Fabio Marri
Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua.
Ravenna fa 20 (quasi senza dirlo): quegli 'incredibili' comunicati stampa…
11 novembre - … Ma la maratona è ottima, va detto subito: una gara che ho corso per la terza volta (la prima personale fu nel 2002, quando era già la quarta edizione – fate voi i conti…); partecipazione che quest'anno non avevo programmato, poi il re dei fotografi Mandelli mi ha prospettato l’ipotesi di vederci lì, e allora non potevo dire di no. Lui ha fatto 800 mila foto, io gli avrò spedito 8000 email e whatsapp, bisognerà pur rivedersi una volta l’anno!
Dunque, due settimane dopo Venezia, eccoci in un’altra giornata dalle previsioni meteo incerte, smentite però alla grande, con temperature ideali e mai una goccia di pioggia; anzi, sole nel finale (intendo, il finale di noi “diversamente atleti” come ci chiama Lorenzini), quando si sono toccati i 20 gradi.
Logistica collaudata, d'altra parte siamo alla ventesima edizione, dove la cifra tonda non è citata salvo che dal simbolo XX sulla medaglia; solito prezioso parcheggio in estrema periferia (lo rivedremo di passaggio durante la gara), e servizio di navette frequenti e rapide, verso la zona dove è tutto concentrato: expo, distribuzione pettorali, deposito borse, toilette, partenza-arrivo. Onore al merito, le navette faranno la spola fino alle 17,30, e quasi mi vergognerò quando sarò l’unico a bordo del bus di ritorno, che non resterà ad aspettare altri clienti (ormai rarissimi) ma partirà direttamente, tanto dietro ce n’è un altro, e un terzo lo incrociamo per via.
Causa del mio ritardo era stata l’aver approfittato di un’altra delle iniziative degli organizzatori per tenere fede al nome di “Città d’arte”: l’ingresso gratuito ai musei, e segnatamente al nuovo MAR che sorge proprio di fianco al traguardo: museo non solo ricco di pregevoli opere d’arte (tra cui l’arcinota statua di Guidarello, baciato da tutte le ragazze), ma che attualmente ospita pure una mostra sulla Grande Guerra, da Rubens a Mimmo Palladino e a quel gran furbacchione di Yannis Kounellis. Così, alle 16 passate, dopo aver assistito all’arrivo dell’ultimo maratoneta (un canadese arrivato intorno alle 6 h 40, festeggiatissimo sul traguardo ma ignorato dalle classifiche ufficiali), ci siamo trovati io e due maratoneti polacchi a entrare nel museo.
Torno indietro, alla partenza, così affollata che alla mia altezza (ingresso verde) non abbiamo nemmeno sentito lo sparo, e il real time ci attesta di essere passati sotto il via dopo oltre cento secondi. Purtroppo questi secondi non ci saranno restituiti dalla classifica finale, che addirittura ignora, non mette nemmeno tra parentesi il real time. Inutile che torni a dire cosa ne pensi: sarà la Fidal a non volere che si alterasse l’ordine d’arrivo di un campionato italiano con i dati “reali”? Forse era meglio se tanto zelo fosse stato riservato ai controlli antidoping o alla limitazione dei suiveurs in bicicletta con tanto di rifornimenti per i propri campioni (parlo per sentito dire, è chiaro che i campioni li ho visti solo al riscaldamento dentro i recinti).
Percorso in parte rinnovato rispetto all’ultima edizione cui avevo presenziato nel 2015: dopo il solito ghirigoro fra tutti i monumenti del centro storico, si esce dalla città una prima volta in direzione di S. Apollinare in Classe, poi ci si rientra per dirigersi di nuovo verso il mare, a Punta Marina (km 27-29), ivi invertendo crudelmente la direzione senza vedere il mare che sta a poche centinaia di metri, mentre ci faranno rivedere il Mausoleo di Teodorico (solo due volte, contro le tre del 2015), dotato di quel chilometro e mezzo di ghiaino e salitella finale, un po’ massacranti, al km 40,5.
Com’è come non è, nel punto più lontano del parco di Teodorico (km 39,8) è stato collocato un tappetino chip: Lorenzini nel 2016 aveva segnalato che quella era una zona per tagliatori, l’hanno ascoltato: come vedete, non tutti i giornalisti sanno essere soltanto sciacalli e p*. (Non tutti, ma buona parte, dissero di Napoleone).
Organizzazione all’altezza dell’evento: ristori ben forniti, semmai con tè e cosiddetti sali alquanto annacquati nella seconda parte; tracciato ottimamente segnalato e perfettamente chiuso al traffico; presenza di varie orchestrine o solisti sul percorso (buona l’esecuzione di “Ho in mente te” e di “Satisfaction” che mi è capitato di ascoltare; meno buona quella di “Come together” nella zona forse più triste del tracciato, fra la stazione e il porto-canale; singolare lo schiocco delle fruste al km 24/32). Insolito il calore del pubblico: nelle maratone italiane di città medio-piccole non capita spesso. Addirittura sovradimensionati i pacemaker: tre per ogni gruppo, e in genere due gruppi ad ogni scadenza oraria (per esempio due per tre alle 3h15, idem alle 4h15 ecc.): col risultato che i tre pacers delle 4.45 che vedo arrivare, capeggiati di un sosia di Totò al giro d'Italia nelle vesti di Fausto Coppi, sono solo loro, con zero atleti al seguito.
Quanto ai risultati tecnici, alla validità di quelli assoluti (vabbè, il percorso era abbastanza piatto, il Gps esagera dandomi un dislivello complessivo di 85 metri) va contrapposta la povertà dei tempi registrati dagli italiani: ormai si diventa campioni nazionali con tempi da dopolavoristi, perché gli altri sono là dove il grano è più abbondante.
Qui dove il grano è così così vengono piuttosto le croate (meno del solito, stavolta): ma alzi la mano chi di noi amatori decide di partecipare a una gara solo perché ci sarà il supercampione afroasiatico. Nel 2015 fummo in 1055 a classificarci in maratona, adesso abbiamo sfiorato i 1600 sui 42 km e i 2000 sui 21 (che non erano campionato di niente, e insomma chi li ha corsi l’ha fatto per passione o al massimo per un modesto cosiddetto ‘premio in natura’).
Così è stata la ufficiosamente ventesima maratona di Ravenna, come l’ho sperimentata passo dietro passo: al termine della fatica, Mandelli mi ha fatto fare un altro migliaio di passi sequestrandomi e scortandomi fino alla doccia di fronte alla Cà de Ven e al pranzo offerto dall’Atletica Desio: dove si si parlava di atleti africani che non vanno sfruttati per le buste dei premi ma avviati a un lavoro dignitoso, o si commentava la debacle dell’Inter mentre Mandelli rideva sotto i baffi, e della sua Juve diceva “un po’ ruberà, un po’ sarà fortuna, ma sarà anche perché sono bravi” (parole testuali che, da non juventino, sottoscrivo).
Dopo di che, pensate quello che volete dei comunicati ufficiali, tanto iperbolici da risultare ridicoli: nei due testi inviati subito dopo la gara, ricorre sette volte l’aggettivo “incredibile”, come neanche Sandro Piccinini saprebbe fare: adesione davvero incredibile da parte di runner provenienti da tutto il mondo; in campo maschile epilogo incredibile; un weekend incredibile; l’incredibile afflusso del pubblico all’interno dell’Expò; un numero incredibile che testimonia ancora una volta la crescita esponenziale; è stata soprattutto un’incredibile festa; una diretta che ha raggiunto un altro numero incredibile, quello delle 40.458 visualizzazioni.
Se tutto è incredibile, signor addetto stampa, come può pretendere che le crediamo? Dal mio piccolo di podista scarso, una cosa di quelle che ha raccontato proprio non riesco a crederla: le due vittorie olimpiche dell’ex direttore di “Correre” e di “Runners World” adombrate nella frase “Marco Marchei, giornalista sportivo ed ex azzurro olimpionico a Mosca nel 1980 e Los Angeles nel 1984”. Fino a prova contraria, olimpionici azzurri sono Bordin e Baldini, gli altri hanno partecipato e basta…
E poi, che noia, con tutti i soliti spropositi pubblicitari che sembrano dar ragione alle opinioni fresche di taluni leader politici: meraviglioso percorso romagnolo (dai, lo stradone per Punta Marina non è tanto meraviglioso!); lungo momento da pelle d’oca; un’autentica marea umana si è riversata sulle strade della città per un’autentica e coinvolgente festa; aveva fatto gridare di entusiasmo; il capoluogo bizantino riempirsi di calore e colore per un'edizione da record; un evento cresciuto in maniera esponenziale e repentina...
Organizzatori ravennati, siete bravi, siete professionali: cercate di esserlo anche in quello che scrivete.
Classifica della maratona:
Maratona di Bologna: per ora, autogestita
Avevamo informato dell’imminenza della maratona bolognese, fissata per il 1° novembre. Giusto riferire su come sono andate le cose, ignorate dai media ufficiali seppure soggette al consueto polverone sui social media (dove, ci segnalano, «è stato detto e scritto di tutto, ovviamente senza sapere niente»).
Le nostre informazioni sono solo parziali e dunque passibili di integrazioni, ma intanto ve le diamo così come le abbiamo acquisite, grazie soprattutto ad Alessio Guidi: che nega di avere un ruolo direttivo nell’evento, ma intanto c’era, con un centinaio di amici o conoscenze casuali , in un 1° novembre che non era scelto a caso ma rivendicava la data assegnata dalla Fidal due anni fa, quando la maratona di Bologna sembrava rinascere dopo parecchi anni di silenzio.
Poi è saltato tutto (non per colpa della Fidal, una volta tanto; e comunque i bolognesi hanno dimostrato di sapersene infischiare della Fidal, ad esempio con la Run Tune Up che è una delle mezze più frequentate d’Italia), ma chi si era segnato la data 1-11-18 ha rispettato l’impegno.
Mi attesta Guidi, minimizzando l’evento:
Quasi 100 persone incuranti del maltempo si sono trovate in Piazza Maggiore alle 8,30 per correre insieme, chi 10, chi 20, chi 30 e chi come me 42,195 km, divertendosi senza tante menate. C'è chi ama la corsa e corre, e c'è chi pensa solo a rompere i cosiddetti a chi si diverte.
Essendo autogestita ognuno si è arrangiato per i ristori, quindi chi con lo zainetto, chi con 10 euro in tasca per fermarsi al bar, o chi (come me) ha chiamato sua moglie al 20° km facendole portare qualcosa da bere e da mangiare. Poi 4 ragazzi in bicicletta spontaneamente ci hanno accompagnato con acqua al seguito facendo due piccoli ristori volanti al 10° e al 30° km.
Il percorso è stato fatto tutto in gruppo rispettando il codice della strada, attraversando sulle strisce pedonali, sfruttando marciapiedi e portici: il chilometraggio è stato raggiunto sommando i percorsi della Strabologna, della classica affascinante Casaglia - San Luca (infatti tra i fotografati appare anche il leggendario Vito Melito, che ne fu protagonista) e della Run Tune Up... esattamente come si fa in un qualsiasi allenamento di gruppo: tutti i week c'è gente che corre in centro a Bologna e nessuno gli dice niente... come mai tanto rumore questa volta?, insiste Guidi, il quale a domanda risponde: Chi ha organizzato? Nessuno. Anche perché una cosa AUTOGESTITA per definizione non ha organizzatori. Davvero non capisco il problema. Bè, gli perdoniamo la reticenza…
In foto sotto la fontana del Nettuno prima della partenza è apparso anche il famigerato Andrea Barbi. Alessio giura di non conoscerlo e di avere saputo della sua partecipazione solo al termine: e in ogni caso (questo lo diciamo noi), Barbi è squalificato dalle gare ufficiali e ben gli sta, ma non gli hanno messo la palla al piede e non gli è interdetta l’attività fisica. Nei tanti allenamenti di gruppo che si svolgono quasi in ogni città, per partecipare non è richiesta la tessera o la fedina penale, come non la chiedono nemmeno a New York (omissis).
Questa “maratona” non comparirà nelle maxiclassifiche né fornirà quelli che una volta chiamavamo punti-Marchei (ma oggi c’è di peggio quanto ad auto-omologazioni, “edizioni zero” che improvvisamente diventano ufficiali, strani Guinness per conseguire i quali ti crei una linea di partenza e uno striscione d’arrivo personali, con la benedizione della Fidal): a Bologna, cento persone si sono divertite e contemporaneamente hanno rivendicato la possibilità e il diritto, anche per la vecchia signora dai fianchi un po’ molli, di avere una sua maratona come ce l’hanno tanti e forse troppi.
Il dritto e il rovescio della medaglia alla maratona di Venezia
Il mondo intero domenica 28 ottobre ha applaudito gli "eroi" della 33^ Huawei Venicemarathon. Le foto degli atleti con l’acqua alle caviglie ha letteralmente fatto il giro del mondo attraverso televisioni, giornali e social e in tanti potranno dire “quel giorno io c’ero!”. Sono molti i runners che hanno vissuto quest'esperienza in modo esaltante, consci del fatto che solo alla Venicemarathon si può provare l'ebrezza di correre nell'acqua.
Così comincia il comunicato conclusivo della Maratona, che nell’acqua alta ha trovato una imprevista alleata, capace forse di risollevare, l’anno prossimo, il numero dei classificati alla competizione maggiore, che nel 2018 è stato inferiore di mille unità tonde tonde rispetto al 2017 (però, sono sempre 300 in più che nel 2016).
Tralasciando questi dettagli (è abbastanza usuale ‘compensare’ le cifre degli arrivati dei 42 km coi numeri degli altri che hanno corso su distanze inferiori o non competitive), gli organizzatori si dicono giustamente orgogliosi della loro prova di efficienza: Il Venicemarathon Club ha dimostrato di saper affrontare e gestire nel migliore dei modi una situazione d’emergenza, caratterizzata da raffiche di vento fortissime e mare molto mosso che ha reso difficile persino il trasporto delle sacche degli atleti dalla partenza all'arrivo. Ma soprattutto la macchina organizzativa ha dimostrato di essere rapida nell’allestire un percorso alternativo, quello cioè che ha escluso il passaggio in Piazza San Marco, la parte più bassa della città e quindi quella con i livelli più alti d’acqua. Sul percorso, fondamentali sono stati gli oltre 2.000 tra volontari e addetti della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Polizia Municipale di Venezia e dei comuni della Riviera del Brenta, dei Vigili del Fuoco, della Protezione Civile e del Servizio Sanitario che hanno davvero garantito la massima sicurezza di tutti gli atleti. Giusto anche sottolineare le iniziative di promozione sportiva e sociale:
Un'edizione che ha lanciato la nuova iniziativa “Allenati con noi Dai 10K ai 42K in 5 mesi” grazie alla quale molte persone sono riuscite ad arrivare in fondo alla loro prima maratona o a realizzare il loro sogno cronometrico; un'edizione che cotribuirà a fare del bene attraverso la "maratona solidale" del Venicemarathon Charity Program, che ad oggi ha già raccolto oltre 70 mila euro e che resterà aperto ancora per tutto il mese di novembre per raccogliere le ultime donazioni.
E la prospettiva per l’anno prossimo:
Un nuovo obiettivo attende ora la Venicemarathon, quello di diventare un evento ad “Impatto Zero”. L’edizione 2019 è stata, infatti, scelta dalla Regione Veneto come evento pilota per il nuovo progetto di tutela ambientale e del territorio “Zero Waste Blu sport events for territorial development”. Le pratiche “green” messe in atto già da quest’anno dagli organizzatori per incentivare l’utilizzo del trasporto “intelligente” come l’importante accordo sviluppato con Trenitalia e con con BusItalia, sempre del Gruppo FSI hanno dato già grandi risultati e verranno ulteriormente sviluppate in futuro.
Nel frattempo, l’AIMS informa che la maratona e mezza Maratona di Lucerna (Svizzera: circa diecimila arrivati nelle due competizioni, svoltesi lo stesso giorno di Venezia) ha ottenuto il premio come corsa più ecologica del 2018, per iniziative come il viaggio ferroviario gratuito dal confine svizzero alla sede della gara (pratica peraltro già comune in Svizzera), gli accorgimenti ‘ecologici’ ai ristori e la devoluzione di una parte degli incassi al progetto per la riforestazione del territorio. Lucerna ha preceduto nella classifica la Marine Corps Marathon (Arlington, Virginia - USA) e la Silesia Marathon (Katowice -Polonia). Negli anni precedenti il premio era toccato alle maratone di Milano (2013), Francoforte (2014), Houston (2015), alla mezza di Goteborg e infine alla maratona di Città del Capo l’anno scorso.
Ma non tutti i podisti sono usciti felici e contenti dalla maratona veneziana: su qualche testata online (dal “Gazzettino” al “Giornale” a http://nuovavenezia.gelocal.it, e altre) si è anche scritto di
Furti alla Venice Marathon, i maratoneti assediano il campo rom (Serenella Bettin) o di Rissa tra maratoneti e nomadi per furti alla Venice Marathon (Carlo Mion). In sostanza, una ventina di maratoneti dell’Est europeo, rientrando dalla gara al parcheggio di San Giuliano, hanno trovato i loro mezzi scassinati e ‘ripuliti’: soldi, telefonini, documenti. Ma uno dei derubati, attraverso l'app "Trova il mio iPhone", è in breve risalito al campo sinti-rom (le fonti discordano sulla ‘nazionalità’ degli ospiti) nella vicina via del Granoturco, dove anche in altre occasioni erano stati ritrovati gli oggetti rubati dal parcheggio.
28 ottobre, giorno di “marce”, ed ecco i maratoneti intraprendere, dopo i 42 km e passa della mattinata, un’altra marcia, stavolta ‘armata’ di bastoni, fino al villaggio. Ah, non ci si può far giustizia da sé, e come già accadeva ai tempi di Pinocchio, se sei derubato è facile che in prigione ci finisca tu… Cosicché, pronto arrivo della Polizia con tre volanti e dei carabinieri con due pattuglie che si frappongono tra i derubati e i probabili ladri.
Come avrebbe detto Manzoni commentando l’irruzione dei promessi sposi in casa di don Abbondio per farsi sposare a forza:
Renzo, che strepitava di notte in casa altrui, che vi s'era introdotto di soppiatto, e teneva il padrone stesso assediato in una stanza, ha tutta l'apparenza d'un oppressore; eppure, alla fin de' fatti, era l'oppresso. Don Abbondio, sorpreso, messo in fuga, spaventato, mentre attendeva tranquillamente a' fatti suoi, parrebbe la vittima; eppure, in realtà, era lui che faceva un sopruso. Così va spesso il mondo... voglio dire, così andava nel secolo decimo settimo.
Bè, nel felice secolo XXI è capitato che alla fine il cellulare sia saltato fuori, i runners siano ripartiti in serata dopo aver fatto denuncia alla polizia, e un residente del villaggio sia stato denunciato per la ricettazione (mi raccomando: a piede libero! Altrimenti come fa a sostenersi per la vita?).
Di tutto questo, ovviamente, la maratona di Venezia non ha colpa, confidando che il Veneto tutto possieda un po’ di anticorpi. Dalla vicina Verona sappiamo infatti (Cristina Pantaleoni - Agenzia MeridianaNotizie) dell’arresto di 7 persone di etnia sinti (stavolta la stirpe è certa) responsabili di numerosi furti su autovetture ed in abitazioni commessi nelle città di Verona, Reggio Emilia, Mantova, Brescia, Modena e Ferrara.
Fino alla prossima imminente scarcerazione e assoluzione per insufficienza di prove, i maratoneti possono stare tranquilli.
Il Comitato podistico di Bologna minaccia sanzioni agli “indipendentisti”
Con data 21 ottobre è stato diffuso un comunicato del Comitato Podistico Bolognese a firma del presidente Gerardo Astorino, con titolo “Disposizioni per le Società iscritte al Comitato”. Eccolo, come si ricava non dal sito del Comitato (che sorprendentemente lo ignora, oppure l’ha nascosto così bene che non l’abbiamo trovato: http://www.comitatopodisticobolognese.it/comitato/regolamento.html), ma per esempio dal sito claudiobernagozzi.net:
I gruppi podistici iscritti al Comitato, possono partecipare alla domenica SOLO alle camminate organizzate da Società che hanno chiesto ed ottenuto inserimento nel Calendario UFFICIALE pubblicato sul sito. ESCLUSIONE: se un gruppo podistico iscritto al Comitato dovesse partecipare a camminate NON inserite nel calendario UFFICIALE in contemporanea con camminate omologate, il Comitato si vedrà costretto a prendere provvedimenti tipo: la NON omologazione di eventuali camminate proposte.
Come ci scrive “un podista” (che mantenendo l’anonimato ci induce a non pubblicare il suo testo integrale): “Questo significa che il Comitato Podistico Bolognese pretende la massima fedeltà da parte delle società affiliate e promette boicottaggi a chi desidera organizzare manifestazioni podistiche nella Provincia di Bologna che non siano state approvate dal Comitato Podistico. Così com’è scritto, sembrerebbe un atto intimidatorio, e se così fosse sarebbe alquanto grave in quanto viola le libertà del singolo e mette in seria difficoltà le società podistiche. Ritengo ci siano i presupposti per ipotizzare che non sia in linea con l’articolo 13 della Costituzione che dice: La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. Non è ammessa alcuna forma di restrizione della libertà personale. Il comunicato sottintende che un qualsiasi imprenditore o azienda di organizzazione eventi che volesse realizzare un evento podistico nel territorio Bolognese, troverebbe grosse difficoltà in quanto il comitato podistico glielo boicotterebbe. Inutile dire che a rimetterci sarebbero sempre e solo i runner. Facciamo un esempio: immaginiamo che Linus decida di organizzare la Deejay Ten a Bologna, una delle corse più belle e divertenti d’Italia: le podistiche iscritte al comitato sarebbero invitate (minacciate) a non andarci pena l’esclusione della loro camminata dal calendario podistico. Il mercato è libero, devono essere i runner a decidere a quale corsa domenicale andare e non il Comitato Podistico Bolognese. Inoltre mi chiedo cosa ne pensa il Comune di Bologna di questo comunicato. Non mi sembra che il Comitato abbia un diritto di esclusiva! Per concludere: è cresciuto un forte malumore da parte di tanti podisti che si chiedono cosa stia succedendo. Io da semplice podista dico che non mi piacciono le lettere che hanno il sapore di un diktat e non mi piace che mi venga impedita la libertà di decidere se andare o no alla camminata organizzata da un amico”.
Da parte nostra, aggiungiamo che già l’art. 4 del regolamento del Comitato dice le stesse cose: I Soci del Comitato devono attenersi alle direttive emanate dal Consiglio Direttivo e partecipare solo a quelle iniziative accettate dal Comitato stesso ed inserite nel calendario ufficiale.
Significativa la data di emanazione del 21 ottobre, domenica in cui oltre alle due gare ufficialmente accolte nel calendario del Comitato, in provincia di Bologna si svolgeva la “Tre Monti” di Imola, frequentata da molte società e podisti singoli bolognesi. Le società bolognesi presenti a Imola saranno sanzionate? O basterà che abbiano mandato una decina di affiliati alle gare ufficiali per passarla liscia? E se la scelta invece cadesse su una gara fuori provincia? Il regolamento e l’ultimo comunicato non contemplano il caso, sembrando riferirsi solo al calendario ufficiale, s’intende bolognese. Dunque chi il 21 ottobre andava a Imola sarebbe sanzionato, e chi andava a Modena o Ferrara sarebbe a posto?
Forse (lo diciamo all’anonimo lettore) non è il caso di scomodare la Costituzione o la legislazione italiana, se pensiamo che alle Federazioni sportive è consentito, più o meno tacitamente, di vivere al di fuori della giurisdizione comune, ad esempio mediante la cosiddetta “clausola compromissoria”, che vieta ai tesserati di adire la giustizia ordinaria . Questo sebbene tale clausola sia considerata “vessatoria se prevista nei contratti predisposti unilateralmente (ossia solo una delle due parti predispone il contratto e le sue clausole)”. Ma è un periodo in cui la Fidal perde i pezzi (cioè sempre più gare, anche maratonine e maratone, pure a Bologna, sono fatte omologare dagli organizzatori agli Enti di propaganda e non alla Federazione), e anche i comitati tradizionali perdono società e praticanti: quanto al feudo amministrato da Gerardo Astorino, dopo Imola (che da anni è uscita dal coordinamento bolognese) anche altre corse storiche si sono tirate fuori; mi viene in mente la classica Camminata Petroniana, che a quanto pare si è svolta lo scorso 7 ottobre con successo, oscurando le due gare programmate ufficialmente dal calendario.
Forse il podismo amatoriale come l’abbiamo conosciuto è al tramonto, e il suo calo è favorito anche da altre pratiche che, pur ufficialmente vietate dal regolamento, sono consentite e a volte incoraggiate: ad es. l’art. 22 del citato regolamento stabilisce “apertura ristoro e consegna premi di partecipazione singoli dopo la partenza ufficiale della camminata”, “obbligo di esposizione del pettorale per tutti i partecipanti”. Cose regolarmente disattese; e non parliamo delle partenze anticipate che a Bologna sono ormai la regola.
Vedremo se basteranno le gride manzoniane a sanare il declino e a tenere insieme gruppi che spesso appaiono separati in casa.
Venezia: l’acqua alta ti ripaga di tutto (se non sei veneziano)
28 ottobre - Nella giornata delle cinque maratone italiane (se non ne sono sfuggite altre!) sono tornato a Venezia, dove ero stato per la prima volta ventisei anni fa, quando la gara si svolgeva ancora nella seconda domenica di ottobre (era l’11 ottobre, nel 1992): poi ci fu uno scambio amichevole con Carpi, che adesso di questa data non sa che farsi, mentre Venezia, inoltrandosi nella stagione autunnale, rischia parecchio col clima.
E se la pioggia non fa paura a noi maratoneti (anzi, non sudiamo e sentiamo meno la fatica), l’acqua alta possiamo trovarla solo qui: non mi era mai capitata, negli ultimi giorni era prevista, e quando la cosa è diventata una certezza, cioè verso il sabato, gli organizzatori hanno messo in atto (abbastanza segretamente: non ne ho sentito cenno nemmeno dagli speaker alla partenza, e non pareva che lo sapessero nemmeno i pace-maker) il percorso sostitutivo dell’attraversamento di piazza S. Marco (che credo sia il punto più basso della città); ma ci hanno lasciato i 14 ponti e, fra l’uno e l’altro, tre affascinanti chilometri coi piedi e le caviglie a mollo, addirittura spinti dalle onde, che alla nostra destra salivano dal canale della Giudecca, contro i muri delle Zattere sulla sinistra e poi, passato il Canalgrande sul celebre ponte di barche ‘dedicato’ della Salute, di nuovo all’ammollo fino a pochi metri dal traguardo. Piazza San Marco è tornata ad essere vista da noi solo di passaggio dal lato sud come era nei primi anni, mentre al suo interno i turisti si divertivano a sguazzarci a piedi nudi come i bambini quando fanno il bagno nell’Adriatico (i veneziani invece non sguazzavano, sapendo che l’acqua alta in tanti punti non gli viene dal mare ma dalle fogne…).
Be’, vi garantisco che questi tre chilometri mi hanno ripagato della fatica maledetta del muro di vento contrario su tutto il ponte della Libertà, dove i bicchieri e le bottigliette usate al ristoro del km 35 (cioè oltre la metà) ci rotolavano addosso a una velocità da biciclette (meno male che non volavano!).
Ovviamente, anche senza l’acqua alta, la maratona di Venezia è uno spettacolo unico al mondo, che nel corso degli anni riesce a ridurre le zone ‘brutte’ (ricordo Marghera dei primi tempi, tra stradacce, fabbriche fatiscenti e signorine abbronzate in cerca d’ingaggi): far diventare bella Mestre (la palla al piede di Venezia come diceva Montanelli) è impresa ardua, ma intanto abbiamo inaugurato in anteprima il nuovissimo M9, e per lunghi tratti ho approfittato volentieri delle corsie del tram pavimentate in modo che più liscio non si può, a evitare gli inciampi tipici del nostro passo rasoterra (da sabato ne sa qualcosa anche Linus); e il lungo sottopasso ci ha fornito tregua dalla pioggia che stava cominciando a cadere proprio in quei minuti nei paraggi del mezzogiorno.
Cominciando dall’inizio, devo ringraziare il marò veneziano Adriano Boldrin, che se non ha corso qui tutte le edizioni poco ci manca (e vorrebbe pure mandarmi a Tokyo per completare le Majors come ha già fatto lui): perché il venerdì si è incaricato di andare all’Expo a ritirare le sacche gara di parecchi amici bolognesi, evitandoci il pernottamento su cui contano gli albergatori locali. Appuntamento dunque la domenica dalle 7,30 davanti al municipio di Stra, parcheggino su misura trovatoci sempre dall’Adriano, e tutto l’agio di incamminarsi attraverso un percorso segnalatissimo sul retro della villa Pisani, per spogliarsi, stare al caldo sotto i tendoni, depositare i bagagli nei sei camion che ci aspettano di lato, prendere il tè caldo dagli alpini e fare riscaldamento nel meraviglioso parco della Villa, aperto credo per la prima volta, e sorvegliato da numerosi addetti perché… all’occorrenza ci servissimo delle toilettes e non dei cespugli.
Toilettes numerose e dislocate in varie posizioni, anche se sembrano non bastare mai; più ridotte lungo il percorso, e mi è capitato di vedere due colleghi in attesa davanti all’unico sgabuzzino, verso il km 15 (anzi, mi sono compiaciuto del civismo del secondo, che è rimasto ad aspettare pur avendo davanti a sé una donna che notoriamente impiega più tempo – e speriamo avesse solo esigenze idriche!).
Partenza anticipata di una ventina di minuti come era già noto da alcuni giorni (ma qualche podista non a suo agio con le newsletter sembrava ignorarlo: forse la pratica degli sms potrebbe essere incrementata); addirittura spunta il sole, sebbene durerà poco. I meteo-astrologi prevedono tratti di pioggia debole al mattino e acquazzoni violenti dopo le 13, dichiarando attendibilità al 75/80%; e non ci azzeccheranno proprio. Intanto, in laguna l’acqua alta raggiunge i 120 centimetri, che i veneziani sanno contare a seconda del numero di rintocchi delle sirene.
E via per la riviera del/della Brenta, quasi sempre di fianco al fiume navigabile: tranne in un punto di Mira, dove un cartello pubblicitario delle bellezze del luogo si specchia in un tratto morto, sbarrato da una diga e pieno di tutte le schifezze possibili mentre il corso vivo è deviato all’esterno.
Mi fa tristezza vedere, poche centinaia di metri più avanti, quello che resta dell’immenso stabilimento Mira Lanza, grigio e coi vetri rotti alle finestre: ripenso a Calimero e “Ava, come lava!”, all’olandesina, a Biol, all’orgoglio di essere stati un paese di eroi, di navigatori e di inventori…; e vedo come ci siamo ridotti con la cosiddetta finanziarizzazione dell’economia.
Ristori regolari, con sola acqua e idrosalini fino a metà, poi anche frutta e qualcosa altro di solido; tè caldo, non visto, ma la temperatura almeno in terraferma si aggira sui 15 gradi e oltre.
Precisa pure la collocazione degli spugnaggi, che costituiscono la ‘buona azione’ domenicale degli scout; avrei però preferito vaschette di acqua corrente, non oso provare queste dove la gente immerge le mani. Singolare che l’avvicinarsi dei ristori sia preannunciato da cartelli che indicano “meno 100 metri, 110 virgola qualcosa yards” (altrimenti ‘quelli’ non capirebbero?). L’unica cosa che non possiamo fare è di seguire il precetto di “non sporcare” (p. 31 del libretto di istruzioni), con minaccia di squalifica per chi getta a terra le “immondizie”: dove stanno gli appositi contenitori? Così, e come sempre e ovunque, le zone ristoro sono segnalate dalla quantità di bicchieri e bottiglie a terra: spero che nessuna cada nel Brenta o in laguna, che già ne hanno abbastanza.
Precisa anche la collocazione dei rilevamenti chip, tranne forse in un posto dove sta un centinaio di metri prima; addirittura maniacale la precisione del km 40, dove il filo è all’inizio di un ponte ma sott’acqua (se lo metteva un metro più avanti restava asciutto); tuttavia funziona benissimo anche così. Però mi scuserete se riattacco il solito disco incantato: in una maratona dai grandi numeri e autenticamente internazionale sarebbe sacrosanto usare il real time anche per le classifiche. Ma in Italia (Sudtirol escluso) da questo orecchio non ci sentono: forse la Fidal dei pistard non vuole (e per compenso, oltre alle tasse fisse, si prende un euro per ogni maratoneta arrivato).
Molto frequente lo scaglionamento dei pacemaker, addirittura ogni 15-30 minuti: il tutto sta nel capire in quale corral sono partiti e dunque qual è il loro tempo attuale. Mi capiterà di correre una quindicina di km (perché piacevolmente immesso nello stesso recinto rosso dove parte lei) con l’amabile Sabrina Tricarico e i suoi colleghi, sempre prodighi di consigli sul passo da tenere nei singoli momenti (con qualche battuta, tipo al famoso sottopasso della tangenziale di Mestre: “non andate su, come hanno fatto i primi l’anno scorso!”). Alla mezza passiamo in 2h20, cioè già in vantaggio di due minuti e mezzo rispetto al tempo previsto di 4h45, ma in realtà a 2.17 di real time. Purtroppo li perdo nel parco di S. Giuliano, molto bello (sembra di rivivere le antiche Cascine della maratona fiorentina, salvo che qui non si può tagliare date le transenne e il controllo, e anzi qui ci toccano i 400 metri in più che ‘risparmieremo’ a San Marco), e dunque non possono farmi da scudo contro il ventaccio del ponte. Ma contro l’acqua non so quale tattica servisse: certo che li vedo arrivati in 4.48 lordi, ma 4.45:30 netti; molto meglio loro, in proporzione, dell’illustre pacer e giornalista e omni-provider targato 4.00, che ha però finito in 4.15 (real 4.13:46). Sarei per l’assoluzione di tutti; e chissà se prima di chiudere la carriera di maratoneta vedrò il real time fare testo nelle classifiche italiane.
Vedo che saggiamente gli organizzatori non sono dei crono-nazi, e dunque classificano gli arrivati fin quasi alle 7 ore (a dire il vero, il regolamento non emanava pene di morte nei confronti di chi superava la sacra soglia delle 6 ore, ma semplicemente non garantiva la chiusura al traffico di tutto il tracciato): ci sta bene dentro Boldrin, e come lui il glorioso Luciano Morandin, classe M 70 e tanto stoicismo comprese le maratone corse all’indietro; l’ingegner Liccardi addirittura rischia di raggiungermi... Ma oggi le classifiche e i tempi valgono meno che mai, rispetto al divertimento quasi infantile del simil-duatlon finale.
Trovo migliorata, più bella, anche la zona del porto dove scendiamo dal km 37; vedendo le monumentali navi attraccate mi chiedo se le comandano ancora gli Schettino e se gli “inchini”, nel caso che a pilotare sia una hostess moldava, non potrebbero mai finire addosso al campanile di San Marco o alla chiesa di San Giorgio. Mah: così va l’Italia, un tempo c’era Mira Lanza, adesso sono gli Schettino a fare tendenza.
Per fortuna la maratona di Venezia è in mano a gente che sa gestire le cose, previste e meno previste: dicono che a 150 km da qui una maratona è stata accorciata per uno straripamento non epocale, qui invece si tira dritto secondo i protocolli. Da manuale anche la gestione della zona arrivo (sebbene alcuni tendoni siano allagati): medaglia originale e fortemente simbolica, telo da avvolgersi attorno alle spalle, sacchetto alimentare, restituzione sacche, poi si esce dal recinto a cercare una panchina dove potersi infilare i pantaloni. Perfetta anche la gestione del ritorno a casa: battelli riservati e gratuiti per il Tronchetto (dove chi voleva poteva lasciare l’auto a tariffa scontata), da lì bus a getto continuo, anche alle 17, per Stra. L’unica cosa che non posso dire è come fosse la doccia, perché vado a farla a casa di mia sorella e della nipotina Sofia, veneziana, laurea a Bologna e master a Londra in scienze politiche, e che per mantenersi agli studi ha fatto anche la cameriera e la gelataia, alla faccia dei cosiddetti Neet che aspettano i 780 euro.
Verso l’uscita, a uno dell’organizzazione tutto imbacuccato (potrebbe anche essere Rosa Salva in camuffa) avevo detto: Mose o non Mose, fate in modo che l’acqua alta ci sia in tutte le prossime edizioni, e alla vostra maratona mi iscrivo a vita!
Monte Pastore (BO), 40° Camminata della Caldarrosta
21 ottobre - Anche Monte Pastore, località di Monte S. Pietro a 600 metri d’altezza sul corso del torrente Lavino, raggiunge i 40 anni della sua camminata: da condividere, quanto al calendario, con altre due corse in provincia di Bologna, la 38° Fira di sdazz a Baricella e addirittura la cinquantesima Tre Monti di Imola, una delle gare più antiche d’Italia che però da anni si è resa indipendente dal coordinamento bolognese, guarda più verso la Romagna e riesce a radunare cinquemila partecipanti da tutta Italia (sebbene più che dimezzati rispetto agli anni d’oro).
Come si diceva dopo la gara con l’ex presidente del Comitato bolognese, Angelo Pareschi, oggi i podisti amministrati dalle Due Torri (in forte calo, anche come numero di società affiliate) si saranno divisi in tre parti all’incirca uguali, di 500 unità ciascuna; sta di fatto che a Monte Pastore, al via dato dallo stesso Pareschi alle 9 (previa punzonatura dei cartellini non competitivi, che non ho capito a cosa servisse) eravamo grosso modo in 25, che poi abbiamo raggiunto per strada qualche centinaio di camminatori, partiti mezz’ora o più prima, i quali hanno continuato ad arrivare almeno fin verso le 11, che era l’orario d’attesa garantito.
Direi che prevalessero le donne, ma di donne che corressero ne ho viste due in tutti i 9,6 km: una morettina che era l’unica del gentil sesso presente alla partenza ‘giusta’, e una bionda ben fatta con la coda di cavallo (forse partita un po’ in ritardo), che mi ha passato verso metà gara. Le altre, erano massaie generalmente sopra peso e ben oltre quella che Manzoni chiamava l’età sinodale (e non è che i maschietti fossero molto più giovani e, tranne i 25 di cui sopra, facessero qualcosa di diverso dal camminare).
Monte Pastore (BO), 40° Camminata della Caldarrosta
Rispettabili tutti, anche per la scelta di un percorso molto bello, quasi interamente campestre, con un dislivello complessivo di 200 metri ma tutto corribile (due cimette a 680 metri intervallate da una discesa fino a quota 560; pensate che il sottoscritto ha tenuto la media dei 7:30/km !), ben segnato e con l’erba ottimamente rasata, ai cui lati occhieggiavano bianchi funghi prataioli, e che offriva bei panorami incluso il ricordo di quando nei pressi ci passava la estinta Bologna-Zocca di Pareschi e Bernagozzi.
Così va oggi il podismo nato negli anni che la benzina spaventava col suo prezzo enorme di 400-500 lire al litro (oggi costa 6-7 volte tanto e ci abbiamo fatto l’abitudine): i giovani di allora o si sono ritirati o camminano per la salute, e meno male che in parte camminano ancora, e alcuni hanno trasmesso la passione a figli o nipotini (era disponibile anche un percorso di 4 km, affrontato pure da bimbetti di 3-4 anni).
L’occasione di Monte Pastore è venuta buona anche per la ricorrenza della sagra della castagna, largamente esibita, insieme ad altra frutta e generi alimentari locali e no (fin da Sicilia e Alto Adige), nell’attiguo mercato. Era possibile anche pranzare in loco, all’aperto, a prezzi decisamente abbordabili (ma senza sconti per i podisti). Ai due eurini dell’iscrizione è corrisposto non solo un servizio inappuntabile, a questi livelli (notata anche una ambulanza del comune di Zocca con la scritta “L’arma più potente contro la sfiga… è il sorriso”), ma anche un pacco gara a scelta tra piadina e biscotti integrali; nei pressi del ristoro è spuntata persino qualche caldarrosta a libera fruizione.
Modena, Corrieconomia: mettersi a correre a 50 anni
13 ottobre – Senza entrare in disquisizioni sui cambiamenti di nome (da Unimo a Unimore), su università parificate e statali, sull’abolizione delle facoltà, sulla “nefasta istituzione dei dipartimenti” (così scrisse una trentina d’anni fa un insigne docente veneziano) ecc., sulla Gelmini abilitata in Calabria e sulla ributtante colorazione della penultima ministra dell’Università…, Economia e Commercio di Modena compie mezzo secolo. Tra le iniziative per celebrare la ricorrenza, a parte la lezione magistrale dell’ex podista Prodi, si è pensato a una corsa: e non poteva essere diversamente, dal momento che la facoltà (pardon, Scuola) annovera tra i suoi membri Isabella Morlini, campionessa che non vince le gare riservate agli accademici perché sa a battere qualsiasi categoria di podiste, dalle bidelle alle maestre d’asilo, e qualche volta persino le carabiniere e finanziere e azzurrine in caccia di prosciutti.
Oggi Isabella non l’hanno fatta correre, ma l’hanno messa a co-gestire una corsa ideata in poche settimane: le puntuali foto di Teida Seghedoni
http://www.podisti.net/index.php/component/k2/item/2613-13-10-2018-modena-1-corrieconomia.html
la rappresentano prima al tavolo delle iscrizioni (foto 20), poi alle operazioni di fine gara (167-169). Hanno invece goduto della licenza di correre vari insigni professori di Economia (vedete foto collettive ai nn. 366-368), tra i quali Teida ha dedicato particolare attenzione al prof. Andrea Landi (foto 2, 328, 370 e seguenti), fino a poco fa presidente della Fondazione Cassa di Risparmio e dunque finanziatore di tutte le iniziative culturali modenesi. Poco onore hanno fatto a Modena le altre università, ma dico almeno che l’Alma Mater Bologna ha mandato Maddalena Roversi Monaco (vedetela all’arrivo nella foto 282, oltre che nell’altra cartellina e qui in testa con la dea ex machina della gara), e questo nome dice tutto.
Non solo prof c’erano, ma anche scolari: dal laureando Chittolini (anche qui, il nome dice tutto), accompagnato dal papà organizzatore della Maratona verdiana, alla matricola fuoricorso Pierluigi Verzoni, primo studente della prima lezione della prima Facoltà (1968: per non perdere la lezione arrivò mezz’ora prima, quando l’aula ricavata nell’obitorio era vuota), Verzoni che sudava i 24 mentre altri “compagni” senza fare un kappero ottenevano il 18 politico. Lui invece, che votava DC, non passò l’esame di matematica, dovette andare soldato, e al ritorno una banca lo chiamò (avete presente la canzone di Venditti “Compagno di scuola”?). Addio laurea: beh, siccome a Guccini, che ha fatto una carriera accademica simile, la Unimore ha rifilato la laurea Honoris causa, si potrebbe fare lo stesso anche per Verzoni, podista di lungo corso ridotto a sfidare il sottoscritto e Gelo Giaroli nelle garette locali (oggi ha perso, vedi foto 320 -321, ma solo perché – dice – gli hanno fatto sbagliare strada!). La prof Morlini gli potrebbe proporre una tesi di statistica su quanti km ha corso in vita sua.
Visti anche universitari futuri, molto futuri (foto 135, 146, il simpatico 159 con quella maglietta che gli fa da sottana, e ancora da 258 a 279), e molte donne, una almeno delle quali deve aver imparato da una certa podista nostrana a scontorcersi e mostrare le sue indubbie doti quando intravede Teida (foto 108).
Percorso storico-nostalgico, tra le varie sedi universitarie, quantificato in 7,3 km dalla Fratellanza che lo organizza, ma che i Gps tradiscono in 6,8: qualche reminiscenza della Corrida (infatti Ferraguti è a vigilare nello stesso posto dove sta il 31 gennaio), decisamente brutto il tratto a sud lungo la Giardini e l’orrendo quartiere di San Faustino, dove evitiamo l’unico luogo decente, il parco ex Autodromo. Traversando via Guglielmo Zucconi, scambiamo col collega direttore Macchitelli (altro laureato di Economia) alcune impressioni su giornalisti modenesi padri e figli degeneri : siamo noi peones, i soliti che popolano le cronache locali dello scrivente (foto 86-90, ecc.), che procedendo a 5:35 possiamo dirci tutto quello che vogliamo.
Si arriva presto, mezzo giro dell’ippodromo (pardon: parco Novi Sad in memoria delle non sopite simpatie politiche degli amministratori) e poi tra le braccia (metaforiche) della Morlini, e a un buon ristoro finale, tutto gratis come l’iscrizione e la maglietta della gara. Che non passerà alla storia, ma resterà sicuramente irripetibile, come diceva il poeta, in questo tiepido sole ottobrino che splende sulle vigne saccheggiate.
Bordin olimpionico nel 1987?
Appena sentito, o meglio visto (sabato 13 ore 20,30), in una didascalia della trasmissione “Le parole della settimana” di Massimo Gramellini, versione maschile della Littizzetto come spalla di Fabio Fatuo sulla rete 3, la sezione intellettuale e progressista della Rai.
https://www.raiplay.it/programmi/leparoledellasettimana/stagione2018-2019/puntate
Tra le parole d’ordine scelte per un commento, c’era “Maratona”, e via con le immagini di Dorando Pietri, Bikila, a seguire Bordin che taglia il traguardo di “Seul 1987”. Gramellini non ha avuto da eccepire (nemmeno l’anno dispari l’ha messo in guardia): a salvare la verità storica è intervenuto poco dopo Enrico Mentana, dicendo “1988” e confessando che ogni tanto si sogna maratoneta (non per niente il web lo acclama “direttore delle maratone televisive”); salvo poi ficcarsi, l’Enrico, in una scivolosa retorica politica avente come oggetto il Tria-tlon e lo slalom (governativo). Cosa, lo slalom, di cui si intende, essendo in carriera passato da Rai a Finivest a La7. Ma questo stavolta non importa: quando il saggio indica il cielo, lo sciocco guarda il dito. Il cielo era quello di Seul 1988, il dito era quello del bravo Mentana; tutto il resto è gramo gramo.
Dramma a Ferrara per Emanuele Piacentini
Nel silenzio assoluto degli organizzatori (il sito web della maratona di Ferrara ha il post più recente datato 24 settembre, e non si premura nemmeno di linkare le classifiche, forse per nascondere il disastroso calo di partecipazione), come pure dell’informazione stampata e online, grazie ad alcuni amici siamo venuti a sapere che il forte atleta reggiano Emanuele Piacentini, giunto terzo in 2.40:42 sul traguardo della maratona (affrontata come test, senza impegno estremo), poco dopo l’arrivo si è sentito male.
Come riferisce il suo allenatore e concittadino Eugenio Ferrari, che è subito accorso all’ospedale di Ferrara, Piacentini sotto la doccia ha accusato un dolore al petto. Fattosi immediatamente visitare dai sanitari di servizio, è stato ricoverato con urgenza e sottoposto a intervento di angioplastica.
Ora è fuori pericolo, e naturalmente il decorso post operatorio sarà lungo, ma i sanitari assicurano che potrà tornare a correre.
Piacentini, classe 1967, modenese di Frassinoro tesserato UISP per la "ASD Sportinsieme" Castellarano, e Fidal per il "3.30 Road&Trail Running Team" di Formigine, nel 2017 ha ottenuto il suo miglior tempo in maratona con 2.29:55 a Verona (dove si laureò campione italiano master M 50); un mese prima aveva vinto anche la maratona di Parma con 2.43:13, dopo aver chiuso in 2.31:52 a Milano.
In questo 2018 si era presentato con un 2.34:57 alla maratona di Milano, mentre nel 2016 aveva realizzato 2.31:23 a Reggio Emilia, vincendo anche la mezza maratona Maranello-Carpi in 1.13:01.
Piacentini ha iniziato a correre nel 2014 a 46 anni ottenendo rapidamente prestazioni di elevato livello anche in gare più brevi; ecco alcune delle sue migliori prestazioni:
2015: Vittoria nel "Dinamo Trail" (Abetone), vittoria nella Maratonina del Monte Cantiere (Piane di Mocogno).
2016: Campione Italiano di Maratona a Verona in 2h29'55", vittorie all'Alpicella Trail (Piandelagotti), nella Maranello-Modena Half Marathon e nel Forbici Trail (Civago), 4° nella Saxo Oleum Run (Sassuolo).
2017: Vittoria nel Forbici Trail (Civago), nella Maratona di Parma in 2h43'13, nel Mimosa Cross (Albinea), 3° all'Alpin Club Half Marathon di Milano in 1h11'52", 9° nella Cortina Dobbiaco in 1h48'55", 3° nella Maratonina Campovolo (Reggio Emilia) in 1h12'30", 3° nel Giro Podisticodell'Isola d'Elba.
2018: Vittoria nella Maratonina di Fabbrico e nella Saxo Oleum Run (Sassuolo), 5° nella "Valli e Pinete" (Ravenna), 3° nella "21 di Reggio Emilia" in 1h15'06", 2° nella XXXII^ Camminata Avis Half Marathon (Novellara) in 1h12'53", 2° nella Chocolat Run (Casalgrande), 2° ne "La Cotta" di Frassinoro, 3° nella Ferrara Marathon in 2h40'42", che è stato l'inizio dei suoi guai.
Seguiremo con trepidazione gli sviluppi della sua vicenda umana, sperando poi di narrare di nuovo le sue imprese agonistiche.
Monte Pastore (BO), 40° Camminata della Caldarrosta
Polinago (MO), 4° Panoramica Trail: piccolo e bello
30 settembre - Non era facile radunare molti partecipanti ad una gara sull’appennino modenese, quando in provincia si svolgevano due camminate ufficializzate dai Coordinamenti (a Finale Emilia, che dichiara 1500 partecipanti, e nella vicina Sassuolo, con 1100), e a Taneto nel reggiano un’altra classica (altri 1150 presenti, e la cifra decisamente alta di 326 nella competitiva); mentre gli appassionati di fuoristrada avevano a disposizione la ecomaratona bolognese di Monte Sole (146 arrivati nei tre percorsi).
Si aggiunga che Polinago, 810 metri d’altezza, ha una fama certamente inferiore alle principali località appenniniche, non è nemmeno citata nella Guida rapida d’Italia del TCI (che tributa i suoi onori invece a Zocca, Sestola, Pievepelago, Fiumalbo e Frassinoro): è insomma una località tranquilla, per intenditori amanti della quiete, abbastanza fuori dal traffico automobilistico.
Non bisogna dunque sorprendersi se la partecipazione a questa corsa, sebbene inserita nel campionato regionale Uisp, è stata più modesta rispetto ad altri trail modenesi: 80 competitivi classificati e quasi altrettanti non competitivi, questi ultimi che per soli 3 euro potevano cimentarsi su tre percorsi, incluso quello massimo dichiarato di circa 21 km con un dislivello di 900 m (il mio Gps dichiara 20 km e 800 D): un percorso solo, dunque, rispetto ai due di 26 km con 1050 m D e di 16 km con 620 m D esibiti due anni fa (quando assommarono, fra tutti e due, 133 classificati).
Ripensandoci, credo di essere stato a Polinago (cioè a un’ora d’auto da casa) in vita mia quattro sole volte: una antichissima per una partita di calcio del Torneo della Montagna (un’altra delle cose che non si fanno più), una medio-antica per una podistica mista strada-sterrato (pure abolita da anni annorum), e due volte per queste edizioni 2016 e 2018 del trail. E quest’anno devo essere grato al nuovo giro che ci ha portati sulle due ‘emergenze’ turistiche più interessanti della zona, il castello di Brandola (sfiorato dopo pochi km e attraversato verso il 14°) e il Ponte Ercole o “del Diavolo”, sotto il quale siamo passati intorno a metà gara.
La ProLoco e il comune di Polinago hanno insomma seminato bene per la promozione territoriale, e il gestore principe della manifestazione, Ercole Grandi, si è comportato in maniera impeccabile, trovando peraltro valido aiuto nei molti sbandieratori collocati con grande frequenza (c’era anche il vecchio presidente di CasaModena Atletica, Tiziano Franchini, a suo tempo ‘licenziato’ perché aveva troppo successo rispetto agli altri sport sponsorizzati dai salumieri); di lusso i tre ristori distribuiti a intervalli regolari, oltre che quello della partenza-arrivo, dove prima di partire non ho resistito ad una frittatina fredda distribuita dalla coetanea collega prof Andreina Mattioli, rivista forse dopo trent’anni ma sempre uguale.
Tutto il tracciato era ben percorribile, senza ostacoli o difficoltà particolari (due salite principali, a sfiorare quota 1000, e due discese verso i 550 metri) e segnalato in maniera inappuntabile (e quando i segnali sono così frequenti, hanno un bel da fare i rituali boicottatori o burloni che li tolgono: come l’Italia con la riduzione del deficit, non ce la faranno mai); e sono convinto che almeno una metà dei partecipanti sia riuscito a correre sempre, come dimostra il tempo del vincitore, il ventitrenne Roberto Gheduzzi (Mud & Snow), primo in 1.36:52, due minuti abbondanti prima del secondo, il reggiano Massimo Gazzotti (1.39:10). Decisamente più lontani gli altri, eppure in 12 sono stati sotto le due ore. Il che non è accaduto per le donne, 21 in totale, regolate dalla reggiana quarantenne di S. Polo d’Enza Rossella Munari in 2.06:51, mezzo minuto scarso davanti alla compagna di squadra Monia Fontana.
Le ultime se la sono cavata appena sopra le 3 ore e mezzo (cioè con un’ora di anticipo sul generoso tmax), e si trattava di una coppia sassolese abbastanza fissa in questo tipo di gare, la minutissima Cecilia Gandolfi (moglie di Italo il fotografo) e la longilinea Ginetta Palandri, giunte in compagnia del formiginese Alberto Bonvicini (che forse da solo pesa come le due signore messe insieme). Poco prima era arrivata la leggendaria Ketty, al secolo Lucia Zanetti da Bologna, classe 1955, già autista di corriera e dotata di un lato B sogno di molti podisti; mentre in 2.56 aveva concluso, in pieno relax, la frignanese Ermanna Boilini, reduce da una novantina di km della UTMB e (l’anno scorso) dal massacrante Tor des Géants stoicamente concluso.
Tra gli uomini più affezionati, in pieno spirito dilettantistico nel senso migliore, non potevano mancare Massimo Muratori (2.38) e Ideo Fantini, reduce dall’infame esperienza (non per colpa sua) del pazzesco trail da 501 km sui crinali appenninici, qui il più anziano in gara, ma anche oggi capace di lasciarsi dietro una trentina di rivali (incluso, ovviamente, il sottoscritto).
Ci siamo ritrovati insieme, dopo una doccia calda anche per gli ultimi e un nuovo assaggio dei ristori della prof Andreina (questa volta ho puntato sulle torte), al pasta party, forse meglio definibile salsiccia party data l’abbondanza di questo elemento all’interno del piatto di maccheroni.
La bella giornata di sole, fresca e limpida, ultima del fine-estate, ci ha reso tutti più allegri.