tornare a casa soddisfatti con una splendida medaglia al collo. 

                                                                                     

Ventidue anni fa, eravamo nati da poco eppure cercavamo di essere presenti sul campo, e tempestivi a raccontare gli avvenimenti, anche grazie alle tastiere dei nostri lettori di allora. Quel San Silvestro del 1999 si celebrò la prima edizione (ahinoi, ne seguirono ben poche, e un tentativo di riportarla in auge, come vedremo, è stato bloccato dal Covid.

Ma ripeschiamo la gara di allora, partendo dalla cronaca instant di Stefano Morselli, poi da due resoconti di lettori: uno, diciamo, un po’ ‘da addetto stampa’, il secondo di un ‘praticante’, nostro amico marchigiano; e infine dal commento di chi scrisse già dopo l’effettuazione della maratona del giorno seguente a Roma (di cui parleremo a parte).

Ritroveremo Davide Milesi, bergamasco di Roncobello, per anni nel giro della Nazionale, già vincitore a Cesano Boscone e nella prima maratona di Piacenza (Befana 1996, sotto la neve), più volte campione di corsa in montagna e come tale plurifotografato da Roberto Mandelli; Sonia Maccioni, che due mesi prima aveva vinto a Venezia; la prof di lingue Tiziana Alagia, che l’anno dopo avrebbe vinto a pochi giorni di distanza le maratone di Cesano Boscone e Firenze; un giovane Calcaterra che a 27 anni cominciava a farsi notare per le sue maratone, come si diceva allora, “consecutive”; ma più indietro, compatto, il “popolo delle lunghe”, il ‘vescovo’ Fusari, il povero Alfio Balloni che qualche anno dopo ci sarebbe stato tolto da un tragico incidente stradale, e altri che non ci sono più come Togni da Lumezzane (il capostipite), l’ingegner Morisi da S. Giovanni in Persiceto, Gianfranco Gozzi da Calderara,  Gaetano Amadio da Torino, o Mario Ferracuti, “il leone delle Marche”, morto nel 2018 a 92 anni. Ovviamente non poteva mancare Govi (che l’anno dopo corse con Paolo Manelli, alle prime armi come organizzatore della maratona di Reggio), che certamente nel suo personale museo avrà inserito cimeli pure di Assisi. Nel cuore – diceva un Poeta – nessuna croce manca.

 

31/12/99 - Maratona di Assisi - Davide Milesi e Sonia Maccioni facilmente

di Stefano Morselli

Bel sole e una temperatura di 6°C. hanno fatto da corollario alla 1a edizione della Maratona d'Assisi, più di mille alla partenza e potrebbero essere stati ancora di più se alcuni problemi di carattere alberghiero non avessero sfavorito l'afflusso dei podisti.

La gara ha visto da subito al comando un gruppetto di 4-5 atleti , che solo negli ultimi 10 km si è sciolto a causa dell'attacco di Davide Milesi Negli ultimi 4-5 Km. di dura salita Milesi non ha fatto altro che controllare l'eventuale ritorno di Cishahayo, dall'alto della sua grande predisposizione alle salite. Niente da fare per il burundiano, che giungerà all'arrivo con oltre 1 minuto di distacco. Ennesima gara di alto livello per il sorprendente romano Giorgio Calcaterra capace a 27 anni di correre 15 maratone l'anno, tante delle quali ad alti livelli.

In campo femminile gara segnata sin dall'inizio con Sonia Maccioni che chiudeva in 2h38'47" lasciando Barbara  Cimarrusti ad oltre 12 minuti.

L'organizzazione è sembrata almeno dall'esterno positiva, come molto positiva è stata la chiusura quasi totale al traffico: comunque sia, attendiamo i commenti dei partecipanti.

Per concludere, da apprezzare l'attenzione con cui la RAI ha premiato gli organizzatori ed i partecipanti con quasi mezz'ora di collegamento, effetto Millennium Marathon?  

Uomini:

  1. Davide Milesi 2h22'29" G.S. Forestale
  2. Diomede Cishahayo 2h23'37" Cus Palermo
  3. Giorgio Calcaterra 2h24'04" Villa Aurelia
  4. Fabrizio Capotosti
  5. Joseph Saturlino

 

Donne:

  1. Sonia Maccioni 2h38'47"
  2. Barbara Cimarrusti 2h50'
  3. Deborah Bruni
  4. Tiziana Alagia

 

Cronaca di una maratona che puo' crescere.

Antonio Biasiolo

E' stata una bellissima giornata ad Assisi, sia dal punto di vista meteorologico, sia sotto il profilo sportivo, e tanto di più, umanitario. In effetti la prima Maratona della città di S. Francesco è nata con il preciso intento di contribuire con la quota di iscrizione al progetto del Centro Internazionale per la pace tra i popoli, che prevedeva di aiutare l'infanzia in difficoltà in molti Paesi sottosviluppati, attuando delle adozioni a distanza: ed i tanti maratoneti, quasi 1300, intervenuti per l'evento, hanno fatto la loro bella parte.

Dal punto di vista sportivo-tecnico, un percorso difficile con un andamento collinare per quasi tutti i quarantadue chilometri, con quell'ascesa finale di tremila e seicento metri che neppure centellinando minuziosamente tutte le energie si potevano correre bene, ma che, magari invertendo il percorso la prossima edizione, e cioè partendo da Assisi per arrivare a S. Maria degli Angeli, potrebbe diventare una maratona al pari livello di altre città italiane.

Molto soddisfatti i vincitori che, seppur preparati ad una gara del genere, non pensavano di salire sul piu' alto gradino del podio. Davide Milesi ha impresso il suo ritmo al 35° chilometro staccando i suoi più diretti avversari Cishahayo, Calcaterra e Capotosti, mentre si è trovata a condurre già al 15° chilometro, con un minuto di vantaggio sulle inseguitrici, Sonia Maccioni, umbra di nascita, e come ben noto già detentrice del titolo di campionessa italiana (conquistato a Venezia) la quale ha dichiarato di essere molto felice di concludere questo particolare anno con la vittoria nella sua terra.

Molto contenti, nonostante la fatica, tutti gli atleti arrivati in Piazza del Comune, e praticamente tutti vincenti per aver terminato chi la prima, chi l'ennesima maratona, disputata in questa particolare data, ansiosi di festeggiare l'avvento di questo nuovo millennio nel segno della pace fra tutte le nazioni della terra.

 

Passando sotto la Basilica... un pensierino

Giancarlo Bastianelli

Nononostante il 31 Dicembre 1999 non sia stato l'ultimo giorno del millennio, attorno ad esso il mondo intero ha creato un'atmosfera diversa, vuoi per il 'baco', vuoi per le quattro cifre che se vanno, vuoi per l'attesa che da tanti anni era latente in ognuno di noi con tante aspettative e speranze.

Ed e' cosi' che 1200 maratoneti si ritrovano davanti alla stupenda Basilica di Santa Maria degli Angeli in una limpida mattinata invernale. Pochi vorranno provare a migliorare il loro primato personale (vista l'altimetria del tracciato), molti, fra cui anche il sottoscritto, cercano di meglio ricordare questo giorno surreale con qualche cosa che rimanga indelebile nella memoria: e cosa per noi podisti meglio di una Maratona?

Raramente decido la partecipazione ad una prima edizione, ma questa volta e' diverso. Allo start il biscione si avvia, non sento la tensione di altre maratone dove cercavo di migliorare il mio personale, e l'andatura da crociera mi permette di ammirare la bellezza del luogo.

Momenti di riflessione al passaggio davanti alla baraccopoli dei container a ricordare i tristi giorni del terremoto che per queste genti e' ancora vivo.

Bello e vivace il passaggio a Spello. Dopo 23. km inizia la parte piu' difficile del tracciato con molti saliscendi e un gelido vento contario. La Basilica di San Francesco si staglia pero' gia' all'orizzonte.

Si capisce che non sara' cosa facile inerpicarsi fin lassu'. Ed infatti......

Dal 39° km inizia la salita, non invidio coloro che spingono per un piazzamento, il 40° km mi sembra un poco piu' lungo, ma non importa. L'importante e' essere qui.

Quasi mi dispiace non essere cattolico.

Siamo davanti alla Basilica del Santo.

Ringrazio l'organizzazione per avermi procurato questa emozione, anche se mi permetto di sottolineare che forse in condizioni climatiche diverse probabilmente ci sarebbero stati disagi in particolare modo all'arrivo, vista la configurazione delle strette vie del centro storico.

Ma le prime edizioni servono anche a questo e sicuramente, salute permettendo, arrivederci al prossimo anno per l'ultima Maratona del Millennio.

 

Assisi: "ivi e' perfetta letizia".

Fabio Marri

Chi voleva fare il tempo, festeggiare lo pseudo-cambio di millennio tra atleti di grido e TV a gogo', e' andato a Roma. Gli altri hanno affrontato le difficolta' di alloggio, la quasi irreperibilita' dei parcheggi, le incognite di una maratona pressoche' nuova (qualche anno fa c'era stata una prova generale a Bastia Umbra), e soprattutto la paura di una salita finale terribile (200 metri in meno di 4 km), e sono andati ad Assisi. Qualcuno ha anche fatto la doppia: ad esempio i coniugi Gargano e Rizzitelli da Barletta, e il Pancaldi da Bologna, finito di correre ad Assisi sono andati a Roma.

Ma ad Assisi (e solo li') abbiamo visto i tanti appassionati della maratona, cominciando dalle due meravigliose signore carpigiane Marisella Beschin e Lorena Losi, dal di lei figlio Daniele Orlandi (che oltretutto ha fatto un tempone), dal decano del podismo modenese Sergio Guaitoli, dall'"assessore verde" Emilio Borghi (stavolta non insidiato dal suo vice Cuoghi), da Gaetano Amadio e Francesco Cerruti di Torino, a Giovanni Tamburini da Rimini; ai buontemponi come il "vescovo" Fusari e il Ferri, vestito anche lui da Fusari; a Laura Gilbert e Alfio Balloni, al venerando Giuseppe Togni, in gran forma.
Organizzazione nel complesso piu' che buona: impagabile il paesaggio, con il borgo medievale di Assisi e "la cupola bella del Vignola" (Santa Maria degli Angeli) a dominare il percorso, discreto il calore del pubblico, specie a Bastia e a Spello, oltre che all'arrivo. Ottimo il pacco-gara, ricco e vario il pasta party (la sera dopo la corsa); sufficiente il servizio di recupero bagagli e rientro alla base. Qualche piccolo neo (come dicevamo all'assessore alla cultura di Assisi la sera, mentre in teatro aspettavamo un'orchestra rumena freddolosa) nella chiusura al traffico, che ha avuto qualche buco tra i km 25 e 35 (si trattava pero' di poche vetture locali), ma e' stata perfetta dove piu' serviva, cioe' nella salita finale (che -i romagnoli capiranno- e' paragonabile alla salita per Saludecio), del tutto chiusa anche ai mezzi pubblici.

Scadente il servizio della Rai, che ha orientato tutto sulla maratona di Roma, obbligando a parlarne anche 24 ore prima (mentre noi correvamo, e i romani chiacchieravano), e dedicando a noi si' e no mezz'ora. Ma forse il bello e' proprio di correre senza essere tormentati da elicotteri e moto e laurefogli che fanno l'andatura in bici. Forse San Francesco avrebbe detto: "senza sorella TV, ivi e' perfetta letizia". 

Speranza per il 2021

Pasquale Castrilli, 21-5-2019

Che ne dite se vi scrivo che ci aspetta San Francesco per una maratona nei luoghi dove ha vissuto in Umbria? La terra della maratona di Terni, della Invernalissima di Bastia Umbra e di tante altre belle manifestazioni podistiche si prepara alla prima edizione (della seconda serie) di una maratona che è già storica per il suo nome, Maratona di S. Francesco.

L’intelligenza di un prete e di un vescovo, la disponibilità del comune di Assisi e di alcuni enti sportivi e no, ha iniziato a lavorare per realizzare un sogno: correre i 42,195 metri della maratona sulle strade dove ha vissuto (camminato, e forse anche corso) il santo più conosciuto della storia, quello che anche papa Bergoglio ha voluto come protettore del suo pontificato. Per confezionare la maratona ad Assisi sui luoghi di san Francesco sono già al lavoro la diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, il comitato organizzatore Francesco va e la società sportiva dilettantistica non profit Life Running Assisi.

In esclusiva podisti.net presenta per prima questo evento che, secondo le prime indicazioni degli organizzatori (che attendono il benestare della Fidal), si terrà nella primavera del 2021.

Desiderio degli organizzatori è diffondere il messaggio dell’enciclica Laudato Sì scritta da papa Francesco nel 2015 proprio sui temi del rispetto del Creato inteso come “casa comune”.

Il percorso dei 42 chilometri partirà da Assisi e dopo aver toccato città e località limitrofe (San Vitale, Capodacqua, Spello, Limiti Rivotorto, Spello, Cannara, Tordandrea) si concluderà a Santa Maria degli Angeli. Un tragitto davvero suggestivo che lambirà luoghi significativi della vita del santo d’Assisi.
Poco meno di due anni alla Maratona di San Francesco, dunque. Tempo di attesa e lavoro. Auguriamo grinta e forza ai promotori e a chi sta già lavorando a questo progetto.

[F. M.]. Bentornata la maratona ad Assisi! Chi scrive fu presente a entrambe le maratone corse nell’ultimo giorno degli anni 1999 e 2000. Allora il percorso era, in un certo senso, inverso a quello previsto per il 2021: si partì da S. Maria degli Angeli, in direzione sud-ovest, raggiungendo poi Costano, Bastia, e da lì con una svolta a 90° si tornò a nord di S. Maria (avendo Assisi a sinistra) per raggiungere e salire a Spello, poco oltre la metà gara. Da lì, ultima inversione a U, e di nuovo in direzione da est a ovest fino a Rivotorto; poco dopo cominciarono i 4 km conclusivi, in discreta salita, fino al traguardo in pieno centro nella piazza del Comune. Furono in 900 a chiudere la gara: tra le donne vinse Sonia Maccioni in 2.38:47, con 12 minuti di vantaggio su Barbara Cimarrusti. Tra gli uomini vinse il 35enne Davide Milesi (2.22:29), quasi allo sprint su Diomede Cishahayo e un allora giovanissimo Giorgio Calcaterra (2.24:05), ventisettenne classificato tra gli “Amatori”, al pari del suo coetaneo Antonello Petrei (2.40:33). Chiuse il lotto degli arrivi Mario Ferracuti, leggendario già allora nonostante avesse “solo” 73 anni; ma scorrendo la classifica si trovano tanti nomi ormai passati alla storia: Alfio Balloni (che di lì a poco sarebbe scomparso in uno sciagurato incidente stradale), Antonino Morisi, Marziano Guidazzi, Giuseppe Togni  (classe 1926 come Ferracuti, e capace di 4.34), il “vescovo” Alberto Fusari.

Molti dei “supermaratoneti”, appena dopo la doccia, o forse senza nemmeno farla, fuggirono a Roma dove l’indomani mattina, con la benedizione di papa Giovanni Paolo II, sarebbe partita la maratona straordinaria del Millennio (e al “Millennium for Peace” era pure intitolata la maratona assisiate).

Ad Assisi ci si ritrovò per San Silvestro del 2000, in 770, sullo stesso percorso: vinse Graziano Calvaresi in 2.22:20, poco più di un minuto davanti a David Kirui Kiptoo. Petrei si migliorò molto giungendo sesto in 2.26 e battendo proprio Calcaterra di quasi due minuti. Tra le donne, primeggiò in 2.48:42 Sara Ferrari, allora ventitreenne e che l’anno dopo avrebbe partecipato ai mondiali di maratona di Edmonton (ma molto chiacchierata in quanto figlia del medico-stregone Michele), mezzo minuto davanti a Galina Zhulyeva.

Tra le classificate nei primi posti troviamo in decima posizione l’ultramaratoneta Monica Casiraghi; ma anche in quell’occasione la storia fu fatta dagli atleti ‘qualunque’: Renata Cecchetto che in quegli anni risultò la podista italiana con più maratone all’arrivo (ma dietro la incalzava la futura primatista, Angela Gargano, preceduta dal marito Michele Rizzitelli); Piera Zaldini (alias signora Minerva: e anche Tommaso corse chiudendo in 3.52, un minuto meglio di me!); Ulderico Lambertucci, altro primatista col maggior numero di maratone annue (allora si viaggiava sulle 30/35, non i numeri centenari di adesso!), e che poi si sarebbe specializzato in pellegrinaggi verso santuari mariani d’Europa; Luciano Bigi, futuro presidente del Club Supermarathon; Simone Lamacchi, che proprio in quel 2000 aveva varato la sua maratona del Custoza, ancora Alfio Balloni e Antonino Morisi, Togni e Fusari; e ancora William Govi, curiosamente tesserato per la Podistica Pratese, e dietro lui Paolo Manelli neo-organizzatore della maratona di Reggio, infine Angelo Squadrone (classe 1929) pluriprimatista mondiale di categoria.
Sarebbe bello, con chi c’è ancora, fare una rimpatriata, ventun anni e due papi dopo.

 

26 dicembre – Con coraggio, e in perfetta legalità, il Comune di Modena ha ripristinato la tradizione delle Camminate di Quartiere, ideate in tempi antichi per supplire ai vuoti invernali del calendario, e che nel 2020 erano forzatamente saltate. Non siamo ancora al rientro nella normalità, come prova ad esempio il fatto che a questa camminata non si sa se ne seguiranno altre (solitamente le gare erano quattro), ma intanto è un buon inizio: vorrei essere smentito se dico che questa è la prima gara non competitiva che si corre all’interno della città di Modena dal febbraio 2020.

Le foto di Teida Seghedoni mostrano tangibilmente l’andamento della mattinata: piuttosto buia, almeno verso le 8 quando si è dato il via ufficiale alle operazioni, con ingresso regolamentato all’interno della Polisportiva Modena Est (tradizionale sede di questa corsa, nella doppia versione natalizia e pasquale), misurazione della temperatura, compilazione dell’autocertificazione (foto 3-7) e infine consegna del pettorale, gratuito come da tradizione, e di dimensioni finalmente superiori al francobollo.

Sono ricomparsi gli habitués dei tempi andati, come le insegne delle società Guglia e Cittanova (foto 4 e 19), il presidente provinciale dell’atletica Uisp, Pivetti (134), il responsabile di Modenacorre, Macchitelli (303); ma anche dei ‘foresti’, come il nostro Morselli da Reggiolo (260-262) o la radiosa morettina della Lolli di Zola (248-9). I pettorali distribuiti superano i 500, che vista la giornata sono da considerare un buon numero (è vero che mancava la contemporanea gara di S. Agata Bolognese, storica attrazione anche in veste competitiva e giovanile).

La partenza, complice il divieto di assembramento, è nello stile-Fiasp, a piccoli gruppi spontanei; il percorso è quello risaputo, e tuttavia ampiamente segnalato sia da cartelli sia da addetti, per una lunghezza massima di 10,300 (direi, scelta dalla più parte degli iscritti) con un ristoro a metà di sola acqua, come è la prassi di queste epoche grame. Forse una piccola variazione è lo sbocco nella via Emilia, all’altezza dello storico ponte della Fossalta teatro di una battaglia medievale tra bolognesi e modenesi, poi di una “riconciliazione” ai primi del Novecento, patrocinata da Pascoli; ma dopo una cinquantina di metri si rientra nel quartiere industriale di Modena Est, al cui margine (non toccato dai podisti) si sta formando un ingorgo, con tempi di attesa fino alle otto ore e interventi della polizia municipale, per i tamponi (fonte: Gazzetta di Modena).

Le foto della corsa confermano l’impressione oculare, di una maggioranza di camminatori: i primi che corrano compaiono alle foto 44 e 50, e solo dalla 175 in poi i corridori sembrano prevalere sugli altri; verosimilmente, sono quelli partiti più tardi, e le falcate più eleganti appartengono alle ragazze (oltre alla citata zolese, guardate quanto sono agili – diciamo pure smart – quelle delle foto 138 o 331).

Come previsto, comincia a piovere seppure non insistentemente (foto 172, 215): credo che la più indaffarata sia Teida, varie volte costretta durante il suo giro completo a ripulire l’obiettivo e asciugare l’attrezzo.

Non manca al traguardo, oltre alla bottiglietta d’acqua (purtroppo, i ristori caldi e golosi di una volta appartengono alla vita del mondo che verrà), il rituale mezzo chilo di pasta come premio; e non manca l’allegria, con l’appuntamento per occasioni successive che promettono di farsi più numerose. Sebbene qualche nuvola più nera si addensi sulla classica Corrida di San Geminiano, prevista per il 31 gennaio, cioè l’ultimo giorno di validità delle norme più stringenti del decreto 221. Riferisco una voce che volava nell’aria di Modena Est, con la speranza che sia infondata. Nel frattempo (lunedì 27 ore 12,55) sono saltate maratona, maratonina e non competitive di Crevalcore, programmate per il 6 gennaio: la Befana a qualcuno porta carbone. 

Il giorno di Natale è entrato in vigore il Decreto Legge 24.12.2021 n. 221, valido dal 25.12, “dato a Palermo [capitale provvisoria dello Stato], addì 24 dicembre 2021”, firmato dal Presidente della Repubblica con le controfirme di “Draghi, Presidente  del Consiglio -  Speranza, Ministro della salute - Franco,  Ministro  dell'economia  e delle finanze”. Vi si proroga fino (almeno) al 31 marzo lo “stato emergenza” (sic) in vigore dal 31 gennaio 2020 (dunque da 23 mesi, che diventeranno almeno 26); si abbassa da nove a sei mesi la validità dei cosiddetti greenpass, ma con decorrenza 31 gennaio prossimo. E, unico dettaglio che sembra interessare il nostro mondo (ma non è detto), l’articolo 4 comma 2 prescrive letteralmente che:

”fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da  COVID-19,  per gli spettacoli aperti  al  pubblico  che  si  svolgono  al  chiuso  o all'aperto   nelle   sale   teatrali,   sale   da   concerto,    sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal  vivo  e  in altri locali assimilati, nonche' per gli  eventi  e  le  competizioni sportivi (ri-sic) che si svolgono al chiuso o all'aperto, e' fatto obbligo  di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie di  tipo FFP2”.

La cosa è stata presentata dai media (e probabilmente questa era la volontà dell’emittente) come valida per chi voglia assistere agli eventi sportivi (tipicamente, chi vada allo stadio), non per chi voglia partecipare attivamente. Però la formulazione non è univoca, e qualcuno troppo zelante (dalla parte dei tutori dell’ordine, per non dire degli organizzatori) potrebbe pretendere che noi ci presentassimo ai raduni delle gare con la FFP2 (in altri tempi chiamata “mascherina egoista”, perché blocca le goccioline infette che provengono dagli altri, ma non impedisce alle nostre di raggiungere chi sta vicino) Poi, magari, dopo i fatidici 500 metri ce le potremmo togliere, ma chissà?

Anche l’art. 6 potrebbe essere equivocato o usato in cattivo senso nei nostri riguardi, essendo intitolato Disposizioni in materia di eventi di massa o di feste all'aperto, nonche' in materia di sale da ballo, discoteche e locali assimilati. Pure in questo caso i media hanno interpretato: non si fa la festa dell’ultimo dell’anno e fino al 31 gennaio non si va a ballare o al concerto rock, e questo sembra il tenore del decreto: ”sono vietati le feste [le solite concordanze ballerine, che spariranno quando si adotterà la grafia napolibarese “sonə vietatə lə festə”) comunque denominate, gli  eventi a queste assimilati e i  concerti  che  implichino  assembramenti  in spazi aperti… sono  sospese  le attivita' che si svolgono in sale da ballo, discoteche e locali assimilati”. È solo quella formula “eventi di massa” che lascia dei dubbi, perché il nostro sport spesso forma eventi di massa.

E non sappiamo se siano stati questi dubbi a causare il rinvio/annullamento di vari eventi fissati subito dopo Natale: già da settimane sapevamo, per esempio, che non si sarebbe corso a Taneto (RE) o S. Agata (BO); ma è di questi giorni od ore la cancellazione per esempio di gare programmate per S. Stefano a Cison di Valmarino (TV) o Thiene (VI) o Novedrate (CO).

E si rifà esplicitamente al decreto l’associazione Teodoraravennarun (RA), che alle 18,55 di venerdì ha annunciato il rinvio della Maratona e Mezza di Classe, oltre che della camminata non competitiva collegata: il tutto programmato per la mattinata del 31 dicembre.

Queste le testuali parole:

“A seguito del previsto Decreto Legge ‘Festività’ che vieta assembramenti, feste all’aperto, e prevede una serie di restrizioni tutte in senso prudenziale e preventivo del contagio, non ci sentiamo di procedere con l’attuazione della Maratona di Classe che viene rinviata”.

Le quote di iscrizione già versate saranno rimborsate oppure tenute “attive” per quando la gara si farà.

Tengono duro invece quelli della ASD SentieroUno di Trieste, che per il 9 gennaio organizzano la famosa “Bora” con tutte le sue distanze (dai 18 ai 167 km, questi ultimi con partenza il 7 gennaio): nonostante la loro regione sia stata mantenuta, con ordinanza del Ministero della Salute del 24 dicembre, in “zona gialla” per un periodo di altri quindici giorni (cioè, a rigore, fino all’ 8 gennaio), ci hanno esplicitamente confermato che “Non cambia assolutamente nulla” e non è il caso di “vedere le cose peggio di quello che sono”

Plaudiamo al coraggio e alla determinazione, augurandoci che anche gli altri organizzatori seguano questo esempio, e che nessun amministratore o tutore dell’ordine troppo zelante abbia da eccepire. Nel loro piccolo, anche gli organizzatori della 1^ Camminata di Quartiere di Modena (Polisportiva Modena Est) hanno mantenuto fede all’impegno mettendo in atto la loro gara: con più di cinquecento partecipanti, nonostante il maltempo, sottoposti al controllo della temperatura e al rilascio dell’autocertificazione. Direi che possa bastare.

Sebbene di questo parere non sembra sia il sindaco di Crevalcore (BO), che - a quanto risulta dal comunicato ufficiale emesso alle 12,52 del 27 dicembre dall'Asd Crevalrun - sia pur senza nominare il DL, ha imposto alla società "di annullare le gare previste per il 6 gennaio p.v. e di valutare la possibilità di spostare l’evento in primavera". E poche ore dopo, anche il Trail di Portofino previsto per il 16 gennaio è  "rimandato" causa decreto legge. Timori esagerati? Da 22 mesi siamo abituati a leggi dalle formulazioni bizantine, dentro cui ci sta tutto e il suo contrario, e non fa eccezione l'ultimo DL "palermitano": si occupa di sale da ballo e finisce per mettere fuori gioco anche il podismo.
E passiamo pure al pomeriggio del 28 dicembre, quando è annunciata la defezione della Montefortiana del 21-23 gennaio: anche qui, a seguito di una riunione con amministrazione comunale, forze dell'ordine e protezione civile: mancherebbero "i requisiti principali per la sicurezza". Implicito, ma ovvio, il richiamo al solito decreto. Che viene chiamato in causa anche dagli organizzatori della Stracasorate (in provincia di Pavia), programmata per il 16 gennaio, ma annullata "considerato il rinnovo delle limitazioni governative".

Poi, più clamorosa di tutte, la notizia dell'annullamento della WeRunRome del 31 dicembre, di cui parliamo a parte.

Vito Sardella, classe 1974 da Monopoli, viene da una carriera più che buona in maratona: se la prima volta che apparve in una 42 trasmessa dalla Rai, in testa al primo chilometro (insieme, se ricordiamo bene, ad Antonello Petrei), venne classificato dal duo Bragagna-Monetti tra quei dilettanti “buontemponi” che amano farsi vedere sugli schermi, poi spariscono; in realtà andò incontro a un progresso costante che lo portò, dal 12° posto assoluto a New York nel 2003, al suo record di 2.16:10 a Brescia nel 2005, cui seguirono altre prestazioni onorevoli a Carpi, Reggio, Verona e altrove, col colpo di coda del record europeo sul tapis-roulant stabilito, con 2.35:15, nel 2016. Anno nel quale corse anche la 100 km di Seregno, chiusa in 7.26, mentre nel 2017 corse per la seconda volta la 50 di Romagna a Castelbolognese, in 3.10.

Nella vita extrasportiva, Sardella dal 1993 milita nella Guardia Costiera, col grado attuale di Luogotenente e comandante di una Motovedetta nel mare Adriatico; ma da questo mercoledì 15 dicembre è anche dottore, laureato a 47 anni con 106 dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Bari, per il Corso di laurea in Scienze delle Attività Motorie e Sportive, in una materia il cui nome completo suona “Metodi e didattiche delle attività motorie e sportive”. E parlava già da dottore quando, nel marzo 2020 a pandemia proclamata, rivolse agli sportivi un caldo invito, relativamente alla pretesa di “andare a correre intorno al nostro stabile, intorno a un palazzo, come fosse meno probabile infettare piuttosto che recarci più lontano nelle campagne sperdute. Se vogliamo che tutto questo termini e che tutto questo possa essere solo un lontano ricordo, dobbiamo cercare di essere noi runners (e non) i primi a rispettare le regole. Se la regola impone di stare a casa, dobbiamo rimanere a casa sia nel bene che nel male”.

Abbiamo confidenzialmente letto la sua tesi, dedicata al padre (in memoria), alla moglie Emilia che lo ha “supportato e sopportato”, ai figli Cosimo e Francesca: tesi sperimentale, che dopo un consistente approccio teorico all’argomento riferisce l’esito di lunghe sessioni pratiche somministrate a due gruppi, ciascuno di 14 persone – diciamo così – della “seconda età”, dai 40 ai 65 anni.

Naturalmente anche la lunga esperienza di maratoneta è entrata in gioco (da notare che 10 giorni prima di laurearsi, Sardella aveva concluso una mezza maratona in 1.24…), con l’aggiunta qui di un imponente apparato bibliografico che introduce sia ai benefici concreti rilevabili in chi si allena, sia alle quantità ideali di allenamento per ottenere la condizione ottimale, sia occupandosi degli strumenti e degli esercizi più indicati. Ci divengono familiari sigle come ACSM (ovvero l’American College of Sports Medicine, che ha elaborato studi d’avanguardia) o MET, alias “equivalente metabolico”, cioè l’energia consumata durante l’esercizio fisico, in rapporto a quella che serve semplicemente per vivere: l’attenzione va pure a un beneficio che anzi, col passare degli anni, diventa sempre più una necessità anche dal punto di vista medico, il mantenere o riconquistare la linea.
E se è vero che (citiamo) “meno di 20 minuti di esercizio fisico al giorno possono essere utili, specialmente in individui precedentemente sedentari”, se si vuol fare sul serio saranno “necessarie durate di esercizio fisico più lunghe (60-90 min/giorno), specialmente negli individui che trascorrono grandi quantità di tempo in maniera poco attiva o sedentaria”: attività che andranno dal camminare a passo sostenuto (o anche, udite udite, dal ballo lento), poi dalla corsa o dal canottaggio o dagli esercizi “ellittici” (ma anche la “danza veloce”), fino a sport che richiedono una preliminare conoscenza tecnica come lo sci, il pattinaggio o il nuoto.

L’ideale sarà riuscire a impegnare “1.000 kcal/settimana di attività fisica di intensità moderata (o circa 150 minuti/settimana)”, che si potrebbe ottenere ad esempio con jogging di 30 minuti per 3 giorni a settimana (in un soggetto maschio di 70 kg), portandolo a consumare circa 772 kcalorie settimanali.

Non diciamo altro, per non rubare al neodottor Sardella l’agio di completare i suoi test sperimentali, tra un turno e l’altro di motovedetta (v’immaginate un contrabbandiere che sbarca e si vede inseguito da Sardella: fate il calcolo delle kilocalorie di sudori freddi che produrrebbe), e lasciamolo col motto di Ippocrate che mette alla fine del suo lavoro: ““Prima di cercare la guarigione di qualcuno, chiedigli se è disposto a rinunciare alle cose che lo hanno fatto ammalare.”

5 dicembre – Dopo le notizie essenziali date a poche ore dalla conclusione della corsa

http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/8066-valencia-esp-la-maratona-di-valencia-dice-kenya-ma-grande-epis.html

ci sta un commento dal di dentro, da chi ha aspettato la quarta ondata delle partenze (scaglionate tra le 8,15 e le 9,00, a gestire meglio i circa 14200 partenti, per 12800 arrivati), incrociando poi, dopo una decina di km sul rettilineo opposto, due scaglioni quasi interamente africani a distanza di un centinaio di metri l’uno dall’altro, che ormai avevano superato la mezza maratona e sfrecciavano leggeri nel vento verso il traguardo. Abbondavano anche i pacemakers, vistosi pure nell’accompagnamento della prima donna (che, lo confesso, a me non è sembrata una donna: sarà che ero controsole): è comunque una delle storture delle gare miste, consentire che una donna sia tirata da uomini, cosa che per fortuna non accade nelle competizioni olimpiche e mondiali, smontando talora altarini di dive fabbricate dai pacer e meno capaci quando tocca di rompere l’aria da sole…

Ma il discorso si allargherebbe all’uso dei pacemaker in generale, in contraddizione con lo spirito dell’atletica come disciplina individuale: e allora, qualcuno che mi legge potrebbe rinfacciarmi che i pacemaker sono utilissimi anche ai podisti meno che amatoriali, la stragrande maggioranza dei frequentatori delle maratone: qualche mezz’ora dopo dello stuolo africano, ho visto uno gruppone di corridori attaccati al cartello delle 3:15; e ancora più tardi, confesso che per un paio di km mi sono unito al gruppo delle 4:30, ottimo per schermare il vento contrario (dichiarato di 15 km/h dalle fonti ufficiali).

Ero stato una prima volta a Valencia nel 1994, quando la maratona era pressoché sconosciuta in Italia, e anche le compagnie aeree (in primis la nostra cosiddetta di bandiera, o meglio di greppia) snobbavano la città come meta (ricordo che presi un aereo della Gandalf che partiva da Linate!): ora invece, da quando Ryanair ha capito la redditività delle tratte, i voli diretti per VLC sono quotidiani e affollatissimi anche da aeroportini come quello della regione sedicente meglio amministrata d’Italia (dove il nuovissimo trenino-navetta, pardon, people mover, è spesso bloccato).

Già allora quella maratona partiva e arrivava dall’ex letto del Rio Turia, che si cominciava a bonificare (ricordo la pista di atletica colorata in blu); ma verso il mare, oltre il palazzo della Musica, non era ancora finito quello spettacolo di grande architettura realizzato a seguire, dal grandioso Oceanografico al palazzo delle Arti, dal Museo delle Scienze (usato come centro maratona) al cinema Emisferico. Uno dei rari esempi di architettura recentissima (in cui per fortuna prezzemolo Calatrava c’entra poco) che entusiasma non meno dei capolavori classici.

La consegna dei pettorali (e di un pacco gara che per peso si avvicina a quelli italiani) è avvenuta con un ordine e una celerità da non credere, malgrado le disposizioni anti-covid fossero fatte rispettare in maniera maniacale (non so quante volte mi hanno chiesto il greenpass, controllato con attenzione prima di rilasciarmi un braccialetto che da allora è stato obbligatorio tenere allacciato fino all’ingresso nei box la domenica mattina).

Veniamo dunque a domenica, quando si esce dagli alberghi che fa ancora buio (la Spagna si ostina a mantenere il fuso orario dell’Europa centrale, in pratica come se in Italia avessimo ancora l’ora legale): alle 9 la temperatura sale a 12 gradi, ed è uno spettacolo sui generis la quantità di mucchi di indumenti lasciati a terra o sulle staccionate da noi che partiamo.

Lo sparo del via è abbastanza ‘platonico’, nel senso che è letteralmente impossibile muoversi fino alla linea di partenza, dopo di che ci lanciamo, per modo di dire (il mio primo km sarà sui 6’30”): confidiamo nel chip, ma all’arrivo avremo la sorpresa di trovare la classifica fondata sul tempo lordo (sebbene i nostri attestati e diplomi individuali registreranno il tempo netto, l’unico che avrebbe un senso a questi livelli). È forse l’unico addebito che mi sento di muovere a questa organizzazione, per il resto giustamente apprezzata dagli italiani (sono 975 quelli ufficialmente censiti dalla classifica, probabilmente la nazionalità più numerosa dopo la spagnola).

Tracciato più veloce d’Europa, forse alla pari e forse meglio dei più piatti olandesi e tedeschi: non a caso, i larghissimi vialoni su cui si svolgono almeno 35 km sono tappezzati da cartelli che rammentano i record mondiali dei 10 e 21,1 km ottenuti qui. Magari, la ricerca di strade corribilissime va a scapito del paesaggio urbano, nel senso che entriamo nel centro storico solo verso il km 28, ci godiamo la stupenda vista del campanile “Miguelete” al 29, per poi riattraversare il Turia, verso la periferia, al 32. Nuovo rientro al 35, con passaggio dalla Plaza de Toros al 39, e poi di nuovo i vialoni fino al traguardo.

Ristori puntuali ogni 5 km, lunghissimi e con fin troppi addetti, sempre con acqua e idrosalini, tre volte con banane e frutta secca, due volte con gel di marca italiana. Niente spugnaggi, ancora, né spogliatoi - salvo (credo) per l’élite -; veloce e sicura la consegna delle borse col cambio; toilettes più che sufficienti alla partenza, e presenti lungo il percorso (ma non tante da impedire che ci si rifugiasse sulle numerose siepi, folte a sufficienza anche per il gentil sesso). Musiche ai bordi consistenti quasi solo in percussioni, salvo altoparlanti che diffondevano canzoni registrate: un paio di suonatori di cornamusa, un complessino beat e a un certo punto un’esplosione che spero fosse di fuochi artificiali.

Clima quasi ideale (pallido sole, temperatura finale sui 15/16), a parte il vento, che se non altro ci ha spinto a tratti negli ultimi 3-4 km: il peggio era quando soffiava lateralmente, facendo cadere transenne e spingendoci di lato nella fase di volo (per quanto poco possa ‘volare’ chi va sopra i 6/km). Arrivo monumentale, in pratica su un lungo ponte di legno sospeso sul laghetto; poi ci tocca quasi un chilometrino per ricevere la medaglia e un ricco pacco, che solerti addetti si premurano di appesantire con bevande e prodotti della terra (arance, banane, farina di arachidi, perfino broccoletti). Finalmente arriviamo alla consegna della borsa ricambi, dopo di che possiamo uscire dai recinti e riabbracciare i cari, fino a quel momento tenuti separatissimi.

Non c’è bisogno che lo dica io: maratona promossa.

Trieste, estrema propaggine d’Italia, eppure è divenuta così “centrale” per le ultime settimane di vicende Covid, con un significativo aumento dei contagi precipitosamente addebitato alle marce di protesta (mentre è più verosimile che nascesse dalla contiguità con la Slovenia, dove la situazione virale e vaccinale è decisamente peggiore. Quali che ne siano le cause, bisogna fare i conti con le conseguenze e coi provvedimenti, mutevoli e a volte contraddittorii, presi dalle pubbliche autorità.
Ecco dunque gli organizzatori della “Corsa della Bora”, prevista nelle sue varie distanze (da 21 a 80 km) il 9 gennaio 2022, impegnati nella dura lotta per realizzare un evento ‘legittimo‘ e regolare, a un anno di distanza dall’edizione che ha visto 1100 concorrenti correre in piena pandemia, con misure di sicurezza elevatissime: ecco quanto fanno sapere fin d’ora.

 Oggi, a differenza dell’anno scorso, ci troviamo nel mezzo di una situazione di grande conflittualità, di divisioni e rabbia.

Trieste, città della cultura e della scienza, città che con la Corsa della Bora, nel 2021, ha per prima fatto vedere come si può correre in sicurezza, da alcuni vuole essere propagandata come capitale mondiale della protesta e della divisione.  

Trieste è un crocevia di culture, di idee e con chiese di tutte le religioni, una accanto all’altra. Una città di cultura, scienza e rispetto delle idee.  

Questa è la Trieste che conosciamo, la Trieste della Bora, di Umberto Saba, Italo Svevo e Margherita Hack.

La situazione normativa per gestire un evento come la Corsa della Bora è piuttosto articolata [incasinata, se potessimo usare un termine poco diplomatico, NdR].

Stando ai protocolli AICS per gli atleti non sarebbe richiesto il Green Pass, per quelli FIDAL lo sarebbe.  

Per le non competitive non sarebbe richiesto, per gli sconfinamenti nelle gare transfrontaliere la situazione si complica ancora.  

A questo aggiungiamo i ristori al chiuso, la gestione delle docce e degli spogliatoi e il pernotto in gara in spazi condivisi per la gara su lunga distanza.  

 

Questa situazione variegata ci consentirebbe, di fatto, di creare gare per ogni gusto. Di fare correre e partecipare tutti, con un ventaglio di opzioni che vanno dal Green Pass Rafforzato alla semplice autocertificazione e controllo della temperatura.  

La domanda da porsi, nelle ore in cui il Governo pensa a un lockdown di 15 giorni da dopo l’evento, non è tanto cosa sia meglio fare a livello organizzativo e di marketing.  

La domanda da farsi non è quali opportunità potremmo cogliere in questo momento.

La sola domanda è cosa sia più sicuro ed eticamente corretto nei confronti dei concorrenti. 

Una non competitiva ad oggi, anche con il DL Super Green Pass, consente la partecipazione senza Green Pass e senza tampone negativo. Ma i ristori, i servizi e gli spazi che questi atleti occuperanno, saranno i medesimi degli atleti che hanno fornito maggiori garanzie di sicurezza. Questo non sarebbe eticamente corretto e non garantirebbe le medesime condizioni di sicurezza per tutti gli atleti.

 In quest’ottica il comitato di gara ha deciso quanto segue: 

Per partecipare alla manifestazione sarà richiesto a tutti, anche ai non competitivi, di avere: doppia vaccinazione, o tampone negativo entro 48 ore dalla gara (effettuato e certificato da un medico), oppure avvenuta guarigione da COVID negli ultimi 6 mesi.  

Chi vorrà ritirare il pettorale in qualsiasi punto o con qualsiasi metodologia prima delle 48 ore dallo start della gara, dovrà caricare sul sito un green pass che attesti la doppia dose o la guarigione, in corso di validità al giorno della gara.  

Tutti gli atleti dovranno compilare la liberatoria che attesti l’assenza di sintomi o contatti con infetti nelle ore e nei giorni antecedenti alla gara.  

Per gli atleti, l’accesso ai ristori in gara, al ristoro post gara sulla finish line, accesso alle navette e trasporti, spogliatoi o docce, valgono gli stessi requisiti di partecipazione alla gara. 

Per la ristorazione al tavolo post gara, o per l’accesso all’evento da parte dei visitatori, sarà necessaria la doppia vaccinazione o l’avvenuta guarigione. Green pass rafforzato.

 La liberatoria aggiornata ed il modulo caricamento GreenPass (per chi volesse ritirare prima il pettorale) saranno disponibili sul sito, dal profilo runner, a partire dall'8 dicembre.

 

 

 

20 novembre – “Congratulazioni per esserti iscritto alla maratona di Nashville del 25 aprile 2020”… Immaginate come è andata (il 14 marzo scattò il travel ban, divieto d’ingresso per gli stranieri, abrogato solo l’8 novembre scorso). Primo “deferral” al 24 aprile 2021; idem con patate. Finalmente, la data buona diventa il 20 novembre 2021, ma gli organizzatori (ai quali erano bastati poco più di 60 euro per iscriversi, senza nessuna cresta “alla bolognese” per confermare la partecipazione) avevano offerto ben 15 altre possibilità, ricavate in massima parte dal circuito “Rock’n’Roll” che annovera, per esempio, le maratone di Washington, San Diego, San Antonio, o le mezze di New Orleans, Virginia Beach ecc.

Torno a Nashville dopo tre anni; c’è una ragione di più per portarmi qui, un diabolico frugoletto dal doppio passaporto e dai riccioli rossi, patito dei cars e dei trucks, che comincia a chiamarmi nonno e in braccio al nonno smette immediatamente di strillare.

Ma c’è anche il fascino di questa terra favolosa, tutta un’altra America rispetto a quella dell’inflazionata East Coast, e che si rinnova, pur conservando immutate le sue caratteristiche di città honky tonk, dove in ogni ristorante e bar del centro un complessino suona a getto continuo, e tu puoi entrare senza pagare e metterti ad ascoltare per quanto vuoi (e se suonano The house of rising Sun, scusate ma a me viene un groppo alla gola); o se credi, puoi aggiungerci un bicchierino di Jack Daniels (prodotto nei dintorni), o ancora fidarti dei cuochi tuffando il naso e la forchetta nei piatti misti di carne, patate, funghi, magari anche pesce gatto o alligatore, su cui versare il succo di acero allo stesso modo di Rain Man.

Rispetto a tre anni fa, altri grattacieli si sono aggiunti alla skyline già resa celebre dalla torre, detta “Batman” per le sue orecchie che svettano; e altri musei, di cui non c’è l’uguale altrove: il rinnovato Museo di Stato che esibisce le Colt e le Remington dell’epopea del West (raccontata in modo politicamente correttissimo), la divisa del sergente York (uno di queste parti) che da solo catturò 200 tedeschi nel 1918, o i cimeli di Wilma Rudolph che correva per l’università del Tennessee. E il nuovissimo museo della musica afro-americana, aperto nel 2020, dove ti attacchi alle cuffie e puoi ascoltare e/o vedere Chuck Berry di Johnny B. Good, Mahalia Jackson di We shall overcome, Aretha Franklin in I say a little prayer, e di ognuno conoscere gli influencers, i peers e i followers, dunque da Duke Ellington e Miles Davis ai Rolling Stones e Janice Joplin. Io non so se in Italia ci sia un museo del genere; e se anche ci fosse, ai loro Elvis, e Wilson Pickett o Little Richard noi potremmo contrapporre Little Tony e Orietta Galimberti, magari anche Robby Crispiano ("Uomini uomini...") e Piero Inzaina ("Ti vedo dopo messa - mantieni la promessa") per concederci il lusso.

Veniamo alla maratona, che ha subito una flessione negli arrivati, ma non negli iscritti: voglio dire che se questa volta siamo stati classificati in circa 1600 (ma in 6667 della mezza maratona), contro i circa 2000 del percorso “full” nel 2018, gli iscritti erano praticamente il doppio. Un cartello ironico visto lungo il percorso era “Ti ricordi di esserti iscritto nel 2019?”; e per entrare nel concreto, delle 133 iscritte della categoria femminile 18-24 anni, ne sono arrivate 71 (e sfido qualunque maratona italiana o europea a classificare 71 donne under 25); della categoria W 25-29, su 243 iscritte sono arrivate in fondo 112. Vi rendete conto, 183 ragazzine sotto i 30 anni che finiscono una maratona (e con tmax di 6 ore, mica le 8/10 ore delle 42 per sfi...duciati nostrani)?

Significativo che il vincitore di oggi, Will Cadwell da Cincinnati (2.26:45, in un tracciato con 350 metri di dislivello) abbia 20 anni e non ricordasse più di essersi iscritto due anni orsono, tant’è vero che due settimane fa aveva corso la mezza di Indianapolis; qualcuno gli ha ricordato in extremis l’“impegno”, ed eccolo qua. Tra le donne ha prevalso una 36enne nashvilliana di origine messicana, Gisela Olade (2.46:11). Tutti nashvilliani i podi della mezza: primi il 27enne Nick French con 1.10:18 e Meg Murphy con 1.23:38.

Le due gare sono partite insieme, alle 7,20 di mattina, precedute alle 6,30 dalla 5 km per tutti (con medaglia e classifica comunque, non le tapasciate italiche che servono agli organizzatori di maratona per millantare 5000 partecipanti di cui 500 alla 42km), nella classica location di Broadway, tra l’arena del palaghiaccio dove si esibiscono i Predators e l’altro grandioso museo della musica (dove puoi anche incidere un disco e portartelo fuori già stampato ed etichettato col tuo nome e fotografia).

Invece il centro maratona era stato spostato nella classica sede d’arrivo, il monumentale stadio del football teatro delle gesta dei Titans, dotato di parcheggi immensi e gratuiti, a 400 metri da Downtown. Obbligo della mascherina (fornita, con logo, anche dall'organizzazione) nei luoghi chiusi, così così; in compenso, per accedere all’omaggio della birra analcoolica del dopogara occorreva sottoporsi a una specie di controllo, dopo di che ti mettevano un braccialetto al polso. Solo con questo potevi consumare, all’indomani, la birra, rigorosamente nel piazzale degli arrivi, ma non portarti fuori la lattina, ancorché analcoolica. Estremi rigurgiti di proibizionismo, forse, di cui nemmeno i buttafuori capivano la ragione (ho platealmente infilato nel trash la birra bevuta, ma ho portato fuori dentro la sacca l’altra lattina ricevuta allo stand, pensando alle risorse italiche e ad Al Capone).

Disponibilità di toilette mobili, parecchie ma non abbastanza; ma avevamo libero accesso ai bagni dell'Hotel Hilton, il più lussuoso della città, a 200 metri dal ritrovo, oltre che nella solita chiesa presbiteriana di fianco al via, dove offrivano anche il caffè caldo. Partenza con 0 gradi Celsius (le mascherine, o meglio le bandane scaldacollo, servivano soprattutto a ripararsi dal freddo, sebbene qualche ardimentoso -a si presentasse al via a torso nudo o con push-up wonderbra); al passaggio della mezza erano 7°, all’arrivo 14°.

Clima o no, da accapponare comunque la pelle il consueto inno a stelle e strisce, cantato dal vivo, nel religioso silenzio degli 8000 e più (lo documenta il video girato dall’ingegnere modenese Davide Saguatti, qui da cinque anni per insegnare ai costruttori come si piastrellano le case a regola d’arte, e oggi al suo record sulla mezza in 1.54:45); partenza tutti insieme, ma entrando in staccionate da dove si usciva 5-6 alla volta per lanciarsi direttamente sul rilevatore del chip (è ovvio che l’unico tempo a valere è quello real, che in Italia sarà introdotto per le classifiche quando io vincerò la maratona di Catanzaro).

Tracciato ovviamente chiusissimo al traffico, grosso modo a forma di 8 a sud e a nord del Cumberland River, su e giù per le relative colline, con l’incessante presenza di complessi rock (quasi uno ogni miglio) che dal vivo ti danno la carica coi loro Tutti frutti o Rock around the clock e similari. Ristori frequenti, con acqua (clorata!) sempre, Gatorade bello carico quasi sempre, gel energetico in 3 occasioni, e verso il 15° km un bicchierino contenente una misteriosa pallina gialla: uovo sodo? prendiamolo! E' una deliziosa patatina lessata al forno! Si aggiungono i banchetti privati, che in un paio d’occasioni offrono cicchetti superalcoolici (“questo ti farà andare più forte, forse”; “questo è il booster per te, chissà”).

Giro rinnovato, per quanto ricordi, attorno ai km 14-18, con passaggio dal parco del Bicentenario (dal 1796, anno in cui il Tennessee divenne uno Stato dell’Unione; da non confondere col parco del Centenario dove è ambientato il mitico film di Altman con Keith Carradine, dal sensualissimo "I am easy"); suggestivo anche il costeggiamento del grande ospedale St. Jude, che riceve parte dei proventi della maratona: specializzato in tumori infantili, esibisce con orgoglio le foto dei bambini, all'atto del ricovero e oggi, divenuti bei ragazzoni (magari con qualche libbra di troppo) e riconsegnati alla vita. "Noi non smetteremo finché un solo bimbo si ammalerà di cancro".

Dopo la divisione dai mezzi maratoneti, per noi rimane il fascinoso passaggio per il campo di baseball First Horizon Park, dove ti puoi vedere in azione dal maxischermo; poi (secondo cambio importante) il giro per lo stradone verso nord è opportunamente ridotto rispetto alle precedenti edizioni, in favore di un più celere ingresso nel grande Shelby Golf Park di nord-est, lungo il fiume, dentro a cui faremo due giri di circa 6 km ciascuno. Stupefacente, e improponibile in Italia, il fatto che questo doppio giro sia ‘protetto’ da un solo rilevamento chip, senza nessun addetto che controlli chi volta o chi tira dritto al bivio, e addirittura un avant-indree di circa 400 metri sia totalmente impresenziato; ma nessuno si sogna di ‘rubare’ nemmeno un metro, è una questione morale, direi quasi religiosa: come diceva Guareschi, Stalin non ti vede, ma Dio sì. A me viene un accidente quando, dopo il cartello del miglio 18, appare quello del miglio 21 (oddio, sta a vedere che ho tagliato); poi viene il miglio 19 e così realizzo che sono i cartelli dei due giri consecutivi, e non ho "peccato".

Si esce dal parco passando dal cartellone del 24° miglio, e poco dopo il Batman appare all’orizzonte, rassicurandoti che l’arrivo è vicino; rimane un paio di salite poi, per la gioia di noi morituri, l’arrivo è in leggera discesa così possiamo sorridere di fronte a fotografi e parenti.

Dopo la medaglia (originale ma non bellissima, a essere onesti), in un centinaio di metri si arriva al ristoro e alla citata birra; altri duecento alla riconsegna delle sacche dai camion cui le avevamo date (previa ricevuta portata con sé in altro braccialetto), e poi subito fuori a riprendere la Kia Soul (modello sconosciuto in Europa) noleggiata per scorrazzare nel Tennessee: tanto, le autostrade a 4/5 corsie sono gratis, quando c’è l’ingorgo si va a 40/50 miglia l’ora, e la benzina costa mezzo euro al litro. Ti arriva un messaggino: hai vinto la tua categoria (poca gloria: 6 partiti, 2 arrivati).
Greta Thunberg può anche blableggiare in Cina e India, dove ce ne sarebbe bisogno, ma alla faccia sua noi torneremo ancora a Nashville.


31 ottobre – Al traguardo in piazza Maggiore, lo speaker ha subito notato la maglietta da finisher che indossavo: Bologna Marathon 1992, e ha voluto saperne di più. Ebbene sì, l’avevo corsa (29 marzo, era campionato italiano amatori, 2090 classificati), bissando la partecipazione dell’anno prima, 12 maggio 1991, che era già la quinta (dal 1987), l’ultima ad avere Piazza Maggiore come traguardo, dove ci presentammo in 864 (su 1100 partiti). Seguirono anni piuttosto stentati: “Gnarro” ne saltò tre, nell’aprile 1996 ci provò il gruppo di Amici, “l'uomo del Giro dell'Emilia”, coadiuvato da Claudio Bernagozzi, col nome ”MaratonaBologna”, incappando proprio nel giorno delle elezioni anticipate, che fecero vincere il podista bolognese Prodi, ma solo nelle urne, perché l’evento sportivo fu un fallimento. Altra sospensione, surrogata dalla maratona di Calderara (tutt’un’altra roba, per carità), finché Giagnorio ci provò con tre edizioni dal 2002 al 2004, decisamente tristi, dove il centro di Bologna era solo una toccata e fuga. Poi silenzio fino al 2018-19, quando si ricominciò a parlare di una maratona a Bologna con data ipotizzata e approvata per il 1° novembre; ma sarà solo con l’avvento dei gestori attuali che il progetto prenderà decisamente piede fino alla fissazione della data al 1° marzo 2020, e azzeramento mediatico di tutto quanto esistito finora.

Poi arrivò il Covid, o meglio, i primissimi focolai alle porte di Piacenza: e se il 23 febbraio si era corsa la maratona verdiana in provincia di Parma, a pochi giorni dall’evento bolognese arrivò il divieto dei politici (proni ai voleri dell’allora assessore regionale alla Salute, che adesso si dichiara pentito, ma allora mandava in onda quotidiane intemerate Fb contro chi fa “le corsette”), e buonanotte (tralascio il fatto che alcuni degli iscritti a Bologna quello stesso 1° marzo andarono a correre una ecomaratona ai confini della regione, in provincia di Prato: evidentemente il virus si fermava davanti ai cippi confinali del Granducato di Toscana).

1. A Bologna, cominciò l’odissea capitata a tanti altri eventi: rinviata all’autunno, anzi no, alla prossima primavera, neppure, e finalmente al 31 ottobre 2021. Stavolta, pubblici amministratori compatti nel tutelare il diritto dei bolognesi alla loro 42; gli organizzatori si fecero detestare pretendendo un supplemento di 10 euro alla tassa già versata per il 2020, ma l’alternativa era di perdere tutto e allora in tanti abbiamo accettato (in 800, pare, si sono iscritti alla 6 km non competitiva, che già partiva da un prezzo poco promozionale di 6 euro, e nell’imminenza di questo evento era passata a 15 anche per i già iscritti: non sarà un caso che il coordinamento podistico bolognese in questa stessa giornata offrisse una non competitiva in provincia).

Devo aggiungere che la tassa di iscrizione originaria per la maratona era abbastanza contenuta, sotto i 40 euro (nella vicina Crevalcore, dove i problemi logistici sono enormemente inferiori, per gennaio prossimo ne chiedono già adesso di più, e tra due settimane ne vorranno 55): il supplemento è parso anche a me una cresta che gli altri organizzatori non hanno applicato, sebbene possa capire che ci fosse una struttura di addetti da mantenere (una maratona in una grande città esige apporti professionali), e anche la nostra medaglia, un’originale ruota dentata in probabile omaggio a uno sponsor, e con data “1-3-2020”, è stata dotata  di un – diciamo così – salvaschermo in plastica che ricorda i “lunghi e faticosi mesi” (esattamente venti!) passati nell’attesa.

Insomma, ce l’abbiamo fatta: loro a farci correre, noi ad affollare le strade di Bologna come -ripeto- non ricordavo dal 1991/92. Oltre tutto, con un percorso per “tutta Bologna”, tutti i quartieri, coi primi 3 e gli ultimi 6 km nel centro storico, e gli altri alla scoperta delle periferie verso Casalecchio e verso San Lazzaro, in parte ammodernate e, insomma, vivibili (certo che per noi podisti, subito buttati in cima alla Montagnola, e poi in tutti quei sottopassi e cavalcavia -utilissimi per la vita dei giorni feriali-, per un totale ufficiale di 274 metri di dislivello, non era proprio il massimo).

I 1582 classificati (con un po’ di riguardo per qualche decina oltre il tempo massimo, anche per intercessione del maratoneta oggi appiedato Mario Liccardi), più 7 stranamente messi a parte come non competitivi in quanto stranieri (boh?), più una cinquantina di squalificati (mai vista tanta severità), sono una cifra ragguardevole per un esordio, tanto più in una domenica nella quale si era venuta ad aggiungere un’altra maratona a 280 km.

Vedremo alla prossima "eventuale" del marzo ‘22, quando ci hanno promesso che i 10 euro saranno trasformati in sconto per la nuova iscrizione. Intanto, dalle prime classifiche di gradimento disponibili presso Endu, il voto è di 3,6 su 5: insomma, il sette più di Cochi e Renato. Dai social invece sembra che il giudizio viri sul peggio.

3. Ritiro pettorali solo venerdì e sabato, in modo da fare contenti anche gli albergatori (come peraltro è prassi di tutte le grandi maratone estere e molte italiane). Pacco gara con qualche gadget, su cui spicca una maglietta ‘tecnica’ non disprezzabile anche perché non caricata di loghi; operazioni rapide e funzionali, a cominciare dal controllo temperatura, richiesta greenpass e autodichiarazione, dopo di che (come a Parigi) ricevevi un braccialetto che sarebbe servito come lasciapassare.

Molto comodo, la domenica, il ritrovo per chi fosse venuto in treno (modalità scelta da parecchi, che tra le 8 e le 9 sono sciamati dalla stazione quasi come nei giorni che c’è lezione all’università); funzionale il deposito di bagagli, insufficienti le toilettes (come purtroppo staranno constatando, il giorno dopo, i titolari di molti edifici o lavori in corso nel raggio di 300 metri). Abbastanza ben regolamentato l’accesso ai box, salvo che l’obbligo di mascherina lì e per i primi 500 metri è stato bellamente disatteso: però, diciamolo chiaro, se noi podisti abbiamo tutti il greenpass (si spera, da vaccinazione) e ci hanno provato la febbre, non abbiamo virus da propagare e comunque se ci sono virus in giro siamo quasi immuni. E malgrado qualche squalificato e finto-morituro faccia il tifo perché qualcuno di noi si ammali e magari schiatti (come ha più volte augurato al sottoscritto, che infatti con questa di Bologna ha finito nell’era-Covid 12 maratone o ultra e 10 maratonine, più varie distanze minori), sono convinto che non abbiamo messo a repentaglio la salute né nostra né altrui. Specie a confronto di quello che abbiamo visto nelle vie del centro durante i nostri ultimi km, dove la movida constava di migliaia di giovanotti a passeggio o attovagliati all’aperto in stretto contatto, e ben restii a scansarsi quando passava un corridore: e a quelli nessuno ha chiesto il greenpass.

4. Eccoci dunque, in prossimità delle 9,30, all’incrocio della cosiddetta T, per la partenza da via Indipendenza: non larghissima di per sé, poi ristretta per lavori edilizi, e siccome si partiva tutti insieme (mi pare una novità), dallo sparo ufficiale al nostro passaggio sul tappetino del via sono passati fino a 3 minuti, che la graduatoria finale (ancora retrograda sul gun-time dei parrucconi Fidal di quando le maratone avevano 50 partecipanti) non ci restituirà. Le regole Fidal erano peraltro ‘elasticizzate’ con l’accorpamento delle categorie ogni 10 anni, e non ogni 5 come sarebbe prassi, cosicché i 44enni hanno dovuto misurarsi coi 35enni e così via. Sembra invece che dipenda dalla Fidal (e alla lontana, dal nostro malrasato e antisportivo ministro della Salute) la limitazione dei ristori: solo acqua in bottigliette, gel annunciati in 4 punti (ma in realtà presenti solo in uno, più due dove c’erano barrette al cioccolato), niente frutta o cibi solidi, e dal 25 in poi solo acqua (almeno quando passavamo noi figli di un cronometro minore). A Parigi due settimane fa, sia le banane sia i tortini abbondavano fino all’ultimo km, e anche nel ristoro del traguardo: eppure il Covid c’è là tanto come qua (ma c’è anche più Stato). “Bologna Parigi in minore”, predicava Guccini, “mi spingi a un singhiozzo e ad un rutto”. (Qui pare che alla fine della sua 6 km abbia cantato Gianni Morandi: mi era venuto in mente ai Giardini Margherita, nel piazzale dove lo vidi medagliato sul podio mentre io ancora arrancavo per la Run Tune Up: salvo poi apprendere dalla classifica, qualche giorno dopo, che era stato squalificato).

Se il percorso era ottimamente segnato, sia con frecce e bandelle, sia dai numerosissimi addetti, molto discutibile, anzi decisamente sballata, la collocazione dei segnali chilometrici. È vero che tenendo gli occhi fissi all’asfalto, si intravedevano minuscole scritte in rosso con indicazioni precise; invece i grossi tabelloni sembravano messi giù a casaccio, cominciando dal km 1 della Montagnola che era 1,100, poi con un crescendo progressivo poi recuperato al km 11 che era preciso; poi si andava in calando (cioè il 27 era il 26,5 dei Gps), fino al km 28 che era 28,5 (tant’è vero che il controllo chip vicino è marcato km 29). In sostanza, c’è stato un chilometro che in effetti ne misurava due; poi, con l’ingresso in città, i km hanno cominciato a misurare 950 metri (al km 31 abbiamo rilevato con un pacemaker che il segno sull’asfalto veniva 300 metri prima del tabellone), e insomma al traguardo la differenza coi nostri gps era nei limiti della normale tolleranza (ma dove sono quelle ‘belle’ maratone d’antan, dove dopo 41,500 avevi già la medaglia al collo?).

Molto gradita la chiusura al traffico, sebbene in certi incroci della seconda metà ci fosse il solito frastuono dei clacson condito da qualche diverbio tra podisti e automobilisti (verso il 25 si è quasi arrivati alle mani, col coinvolgimento anche di un ciclista decisamente fuori giri). Cavalcando il malcontento, i giornali e i più antisportivi dei politici insistono sui contrattempi, riportando la frase di Roberta Li Calzi, ex calciatrice e neo assessora allo sport del Comune: "Ci sono stati disagi ai quali andrà assolutamente posto rimedio in un’eventuale prossima edizione. Sia in termini di percorso che di informazione preventiva". Peggio è stato il traffico pedonale alla fine, quando le transenne, anziché adoperate per lasciare spazio ai corridori, sono state messe di traverso per stopparli: ma ci torno dopo.

Non una grande idea quella di mandarci, a Ponticella (intorno a quel famigerato km 28) su per un rettilineo di un km tra due rotonde, indi al dietrofront dove la salita diventava più dura, e tornare alla prima rotonda: suppongo che a qualcuno sia venuta la tentazione di tagliare lì (anche per l’assenza di separazione tra le due direzioni), ma la presenza dell’unico controllo chip dopo la seconda rotatoria l’ha poi iscritto nell’albo degli squalificati.
Incontrollato invece, dicevo, il traffico pedonale e mangereccio al nostro rientro in città: passi (si fa per dire) per i dehors che in zona Santo Stefano, laddove “ad ogni bicchiere rimbalzano le filosofie – e i vecchi imbariaghi sembravano la letteratura”, riducono la carreggiata a un metro e mezzo; ma via Zamboni era totalmente occupata da branchi che scorrazzavano in su e giù, e l’unico addetto in divisa gialla stava alla larga, in piazza Verdi per instradarci su via Petroni (un po’ più libera). Crudele tentazione era farci passare, al km 39.5, a cinquanta metri dal traguardo, ma poi allontanarcene per regalarci il passaggio sotto le due torri (dove già la movida e gli attraversamenti pedonali costringevano a gimcane) e poi nella zona universitaria, sfiorando anche la casa del succitato Prodi.
Ma per concludere: o vuoi la maratona in città, e allora devi sottostare a questi inconvenienti, oppure dovrai cercarti le maratone ariose (come le chiamano qui), dove il centro lo vedi in partenza e arrivo, e per il resto vai su caradoni di campagna venendo a patto con le auto dei locali.

5. Un’ultima considerazione la farei sulla qualità tecnica della gara: i vincitori sono figure di secondo piano a livello internazionale, quelli che a Parigi li vedresti dopo mezz’ora dai primi arrivati, a secco di prosciuttini, ma che si ritagliano un proprio circuito regionale o nazionale dove la concorrenza è scarsa, impinguando così il proprio palmares e aggiungendo qualche monetina al conto in banca (quando non sono premi in natura). A loro va bene così, e a me pure, a patto di non cadere nell'1 vale 1 equiparando un successo di un atleta a San Marino con uno a Berlino: per fortuna ci sono ancora degli organizzatori in Italia, tra i risparmiosi e i coraggiosi, che non fanno niente per favorire la presenza dei mercenari d’allevamento; e noi che indossiamo le scarpette, di conseguenza, abbiamo anche piacere di dare un cinque (o un elbow bump) al corridore della porta accanto, dal nome e cognome pronunciabile, e col quale possiamo anche scambiare due chiacchiere prima o dopo della gara.
E siamo confortati dal poter condividere le nostre impressioni sotto fiatone col vecchio compagno di gare, che magari non vedevamo in maratona dal 2019: l’esemplare presidentessa della Guglia Sassuolo, Emilia Neviani, che dopo aver ritirato tutti i pettorali della squadra al sabato, in prima persona realizzerà un fantastico 4:05 (si tratta di una signora molto giovanile, ma pur sempre del ’72); Paolo Garuti da Vignola, col quale facemmo più o meno insieme la sfortunata “maratona del trenino” con arrivo qui ai Giardini Margherita (oggi km 36) e adesso fila via in 4.12; la famiglia Malavasi, che mi stringe sempre nella morsa tra Maurito (ormai avanti delle mezzore) e Paolino che ogni tanto riesco a tenere dietro, e qui arriva con Aligi Vandelli, sassolese, che a sua volta con 4.55 è secondo degli over 75; Leo Manfrini, antico bibliotecario dell'Alma Mater, trasferito nella terra dei padri ma che a Bologna per la maratona torna a fare 4.37; Ideo Fantini il reggiano, che si vendica della medaglia d’argento regionale Uisp che gli ho scippato da poco a Correggio, rifilandomi un quarto d’ora (insomma, la graduatoria ripete quella antica del primo Ventasso, salvo che oggi non ci sono salamini per noi, costretti a competere coi sessantacinquenni); Antonino Gioffrè del Torrile, che mi fa compagnia in zona stadio ma poi fila verso il suo 4.41.

Bè, mi rimane la consolazione di arrivare mezzo minuto prima di… Stefano Baldini, mio pari età del Pontelungo Bologna, e di tanti del Passo Capponi, la gloriosa società di Alessio Guidi (lo dico a voce alta), che ha portato a correre la maratona anche a persone che non ci sarebbero mai riuscite da sole. Stiano pure nell'empireo delle riviste patinate i record mirabolanti ottenuti con le molle sotto le scarpe, ma il podismo che preferisco è questo.

Cfr. anche http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/7935-1-bologna-marathon.html

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