Direttore: Fabio Marri

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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Giovedì, 14 Marzo 2019 20:07

Brescia Marathon 2004-2005: come eravamo…

Stimolati dalla recente edizione della maratona di Brescia, dalle discussioni che ne sono sorte, e dal desiderio di rinverdire qualche ricordo personale un po’ sbiadito, abbiamo ritrovato due articoli pubblicati su Podisti.net in occasione della seconda (2004) e della terza edizione (2005) della 42 bresciana. E una foto che ci  raffigura prima della partenza: non tutti corrono ancora.

Dagli apostrofi invece degli accenti (come allora era quasi obbligatorio fare, causa le limitatezze dei programmi informatici) capirete che i pezzi sono proprio come vennero scritti allora. Qualche persona non c’è più (come i citati, ormai leggendari, Beppe Togni e William Govi), anche qualche maratona nominata non dà più segni di vita, ma certe problematiche sono tuttora vive: concomitanze e concorrenze non sempre leali (Brescia-Piacenza, Treviso-Brescia, Brescia-Ferrara, Milano-Firenze…), percorsi bruttini, partecipazione non proprio in aumento, ma … docce calde già allora, e possibilità di collegare sport e cultura (le mostre di Brescia, allora come oggi). Tutto il resto è storia. Per i nostalgici, buona lettura!

 

2004

Brescia – Treviso: “concorrenza sleale”?

 

Se gia’ il bresciano Peppe Togni, da un paio di settimane, era in possesso di moduli per l’iscrizione gratuita alla maratona di Brescia rilasciati (meritoriamente) a nome del Club Supermarathon, da pochi giorni l’ “azzeramento” e’ generale ed ufficiale: come scrive il sito della maratona, “Per i maratoneti la partecipazione alla 2a edizione della Brescia Marathon è gratuita. La quota di iscrizione di € 30 è offerta dal Comune di Brescia, dalla Provincia di Brescia e da varie associazioni di categoria. Le istituzioni bresciane mettono a disposizione gratuitamente i 1000 pettorali di gara. Per le iscrizioni con carta di credito tramite ActiveEurope, la quota di € 30 sarà rimborsata al ritiro del pettorale”. Il “Giornale di Brescia”, poi, tirando ovviamente l’acqua al mulino locale, ha rincarato la dose (a firma di Franco Bassini) e ha parlato di “un'iniziativa che intende tutelare l'appuntamento bresciano dall'insidia rappresentata dall'irruzione nella stessa data della maratona di Treviso, che offre il rimborso dell'iscrizione a quanti concluderanno la gara”. L’articolista aggiunge le parole di “Gabriele Rosa, deus ex machina della Brescia Marathon”, secondo cui a Treviso “solo apparentemente si tratta di una scelta che favorisce gli amatori. In realtà siamo di fronte ad un'operazione atta a destabilizzare una realtà che, nonostante la presenza degli sponsor, ha ancora e sempre bisogno delle iscrizioni. I conti sono presto fatti: attrezzare il percorso, fornire la sacca gara e approntare gli spugnaggi costa quantomeno 60 euro, ovvero il doppio dell'iscrizione. L'iniziativa degli organizzatori di Treviso, che propongono un percorso con un dislivello in discesa di 124 metri, ben oltre i 42 che rappresentano il limite massimo per l'omologazione dei tempi, si configura come una sorta di concorrenza sleale. Ci associamo quindi agli altri organizzatori che non intendono seguire la strada della gratuità e ringraziamo le istituzioni bresciane che hanno deciso di acquistare i pettorali per distribuirli ai partecipanti".

Buttiamo li’ qualche considerazione, premettendo che non facciamo il tifo ne’ per Brescia ne’ per Treviso (come si vede anche dalle prime righe qui sotto), ma ci piace vedere e far vedere le cose chiare a chi ci legge, cioe’ a chi corre e paga.

 

  1. Siamo d’accordo con la definizione di “concorrenza sleale”, sebbene bisognerebbe mettere nel conto del dare e dell’avere anche l’edizione bresciana numero 1, catapultata nello stesso giorno di Piacenza 2003, e, se non ricordiamo male, subito munita della qualifica di internazionale, non di “regionale” come dovrebbe essere per una prima edizione. Chi la fa l’aspetti?
  2. Come partecipanti di molte maratone (quasi sempre, a prezzo intero), siamo lieti che, dopo tanti aumenti nei costi d’iscrizione secondo la famigerata filosofia bottegaia delle “mille lire un euro”, dapprima Treviso abbia rispettato la direttiva federale dei 15 euro (stabilendo poi, bonta’ sua, una sorta di premio di partecipazione pari alla cifra versata), e adesso la concorrente Brescia offra – di fatto - l’iscrizione gratuita a tutti (ovvero, ai primi mille che si iscriveranno).
  3. Come contribuenti pero’ avremmo qualche dubbio, se le istituzioni pubbliche acquistassero dei pettorali, cioe’, in pratica, pagassero gli organizzatori. Non vogliamo impelagarci in questioni di liceita’ e di legalita’, ma preferiremmo che i soldi delle nostre tasse (di qualunque citta’ e provincia!) andassero in servizi alla collettivita’ e non a estemporanei visitatori della domenica mattina; padronissime invece, poniamo, le associazioni degli albergatori o dei commercianti, di pagare, sponsorizzare, regalare quello che vogliono, ma coi fondi propri.
  4. Circa la necessita’ delle quote d’iscrizione, alle parole autorevoli del dottor Rosa contrapponiamo quelle che, anni fa, sentimmo da Ivano Barbolini, organizzatore di Carpi, secondo il quale molte maratone italiane potrebbero benissimo offrire i pettorali gratis, ma non lo fanno per non perdere di credibilita’. Un paio di conti della serva fanno presto a convalidare questo discorso: il totale dei proventi dagli iscritti (che in Italia raramente arrivano al migliaio) equivale si’ e no ai premi per chi va sul podio (lasciando stare gli ingaggi, che non vengono mai dichiarati dagli organizzatori, tutte le spese ‘di rappresentanza’, ecc.). Dunque, il vero problema e’ quello degli sponsor, che sembrano dimostrare minore interesse a finanziare il podismo.
  5. A questo punto il discorso si sposta sul perche’ di tale minore interesse: verosimilmente, per l’elefantiasi del calendario, le sovrapposizioni piu’ o meno leali. E’ ovvio, per esempio, che se Milano e Firenze rimarranno nello stesso giorno, la Tv ne riprendera’ solo una, e gli sponsor si butteranno solo sulla maratona-con-Tv. Cosa accadra’, intanto, il 14 marzo (quando, oltre tutto, ci sara’ anche una terza maratona, quella di Siracusa, evidentemente votatasi al suicidio, o viceversa, ‘coperta’ dagli enti locali o altro, al punto che puo’ puntare sulla data che le pare…)?
  6. Il discorso poi sul dislivello in discesa di Treviso ci fa venire in mente le reciproche accuse di ineleggibilita’ che i due candidati-premier delle ultime elezioni politiche si lanciarono, in mancanza di argomenti migliori, alla vigilia dell’ultimo voto. A questo punto, si citino anche Salsomaggiore e Carpi (e chissa’ quante altre maratone italiane in discesa), e si continui con le maratone in linea come Venezia (dove la partenza dista piu’ di 14 km dall’arrivo), per finire con l’anatema lanciato alle due maratone piu antiche del mondo, Atene e Boston, che non rispettano queste regole… Per favore, non perdiamo il filo del discorso, e se cominciamo ad accusare gli altri di non rispettare le regole, cominciamo a rispettarle noi, ad esempio concedendo la famosa iscrizione a 15,50 euro massimi, e risparmiando semmai sulle “sacche gara” (pressoche’ sconosciute all’estero) che invece il dottor Rosa ascrive nel conto delle uscite.
  7. Il resto, in assenza di una presenza forte della Fidal, nel sonno dell’AMI (affossata, non dimentichiamolo, dal patron di una grande maratona), e nonostante le velleitarie e illusionistiche “conventions” allestite da un certo mensile a scopi essenzialmente di autopromozione, lo fara’ il mercato. E, per fortuna, sembra che in questo mercato stiano entrando finalmente da protagonisti anche i consumatori paganti, i podisti insomma.

 

2005

 

Provvida sventura e civilta’ bresciana

 

Tornando a casa, dopo aver prolungato il soggiorno bresciano per visitare le mostre e la Vittoria alata al meraviglioso museo di S. Giulia, riflettevo su un parallelismo: Treviso, Ferrara, Brescia, Padova, musei non grandi ma efficienti, grandissime iniziative culturali, e grandi o grandissime maratone. Modena, Bologna (tanto per non andare lontani): mostre da "chi te lo fa fa’?", e maratone tali da scomodare tutte le Raffai e le Sciarelli di questo mondo, ovvero da mettere a libro-paga legioni di velinari perche’ col rumore dei loro racconti coprano lo squallore della realta’. E pensavo che forse per allestire una grande maratona deve funzionare tutto il sistema-citta’/provincia, lo stesso che ti da’ la risistemazione dei centri storici, i trasporti pubblici, i parcheggi, gli alberghi e i ristoranti non da rapina (a Brescia mi ha colpito quanti ristoranti abbiano menu’ fisso ‘di lavoro’ a 10 euro: mai visto altrove! In compenso, alle 14,30 della domenica e’ impossibile trovare da mangiare), i cartelli stradali precisi ad ogni incrocio (Brescia e’ lunga e larga, ma non ti ci perdi mai; provate voi a scendere a Bologna dalla via Toscana e volersi dirigere verso i Giardini Margherita o lo stadio o Modena).

Eccomi dunque a Brescia, una volta tanto non solo come utente di arti belle ma anche come podista: quest’ultima cosa, per due ragioni. Prima, perché fino al momento di smettere la carriera attiva bisogna pur girare tutta Italia; seconda, per un giusto omaggio a Giuseppe Togni, che tutti gli anni offre, alle centinaia di amici supermaratoneti, i suoi buonissimi uffici per un’iscrizione che piu’ agevolata non si puo’. E mi pare che il Peppe Inox da Lumezzane abbia fatto centro: se agli inizi pareva che la maggior parte degli instancabili si sarebbe orientata su Vigarano/Ferrara, solo guardandosi in giro sul piazzale dello stadio Rigamonti la partita si poteva pronosticare almeno sul pareggio. Peccato, anzi, che con Brescia ci tocchi sempre di assistere a "partite" o quasi-risse; dall’attacco proditorio a Piacenza il primo anno, al pan per focaccia reso da Treviso il secondo. Ora siamo alla lotta con la piu’ stagionata Vigarano (vinta da Brescia per 709 a 643, malgrado il calo di quasi 300 ‘bresciani’ e l’incremento di 90 ‘ferraresi’); poi, lunedi’ prossimo, niente maratone…

La strada maestra (non mi stanchero’ di ripeterlo, alla faccia di tutti quelli che zompano sul calendario e si inventano una maratona internazionale al primo anno di attivita’, e soprattutto alla faccia dei loro servi sciocchi o interessati) resta quella di una crescita graduale, di una 42 che nasce dall’esperienza di infinite gare minori, da un tessuto sportivo e anche amministrativo per il quale una maratona in citta’ sia la naturale maturazione di pratiche decennali. Penso a Reggio, a Ferrara, a Castelbolognese e Faenza, ma anche a Parma e Busseto… partite con poco, e cresciute a forza del consenso dei praticanti.

E quest’anno bastava guardare il sito di Brescia (piuttosto modesto e privo di informazioni essenziali, come - per esempio - sull’esistenza delle docce, o la possibilita’ di usare i propri chip personali, o di acquistarli per 6 euro alla vigilia), o andare all’Expo (poverissima, ad onta della sua scomoda e superflua collocazione in Fiera) per rendersi conto di come questa maratona, partita nel 2003 con troppa enfasi (quello che ne scrivemmo e’ ancora li’), poi ridimensionata da Treviso, oggi si sia, volente nolente, ridotta a una dimensione di brava gara provinciale, diciamo di serie A 2 (Manzoni, a proposito della bresciana Ermengarda morta dove adesso ci sono i musei, aveva sintetizzato: "te della rea progenie degli oppressor discesa…, te colloco’ la provvida sventura in fra gli oppressi"). Anche oggi i quattro keniani di testa fanno gara a se’ (nel 2004 erano 7, vedere foto nella pagina centrale del libretto di corsa: réclame a mio parere controproducente, specie nell’anno di Baldini olimpionico), ma dietro loro, dopo Sardella e Zenucchi, c’e’ una popolazione di amatori provenienti soprattutto dalla provincia bresciana e dall’hinterland lombardo (rispecchiati, in un certo senso, dallo sgrammaticato, ma partecipe saluto del presidente provinciale Fidal, a p. 14 del libretto), di gente che dopo il km 30 comincia ad andare anche di passo, ma che si sente a casa propria in questa gara che sembra - finalmente!- concepita per loro, al punto che lo speaker, risparmiosamente unico, Paolo Mutton li aspetta fino all’ultimo e li festeggia (per lo stile di Mutton verrebbe buona la parola tedesca che indica il sostegno sportivo, Anfeuerung: davvero le parole del nostro, collocato non sul trespolo ma al livello terreno di noi che arriviamo, sono fuoco che accende le ultime energie).

Detto della modestia dell’Expo (quest’anno niente pasta party), va pero’ rilevato come a nobilitarla stessero Ornella Ferrara (che autografava utili adesivi da polso per calcolare la propria media in rapporto al tempo ideale) e la bionda Silvia (se[g]ni particolari: perfetta), laureanda in legge, che in cambio di una firmetta distribuiva uno zainetto old style; questo si andava ad aggiungere a un pacco gara fin troppo ricco di scatolame in prevalenza alimentare (quello che molte maratone danno in cambio di una insufficiente assistenza in gara), di CD non proprio recentissimi, di abbigliamento, e ad una serie di premi per amatori, consistenti in materiale tecnico di elevata qualita’, con raddoppio del premio per le donne (mi sono tornate in mente le calze distribuite in omaggio a una corsa dell’autunno, disfatte dopo una sola prova: ma guai a dirglielo).

Ottima l’idea di un’iscrizione prorogata fino all’antivigilia senza sovrapprezzi, e la distribuzione dei pettorali anche la domenica mattina (caratteristica che separa le maratone per tutti da quelle per compiacere i commercianti). Cio’ nonostante, ho optato per raggiungere Brescia il sabato, anche per la segnalazione (da parte del solito Togni) di un albergo dignitoso a prezzo equo (e disponibile perfino a lasciarci la camera per la doccia del dopo gara). Pagare un albergo per mia scelta e non per costrizione degli organizzatori da’ lo stesso introito alla citta’ che mi ospita, ma garantisce a questa citta’ che ci tornero’ (a differenza di quanto e’ successo con la maratona di una citta’ rappresentata in Expo, dove non sono piu’ tornato, per questa e altre ragioni che spiegavo alla simpatica Alessandra press-officer). Oltre tutto, il week-end bresciano coincideva con le giornate del FAI (oltre che con la scadenza - poi prorogata - della mostra su Monet), dando cosi’ l’occasione di una visita fruttuosa non solo per i piedi (nella magnifica chiesa del Carmine abbiamo ammirato, fra l’altro, la cappella della antica famiglia Rosa, ornata da una deposizione in terracotta attribuibile al maestro modenese Guido Mazzoni).

Ed e’ stata anche una possibilita’ di rivedere amici antichi, come Paolo Gilardi (inventore della locuzione, oggi abusata, di "popolo delle lunghe"), Gaetano Amadio (pensionato Fiat che adesso va molto piu’ forte di Schumi), Renzo Pancaldi, tornato alle gare (con bici al seguito, non si sa mai…) dopo uno di quei periodi bui che capitano a tutti, ma da cui e’ importante riemergere. E poi, s’intende, l’ala occidentale dei Podisti.Net, da Tex a Francesco “meno 1” Zanellati, dal Compa al Cortella a tanti altri (compresi quelli, e me ne scuso, cui non ho saputo attribuire un nome nel salutarli, e compreso Giuseppe Bonaventura che alla fine trova il guizzo per precedermi). C’era anche Govi con morosa (ho invano tentato di convincere Luca Zava a un approccio!), c’era Martina Juda, sparsa le trecce morbide sul prosperoso petto; c’era Linus che mi ha raggiunto verso il 20° e ha percorso con me e il suo gruppetto preesistente una decina di km, quasi tutti controvento (ammetto di aver prevalentemente succhiato le ruote, tranne che dopo i ristori quando Linus faceva le cose con calma e io invece tiravo diritto), fino al loro ritiro, programmato al km 30 e premurosamente scortato da un pullmino dell’organizzazione (notevole la biondina in shorts). Eccoci dunque sul percorso, e per moderare il peana diro’ che me lo aspettavo meno bruttino: anche il lungo tratto all’interno di Brescia, a parte gli ultimi 3 km, consisteva nel giro dei vialoni, oltre tutto recidivo, e con accompagnamento di auto (seppur separate da ometti, e con un ferreo controllo di tutti gli incroci). Da salvare il tratto del Sanrocchino, sotto la muraglia nord del castello, e ovviamente le piazze centrali (ma il Duomo dov’e?). Usciti di citta’, e’ stato un susseguirsi di zone industriali, con un po’ di natura solo verso Castel Mella tra il 15 e il 20, e di nuovo altre fabbriche e altre auto, che riportavano alla mente gli avvicinamenti al traguardo di Vercelli e Bolzano.

Nella prima meta’ ci hanno allietato due corpi bandistici, certo piu’ umani dell’hard rock sparato a pieni decibel, e la nostra fatica e’ stata confortata da ristori e spugnaggi assolutamente OK (qualcuno si e’ lamentato della mancata accettazione dei ristori personali). Misurazione dei km precisa (si apprezzavano i chiodi infissi nell’asfalto dal misuratore Aims); gara tecnicamente valida anche per i saliscendi urbani che selezionavano chi ne aveva ancora. Detto del traffico quasi sempre ben contenuto (con l’eccezione dei km 30-33), va aggiunto che c’erano troppe bici di accompagnatori: per alcuni km sono stato (sempre in funzone antivento) col gruppo delle 3 ore e 30, saranno stati una trentina di atleti (alcuni poi arrostiti dal ritmo troppo allegro del pacemaker), e dietro loro ben 13 biciclette; poi, nel gruppo che precedeva immediatamente Linus, ho contato altri 14 accompagnatori su due ruote. Non esageriamo!

Impeccabile il rilevamento di chip Winningtime orchestrato da Sandrone Dalla Vecchia (ma al km 30 i rilevatori erano “silenziati”, ovvero non hanno trasmesso i loro dati); appena acceso il cell mi sono arrivati tre messaggi col tempo finale. Buona l’accoglienza al traguardo, con gli addetti premurosi che ti toglievano il chip (mi hanno addirittura vietato di piegarmi io a slacciarlo; l’ho fatto lo stesso, subito una telecamera e’ venuta a riprendermi come se fossi un extraterrestre). Medaglia originale, anche se non capisco lo snobismo delle "26,2 miglia"; squisita una densissima spremuta d’arancia, che pero’ non sono riuscito a bissare. Poi, prelevato uno yoghurt (me ne volevano dare due), e la mia borsa, sono salito sul bus-navetta per la zona partenza e le docce (spogliatoi vastissimi, temperatura da serie A di Eccellenza). A questo punto, verso le 14.30, ero pronto per le mostre: macche’, il premuroso Gilardi mi comunica che sul traguardo ci sono da ritirare i ricchi premi assegnati a mia moglie (esagerati), e allora torno con l’auto verso piazza Arnaldo: km 40, c’e’ un ristoro dove esibendo la medaglia offrono ogni ben di Dio, mentre sta per transitare l’ultima concorrente seguita da un nugolo di addetti. Mutton e’ sempre in piazza della Vittoria, e intanto il sole entra ufficialmente nell’Ariete: via guanti e copriorecchie, dal Manzoni bresciano venga "al pio colono augurio - di piu’ sereno dì".

Domenica, 10 Marzo 2019 23:36

Brescia, 17° Brescia Art Marathon

10 marzo - In una bella giornata di fresco sole primaverile (sui 17/18 gradi), sono stati confermati sostanzialmente i dati di partecipazione dell’anno scorso: 820 arrivati (4 in più rispetto al 2018), e aumento consistente nelle gare più brevi: 1781 nella mezza maratona (rispetto ai 1655 dell’anno passato), 863 nei 10 km competitivi contro i 719 del 2018.

Vincitore assoluto l’ugandese Philip Kiplimo con il tempo, decisamente non memorabile, di 2 ore 19’ 02’’, davanti al keniano James Kipleting Corir (2h 20’ 13’’) e all’etiope Mulu Alemneh Alem (2h 24’ 05’’). Primo italiano il quarto, Marco Ferrari dell’Atletica Paratico, con 2h 33’ 41.

Tra le donne ha vinto Vitalyne Jemalyo Kibii (Kenia, 2h 32’ 08’’), seguita da Megertu Tafa Megersa (Etiopia, 2h 36’ 07’’) e da Hanna Kumlin (Svezia 2h 56’ 06’’). Anche qui, prima italiana è la quarta assoluta, Greta Manenti, un soffio sotto le 3 ore.

Nella mezza, i vincitori sono Massimo Leonardi (1h 11' 37”, due minuti sul secondo) e Monica Baccanelli (1h 24' 22'', quattro minuti su Greta Pizzolato).

Va detto che il percorso era tutt’altro che piatto (il mio Gps, oltre ad attestare una distanza complessiva superiore di circa 300 metri a quella dichiarata, dice di 200 metri di dislivello superati); e, non so per i primi, ma sicuramente per il gruppone il traffico automobilistico con cui abbiamo spesso convissuto non ha aiutato. Intendiamoci: strade chiuse per i primi 10 km circa, poi è cominciato qualche tratto con auto separate da noi solo mediante qualche ometto posto a terra; costante il traffico in attesa nelle numerose rotatorie, e ogni tanto abbiamo avuto qualche auto che ci sorpassava. Una maratona internazionale non dovrebbe permettere questo.

Poi, ai top runners non interessa, un po’ di più a noi che giriamo l’Europa alla ricerca di sensazioni: il percorso è decisamente brutto (perfino Aligi Vandelli, il supermaratoneta  che ne fa una alla settimana e ha sperimentato il peggio offerto dal mercato italico, mi diceva in corsa che questa Brescia non gli piace “neanche un po’”). Si chiama “Art Marathon”, ma di arte ne abbiamo vista ben poca, a parte gli ultimi 2 km in centro storico quando però era più opportuno stare attenti ai cubetti di porfido nelle strade: per il resto, aldilà di attraversamenti di quartieri industriali cadenti (mi chiedevo se non sarebbe più opportuno abbattere certi muri pericolanti di fabbriche anziché puntellarli con pali di acciaio), o periferie caratterizzate da supermercati, le poche volte che abbiamo respirato aria sana sono state tra i km 10-15 (zona di Cellatica, dove un cartello ammoniva che “è vietato contrattare e concordare prestazioni sessuali”)  e 30-37, nella zona di Caionvico, dove si arrivava però dopo un enorme svincolo stradale.

Peccato, perché altre cose sono sicuramente positive: la disponibilità di parcheggi, ben segnalati, nelle adiacenze del ritrovo; la meravigliosa metropolitana bresciana (inaugurata nel 2013, ultimo atto del sindaco uscente Paroli) che a un prezzo irrisorio ci trasporta dall’arrivo alla partenza e dove vogliamo (biglietto unico da € 1,40 per tutto il giorno); l’efficiente zona di consegna pettorali, dotata persino di caffè e dolci gratuiti – e per fortuna l’orario terroristico di consegna dei bagagli ai camion, delle ore 8,30, è stato largamente disatteso-. E i molti pacer, addirittura quattro gruppi tra le 3:40 e le 4:15.

Altre cose mi hanno convinto meno: la mancanza di bicchieri a due ristori, le vasche per intingere le spugne mai alimentate da acqua corrente e dunque progressivamente malsane, o sparite del tutto. Una curiosità della classifica (minima, se riguardasse solo me: ma chi ci garantisce sul resto?) è che mi vedo distanziato sul tempo lordo di 6” da Paolino Malavasi, mio compaesano e rivale decennale, con cui oggi abbiamo scelto la non belligeranza arrivando mano nella mano. Secondo i chip o chi li ha trascritti / 'accoppiati', eravamo a 20 metri l'uno dall'altro.

Ero stato a questa maratona in una delle prime edizioni (20 marzo 2005, sotto gli auspici del leggendario Beppe Togni), e ricordavo un tracciato extraurbano, nella zona sud della provincia, sicuramente più arioso. E gli arrivati furono 709, non molti meno che adesso. Oggi, devo se non altro elogiare il lavoro dei numerosissimi addetti che (coi vigili)  sorvegliavano gli incroci e le rotonde,  non potendo però fare a meno di lasciar passare le auto negli interstizi dei nostri passaggi (per fortuna che era una “giornata ecologica”).

Nota di merito anche per le docce, vicino alla zona di partenza (santa metropolitana!), e caldissime ancora quando ci siamo arrivati noi delle ultime schiere. Dentro, si discuteva della lunghezza effettiva della corsa: il più benevolo asseriva  200 metri in più, altri arrivavano a 500. Sappiamo tutti che i nostri orologini non hanno autorevolezza: eppure, parecchi cartelli intermedi erano sballati, anche di un centinaio di metri, né ho mai visto sull'asfalto i prescritti 'chiodi' piantati in corrispondenza almeno dei 5/10/15 ecc.

Medaglia tra le più brutte nella storia della maratona mondiale: un lato vuoto, l’altro lato con sei parole, cinque delle quali inglesi (Brescia Art Marathon – Run this race; peccato che "Brescia" non sia stata tradotta in inglese, facciamo Brixieland?). Sarà che il dottor Rosa, ispiratore di questa gara, è più di là (intendo nell'Africa anglofona) che di qua, ma se si spera con cinque parole inglesi (o con l'altro motto "Brescia makes your run") di catturare i podisti  esteri, mi sa che sbagliate metodo. Vi ricordate come è finito Barbolini da Carpi col suo gemellaggio con Londra?

Pacco gara accettabile (maglietta, calze, qualche alimentare, e un paio d’etti di depliant): il major sponsor Bossoni lancia il suo trofeo di mezza maratona che oltre a quella odierna comprenderà le mezze di Orzinuovi e la nostra vecchia conoscenza di Cremona. Mentre le eminenze grigie del Follow Your Passion insistono per proporci quattro giorni di seguito a Chia in Sardegna, poi a Monza (dove, dicono i malevoli, manca solo la corsa nei sacchi), a Bari e a un’altra mezza di Milano a fine novembre. Non è un reato offrire corse podistiche con lo scopo precipuo di far soldi; spetta a noi se mettere questi depliant nel nostro cassetto dei desideri o nel cassonetto del trash.

Antefatto:  per il prossimo 14 aprile è in programma “La mezza di Genova”. Lo stesso giorno, il calendario della serie A di calcio ha previsto il derby Sampdoria-Genoa. Le leggi del calcio-spezzatino (ovvero, le pay tv che si portano a casa il pallone se non si gioca con le loro regole) avevano stabilito che il derby si sarebbe disputato il lunedì 15 sera.

Non è una buona annata per lo sport genovese, in tutti i sensi, e ne fa le spese anche il calcio, non da oggi: già un “derby della Lanterna”, inizialmente fissato nel disumano orario delle 12,30, era stato spostato di lunedì sera (3 febbraio 2014): la scusa era stata trovata nella coincidenza con la  Fiera di Sant’Agata (quest’anno, come apprendiamo da www.genova24.it, cui siamo debitori anche di altre info, la stessa fiera non ha impedito che Genoa-Sassuolo si giocasse alle 15).

Quest’anno, dopo un Genoa-Milan posticipato di lunedì alle 15 per immaginarie questioni di ordine pubblico, a giustificare i comodi delle pay tv stavolta era venuta buona la scusa della maratonina. In effetti, c’era un precedente: il 9 aprile 2017, Genoa-Fiorentina cosiddetto lunch-match delle 12.30, ma con la Fiorentina impossibilitata a raggiungere lo stadio causa strade ancora chiuse per la corsa. Inizio posticipato di 20 minuti, chissà che drammi per chi aveva sincronizzato gli annunci pubblicitari e l’ora d’inizio delle partite successive.

Dunque, fino a pochi giorni fa, Samp-Genoa era prevista sui palinsesti (che parola orrenda, tipica di questi anni in cui, o sei in tv o non conti niente) per lunedì 15 aprile alle 20,30 (anche l’orario delle 20,30 è un’esigenza televisiva, dopo anni in cui si giocava alle 20,45, prima ancora alle 21, per tacere del ridicolo orario delle 18,55 cui qualche volta dobbiamo sottostare).

I responsabili della  Mezza maratona  avevano garantito che alle 12 le strade sarebbero state  libere, dato che  l’ultimo cancello all’inizio della sopraelevata è fissato alle 11.45; e al limite, se anche il derby fosse rimasto alle 15 di domenica, la Mezza poteva anticipare di 30 minuti. Dunque, i podisti non avrebbero ostacolato niente.

L’assessore allo sport di Genova poi, chiedendo un semplice spostamento alla sera di domenica, aveva fatto notare che il 15 aprile comincia a Genova la Hempel World Cup 2019 di vela, valida per la qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020, con 800 equipaggi da tutto il mondo e tanti a vedere. Niente da fare.

Allora sono intervenuti il sindaco di Genova Marco Bucci e il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, e finalmente il presidente della Lega di Serie A Gaetano Micciché ha avuto un ripensamento e ha fissato la gara per sabato 13 aprile alle 18. Immagino gli strilli della pay tv che pur si ammanta del motto “il calcio è di chi lo ama”: staranno già cercando due squadracce sacrificali per farle giocare di lunedì.

3 marzo - Oltre 1200 partecipanti, con un netto aumento (anche di soddisfazione) rispetto all’edizione 2018, hanno dato vita alle gare svoltesi nel parco D’Acquisto di Venaria, a poco più di un km dalla celebre Reggia e dalla sede degli assoluti di cross Fidal previsti la prossima domenica (mentre a San Sperate, in Sardegna, si sono svolti lo stesso 3 marzo i campionati Fidal Master, alias over 35).

Una doppia serie di gare (per i giovanissimi, fino alla categoria cadetti, e - su un diverso tracciato, con partenza a una cinquantina di metri dal primo - dagli allievi ai più anziani), il tutto beninteso in corse separate per uomini e donne, ha impegnato l’organizzazione gestita dal reggiano Christian Mainini dalle 9,45 fin oltre mezzogiorno per le gare, e poi fin quasi alle 14 per la compilazione delle classifiche (resa piuttosto laboriosa dal mancato funzionamento dei chip, e che nella veste definitiva evidenzia qualche variazione rispetto ai dati diffusi nell’immediato) e le premiazioni.

Quanto alle categorie giovanili, a spartirsi i trofei di società sono state le stesse tre compagini: due piemontesi e il Pentathlon Modena, che ha vinto la gara maschile davanti alla Bairese e alla Settimese; mentre in campo femminile ha prevalso la Settimese davanti al Pentathlon e alla Bairese. Va detto che la squadra modenese, in quanto proveniente da fuori regione, ha usufruito di 15 punti di bonus, senza i quali (cioè calcolando solo i punteggi acquisiti dagli atleti in gara) sarebbe giunta terza fra le donne e seconda tra gli uomini.

Nessun ribaltone invece per le categorie adulte: la squadra maschile dei Modena Runners ha surclassato con 48 punti (ininfluente dunque il bonus) la Durbano di Rivarolo, che a sua volta ha nettamente distanziato la Bairese; mentre tra le donne l’Athletic Team ha superato la Durbano di 32 punti (dunque 17 sul campo), che a sua volta ha preceduto la Venaria Reale e i Modena Runners.

Il successo collettivo del Pentathlon è stato marcato soprattutto dagli acuti individuali di due campioncine, laureatesi vincitrici assolute: Elisa Sala (del 2005) tra le cadette, e Margherita Giannotti (2006), febbricitante campionessa uscente, tra le Ragazze B. Invece la Settimese ha vinto tra i maschi senza nessun successo individuale, ma con numerosi piazzamenti: ciò che è capitato, fra gli adulti, anche ai Modena Runners, il cui miglior piazzamento è il 2° posto assoluto di categoria dell’incredibile pasticciere formiginese Luigi Bandieri, classe 1937; poi c’è il 3° posto di Filippo Capitani negli M30 e di Ivan Cotali negli M40. Tra le donne, due quarti posti, di Vanessa Poppi (F30) ed Elisabetta Comero (F50); poco, rispetto ai successi delle signore dell’Athletic, prime tra le F 70 con Francesca Caldarolo, seconde con Licia Bombelli (F20), Rita M. Albieri (F50), Paola Cagliani (F55).

Tra gli altri successi individuali, fanno tenerezza i nomi di Walter Viceconte, classe 1966, Valsusa Running, campione M 55, e della storica maratoneta torinese Maria Grazia Navacchia (1952), al vertice delle F 65. In queste ‘corsette’ i maratoneti fanno appena il tempo ad assumere l’assetto di gara, che sono già finite: eppure c’è chi si fa valere anche qui.

Bella giornata di sole, percorso ben tracciato, con saliscendi continui ma molto lievi (se si eccettua un su e giù di 3 metri verticali nella seconda parte), soffice ma mai fangoso, apprezzato dai contendenti. In aggiunta, ci metterei l’abbondanza e ricchezza del ristoro finale (con molti dolcini locali ed eccellente cioccolata calda), le docce nell’attigua palestra della scuola, ancora calde quando le ho fatte io (però eravamo praticamente agli inizi…), e un servizio aggiuntivo di massaggi di cui ho usufruito, imbattendomi in un massaggiatore simpatico con cui abbiamo ingaggiato una specie di torneo tra i rispettivi vini (lambrusco contro freisa, pignoletto contro brachetto e via discorrendo), e che mi ha congedato raccomandando di fare molto stretching, perché “hai i muscoli di marmo!”. Nell’attesa di seguire i precetti, come defaticamento dopo la corsa mi sono fatto una passeggiata fino alla Reggia e parchi circostanti; poi, le 300 calorie che il Gps dichiara che avrei consumato in gara sono state compensate a usura dalla grigliata ‘sociale’ in un agriturismo della zona.

Mercoledì, 27 Febbraio 2019 13:02

Maratona di Malta: proprio non si poteva…?

Dalla mattina di domenica  24 gennaio, il sito della Maratona di Malta non ha altri aggiornamenti dopo l’annuncio https://www.maltamarathon.com/2019_gig_malta_marathon_24th_february.htm

che nel Centro maratona sarebbero state distribuite le medaglie (la maglietta era già stata data alla consegna dei pettorali).

ATTENTION ALL OVERSEAS PARTICIPANTS : We will be distributing the medals to all OVERSEAS GiG Malta Marathon participants (Full Marathon, Half Marathon and Walkathon), on the 24th February from the Nike Store at Tigne Point between 11am and 3pm. Date and time for the distribution of medals to local participants will be announced at a later stage. REMEMBER TO GET YOUR RACE NUMBER TO HELP US WITH QUICKER DISTRIBUTION.

Così i mancati maratoneti, che pare avessero fatto segnare il record di partecipazione dal 1986 a oggi (il precedente record risaliva all’ultima edizione, con 881 arrivati in maratona e 3430 nella mezza, più altre migliaia nei percorsi minori) si sono sottoposti al mesto rito della consegna, in un certo senso giustificandolo con una corsa, diciamo così di scarico  (foto 75, 76, 106, dopo i ben più gioiosi allenamenti sul lungomare del sabato,  foto 6 e 7)-  oppure affollando le palestre o i fitness centre o le piscine di cui gli alberghi erano generalmente forniti (si veda ad esempio la notissima Sabrina Tricarico dalla foto 73 alla 134 diffusa dal suo profilo Fb, che ringraziando Roberto Mandelli per il suo intervento d’arte, qui mettiamo in ‘copertina’  come inno alla gioia che ci riscalda dal freddo patito; o il segretario del Club Supermarathon Italia, Franco Scarpa, scatenato nelle foto 57-58, 131, il che non gli ha evitato anche una sessione di ballo documentata dalla foto 49); oppure, ancora disperdendosi per l’isola, che offre eccellenti possibilità di turismo culturale anche col maltempo.

La domenica mattina, in effetti, il panorama nella frazione di Sliema, sul mare, da dove partono i traghetti per La Valletta, era apocalittico: pioggia fortissima, vento anche a 100 km/h che è riuscito non solo a far cadere a terra moto e bici parcheggiate, ma ha divelto dalla loro base in cemento i lampioni per l’illuminazione (foto 102-104), per non dire di molti alberi. In queste condizioni, correre sarebbe stato non solo faticoso (a parte il vento, le strade litoranee erano sott’acqua – le foto 98 e 99 non rendono l’idea, che appariva meglio dai video che circolavano su internet) ma anche pericoloso (infatti il comunicato del rinvio parlava esplicitamente di safety). So di una maratoneta italiana cui è caduto su un piede un pezzo di marmo dalla casa sotto cui stava passando, e adesso gira zoppa (la prima visita gliel’ha fatta il dottor Rizzitelli: meglio di così!).

Personalmente, ho deciso di andare comunque alla località di partenza della maratona, Mdina, l’antica capitale, un gioiello a circa 200 metri slm nel centro dell’isola: interrotto il traffico autobus in tutta la zona di Sliema, ho dovuto valermi del taxi, mezzi piuttosto economici pur che si contratti, o meglio si paghi, in anticipo. A Mdina ovviamente niente mareggiate, ma un vento impetuoso che letteralmente ti impediva di stare sui bastioni da dove si godrebbe il panorama sottostante (foto da 79 a 83).

Causa maltempo era stato rinviato un funerale, ma non il matrimonio nella cattedrale di San Paolo (a Malta San Paolo naufragò: evidentemente le tempeste erano usuali anche allora e non risparmiavano i santi), di cui sono stato involontario spettatore in attesa di visitare la chiesa, ricca di pitture di italiani del Sei-Settecento. Curiosa anche la lingua maltese della messa e delle iscrizioni, un divertente misto di arabo e di siciliano.

Guardando il percorso, che fino al km 25 si attorciglia nei dintorni di Mdina, mi sono chiesto se non si sarebbe potuto mettere in pratica un tracciato di riserva, che non scendesse al mare (solo gli ultimi 4 km sono sulla costa, e lì era certamente impossibile correre): ma evidentemente è come quando nevica a Palermo, è un evento tanto straordinario e imprevedibile che nessuno sa cosa fare. Certo, il pensiero è andato all’ultima maratona di Venezia: lì non pioveva, ma il ventaccio c’era e l’acqua alta pure (seppure, vi garantisco, meno ‘alta’ che a Sliema), eppure ci hanno lasciato correre…

Le previsioni meteo di Malta parlavano di un’attenuazione dei fenomeni dalle 16: in realtà, almeno fino alle 18 la tregenda è continuata: gli alberghi faccia a mare hanno chiuso le porte per impedire l’ingresso dell’acqua (che comunque è filtrata dalle finestre…). Solo lunedì mattina è apparso qualche squarcio tra le nubi, però il mare era in tempesta ancor più che domenica, e i numerosi podisti che si sfogavano sulle piste ciclopedonali ogni tanto erano investiti dalle ondate (foto 113-129).

E veniva l’ora di partire: gli aerei Ryanair aspettavano le centinaia di podisti italiani, sbizzarrendosi nei loro odiosi balzelli (è ormai diventata una prassi quella di separare le coppie e le famiglie, in modo da indurle a richiedere posti vicini, per tariffe tra i 6 e i 14 euro). Notare che gli aerei non erano pienissimi, almeno un paio di file sul volo per Bologna erano totalmente vuote, eppure… Comunque non ho ceduto, trovandomi seduto ‘random’ a fianco di altri colleghi maratoneti (dal ritrovo in aeroporto ricordo Elisa da Cesena, il supermaratoneta romagnolo Fernando Gambelli, la biologa marina Maria Sole Paroni da Salò, che a Orta corse spingendo il passeggino della figlia), tutti intenti a dialogare trasversalmente coi propri congiunti sistemati in altre file. E a rivolgersi le domande classiche: qual è la tua prossima maratona?  torneremo nel 2020? Si propende per il sì, ma forse gli organizzatori potrebbero venirci un po’ incontro…

Va un po’ peggio all’aereo per Orio, i cui passeggeri (tra cui Carla Gavazzeni, la donna che ha corso più maratone nel 2018) già imbarcati sono fatti scendere, senza spiegazioni, e arriveranno a destinazione con 8 ore di ritardo. Risarcimenti? Ma fateci il piacere! A quando dovremo pagare anche l’accesso alle Ryan-toilets??

Sabato 23 febbraio: alle ore 20,20 sul sito della maratona di Malta e' apparso, sovrapponendosi agli altri comunicati che magnificavano il record di partecipanti, in tutte lettere rosse la scritta:

OFFICIAL: 23/Feb @ 20:20 - The Malta Marathon Organizing Committee together with its safety officers have taken the unfortunate decision to cancel the 2019 GiG Malta Marathon, Half Marathon and Walkathon. This decision is based on the current weather conditions and the forecast for tomorrow that indicates a further deterioration. This decision has been taken in the interest of the safety of the participants, the volunteers, the general public and all third parties involved.

In effetti, dalle 15 circa su Malta si e' scatenato un violento nubifragio, con fulmini e forte vento, caduta di grandine tanto forte e prolungata da dare l'impressione di neve a terra: e le previsioni, che fino a ieri parlavano di semplici "showers" per domenica, adesso propendono per molto peggio. Si tratta della coda meridionale di un fenomeno gia' segnalato per l'Italia del centro-sud, cui a Malta si aggiunge l'abituale incrociarsi dei venti mediterranei. Qualcuno ricordera' che nel 2015 a Messina una maratona fu annullata, coi podisti gia' sulla linea di partenza, per il vento (senza pioggia). E non furono nemmeno rimborsati i prezzi dei pettorali.

Peccato per  i tanti italiani (alcuni, habitues: molti altri, alla prima esperienza nell'isola) che hanno scelto Malta come meta per la maratona (e la mezza): vorra' dire che si ridurranno a fare turismo in quest' isola che certamente lo merita (il centro della capitale La Valletta e' patrimonio Unesco, e basterebbero i due quadri di Caravaggio a giustificare la visita, ma c'e' anche un impressionante Museo della guerra che ripercorre le tante battaglie condotte qui, prima tra cristiani e mussulmani, ma per finire anche tra italiani coi tedeschi e maltesi con gli inglesi).

A Ryanair del rinvio non importera' invece niente: chi ha avuto ha avuto, e proprio in queste settimane la compagnia ha incrementato i suoi balzelli, le sue limitazioni ai bagagli, i prezzi degli extra e le vessazioni anche burocratiche. Fin che gli metteremo volentieri il collo sotto la mannaia.

 

PS del 24 febbraio. Nessun rimpianto, a differenza che se oggi fosse spuntato il sole. Invece le condizioni del clima sono state per tutto il giorno, e persistono tuttora (ore 18), proibitive. Il quartiere di Sliema, dove era previsto l'arrivo, aveva molte strade allagate e ondate superiori a 5 metri che spazzavano le strade e hanno fatto cadere molti pali (metallici)  dei lampioni. Interdetto il traffico degli autobus (che oltre tutto avrebbero dovuto trasportare i maratoneti alla partenza di Mdina). Al rientro documentero' con foto curiose e significative.  In altre occasioni (vedi annullamento della maratona di Messina o sospensione del trail di Cromagnon) ho avuto da ridire, qui invece condivido la scelta degli organizzatori. Altrimenti a quest' ora conteremmo i dispersi o gli ospedalizzati. Gli organizzatori ci hanno invitato a ritirare comunque le medaglie.

Qualcuno si era scandalizzato nel vedere il plurisqualificato Roberto Barbi nel gruppetto che lo scorso novembre  aveva ‘simulato’ la maratona di Bologna. Bè, c’è qualche analogia con quanto successo ad Austin nel Texas, domenica 17 febbraio, durante la 28^ edizione della  Ascension Seton Austin Marathon: ecco come lo racconta nel suo profilo Instagram Lance Armstrong, il ciclista texano la cui pagina dei record è costellata di righe orizzontali, a indicare i risultati “erased” dopo la scoperta del suo sistematico doping:

Che giornata di corsa assolutamente incredibile alla maratona di Austin come suo “Charity Chaser” (letteralmente, “cacciatore di carità, di offerte”). Partendo 22 minuti dietro il gruppo con l’obiettivo di raggiungere e superare quanti più atleti possibile,  me ne sono rimasti davanti solo 59”.

L’organizzazione aveva stabilito di donare alle associazioni caritatevoli un dollaro per ogni sorpasso compiuto da Lance (che era assistito da tale Joe Di Salvo in bicicletta), e alla fine sono state circa 2600 le persone che hanno, più o meno volontariamente, contribuito alla donazione. Il tempo lordo ottenuto dall’ex ciclista è stato di 3.24:13, dunque un real time di 3.02:13 (e negative split di quasi 3 minuti nella seconda metà rispetto alla prima), per una media sotto i 4:20 a km.

Non era la prima maratona corsa da Armstrong: aveva esordito a New York nel 2006 chiudendo in 2.59.36, con l’appoggio di pacer d’eccezione come Alberto Salazar, Joan Benoit Samuelson e Hicham El Guerrouj; e migliorandosi nel 2007 con 2.46.43; poi nel 2008 aveva corso a Boston in 2.50:58: e la sua fatica è largamente documentata da foto e video, uno dei quali  lo mostra addirittura a far pubblicità alla gara nella doppia veste di ciclista e podista https://www.youtube.com/watch?v=o0CvK0uWm9c

Peccato che, dopo le condanne per doping, gli organizzatori di quelle maratone abbiano deciso di cancellare anche quei risultati, uniformandosi alle delibere dell’agenzia antidoping. Ma ad Armstrong è ugualmente consentito di prendere parte a manifestazioni sportive non ciclistiche, di livello regionale o nazionale, e che non siano qualificanti per competizioni internazionali. Lo si era visto fare jogging anche alla partenza israeliana del Giro d’Italia 2018.

È chiaro che qualcosa deve fare per sopravvivere,  dopo aver concordato con il Governo americano il pagamento di 5 milioni di dollari in danni in una causa che gli sarebbe costata 100 milioni, e dopo che i suoi vari avvocati gli hanno presentato una parcella da 111 milioni di dollari. Sembra peraltro che le sue finanze si siano parecchio irrobustite per un investimento molto preveggente, di appena 100 mila dollari nel 2010, sui taxi Uber.

Malgrado gli scopi benefici, l’impresa nella maratona non ha convinto tutti: riportiamo senza tradurre un commento apparso sulla stessa pagina Instagram dell’ (ex) campione:

@iamdavidiron, he's a lying POS, his interview was so cavalier it was embarrassing. the asshole destroyed numerous lives and should not show his face in Austin. go crawl back in your hole.

Per curiosità, aggiungiamo che una riga orizzontale marchia anche la maratona stessa di Austin: il vincitore del 2014, il keniano classe 1975 Joseph Mutinda (2:14:17), è stato squalificato per tre anni e privato del titolo in quanto doppiamente positivo al 19-norandrosterone.

17 febbraio - La fama nazionale di Rubiera atletica è legata al nome di Stefano Baldini, ma nel piccolo grande mondo delle corse non competitive si lega a questa manifestazione di metà febbraio, diventata un appuntamento da non perdere, anzi di successo crescente, grazie alla convergenza dei due comitati di Reggio e soprattutto di Modena (dico “soprattutto” perché tra i primi dieci gruppi premiati per numero di partecipanti, otto erano modenesi, capitanati dalla solita elefantiaca Cittanova che ha acquistato ben 257 cartellini).

In effetti, anche nei tempi di contrapposizione verso le “teste quadre”, lo storico presidente del movimento podistico modenese, che osteggiava la vicinissima Arceto tacciando chi ci andava di farlo solo per ottenere una gallina a buon mercato, tuttavia convogliava i suoi a Rubiera, dove il premio era un cosciotto di tacchino (sostituito solo molto più tardi da un paio di calze, come è tuttora).

E adesso che il prezzo delle non competitive è stato conguagliato ai 2 euro in tutta l’area Bologna/Modena/Reggio, nessun aspirante modenese al reddito di cittadinanza si lamenta più dell’insostenibile cifra, cosiddetta  rovina-famiglie, che bisogna sborsare. Addirittura oggi c’era anche la possibilità di correre gratis per chi  fosse arrivato a Rubiera in treno: peccato che di treni che fermino a Rubiera, specie di domenica, ce ne siano pochissimi: e infatti sono... ben cinque coloro che hanno usufruito dell'opzione!

Resta comunque il sospetto che molti abbiano usato il mezzuccio di correre senza acquistare il pettorale: guardatevi le foto e fatevi un’idea. Ah già, notoriamente i podisti della zona amano appiccicarsi il pettorale sulla pelle nuda, e poi metterci sopra magliette e maglioni; e se voleste verificare, provate a chiedere alla pantera nera che a Domenico Petti rivolge gesti sinuosi e insinuanti (foto 1155), e in arrivo sfodera per Nerino il suo incantevole sorriso (foto 1384), di togliersi gli abiti per lasciarci fare come San Tommaso… Il discorso ovviamente vale per tante altre, come la calorosa/caliente della  foto 1567 di Nerino, le numerose “curves” (Nerino 1540, Petti 1281 ecc.) cui forse la spilla rovinerebbe l’elettrizzante maglietta blu/viola; o, al maschile, per  il modenese che non vuole deturpare il suo smanicato (Nerino 1063, Petti 825) con un tagliandino di carta verde, per giunta riciclata.

Vorrà dire che inseriremo quanti insistono a spillarsi il pettorale (come fa ancora Massimo Bedini, foto Petti 975, o la bambina della foto 1582 di Nerino) nell’elenco della fauna da proteggere perché in via d’estinzione. Mi è capitato in una sola gara modenese di veder negato l’ingresso nell’area del ristoro a chi non aveva il pettorale: ma la corsa era gestita da una società ‘eretica’ e ‘cattivista’.

Così, non so se le cifre dichiarate dagli organizzatori rubieresi, 4750 o giù di lì, corrispondano a tanti pettorali acquistati ed effettivamente usati: l’impressione dei parcheggi (ben ordinati, almeno finché non sono scoppiati per eccesso di ingressi), poi della fiumana in partenza (vedere le foto di Nerino da 71 in poi, di Petti da 121 in poi), poteva suggerire tremila ‘effettivi’; e naturalmente c’erano anche i partenti anticipati, ormai tara ineliminabile da queste parti e non solo. Speriamo che i tanti bimbi presenti non imparino dagli adulti.

Il percorso si è ormai stabilizzato nella zona a sud di Rubiera, lungo il torrente Tresinaro, con l’attraversamento dopo 5 km del parco e villa omonimi dell’allenatore zero-tituli dell’Inter: all’uscita avviene la separazione tra il percorso più lungo, che raggiunge Arceto e Bagno per un complesso di oltre 15,5 km, e quello intermedio da 11 km (altri due giri più corti, di 4,5 e 8, si erano già separati prima, mentre in centro di Rubiera si è svolta una gara per gli scolaretti degli asili, sui 400 metri, che ho scelto come foto emblematica di questa giornata, sperando che siano loro a salvare le sorti del podismo).

Assoluta la chiusura al traffico (in centro, anche il divieto di sosta), che viene a collimare  con l’innovazione “ecologica” della gara, visibile soprattutto in zona traguardo dove volontari di Legambiente ci instradavano a un corretto smaltimento dei rifiuti (peccato però che vicino al tavolo del ristoro mancassero del tutto i cestini per gettarci le bucce d’arancia, col risultato che taluni le buttavano a terra o le lasciavano, ciucciate, sui tavoli).  Niente plastica (a parte quella dei bicchieri, comunque di chiarati “compostabili”, come le medaglie [vedi foto Petti 1389 ],  e che dopo trattamento finiranno, con gli altri scarti, negli orti scolastici); e neppure bottigliette ma “acqua del sindaco” e tè (finito però prima che arrivassero i più lenti: dubito che Giangi ne abbia usufruito).

Fortunatamente meno ascetico il ristoro del km 5, annunciato dal cartello “si entra magrolini si esce cicciotti”: alla fine del tavolo infatti c’erano fette di salame, con gnocco,  bottiglie di birra e vino, snobbate dai più ma non dal sottoscritto che ha bisogno di ricostituire le scorte dopo due settimane di malanni stagionali. Servizi igienici chimici “certificati sostenibili”, che non so bene cosa voglia dire (certo, non scaricano a terra; e niente trattamento “chimico” per il “materiale” che ci entra?); comunque in zona partenza ce n’erano solo 4 o 5, diciamo uno ogni mille partecipanti.

Straripante e itinerante, come da copione, lo speakeraggio di Brighenti (foto Nerino 19, 32 e seguenti), che possiamo definire “enfant du pays” sebbene sia di origine modenese; e se in centro di Rubiera una lapide ricorda la stanza dove dormì l’Eroe dei due Mondi nel 1859, chissà che in un domani non si indichino i luoghi da dove Brighenti è partito verso la fama nazionale nei Mondi del podismo e degli sport invernali.

Nutrita anche la presenza di fotografi: vedete che i nostri due hanno scaricato ben tremila immagini: i fotografi professionali che si riservano i diritti d’immagine erano presumibilmente in una delle competitive della giornata, e insomma a Rubiera tutti hanno lavorato in santa pace senza speculazioni né litigi. Molte torte e bottiglie di spumante alle tende delle società, perlomeno quelle modenesi: insomma, adelante Pedro con l’ecologia, ma  senza rinunciare alle gioie della vita.

VIDEO

 

Se ne è andata in silenzio: questa non è la frase fatta che di solito apre i necrologi, ma corrisponde alla scelta di vita e di morte di suor Elsa Pasquali, vicentina di Schio, classe 1941, che l’8 dicembre 1966, dieci mesi dopo aver stabilito il record mondiale dei 30 km (con 2.03:04), aveva scelto di entrare nel monastero di Vimercate con la congregazione di S. Paolo di Chartres (un ordine di suore consacrate alla carità verso il prossimo, fondato nel 1696 e che ha ora la sua sede centrale a Roma). E proprio nella Casa di Roma suor Elsa è spirata l’8 febbraio, ma disponendo che l’annuncio della sua morte fosse divulgato solo ieri, 13 febbraio, ad esequie avvenute.

Elsa Pasquali, tesserata per l’Atletica Schio, che si allenava la sera dopo aver lavorato in fabbrica, nei primi anni Sessanta raggiunse e superò le distanze massime allora consentite alle donne: cominciò coi  400, 800 e 1500 metri (ricordo che Paola Pigni, più giovane di lei di 4 anni, cominciò a correre i 1500 all’altezza di Messico 1968, quando non erano ancora disciplina olimpica). Poi, sotto la guida di un allenatore straordinario come  Mario Lanzi (il novarese classe 1914, argento olimpico a Berlino sugli 800, e che proprio a Schio concluse nel 1980 la sua carriera di sportivo e di uomo), il 29 dicembre 1965 stabilì il record mondiale sull’ora con la distanza di 15,953 chilometri. La ricorda ancora Giorgio Cimbrico, lo storico dell’atletica italiana, in un contributo del 2018 su “Le pioniere dell'atletica azzurra”, come colei che  avviò il “processo di emancipazione, di abbattimento di cancelli all’interno dei quali erano state rinchiuse” le donne.

Nemmeno un mese  e mezzo dopo il primo record, ecco un altro mondiale di Elsa, su una distanza semplicemente inimmaginabile al femminile, i 30 km, stabilito l’11 febbraio 1966. Fece in tempo a parlarne l’ultima edizione di un libro di culto, L'atletica femminile in Italia e nel mondo di Salvatore Massara (Napoli, L'Arte Tipografica, 19663, dopo una prima stampa del 1955 pubblicata a Vibo Valentia presso un editore che si chiamava, guarda caso, Gigliotti).

Ma mentre il libro usciva, Elsa, a 25 anni, entrava in convento a Vimercate, diventando per sempre suor Elsa, e così dichiarando al “Gazzettino”, il giornale della sua terra (che oggi  ne riproduce le parole): “L’atletica mi ha dato molto, non soltanto sul piano fisico: le mie vittorie più belle, la mia capacità di resistenza allo sport, di soffrire nelle estenuanti gare sono state per me come un segno premonitore che avrei potuto applicare le mie forze fisiche e il mio spirito di sacrificio a un fine più utile di quello che non sia il raggiungimento di un traguardo agonistico. Donando la mia vita a Dio, le darò un senso nuovo, mi completerò, mi arricchirò più di quanto un qualsiasi primato mondiale possa arricchirmi».

Tornò a Schio quattro anni dopo, scrivendo per l’inaugurazione del nuovo centro per l’atletica leggera questa frase: «Qui Cristo mi chiamò. Sì, vengo mio Signore a correre dietro a Te. Tu sarai la mia pista, Tu sarai il mio allenatore, Tu sarai la mia gara, Tu sarai il mio traguardo…».

Domani mattina 15 febbraio, alle 9 nell'oratorio salesiano di Schio, una messa in suffragio. È da sperare che ben altri riconoscimenti  giungano presto a ricordare Elsa anche su questa terra.

Sembra che la Tailandia sia una terra ricchissima di maratone: e se le più celebri sono quella ‘classica’ di Bangkok, che pochi mesi fa ha celebrato la trentesima edizione, e quella di Phuket, la cui prossima edizione è prevista per l’8 giugno prossimo, tante altre si affacciano sull’orizzonte di internet e del turismo, anche di provenienza italiana.

È di pochi giorni fa la notizia, circolata pure sulla stampa italiana, che durante la maratona Chombueng a Ratchaburi, nella parte occidentale dello stato, una ragazza di nome Khemjira, imbattutasi dopo una dozzina di km in un cucciolo di cagnolino, sperduto in mezzo alla strada, l’ha raccolto e con lui in braccio ha completato i  restanti 30 chilometri del percorso. Tagliato il traguardo, con questo esserino “troppo adorabile", Khemjira ha deciso di adottare il cucciolo, cui ha dato lo stesso  nome della maratona: Chombueng.

Pochi giorni dopo, direttamente proveniente dalla maratona di Las Palmas in Gran Canaria, il supermaratoneta pratese Mario Ferri ha voluto sperimentare la seconda edizione della Amazing Thailand Marathon Bangkok 2019, in programma domenica 3 febbraio  (la prima edizione si era svolta il 4 febbraio dell’anno scorso, e ci sono ambizioni per farne l’evento sportivo più importante della nazione), su quattro diverse distanze di gara: maratona, mezza maratona, 10 km e Fun Run di  3,5 km.

Partenza avvenuta, per i maratoneti, alle 3 di mattina dallo stadio Rajamangala, e percorso lungo le strade della capitale toccandone alcuni dei luoghi più celebri,  come il monumento alla Vittoria, la statua equestre di Re Rama V il Grande e il Ponte Rama VIII, con arrivo presso il monumento alla Democrazia.

Ecco la classifica dei primi arrivati:

Uomini

1°:          2:16:01 Kemboi Rotich Kennethi              Kenya

2°            2:17:32 Asrar Abderehman                        Ethiopia

3°            2:18:19 James Tallam                                  Kenya

 

Donne

1^:         2:43:55 Magaret Wangui Njuguna                          Kenya

2^           2:45:23 Tekle Kidst Teka                              Ethiopia

3^           2:47:54 Edinah Jeruto                   Kenya

 

Dunque, il nostro amico Ferri, classe 1946 (che naturalmente ha profittato della trasferta per fare anche turismo e safari fotografici), ha corso ovviamente la distanza maggiore,  pare come unico italiano (almeno, questo risultava all’ambasciatore italiano in Tailandia Lorenzo Galanti, che si è complimentato con lui), e pure come unico over 70, chiudendo 1221° assoluto in 5.06:02 (tempo netto).
Pensare che fino a 24 ore dall’evento la gara è stata in forse, a causa (scrive Mario) di “una cappa di smog fuori dal normale”: poi ha cominciato a spirare una leggera brezza abbassando i valori di inquinamento ambientale, e la corsa ha potuto prendere il via. Ci aggiunge:  “Io respiravo piano piano ma comunque un centinaio di ‘sigarette’ credo di averle fumate!”. Poi, per disintossicarsi, “via in aereo verso Ko Lipe, dall’altra parte del paese, e là mi sono sentito come un personaggio dei libri di Salgari!”.

Lo aspettiamo presto di ritorno, e poi a raccontarci altre avventure di corsa: la sua filosofia è “vivo di emozioni, e allora la penna muove la mano da sola”.

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