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Maurizio Lorenzini

Maurizio Lorenzini

appassionato di atletica, istruttore Fidal e runner

Una storia come tante, perché tanti sono gli atleti africani che corrono.

Alcuni di essi raggiungono livelli altissimi, la maggior parte arriva ad ottenere buoni risultati, probabilmente non vinceranno mai un’olimpiade ma di certo hanno concrete possibilità di fare della corsa una professione. E provare a vivere di questo.

Addisalem, etiope, per adesso è una di queste atlete. Nata ad Addis Abeba nel 1995, vive ancora in famiglia, con i genitori e le tre sorelle Ethiopia, Amsalegenet e Kalkidan. Vive in Italia per periodi relativamente brevi, in relazione al calendario delle gare cui intende partecipare.

Ha un titolo universitario in economia, qualcosa tipo la nostra laurea breve e parla correntemente inglese (cosa non frequente tra gli atleti etiopi), è sempre solare e sorridente. Anche quando le cose le vanno storte: alla recente maratonina di Udine era terza quando a 400 metri dall’arrivo ha incredibilmente imboccata la strada sbagliata. Un pianto a dirotto, ma poi le è tornato il sorriso. 

Scoperta come atleta da Antonio Nannoni, un manager del settore, corre la sua prima mezza maratona a Beirut in 1:18, a seguire Tripoli, dove si migliora, chiudendo in 1:16:19. Dopo un’esperienza poco fortunata in Cina, dove è rimasta per 3 settimane, nel 2018 inizia la sua avventura italiana, tesserandosi con l’Atletica Brugnera Friulintagli.

Qui trova una persona gentile e disponibile come poche: Cesare Ballaben. “he is like a father”, ama ripetere Addisalem, non solo per l’ospitalità che le riserva, ma per l’affettuoso comportamento nei suoi confronti (n.d.r. sono diversi gli atleti ospitati a casa Ballaben).

Nel periodo di permanenza in Italia corre tre volte la mezza maratona, la migliore ad Orzinuovi, 1:13:52; recente (agosto 2018) il suo personal best di 1:12:20, a Buenos Aires.

Sono tempi con i quali è difficile vincere le gare più quotate, ma certamente valgono un podio nella maggior parte delle gare italiane. E poi, chissà, è molto giovane e le piace correre, strada facendo potrebbe trovare gli stimoli per migliorarsi.   

In Italia partecipa con buoni risultati, e qualche vittoria, ad altre gare: 5000 metri, 5 e 10 chilometri; il successo più importante lo ottiene al Giro a tappe Val di Fassa, davanti alla sua connazionale ed amica Gedamnesh Mekuanent Yayeh, che vive con lei in Italia. Un’esperienza nuova ed interessante per Addisalem, che non aveva mai corso in un giro a tappe. 

Tornata in Italia ad inizio settembre il suo programma prevede la permanenza sino a novembre, ovviamente con partecipazione a diverse gare, soprattutto mezze maratone. 

Si allena “solo” 7 volte alla settimana, un numero di sedute relativamente alto per un’atleta di livello, nonostante questo è arrivata a buone performance.  In Etiopia si allena con un coach ed un gruppo di atleti, il suo piano di allenamento prevede uscite di qualità a giorni alterni. Invece in Italia, essendo qui essenzialmente per gareggiare, alleggerisce il programma degli allenamenti, proprio perché la sua permanenza è finalizzata alle gare.

 

Già, domenica 23 settembre si è infatti corsa la 19^ edizione, impreziosita dalla bella prestazione di Sara Dossena che, in piena preparazione verso la maratona di New York, ha stampato un nuovo personal best con 1:10:10. Vale la pena evidenziare che si tratta della terza italiana ad aver vinto da queste parti (le altre due sono Laila Soufyane e Nadia Ejjafini). Al maschile invece è Ruggero Pertile (nell’occasione testimonial della gara) ad essere stato l’unico vincitore, nell’anno 2014; Ruggero che proprio qui, nel 2007, ha realizzato il primato personale con 1:02:17. Da ricordare anche un terzo posto di Giuliano Battocletti nel 2002, con l’ottimo crono di 1:00:47.

Una manifestazione che nel corso della sua storia ha visto confrontarsi i migliori atleti, che qui hanno fatto registrare delle performance di alto livello; già nel 2000, anno della prima volta, Japhet Kosgei vinse in 60:22, quindi vicino alla barriera dei 60’, a quei tempi piuttosto difficile da abbattere. Una barriera che poi, nel corso degli anni, fu superata diverse volte da atleti del calibro di Geoffrey Mutai, Zersenay Tadese, Patrick Ivuti e altri ancora. Nello stesso anno 2000  vinse una certa Margaret Okajo, che poi chiuse ancora vincitrice nel 2001 e 2003.

La gara nel tempo ha sempre mantenuto degli elevati standard prestativi, ma non solo a livello degli atleti elite, qui anche il settore master sforna prestazioni di livello assoluto. A puro titolo di esempio, nella mia categoria, SM60, il primo di questa edizione è stato Mauro Michelis, che ha corso alla media di 3’57/km, chiudendo in 1:23:32! Non si scherza neppure in campo femminile, con Fulvia Cecchini (Atletica Buja), classe 1958, che ha vinto la sua categoria in 1:37:50. Sono solo due dei risultati tecnici più significativi, ma se si scorrono le varie classifiche master se ne trovano molti altri.

Il percorso: totalmente ridisegnato da Manuel Borello e Cesare Cosattini, poi certificato da Stefano Bassan, misuratore internazionale IAAF. Si svolge totalmente nel territorio comunale di Udine, un unico giro con un bel passaggio in zona partenza/arrivo al km 3, questo è l’unico tratto leggermente più complesso (che verrà poi ripetuto dal km 19), più che altro per la pioggerella caduta ad inizio gara; per il resto ci sono molti rettilinei dove si riesce a prendere e tenere un buon ritmo, ovviamente ognuno col proprio passo.

Discreta la partecipazione della gente, tenendo conto che se la giornata era quasi ideale per correre, lo era un po’ meno per chi assisteva. Molto bene i ristori, non solo per ciò che offrivano, ma per la loro disposizione: su entrambi i lati della strada, uno fisso ed uno volante, con i tavoli distanziati tra loro per favorire afflusso e deflusso, cosa particolarmente importante nella prima parte della gara, quindi ai km 5 e 10.

Si partiva ed arrivava a pochi metri di distanza, in centro città, tutti i servizi erano ben posizionati e vicini tra loro. Pochi controlli alle griglie ma i podisti si sono mostrati mediamente rispettosi. La bella sorpresa finale è stata la presenza delle docce: si dice sempre che, giustamente, nei centri cittadini è una mission quasi impossible attrezzarsi in questo senso, quindi…bravi gli organizzatori che qui ci sono riusciti.

Calano i numeri di partecipazione, una situazione ormai tristemente fisiologica che tocca indiscriminatamente quasi tutte le gare (meno 316 classificati rispetto ai 1493 del 2017); la federazione italiana dovrebbe riflettere su questo aspetto? Certamente sì, ed invece nello stesso giorno si è organizzata la sua mezza maratona…. Comunque nel caso di Udine sono convinto si tratti di una situazione transitoria, perché il prodotto offerto è veramente buono.

Molto bene invece gli eventi collaterali, a cominciare dal sabato con la staffetta riservata alle scuole medie e superiori, così come sono state ben partecipate le due non competitive.

In conclusione, un week end davvero intenso, dove si è vista l’atletica di livello affiancare lo sport per tutti, il tutto supportato da un gruppo sportivo (ASD Maratonina) appassionato e competente, lo si vede in tutte le fasi organizzative. Penso che l’intera e bella città di Udine abbia tratto beneficio da questa manifestazione, anche quella barista che la sera precedente lamentava il blocco del traffico, con possibile riduzione delle proprie entrate; il giorno successivo prima e dopo la gara non si riusciva nemmeno ad entrare nel suo negozio.

Africa, prepotentemente Africa, al campionato del mondo di corsa in montagna. Uganda, per essere più precisi, infatti ha preso 3 ori sui 4 disponibili ed occupato 8 podi sui 12 disponibili. Naturalmente ha dominato le classifiche a squadre.

I segnali premonitori di un futuro dominio degli atleti africani, anche nella corsa in montagna, c’erano già tutti, ma forse non così in fretta.

Una gara di corsa in montagna che si è svolta su un percorso di salita, in alternanza a quella con pendenze miste, quindi con salita e discesa. Nel caso specifico le distanze erano di km 7,3 per le categorie junior, 580 metri dislivello positivo, e km 12 con dislivello 1100 metri per le categorie senior. Arrivo posizionato ai 2430 metri di altezza del Pic Dels Maians, in un’area sciistica piuttosto nota da queste parti. 

L’Italia complessivamente si è ben comportata, difendendo più egregiamente la sua tradizione nella corsa in montagna e portandosi a casa due medaglie d’argento, con la squadra senior maschile ed under 20 femminile. Andiamo a vedere nel dettaglio i risultati dei nostri atleti.

Davvero niente male la squadra juniores femminile, campione europea in carica, che ha portato a casa la medaglia d’argento grazie ad un quarto, quinto e nono posto, rispettivamente con Alessia Scaini (a 23 secondi dal podio), Angela Mattevi e Gaia Colli (23esima Linda Palumbo). Una posizione di prestigio, seconda sola alle inarrivabili ugandesi

L’altra medaglia di argento è venuta dalla gara senior maschile; anche qui ottima prova corale del team Italia con Francesco Puppi (campione mondiale 2017 di corsa in montagna su lunghe distanze) giunto settimo, seguito da Martin e Bernard Dematteis, in questo ordine, ottavo e nono. Dodicesimo il giovane e promettente Nadir Cavagna, all’esordio in questo tipo di gara.

Nella gara junior maschile i nostri atleti si sono ben difesi, in particolare col decimo posto di Isacco Costa; a seguire Giovanni Rossi, Alessandro Mello Rella e Dionigi Gianola (18esima, 22esima e 24esima posizione).

Infine, la squadra senior femminile: in una gara dominata da Lucy Murigi (secondo mondiale vittorioso, dopo Premana 2017, prima volta in gara di sola salita) la squadra italiana è finita ad un passo dal podio (quarta classificata) grazie soprattutto a Elisa Sortini (12esima), Erika Ghelfi (19esima); a seguire Emma Quaglia (23esima), che dopo tanta maratona pare dedicarsi alla corsa in montagna. Giornata negativa per Gloria Giudici (43esima). 

Passa agli archivi la 34^ edizione, con dei risultati che fanno chiaramente intravedere il futuro della corsa in montagna, un ambito scoperto dagli africani in tempi recenti. Non è solo questione di podi e medaglie attuali, ma in diverse gare si sono registrati distacchi da paura e viene da chiedersi se e cosa si potrà e dovrà fare quantomeno per avvicinarsi; mi riferisco agli italiani ma più in generale a tutti gli europei.

Di certo le medaglie a livello individuali sembrano diventare un sogno.         

 

 

 

Mercoledì, 12 Settembre 2018 14:46

Maratona di Roma 2019 : si farà?

Dal sito Fidal.it si legge il comunicato che segue. L’ho letto più volte per capire e l’unica cosa certa è che…siamo ancora in alto mare, a 6 mesi dalla data della manifestazione, o presunta data, perché di dubbi ce ne sono tanti, forse troppi.

Fermo restando il discutibile (eufemismo) intervento in merito del comune di Roma, peraltro con un bando di gara che più fuori tempo massimo non si può, viene davvero da chiedersi se i tempi tecnici consentiranno la prossima maratona di Roma. Un dettaglio, si fa per dire: sono tuttora pendenti due ricorsi al TAR, Italian Marathon Club e RCS-Sport Active Team.

Non è stato ancora individuato il soggetto idoneo ad organizzare la manifestazione, ricordo che sono 5 le società partecipanti al bando di gara: Infront, RCS Sport-Active Team, 42,195, No Salvarezza e Atleticom.

Siccome di tutti questi “tecnicismi” a chi vuole correre la maratona a Roma interessa poco, proviamo a scommettere su cosa potrà accadere: non ci corre la maratona, un anno sabbatico in fondo ci può stare, piuttosto che rischiare un’edizione poco partecipata e male organizzata. Organizza Fidal, però …. a parte qualche dubbio sulle specifiche competenze (finora nel suo CV ha solo la Half Marathon Via Pacis, nemmeno un successone), si prospetta un conflitto di interesse, dato che la società partecipante sarebbe Infront, che ha appena stretto un accordo con Fidal (che fa parte della commissione giudicante) per i prossimi 6 anni….insomma…

Vince il bando chiunque altro? Forse.

Temo che chiunque sarà il vincitore, la decisione sarà seppellita da uno o più ricorsi ed allora …. niente maratona di Roma.

Comunicato Fidal, 11 settembre 2018

Si è riunito ieri, mercoledì 11 settembre, il Comitato Promotore della Maratona di Roma; all’Ordine del giorno, l’esame della situazione rispetto all’iter di assegnazione relativo all’Avviso pubblico.

Il Comitato Promotore ha preso atto che la procedura ad evidenza pubblica per l'assegnazione dell'organizzazione delle prossime edizioni della Maratona (che aveva come termine per la presentazione delle domande il giorno 25 maggio 2018) non risulta ad oggi essere conclusa, e conseguentemente, l'iter per l'individuazione dell'aggiudicatario non si è ancora completato.

Attesa la necessità di conoscere in tempi brevi il soggetto organizzatore dell'edizione 2019, fermo restando che il Comitato ritiene non sufficiente un termine inferiore ai sei mesi per provvedere all'organizzazione materiale dell'evento per il prossimo anno, ed al fine di valutare l'eventualità di comunicare all'Amministrazione Capitolina di attivare le procedure di cui all'art. 25 dell’Avviso pubblico, dà mandato al RUP del provvedimento di inviare al Comitato entro cinque giorni a far data dalla riunione un dettagliato resoconto sui tempi di aggiudicazione della gara e quindi di individuazione del nuovo organizzatore.

La Federazione Italiana di Atletica Leggera, da parte sua, nel confermare la propria disponibilità ad operare come organo tecnico, chiarisce di essere disponibile ad agire anche in collaborazione con il futuro aggiudicatario, qualora lo stesso intendesse cooperare all'organizzazione dell'edizione 2019 della Maratona di Roma.

Il Comitato Promotore della Maratona di Roma si riserva ogni ulteriore decisione all'esito degli adempimenti di cui sopra.

 

 

Lunedì, 10 Settembre 2018 13:48

RunCard : Fidal contro Fidal?

Il recente articolo sulla questione RunCard, pubblicato in seguito ad una lettera di Mauro Marelli:

http://www.podisti.net/index.php/commenti/item/2318-runcard-parente-povera-lettera-alla-fidal.html

induce a ulteriori osservazioni.

Non vi è dubbio che la RunCard sia stata un’invenzione per fare cassa, cosa peraltro legittima se analizzata singolarmente ed isolata dal contesto, ma chi la sceglie decide di risparmiare oppure si tratta di una scelta “concettuale”? Qualcosa del tipo …non faccio agonismo però voglio gareggiare (qui ci vedo una contraddizione di base, ma andiamo oltre) e siccome sono obbligato .... vado di RunCard. I vantaggi che sostiene di dare all’atto pratico sono discutibili o comunque minimi, ma non credo proprio sia questa la motivazione. Invece, appunto, fa risparmiare chi vuole fare gare agonistiche, magari comprando la Runcard tramite gli organizzatori di gare, che abilmente la propongono nel pacchetto iscrizione, si arriva a spendere non più di 10 euro. Tesserarsi con un gruppo sportivo costa mediamente il doppio del prezzo standard (30 euro) e magari mi rompono le scatole dicendomi dove andare a correre. Non è proprio così, ma questa potrebbe essere un’altra motivazione.

A correre si fa sempre (più o meno tanta) fatica, come giustamente osserva il Marelli, ma questo accade nelle gare Fidal, in quelle EPS, nelle corse non competitive …. Il fatto è che si tratta di fare una scelta di campo: mi interessa l’agonismo? Che vengano riconosciute le mie prestazioni? Che se vinco qualcosa debba essermi dato (soldi o salami che siano)? Che se voglio, posso gareggiare in pista? Mi tessero formalmente con la federazione, che ha le sue regole, come in tutte le altre discipline sportive. Oppure faccio altro. A me pare maledettamente chiaro.

Purtroppo è la federazione stessa ad aver creato questa situazione per cui, giustamente per alcuni versi, nella sua missiva alla Fidal, Mauro Marelli fa le sue osservazioni e ha qualche ragione nel sostenere le sue motivazioni.

La RunCard la intendo come una forzatura delle regole, la creazione di un tesserificio che in qualche modo compete contro le stesse associazioni che sostengono la federazione, i gruppi sportivi; ovviamente questi ricevono un danno non indifferente, dato che la loro attività è sostenuta anche attraverso il tesseramento dei master. Se si voleva regolamentare la partecipazione dei liberi (il fu tesseramento giornaliero) di modi ce ne erano tanti, a mio avviso è stato scelto il peggiore. Non certo per Fidal, quantomeno dal punto di vista delle entrate, dato che ad oggi sono state vendute oltre 100.000 tessere in modalità RunCard.

Ora Fidal, in risposta al Marelli, scrive di “un sistema di ranking che comprende tutti i tesserati …” ; forse la lettera inviata dal Marelli è un campanello di allarme, ragionevolmente non è l’unico ad aver sollevato il problema. Si corre il rischio di piazzare meno RunCard, in prospettiva può diventare un problema, dato che nell’accordo con Infront, che nei prossimi 6 anni porterà un bel po’ di soldi nelle casse federali, il progetto RunCard ha una posizione importante. Allora facciamo un altro passo verso il “mercato” del podismo, diamo qualche ulteriore benefit a chi si vuole avvicinare alla pratica della corsa: si tratta di persone ai quali frega poco di appartenere ad un gruppo sportivo, dei campionati di società, degli aspetti sociali che un gruppo di norma rappresenta. Interessa anche poco che tali gruppi (ahimè, sempre meno) sostengano le attività del settore giovanile. Già rispetto alla prima release del progetto sono stati fatti dei passi in avanti (?!?), i RunCardisti possono andare a premio (non in denaro, ma la norma non è poi così difficile da aggirare). Pare che un giorno probabilmente vedranno le proprie prestazioni certificate e magari verranno aggiunti ulteriori benefit. Se questo è il trend, usciamo dall’ipocrisia, equipariamo a tutti gli effetti le RunCard al tesseramento tradizionale, facciamoli correre in pista, non si sa mai che possa interessare; un campione italiano con la RunCard?  Perché no. E se uno è forte e vince una gara, perché non dovrebbe essere pagato in soldoni?

Torno volentieri quasi ogni anno a correre in Engadina, una splendida valle svizzera che offre percorsi unici, come quello della Engadiner Sommerlauf; una scelta fatta da quasi 200 italiani, in occasione della 39^ edizione. Si parte da Sils e si arriva a Samedan, sono 25 chilometri, l’altimetria dice che alla fine si scende di un centinaio di metri, tuttavia le (non poche) risalite lungo il percorso dicono che c’è anche un certo dislivello positivo. Si corre su un fondo che alterna asfalto a sterrato e sentieri boschivi; e a chi , come a me, piace il genere, pare proprio un’esperienza unica, anche grazie al contesto che ti circonda; è proprio questo a rendere la fatica meno… faticosa, a condizione di lasciare il GPS a casa: del resto quando si corre in montagna il crono dovrebbe essere valutato in modo meno critico.

 

Trasporto gratuito degli atleti dall’arrivo alla partenza, nella graziosa cittadina di Sils. Servizi igienici, deposito borse, ristoro pre gara, non manca nulla di quello che deve esserci, perfino un warm up un tantino diverso dal solito, niente a che vedere con la classica corsetta di riscaldamento; qui, invece, una bella ragazza da un palco comanda le operazioni a suon di musica.
Noto, con piacere, che fa meno freddo di altre occasioni in passato, infatti la temperatura è di 12 gradi; buona l’idea della partenza alle 10.00, sia perché consente a molti di arrivare in giornata, sia perché fa meno freddo.

 

Il percorso è sempre lo stesso, ormai consolidato: primi chilometri facili, solo un paio di brevi salite al km 4 e 9, da affrontare comunque con giudizio. Dopo il passaggio a Saint Moritz, proprio a fianco della pista di atletica che vede spesso grandi atleti ad allenarsi, si fiancheggia l’omonimo laghetto e poco dopo inizia il tratto più faticoso, sono circa 1500 metri dove si sale sempre, con un paio di strappi piuttosto duri. Dal km 16 all’arrivo si corre sempre in discesa, con passaggi nel bosco che da soli meritano di esserci, poi si esce a Celerina, girando intorno alla chiesa di origine greco-romana di San Gian (parte della costruzione risale all’anno 1100).

 

Questi ultimi chilometri possono risultare complicati perché sempre esposti al sole, o più semplicemente perché le energie cominciano a mancare. Arrivo alla ProMoulins Arena di Samedan, con lo speaker che chiama per nome (quasi) tutti, uno per uno.

 

I plus di questa manifestazione sono molti, ecco perché il titolo “vale sempre la pena di correrla”: il percorso è bello e vario, assolutamente senza traffico, nemmeno biciclette e si corre in uno scenario unico. Una distanza perfetta per chi pensa ad una maratona autunnale, prima dei classici lunghi. Un’organizzazione all’altezza della situazione che cura anche alcuni importanti dettagli: inutile il ristoro dopo pochi chilometri, invece ottima la distribuzione in quelli successivi, sono ben 6 dal km 7 all’arrivo.

 

Un motivo in più per quanto mi riguarda? La presenza di mia figlia: attratta dalla mia descrizione della gara ha voluto esserci ed alla fine era felicissima della sua personale esperienza.

 

I lati meno positivi della manifestazione: sostanzialmente uno, i costi, soprattutto per noi italiani non sono certo bassi, è auspicabile che venga pensata qualche formula in prospettiva (convenzioni alberghiere, sconti per gruppi, etc) magari già dal 2019, anno in cui si correrà l’edizione numero 40.

 

Mercoledì, 15 Agosto 2018 16:04

Stefano Baldini : goodbye Fidal

Avrà deciso di passare un buon Ferragosto ed allora si è tolto il peso subito, magari la decisione era maturata da tempo, addirittura prima degli europei. Comunque sia Stefano Baldini, fino ad oggi Direttore dello sviluppo e del settore tecnico giovanile, saluta la Federazione italiana di atletica leggera. In un’intervista alla Gazzetta dello Sport spiega chiaramente che è stufo dei cattivi risultati ottenuti, che secondo lui sono figli di errori di gestione e di improvvisazione; ritiene di essersi dedicato al massimo del suo impegno e della sua professionalità, probabilmente è stufo di vedere associato il suo nome ai continui insuccessi della nazionale. Pare che subito dopo la conclusione degli europei, avesse già comunicato la sua decisione al presidente Giomi, il quale ha pensato bene di rimandare tutto a settembre (?!?), allora ecco che Baldini ha ritenuto fosse davvero troppo ed ha formalizzato le dimissioni. Farà come molti, che danno le dimissioni per negoziare qualcosa di più e di meglio? Non credo, e comunque è lui stesso a sgombrare il campo dagli equivoci. Non se ne fa niente.

Giova ricordare che, al momento di sostituire Massimo Magnani (precedente DTO) a Stefano Baldini era stata proposta la posizione di direttore tecnico organizzativo; lui presentò il suo progetto, bocciato perché ritenuto troppo oneroso, almeno così si disse in Fidal. Forse era anche una questione di autonomia, o di indipendenza da certe influenze e invadenze? Sta di fatto che venne in qualche modo sdoppiata la figura del DTO: da una parte Elio Locatelli, che si occupava dell’alto livello e dall’altra parte Baldini, ad occuparsi dello sviluppo e del settore giovanile, un settore che in effetti nei tempi recenti ci ha dato qualche soddisfazione.

Ebbene, la cosa non ha funzionato; la (brutta) impressione dall’esterno è che manchi un vero progetto, che si confidi in qualche medaglia per fare meglio dei precedenti campionati (difficile fare peggio) per poter dire “siamo sulla strada giusta”, cosa che peraltro il presidente Giomi ci racconta comunque da anni. A prescindere.

Ora si rimanda tutto a settembre, le fatiche berlinesi dei vertici federali meritano un periodo di riposo, poi si vedrà di fare. Già, ma cosa?  Mentre le nazioni che, guarda caso, hanno fatto benissimo a Berlino (Polonia e Gran Bretagna sono in testa al medagliere) negli anni hanno centralizzato il sistema di gestione, in Italia si è puntato al decentramento (“ognuno ha il suo atletino che si coltiva gelosamente nell’orto di casa propria” ha detto Stefano Tilli), che non ha funzionato. Abbiamo un bel settore giovanile che fa già bene e potrebbe fare anche meglio, in prospettiva, ma è precisa responsabilità della federazione fare in modo che ciò avvenga, creando le migliori condizioni possibili.

In bocca al lupo Stefano, qualunque cosa andrai a fare. Buon lavoro ad Elio Locatelli (si sarà pentito di essere tornato?), ha avuto il buon gusto di assumersi la responsabilità di scelte sbagliate, ora dovrà rimboccarsi le maniche e lavorare duramente e bene. Infine, buona fortuna a chi arriverà, se arriverà.

Agli occhi degli sportivi che non si occupano solo di atletica il confronto deve apparire impietoso: nuoto e ciclismo agli europei di Glasgow hanno regalato agli italiani un mucchio di soddisfazioni, e medaglie, per i risultati dell’atletica ci siamo rimasti male, difficile negarlo.

Sono sei le medaglie portate a casa, grazie ad un artificio (perché di questo si tratta) che per la prima volta le assegna anche nella classifica a squadre in maratona, in questo modo da 4 diventano 6 (oro nella maratona maschile e argento in quella femminile). Intendiamoci, il riconoscimento ci sta tutto e andava benissimo assegnare il titolo, come sempre stato, ma la medaglia proprio non ce la vedo. Alla fine comunque poche le medaglie, le aspettative erano ben diverse, anche se adesso i vertici federali si sforzano di dirci che non ne avevano messe in conto un numero maggiore.

Provo a fare la mia personale disamina e dico subito che qualche motivo per consolarci riesco a trovarlo, sia pure dovendoci mettere un certo impegno. Vediamo prima alcuni principali risultati negativi, perlomeno da alcune specialità dalle quali poteva essere legittimo attendersi di più.

Non bene Vallortigara, ha sbagliato “solo” la gara più importante della stagione, e non è poco; Tamberi in fondo forse non è andato male, ma non deve lamentarsi se gli altri saltano più in alto di lui. Non riesco a considerare fallimentare il 5° posto di Tortu. Male la staffetta 4x100 uomini, errore apparentemente banale nel cambio ma che è costato la squalifica. Male la staffetta 4x400 donne, ma in realtà si deve dire male Libania Grenot (nemmeno qualificata nella sua gara individuale), ricevuto il cambio tra la seconda e la terza posizione è scivolata al quinto posto. Una campionessa che molto ha dato all’Italia, ad esempio due ori europei, ma ora a 35 anni forse è giunto il momento di farsi da parte. Così e così la Trost, che continua a saltare molto più in basso di una volta. C’era forse troppo ottimismo intorno a questi atleti? Eppure lo sviluppo della stagione induceva a sperare in meglio.

Bene, o meno peggio, invece un dato forse poco apparente, ma che non deve sfuggire: una dozzina di atleti in finale, da quanto non accadeva? Ci ricordiamo i cappotti di Pechino 2015 e Londra 2017? E sono atleti quasi sempre giovani, il ricambio che aspettavamo forse sta cominciando ad arrivare. Desalu, Tortu, Crippa, Chiappinelli, Cairoli, Osakue, Ojiaku, Pedroso, Mattuzzi sono i primi che mi vengono in mente, ma non sono gli unici. Altro dato: sono 11 i personal best portati a casa, purtroppo negativamente controbilanciati da tanti atleti che hanno corso, lanciato e saltato al di sotto delle aspettative. 

Molto ci sarebbe da dire sulle altre specialità track and field, ma questo è un sito di podismo ed allora concentriamoci sulla corsa, quella che peraltro in fondo ha portato il maggior numero di medaglie (5 su 6, secondo le nuove regole, oppure 3 su 4, in base alle vecchie). L’unica, bella, voce fuori “dal coro” è quella della pugliese Antonella Palmisano, suo uno splendido bronzo nella 20 km di marcia. 

Yohanes Chiappinelli e Yeman Crippa ci regalano il bronzo, rispettivamente nei 3000 siepi e nei 10.000 metri, con prestazioni davvero entusiasmanti. Entrambi chiudono lontani dai loro personal best, ma queste erano gare molto tattiche e dove la vittoria contava più di ogni altra cosa. Poco più che ventenni rappresentano un bel pezzo di futuro nel mezzofondo prolungato.  

Maratona donne: notevole la prestazione di Sara Dossena, lei ed il suo coach mi avevano pronosticato che sarebbe entrata nelle prime sei ed avrebbe realizzato il personal best. Complimenti, obiettivi raggiunti, con nuovo pb di 2:27:53. Grande Catherine Bertone, ottavo posto, continua a correre a livelli altissimi, a Berlino ha corso la sua seconda miglior maratona di sempre (2:30:06), la prima è un 2:28:34, che rappresenta il record mondiale nella categoria W45. Fatna Maraoui, atleta solida ed affidabile, ha fatto il suo e anche qualcosa di più, chiudendo al 14° posto in 2:34:48. A Laura Gotti non è andata bene, non ho notizie su eventuali infortuni o problemi di altro genere, ma bene e da apprezzare che abbia voluto comunque concludere la gara. Una gara vinta dalla bielorussa Mazuronak (2:26:22) nonostante una copiosa perdita di sangue dal naso; anche qui c’è un po’ d’Italia, dato che appartiene alla scuderia di Gianni De Madonna. Al secondo posto bene l’esordiente francese Clemence Calvin (2:26:28), che nello scorso mese di giugno aveva corso una mezza in 1:09:52. Terzo posto per Eva Vrabcova-Nyvltova (2:26:31). 

Maratona uomini: bene Yassine Rachik, italiano dal 2015, atleta che spesso ha avuto difficili rapporti con la federazione di atletica leggera, confidiamo che questo sia un buon punto da cui ripartire; convocato grazie alle sue prestazioni, si porta a casa il bronzo ed il record personale di 2:12:09 (precedente 2:13:22). Bene anche Eyob Faniel, l’allievo di Ruggero Pertile si classifica al quinto posto col tempo di 2:12:43; conoscendo un pochino il ragazzo penso che non sia rimasto soddisfatto, invece dovrebbe essere contento della sua prestazione, è un talento, sono certo che migliorerà e di molto. A mio avviso deludente Stefano La Rosa, che comunque pensando alla classifica a squadre stringe i denti e finisce la sua gara in 2:15:57. Vince la gara il belga Koen Nart in 2:09:51 (record personale, precedente 2:10:16): alzi la mano chi lo aveva pronosticato. Delude le aspettative il super favorito Sondre Moen, addirittura ritirato al km 26. Ancora grande Tadesse Abraham, proprio nel giorno del suo trentaseiesimo compleanno diventa vice campione col tempo di 2:11:14.  

Insomma, tornando all’Italia e …tirando le fila: siamo onesti, pensavamo meglio. Invece siamo sempre qui a guardare il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno, che il presidente della Fidal, Alfio Giomi, cerca di convincere tutti, a cominciare da sé stesso, che in fondo è mezzo pieno. Va tutto bene o quasi, secondo lei, però eviti di appellarsi alla classifica a punti per scalare artificialmente qualche posizione nel ranking. Ma anche di dirci che - ha visto tanto azzurro e non importa il conto delle medaglie - oppure - l’atletica italiana si è svegliata e siamo sulla strada giusta -, fino addirittura al minaccioso - chi ha fallito qui, non avrà altre possibilità -. Sono le stesse cose che ci racconta dal suo primo mandato e, a proposito di possibilità e responsabilità, cominci proprio dalle sue personali.   

 

A due giornate dalla conclusione la notizia più importante è la concreta possibilità per la norvegese Therese Falk di realizzare il record del mondo di dieci maratone, corse in dieci giorni consecutivi, nel minor tempo possibile. Il primato attuale è dell’inglese Sally Ford, fatto a Brathay (Inghilterra): nel 2012 impiegò 36:38:53 per coprire la distanza delle dieci maratone, alla media giornaliera di 3:39:53. Therese Falk, dopo 8 gare, ha una media di 3:37:03. Si sa che le ultime giornate sono le più faticose, oltretutto è tornato a fare caldo, ma la possibilità di realizzare un record così significativo le darà ancora più forza.

In fondo a questo pezzo si trova l’intervista video alla forte atleta norvegese. Inutile dire che è nettamente in testa alla classifica generale femminile. Seguono Jannet Lange e Jane Trumper.

Intanto continua la marcia di Adam Holland, attualmente pare difficile che possa migliorare la prestazione del 2017 (e quindi il suo record del mondo), ma le performance che realizza restano di buon livello, infatti la media/ritmo è circa 4’/km. Giorgio Calcaterra mantiene il secondo posto nella classifica generale, segue Marco Rossi: Marco e Giorgio sinora hanno spesso condiviso la propria fatica.

La gara sui 56 chilometri è stata impreziosita dalla presenza di Daniela De Stefano (tempo finale di 4:56:07), attuale vicecampionessa italiana sulla 100 chilometri, che molto probabilmente diventerà campionessa italiana per la squalifica di Cristina Pitonzo. Luisa Betti, nell’ottava giornata della sua gara, con 5:22:35 realizza il suo miglior tempo.

Ecco le classifiche giornaliere dell’11 agosto

Maratona uomini

1)Adam Holland, 2:55:53 2) Giuseppe Chieppa, 3:12:40 3) Giorgio Calcaterra, 3:13:37

Maratona donne

1)Therese Falk, 3:33:19 2) Monica Magni, 4:05:17 3) Jannet Lange, 4:08:04

Ultra 56 k

1)Daniela De Stefano, 4:56:07 2) Luisa Betti, 5:22:35 3) Mirela Hilay, 5:50:02

Mezza maratona uomini

1)Diego Ciattaglia, 1:27:22 2) Gigi Cabrino, 1:28:02 3) Massimo Zucchi, 1:36:38

Mezza maratona donne

1)Sofia Cenetta, 1:36:38 2) Loredana Ferrara, 1:40:56 3) Sanda Opayets, 1:41:14

10 km uomini

1)Silvio Gambetta, 38:51 2) Maurizio Muraro, 42:56 3) Claudio Pasini, 45:32

10 km donne

1)Emanuela Zerbetto, 1:02:02 2) Elvira Bottoni, 1:03:02 3) Elisa Giudice, 1:04:49

link alle classifiche complete

http://www.clubsupermarathon.it/classifiche-gare.html

http://www.clubsupermarathon.it/personaggi-ed-interviste/4172-intervista-a-therese-falk.html

 

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La Orta 10in10 è giunta al giro di boa: 895 le presenze complessive, invece 94 sono i partecipanti, distribuiti sulle varie distanze, che hanno fatto tutte le giornate. Le temperature si sono finalmente abbassate grazie alle piogge serali; alla partenza alle 8 del mattino in genere sono intorno ai 20 gradi.

La maratona, dopo 5 gare, vede saldamente al comando Adam Holland, il tempo medio giornaliero è di 2:50:30 (complessivo 14:12:29); Giorgio Calcaterra è al secondo posto con 16:04:48, dopoprestazioni molto regolari intorno a 3 ore e 16 minuti. Terza piazza per Marco Rossi (16:38:48).

Al femminile il podio attuale è tutto straniero: comanda la norvegese Therese Falk, tempo complessivo di 18:40:10 con l’ottima media/gara di 3:44:02. Seconda l’olandese Jannet Lange, 20:51:20 e terza l’australiana Jane Trumper (24:18:46).

Nella Ultra di 56 chilometri è Luisa Betti al primo posto (anche assoluto) col tempo di 31:21:56, segue Carmine Sansone, 31:27:40.

Mezza maratona maschile con Diego Ciattaglia in testa alla classifica (7:28:48), seguito da Sean Smith (8:40:02) e Diego Graff (11:41:40).

Tra le donne Sanda Opayets (ucraina che risiede da molti anni in Italia) fa registrare un tempo complessivo di 8:37:48, che peraltro rappresenta il secondo tempo assoluto. Seconda posizione per la romana Paola Massaroni (8:48:46) e terza Eleonora Brugnati (9:22:54).

Il vigile del fuoco Mario Scimone è al comando della classifica nella 10 k, tempo totale 3:53:38; notevole la regolarità delle sue prestazioni (da 46:07 a 46:57), per una media giornaliera di 46:44. Secondo posto per Vito Colletta (5:10:47) e terzo per Franco Cabrini (6:08:59).

Tra le donne la prima è Elisa Giudice, col tempo totale di 5:24:04 è anche terza assoluta. Seguono Marina Citi (5:25:40) e Gabriella Valassina (7:23:14).

Passato il giro di boa è iniziata la “discesa” verso le 10 giornate, il meteo dice che si manterranno condizioni accettabili; invece sarà interessante vedere lo sviluppo delle prossime gare, diverse posizioni sono ancora suscettibili di cambiamenti, anche significativi. Risulterà fondamentale la gestione delle risorse nelle prime giornate di gare.


Classifica dopo 5 maratone

http://www.podisti.net/index.php/classifiche/5070-orta-10in10-dopo-5-tappe.html?date=2018-08-09-00-00

 

Qualche considerazione aggiuntiva di Stefano Severoni:

 Dato singolare è che nella distanza più lunga emerga una donna, Luisa Betti, che con il passare dei giorni migliora l’andatura in gara, nonostante difficoltà del percorso, il caldo e la fatica dei giorni precedenti. Nella maratona dominio del britannico Adam Holland. L’”esordiente” Giorgio Calcaterra mostra un’estrema regolarità e sfrutta questo tour de force come allenamento-test in vista dei Campionati Mondiali 100 km su strada del 9 settembre in Croazia. Bravo Diego Ciattaglia, ex azzurro della 24h, che è al 1° posto nella classifica sulla mezza maratona, gara che comunque implica superare i 200 km in 10 giorni su ritmi più sostenuti. Brava anche la leader femminile dei 21,097 km, Sandra Opayets. Meno “competitiva” la 10 km, ma sempre comunque partecipata. Complimenti a tutti soprattutto agli atleti non più giovanissimi come Angelo Squadrone, Francesco Capecci, Vito Piero Ancora, sempre pimpanti con la corsa. Dalle foto emerge entusiasmo per atleti, accompagnatori e staff organizzativo. Da lodare Paolo Francesco Gino, presidente del Club Super Marathon Italia, costretto a un forzato stop agonistico, ma eccellente organizzatore. Rispetto alle precedenti edizioni, aumenta il numero di partecipanti con gli atleti stranieri attratti da questa singolare esperienza estiva, sportiva sì, ma soprattutto sociale.

 

 

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