Che fine hanno fatto i politici runner?
Queste riflessioni prendono spunto dal pezzo del collega Roberto Annoscia dedicato all’assessore regionale lombardo al Welfare Giulio Gallera che malgrado si dichiari un runner, nelle sue numerosissime esternazioni, non abbia mai trovato tempo di:
- difendere i runner che nel rispetto delle regole corrono vicino all'abitazione;
- ricordare che ciò è permesso a chi semplifica troppo il concetto “resta a casa”;
- stigmatizzare gli eccessi verbali nei loro confronti da parte di cittadini, ma anche di rappresentanti delle istituzioni, compreso sindaci del milanese.
Ecco, in assenza di queste esternazioni che dovrebbero essere dovute anche ad un politico con la passione per gli scacchi, francamente sapere che il personaggio in questione sia un runner lascia quantomeno perplessi.
Diciamo che da un runner, oltre il minimo sindacale sopra elencato, ci saremmo aspettati anche il colpo d’ala. Una proposta migliorativa, ad esempio consentire ai runner lombardi di andare oltre i 200 metri da casa, oppure permettere di correre senza mascherina, magari aumentando a 10/20 metri il distanziamento sociale. Il tutto con il supporto di esperti come il presidente dell’ISS che peraltro si è già ampiamente espresso su mascherina e corsa in isolamento… Invece niente, malgrado al soggetto non manchi il coraggio di prendere posizioni forti, da quanto leggo nel summenzionato articolo che descrive anche fatti che poca attinenza hanno con la corsa.
Insomma, io di questo politico-runner, lui come gli altri suoi colleghi, da podista non me ne faccio nulla. E quando un giorno li rivedrò ad una conferenza stampa di presentazione di una manifestazione, oppure al termine di una gara, non potrò fare altro che sentire un certo fastidio.
6 commenti
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Mercoledì, 15 Aprile 2020 12:21
inviato da Marco Dotti
Non credo che sia il caso di focalizzarsi sul singolo politico. Immagino che l'autore - come molti podisti - sperasse semplicemente di trovare un minimo di sostegno da parte di chi afferma di praticare e amare il medesimo sport.
Coloro che hanno dovuto affrontare il covid 19 in Lombardia da posizioni di responsabilità si sono trovati a fronteggiare un problema nuovo ed enorme. Siamo tutti consapevoli che la corsa avrebbe dovuto costituire l’ultima delle loro preoccupazioni. Sorprende che, forse in parte sulla scorta di una disinformazione professionistica veicolata dai media, abbiano dato incredibilmente la priorità ai divieti relativi all’attività motoria.
Se restiamo al problema in sé, dobbiamo ammettere che il divieto relativo all'attività motoria è irrazionale, pericoloso e stupido. In Italia non si è praticata una serrata in stile cinese e probabilmente non sarebbe stato possibile farlo, se non forse all'inizio e in territori circoscritti. Un italiano su due va a lavorare, tutti ricevono merci e servizi a domicilio ed escono per la spesa, senza limiti di alcun tipo per quanto riguarda l'approvvigionamento domestico. Mi sembra evidente - se non si vive su Marte - che al supermercato, sul luogo di lavoro e negli spostamenti, il distanziamento sociale e le norme di prevenzione dipendono sostanzialmente dalla responsabilità individuale. A questo punto non capisce perché limitare drasticamente la pratica dello sport individuale all'aperto e le passeggiate solitarie, con palese detrimento della salute fisica e mentale dei cittadini. Si potrebbe obiettare che l'attività motoria individuale potrebbe poi trasformarsi in collettiva, ma questo vale per tutti gli spostamenti consentiti: non credo di essere l'unico che si imbatte in piccoli drappelli di persone che si incontrano al supermercato o fuori dal fornaio, cosa che francamente non mi capitava di vedere tra i podisti quando ancora potevo raggiungere la collina per correre all'ora di pranzo.
Vale la pena di rilevare che nella prima zona rossa lombarda, istituita nell’area di Codogno e dei dieci comuni limitrofi, indicata come esempio positivo per i buoni risultati raggiunti in breve tempo, l’attività motoria era consentita se non addirittura promossa. Le persone sottolineavano spesso come si fosse riscoperto lo sport e anche il territorio, muovendosi a piedi da un paese all’altro.
Rispetto alle attività produttive e commerciali ci siamo legittimamente posti molti problemi di natura pratica ed economica e abbiamo evitato una soluzione cinese per così dire "radicale" (nel senso di ciò che si è fatto realmente a Wuhan), ma sorprendentemente sulla sospensione delle libertà individuali ci siamo rivelati molto meno “occidentali” di quanto immaginavamo di essere. O meglio, abbiamo accantonato come nulla fosse una serie di valori che ritenevamo fondanti della stessa identità europea.
La cosa che mi pare veramente pericolosa è il movimento viscerale che si è innescato, per cui le persone hanno fatto proprie le norme (a volte creandole, o interpretandole in modo più stringente) in modo del tutto formalistico. Per esemplificare brutalmente: si può fare la spesa e quindi ci vado tutti i giorni e con la mia bella mascherina e mi fermo anche a parlare con tutti in un luogo chiuso e affollato; al contrario non si può correre - non sarebbe propriamente così, ma questo è il messaggio che è stato veicolato anche da numerosi (dis)servizi pseudo-giornalistici - quindi dal mio balcone riprendo quello che osa farsi una corsetta o conto le uscite del cane del vicino, controllando se c'è o meno la relativa deiezione. Si è costruito un pericoloso panopticon benthamiano, nel quale i carcerati si sono fatti sorveglianti e aguzzini. In questo sistema le persone che non possono produrre sono state ridotte a pure e semplici unità di consumo (unica attività sempre consentita). Sarà più Netflix che Matrix, ma non è meno inquietante.
Ciò detto, se sarà ancora possibile esercitare i propri diritti democratici, spero che la maggioranza di elettori mandi a casa alla prima occasione coloro che hanno chiesto l’esercito per impedire “le corsette” o chi voleva trascinare in rianimazione il malcapitato che chiedeva legittimamente di fare una corsa, come se ci fosse una relazione tra le due cose. -
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Mercoledì, 15 Aprile 2020 11:23
inviato da Leo
L'unico metodo scientifico per arginare il contagio è il distanziamento, coadiuvato dall'utilizzo di mascherine, all'uso dei guanti non ho ancora trovato una spiegazione logica, se non che un loro utilizzo sbagliato fa pure più danni (le mani puoi lavartele in continuazione, i guanti invece accumulano potenziali virus dando un falso senso di protezione). E il distanziamento non lo si ottiene con norme sparate a casaccio così come i divieti di correre o di allontanarsi di più di tot metri. Semplicemente perchè a seconda del caso questi "metri" dovrebbero variare da 2 a 200 km, a seconda di dove si vive. Già il distanziamento ufficiale di 1 metro è sbagliato, palesemente smentito da qualsiasi studio scientifico, a seconda dei casi (semplice parlare, colpo di tosse, starnuto, soffio del naso, etc.) si va da almeno 1,5 metri a 4/5 metri necessari per impedire il contagio, qui da noi si è scesi insensatamente sotto (in altri Paesi tra l'altro meno colpiti del nostro il distanziamento richiesto è di 2 metri), senza un criterio che ne garantisse l'applicazione. I mezzi pubblici citati da Marco Dotti sono un esempio lampante, andrebbero immediatamente chiusi, non garantiscono alcuna distanza, ne igiene, mentre la corsa solitaria nei campi ha probabilità di causare contagio dello 0%, forse dello 0,00001% se il contagiato cadendo si rompe un femore e l'infermiere che lo soccorre lo fa senza mascherina, una situazione surreale da film comico e comunque possibile anche andando al supermercato o stando seduti in poltrona.
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Mercoledì, 15 Aprile 2020 10:55
inviato da Marcello Villa
Non è mio costume intervenire in polemiche, ma oggettivamente l'articolo sul Sig. Gallera appariva davvero un po' ""propagandistico" e assai poco consono alla corsa ed alle linee guida che ispirano -o dovrebbero ispirare- il sito "podisti.net". Stupisce, peraltro, che il Direttore vada a criticare apertamente (coram populo, è giusto? Corriggeretemi!!!! come disse Papa Woityla) i propri redattori. Credo che la corsa sia una cosa e le opinioni politiche e gli schieramenti siano un'altra e che debba esistere una ben netta separazione tra di loro. Viceversa purtroppo da qualche tempo rinvengo, in recenti articoli, una certa commistione (con commenti di sapore critico a mio parere affatto estranei alla cronaca dell'occasione podistica) che non dovrebbe verificarsi. Se intendete proseguire su questa strada, bene, avrete un lettore in meno. Grazie e buone corse a tutti.
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Martedì, 14 Aprile 2020 23:13
inviato da Fabmarri
Il fastidio dell'autore è tale, che in una prima versione di questo articolo aveva dato Gallera per malato di Covid (la speranza trasformata in realtà). Poi la panzana era troppo grossa e dopo 9 ore l'ha tolta, dimenticandosi però di togliere il suo analogo commento sulla pagina Fb di Podisti.net, dove leggiamo ancora: "Sarà anche un runner, ma in questo periodo nelle sue numerosissime esternazioni non gli ho ma sentito proferire una parola in favore dei podisti, biasimare chi li tratta male, ricordare che con le dovute limitazioni si può ancora correre.
Ovviamente auguri a lui ed a tutti i malati di pronta guarigione". Però la tendenziosa insicurezza dell'autore si vede anche dal titolo, che vorrebbe parlare di "politici" ma l'unico nome che fa è quello di Gallera; e dal suo uso del congiuntivo, quando a proposito del solito Gallera scrive "che malgrado si dichiari un runner, nelle sue numerosissime esternazioni, non abbia mai trovato tempo di ecc.". "Abbia" forse, o "ha" di certo, come insegnerebbe la grammatica a chi avesse rispetto per lei come per la verità dei fatti? -
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Martedì, 14 Aprile 2020 11:11
inviato da Marco Dotti
In effetti è incredibile che stiano aprendo sempre più imprese, non abbiano mai chiuso i trasporti pubblici, la gente passi ore spensierate al supermercato (anche nel cosiddetto cratere lombardo) e stiano ancora a preoccuparsi dell'innocuo runner, costringendolo a correre sotto la porta dei vicini di casa con un'inutile mascherina.
Vergognoso!
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