Direttore: Fabio Marri

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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Domenica, 13 Ottobre 2019 19:27

Correggio (RE) - 36^ Camminata di San Luca

SERVIZIO FOTOGRAFICO - 13 ottobre – Proverbio emiliano: Per San Locca – chi an’ha semnée se splocca , “per San Luca (ufficialmente il 18 ottobre), chi non ha seminato si strappa i peli”; cioè chi non è previdente, peggio per lui. Bisogna dire che a Correggio stanno seminando bene da parecchio, ed ogni anno in questa occasione – come misura dell’affollamento - si fa sempre più fatica a parcheggiare nei pressi dello stadio.

Che a sua volta è divenuto il centro forse più nevralgico di tutto il podismo reggiano (come dichiaro da vent’anni, il più avanzato della regione): basti pensare che questa gara era la quarta delle cinque tappe competitive del “Circuito correggese”, cui si aggiungono le tantissime non competitive della stagione estiva nel territorio comunale (Prato, Fazzano, Lemizzone, San Martino e chi più ne ha più ne metta, aggiungendo poi anche le campestri).

Nell’ultima curva prima del traguardo,  ho salutato il grande Franco Pederzoli, classe 1945, che pur essendo di San Martino in Rio (cioè a 4 km) è tuttavia l’anima della Podistica Correggese, ed oltre a spendersi per la società ha anche un curriculum di podista niente male, inclusi vari Passatori.

E nella busta contenente il pettorale erano inclusi i volantini di due altre gare previste a Correggio (questa volta in centro) nello stesso pomeriggio del 26 ottobre: la 5^ Camminata in rosa alle 15,30, e i Diecimila alle 17. (Non sto a chiedermi come gestiranno le due diverse onde di podisti: ce la faranno certamente).

Oggi intanto, la maratonina competitiva ha classificato ben 412 partecipanti (72 donne), grosso modo il doppio di quelli che solitamente si vedono in gare del genere: merito, certamente, dell’inclusione nel circuito Corriemilia (oltre che nel campionato provinciale reggiano), e del convergere qui di ben tre coordinamenti, Reggio Modena e Bassa padana (tra Mirandola e Mantova). Altri tempi, quelli in cui oggi si correva la maratona di Carpi e gli agonisti dovevano fare la propria scelta: adesso invece i vari Mastrolia, Paolino & Maurito Malavasi, Werter & Silvia Torricelli, Allesimo e Du Bien Sen non avevano alternative.


Poi c’era l’orda dei non competitivi da 2 euro, persone rispettabili quasi tutte, salvo quelle che già mezz’ora (o un’ora?) prima dell’orario stabilito erano per strada e in qualche caso si stavano dirigendo verso il traguardo (o meglio, verso il ristoro finale), non sempre inalberando il pettorale (foto di Morselli dalla 23 in avanti). Il fenomeno dilaga, ma si potrebbe tentare di limitarlo se gli sbandieratori non fermassero il traffico di chi sta legittimamente andando in auto al ritrovo per lasciar passare, più o meno sulle strisce, questi abusivi, del tutto privi di copertura assicurativa in caso d’incidente.

Il percorso è quello ormai collaudato nelle ultime edizioni (dopo l’abbandono definitivo di quello che si svolgeva a nordest del centro, in direzione di Carpi), che ricalca soprattutto la seconda tappa delle “Tre sere”, allungandola verso Prato e Lemizzone: alquanto monotono nella prima metà, dove consiste prevalentemente in una ciclabile a fianco dello stradone per Reggio; più vario, con tratti campestri, nella seconda, che si chiude con l’attraversamento di due parchi correggesi e il rientro in zona stadio, con i percorsi (competitivo e non comp) separati non solo negli ultimi venti metri come spesso succede ma  a oltre mezzo km dall’arrivo.

Traffico pressoché assente, eccellente controllo agli incroci (noi ‘regolari’ ne avevamo diritto, mica i partenti all’alba), quattro ristori in corsa e uno extralusso al traguardo, comprensivo di mortadella affettata e in cubetti. Pacco gara con bottiglia di moscato o rosé per tutti, e per i competitivi anche pasta all’uovo, mezzo kg di mortadella al pistacchio e mezzo kg di parmigiano, ovviamente a km (quasi)zero.

La gara agonistica è stata dominata, in campo maschile, dal 26enne Riccardo Vanetti (che nel nome sociale ricorda il grande Vito Melito scomparso pochi mesi fa), con un vantaggio di 3 minuti e mezzo (praticamente un km) sul secondo, Lorenzo Gardini più anziano di lui per due soli anni (viva i giovani che garantiscono il futuro del nostro movimento!); i primi due veterani, intendo over-40, sono i due correggesi Davide Salsi ed Emilio Mori (sesto e settimo, dietro il coéquipier Federico Davoli che però ha ‘solo’ 33 primavere).

Più scontata e ‘veterana’ la classifica femminile: quando mancano Morlini e Alfieri, il successo va o alla quarantenne Laura Ricci (che oggi ha corso coi colori nativi della Pod. Formiginese), o alla quarantacinquenne Daniela Ferraboschi, distanziate di mezzo minuto e che hanno fatto il vuoto dietro sé (la terza è a 6 minuti). Nessuna under 35 tra le prime 10, di cui qui vedete le classifiche.

Da notare (come mi risulta confrontando  i tempi ufficiali con quelli visti sul display all’arrivo e quello del mio cronometro) che la classifica è data secondo real-time e non col gun-time. Più che giusto.

 

Ordine d'arrivo Maschile

1 262 1:13:50 VANETTI Riccardo FI ASD ATLETICA MELITO BOLOGNA M AM 1993

2 138 1:17:24 GARDINI Lorenzo UI ATLETICA VIADANA M AM 1991

3 373 1:18:02 VILLA Lorenzo UI ATLETICA MDS PANARIAGROUP ASD M AM 1980

4 16 1:18:27 DAVOLI Federico UI PODISTICA CORREGGIO A.S.D. M AM 1986

5 302 1:18:51 MANTOVANI Michele UI ASD FARO FORMIGNANA M AM 1983

6 35 1:19:34 SALSI Davide UI PODISTICA CORREGGIO A.S.D. M BM 1979

7 28 1:19:37 MORI Emilio UI PODISTICA CORREGGIO A.S.D. M BM 1979

8 275 1:20:04 COSTI Claudio UI GRUPPO PODISTICO LA GUGLIA SASSUOLO SSDM BM 1975

9 258 1:20:11 TOSTI Fernando FI ATLETICA 85 FAENZA M BM 1977

10 66 1:20:11 BERTOLINI Davide INDIVIDUALE M AM 1994

 

Ordine d'arrivo Femminile

1 287 1:25:21 RICCI Laura UI PODISTICA FORMIGINESE ASD F BF 1979

2 319 1:25:55 FERRABOSCHI Daniela UI ATLETICA MDS PANARIAGROUP ASD F BF

1974

3 260 1:31:17 TURRINI Eleonorachiara UI ASD SAMPOLESE BASKET & VOLLEY F AF 1984

4 392 1:31:58 RICCHI Lucia UI 60 ALLORA F AF 1982

5 293 1:33:13 AGNOLETTO Elenia UI ASD FARO FORMIGNANA F BF 1979

6 251 1:35:01 TEACA Galina FI ATL. VIADANA F BF 1979

7 265 1:35:52 VENTURELLI Francesca UI PODISTICA FORMIGINESE ASD F BF 1979

8 290 1:36:10 TORRICELLI Silvia FI CIRC.RICREATIVO CITTANOVA F AF 1983

9 212 1:36:22 PICCINNI Gloria UI ASD SAMPOLESE BASKET & VOLLEY F AF 1983

10 364 1:36:29 BALBONI Anna FI S.G.LA PATRIA 1879 CARPI F BF 1974

6 ottobre – Sul tracciato, sostanzialmente lungomare, che tra due settimane vedrà lo svolgimento della maratona pescarese, ma ovviamente con percorso ridotto, circa 220 dipendenti universitari (di cui ben 78 donne), da una ventina di atenei, hanno disputato la loro competizione annuale, che ogni anno è assegnata ad  una università diversa (nel 2018 fu Pavia; nel 2020 pare sarà Milano, che col suo storico presidente Manfredi Tretola diede impulso a questi campionati, un tempo abbinati alla Stramilano).

Lotta abbastanza serrata per il successo assoluto nella gara maschile, sugli 8,5 km (con una sessantina di metri di dislivello per il passaggio attraverso due ponti sul fiume Pescara): ha prevalso un ‘naturalizzato’,  Eric Edoardo Sanchez Chavez, in rappresentanza dell’Università della Calabria, in 28:57, 10 secondi meglio di Berardo  Nicese (Firenze), che a sua volta ha preceduto di 7” Domenico Perilli di Pisa. A meno di un minuto dal vincitore assoluto è giunto il 4°, primo degli M 40, Francesco Gioviale di Salerno. Un nome illustre quello del vincitore tra gli M 50, Giovanni Guareschi, ovviamente di Parma (31:07).

Parmense è la vincitrice assoluta tra le donne, sui 5 km: Roberta Maestri, 21:32, con oltre un minuto di vantaggio sulla seconda, Veronica Lunerti da Camerino, e due minuti sulla terza, Loredana Rollandi della Statale di Milano. Anche in campo femminile, la quarta assoluta, Silvia Borselli (Firenze) è la prima F 40, immediatamente seguita tra il 5° e l’8° posto nella graduatoria generale dalle vincitrici delle altre categorie: Simona Grimaldi (Catania, F 45), Irene Marzoli (Camerino, F 50), Annamaria Nistri (Firenze, F 55), Cecilia Scoccia (Ancona, SF).

Onore anche ai più anziani: Lina Guglilmello (Milano), unica F 75, ma che ha lasciato dodici podiste dietro sé; Sandro Balelli (Camerino) e Arnaldo Becherucci (Genova), i due M 75, anche in questo caso tutt’altro che ultimi.

La classifica per società (che sommava i punti di partecipazione a quelli dei migliori piazzamenti) è stata vinta nettamente dall’università della Calabria, giunta a Pescara in forze (ben 48 partecipanti), davanti a Firenze (che però schierava solo 19 atleti) e ai padroni di casa di Chieti-Pescara (25 atleti).

La classifica “di merito” (alias “premio qualità”), che suddivideva il punteggio generale per il numero effettivo di podisti,  è stata infatti vinta da Firenze, davanti a Camerino (15 classificati) e alla Calabria. Notevole il quarto posto ‘compensato’ di Parma, giunta a Pescara con soli 10 rappresentanti, ma evidentemente di valore, e di Padova, sesta con 9 atleti soltanto.

Tracciato quasi tutto su strada (chiusa al traffico, con notevole spiegamento di vigili), tranne qualche centinaio di metri su pista ciclabile, in particolare nel modernissimo Ponte del Mare alto 50 metri, e tra i più lunghi d’Europa nella sua categoria. Freccine direzionali non sempre evidenti, specie alla divisione dei percorsi tra uomini e donne, e negli ultimi 2 km dopo il Ponte del Mare, per cui ai corridori è stata praticamente lasciata la scelta fra strada, ciclabile e marciapiedi pedonali. Ottime le strutture di partenza-arrivo, squisitamente completate da torte casalinghe; e pronta l’esposizione delle classifiche by Sdam  (coi chip a ‘disco volante’); non avrebbe guastato un tappetino di controllo al giro di boa maschile, dopo circa 4 km.

Dopo qualche aggiustamento, specie nelle classifiche di categoria, le premiazioni si sono svolte regolarmente, al centro-gara in un albergo a cento metri dal traguardo, poco più di un’ora dopo l’arrivo dell’ultimo. Festa completata dal pranzo sociale nello stesso albergo, durato meno del previsto e che ha consentito a chi lo volesse, prima della partenza degli affollati e ritardanti treni per il nord, una visita alla Pescara storica, soprattutto alla casa natale di D’Annunzio aperta straordinariamente anche la domenica pomeriggio.

Venerdì, 04 Ottobre 2019 22:14

Bologna: un San Petronio “Strafico”

4 ottobre – Nella ricorrenza del patrono di Bologna, San Petronio, si è svolta la seconda edizione della StraFICO, la corsa enogastronomica non competitiva per tutti all'interno della cittadella dell’alimentazione contadina  sorta a nord di Bologna. I dati ufficiali Uisp parlano di 1000  partecipanti, non solo bolognesi (rimasti orfani al penultimo momento della gara ufficiale del Cordinamento, ‘intelligentemente’ programmata a un km da FICO), ma da tutta Italia, anche stranieri come tedeschi e americani.

È stata una corsa o camminata di 5 km, ognuno dei quali marcato da una ‘tappa’ o ristoro di specialità tipiche (polenta, piadina, purè, squaquerone… e vini o bevande analcoliche sempre diverse), con l’ accompagnamento di Radio Bruno e dello speaker Leonello Viale che domenica scorsa era a Ferrara e oggi ha annunciato le prossime maratone, non solo di Bologna (sempre sponsorizzata da FICO) ma addirittura di Carpi. E se su Bologna qualche dubbio l’abbiamo, su Carpi poi…

Il tracciato era in sostanza il perimetro interno del parco, tra i vigneti, le piante rare e gli animali (particolarmente apprezzati dai bambini, attratti soprattutto dai somarelli e dai maialoni di varie razze e dimensioni enormi, alla faccia di chi non li vuole gustare perché il Libro lo vieta), con uno zigzag un po’ più lungo nello spazio del festival “Lanterne”, ovvero estremo-orientale tra Budda e pagode (e ai margini i dinosauri, la cui pertinenza resta dubbia, e certamente non si mangiano).

Qualche piccolo disguido di segnalazione, negli attraversamenti all’interno dell’area coperta quando si presentavano i bivii per il primo o il secondo giro, non ha fatto comunque perdere nessuno, perché come diceva Dalla, a Bologna non si perde neanche un bambino.

Quote di iscrizione non particolarmente popolari (10 euro per gli adulti, 8 per i bambini, gratis per gli under 5 e… i cani), ma compensate da vari benefit, come l’accesso gratuito alle giostre e il parcheggio gratuito, e naturalmente dai ristori gastronomici, inclusa la mela che i due piccoli della foto stanno assaporando con gusto dopo la fine della prova.

Mentre a pochi chilometri andava in scena l’ennesima calata di braghe della fu-civiltà cattolica, sotto forma dell’invito vescovile a confezionare tortellini senza carne di maiale (e perché non anche vino senza alcol?) per ‘accogliere’ chi, a casa sua, non esita a trattare in ben diverso modo gli ‘infedeli’, e a casa nostra non ha paura, poniamo, a castigare come sa lui la figlia che rifiuta il matrimonio combinato col settantenne, qui si è conservato l’orgoglio di proclamare al mondo la propria unicità, culturale, sportiva, gastronomica. Non esente da dubbi (perché solo i talebani di ogni confessione non hanno dubbi), come aveva già capito Guccini: “Lo sprechi il tuo odor di benessere  - però con lo strano binomio - dei morti per sogni davanti al tuo Santo Petronio - E i tuoi bolognesi, se esistono - ci sono od ormai si son persi - confusi e legati a migliaia di mondi diversi”; però bolognese: “bolognese invece”, si diceva una volta; quando il romanesco Trilussa inscenò un maiale filosofo a predire al somaro “via, nun fa’ lo scemo - ché forse un giorno ce ritroveremo - in quarche mortadella de Bologna”.

Fin che dura, come si dice in gergo, è “tutto molto fico”.

Martedì, 01 Ottobre 2019 00:19

La maratona di Bologna ricomincia da 1

Perfino il “Corriere della sera” di Bologna, ieri 29 settembre, ha dedicato una pagina intera (o perlomeno, un titolo a tutte colonne) all’evento, sia pure mettendolo insieme alla fantasiosa idea delle Olimpiadi 2032 che puzza alquanto di propaganda elettorale (le olimpiadi in una città che sta radendo a zero la pista d’atletica dello stadio? Ai membri del CIO faranno vedere il campo Baumann?).
In ogni caso, ecco il comunicato di Bologna Sport Marathon ASD emesso il 28 settembre:

Il prossimo anno è in arrivo una grossa novità nel calendario dei grandi eventi sportivi nazionali.

Finalmente anche la città di Bologna avrà la Maratona.

La FIDAL ha ufficializzato che Domenica 1 marzo 2020 si svolgerà la prima edizione della “Bologna Marathon”, progetto sul quale già da mesi l’assessorato allo Sport del Comune di Bologna assieme al team organizzativo della “Bologna Sport Marathon ASD” stanno lavorando.

Tante novità verranno proposte per questo evento, che si candida già come riferimento per il mondo podistico italiano e non solo.

Sarà un percorso cittadino, con partenza ed arrivo in Piazza Maggiore, che attraverserà le più belle piazze e strade della città, coinvolgendo i principali portici cittadini, valorizzandone anche la recente candidatura a Patrimonio Unesco.
Oltre alla distanza classica dei 42 km, verranno proposte una gara di 30 km, ideale come preparazione per altre distanze lunghe, ed una corsa non competitiva di 6 km, aperta a tutti.

L'Expo Village, centro di riferimento nei giorni precedenti all'evento, sarà organizzato presso Fico Eataly World, presentandosi come un'occasione nella quale gli atleti e i visitatori potranno vivere un’esperienza a tutto tondo all’insegna dello sport endurance e non solo.

Il progetto, in sinergia e collaborazione con le numerose realtà sportive e podistiche di Bologna, intende proporsi come punto di riferimento di altre iniziative sportive sul territorio che verranno organizzare durante tutto l'anno.

L’obiettivo della Bologna Marathon sarà quello di entrare tra i grandi eventi della città, per la città. Tutti i dettagli saranno condivisi nei prossimi giorni attraverso i canali ufficiali di comunicazione dell’organizzazione.

 

Mancano cinque mesi e due giorni alla data presunta del parto, ma il sito appena messo in piedi non dà altre informazioni, ad esempio sul percorso: le poche foto messe in circolo mostrano podisti che corrono anche sui ciottoli di via S. Stefano, fondo – direi – turisticamente suggestivo ma alquanto improbabile per chi corre con scarpette sottili. Correre nei portici, poi? Ricordo la prima personale maratona di Bologna che corsi nel 1991, anche allora partenza e arrivo in piazza Maggiore: in via dei Mille osai andare sotto il portico, subito un addetto dell’organizzazione mise la mano al taccuino minacciando la squalifica; oggi poi che tutti i portici sono occupati da sedie e tavoli dei bar, con l’aggiunta di qualche scivoloso residuo canino, sarà una bella lotta farci passare i podisti.

Comunque, la Fidal ha già omologato e assegnato la data: è vero che aveva pure già omologato e assegnato la data del 1° novembre 2018, dove poi a correre la maratona si ritrovarono Alessio Guidi e pochi altri, compreso uno che non doveva esserci…, dunque non è che una data sul calendario significhi che la corsa si faccia davvero.

A mia memoria, l’ultima maratona bolognese capitò quella domenica di aprile 1996 che segnò il trionfo elettorale del bolognese (e, dicono, maratoneta) Prodi, ma segnò pure il tracollo dei partecipanti (solo 400) e il tracollo finanziario dell’organizzazione di allora, che qualcuno mi quantificò in 26 milioni di lire: il capo di quell’organizzazione (dicunt, aiunt) da allora impedì a chiunque altro di usare il marchio registrato della maratona: ma il benemerito personaggio è morto lo scorso febbraio, e adesso (dicunt, aiunt) la maratona si farà.

Per usare una frase fatta, avremo modo di riparlarne.

29 settembre – Secondo alcune numerazioni, più o meno ufficiali, questa sarebbe la 46^ edizione della maratona di Ferrara. Curiosamente, quando ci avevo partecipato per la settima e (allora) ultima volta, il 27 marzo del 2011, quell’edizione si presentava come “1^ Ferrara Marathon & Half Marathon”, sia pure raccogliendo l’eredità della maratona di Vigarano, esistente già da prima che il sottoscritto cominciasse a correre le 42 km (dunque molti, molti anni fa). Ricordo il compianto Corà padre, che batteva i nostri raduni di podisti offrendo i pettorali della rinascita a 10 euro, quel tracciato ricavato dalla mezza maratona di Ferrara, e che per la prima volta non faceva tappa a Vigarano, alla Diamantina, al petrolchimico con la fiamma accesa in alto sulla ciminiera…

Comunque sia, ben venga la numerazione complessiva, che ci riporta al tempo in cui il podismo si organizzava e si correva in dialetto… Altri tempi: oggi, il major sponsor (da ringraziare, ci mancherebbe altro!) si presenta come specialista di bakering, quello che una volta si chiamava, da queste parti, furnaar, quel c’al fava al ciòppi, ma adesso è più moderno definire “professionista della panificazione”; e le sue cioppe tenere e squisitissime, distribuite al ristoro finale, si chiamano ‘coppie’ (non oso chiedere il loro nome in inglese).

L’Italia ha il fiato corto, pende dalle labbra dei big brothers o di Pippi calzelunghe, e lo sport non fa eccezione: la maratona di Ferrara, che negli anni eroici sfiorava i mille partecipanti, l’anno scorso per… colpa della Juventus dovette spostare la data tradizionale da marzo (“Vigarano di marzo fiorisce tra Pieve e Mainarda”, cantava al Battisti ad nuàtar) a fine settembre, pagandola con la perdita di un quarto dei partecipanti (445 arrivati contro i 596 del 2017). Si è insistito sul settembre, e gli arrivati sono calati ancora, oggi a 411: certamente non ha influito la concomitanza con la ecomaratona bolognese di Monte Sole (desertificata da ben 31 finisher !), forse qualcosa hanno tolto le maratone di Berlino e di Budapest, molto apprezzate dai maraturisti. Il bilancio ferrarese diviene però più allegro se si sommano i 506 che hanno finito i 30 km (diciamo, 29), e i 788 al termine della mezza maratona.

Insomma, questa mattina di fine estate (sic) ha visto Ferrara riempirsi di gente allegra, ben sopportata (non supportata)  dai residenti, e ottimamente sostenuta dall’apparato comunale: in Italia, non ho mai visto tanti vigili presidiare le strade come oggi, e tante rotonde transennate precisamente, con vie di passaggio sempre chiarissime. Chissà che anche da questo non si veda il volto nuovo di un’amministrazione finalmente rinnovata dopo settant’anni alquanto, diciamo così, monocordi.

L’allegria è massima nella zona occupata dagli “Arrivo piano, ma arrivo” di Alessio Guidi (Un presidente, c’è solo un presidente!), che ha incluso questa maratona tra le sue Six Minors, ma non la può correre per le deplorevoli ragioni che sappiamo: intanto, celebra i cento nuovi tesserati al suo gruppo per quest’anno. Merita davvero la squalifica per eccesso di proselitismo.

Non male l’organizzazione: due parcheggi gratuiti a disposizione entro un km dal via, entrambi molto vicini alla doppia collocazione delle docce (peccato però che il pastaparty fosse a 150 metri da uno dei due parcheggi, ma a quasi 2 km dall’altro); consegna pettorali veloce e senza troppe formalità, servizi tutti collocati nei dintorni del castello (ma mi chiedo se la custodia borse non poteva essere più vicina, specie considerando la lunga camminata poi necessaria per raggiungere le docce); bel pacco gara, con maglietta, asciugamano, uno squisito succo di mela, e le solite bustine fitofarmaceutiche che ormai ti danno in tutte le corse, supponendo che i maratoneti abbiano bisogno di fare tanta plin-plin mentre semmai, data la loro età prevalente, avrebbero bisogno di farla meno spesso…

La novità del percorso era stata vantata, specie per i 14 km (forse 12-13, anche considerando il km a doppio senso all’altezza del giro di boa del 21) corsi sull’argine destro del Po, indubbiamente comodi per la mancanza di traffico (oggi vietato anche alle bici), affascinanti per taluni squarci (le isolette a pelo d’acqua popolate di gabbiani, le chiesette che emergono nell’aria brumosa), ma che dobbiamo abbandonare proprio quando il corso del fiume diventa più vario, piegando a nord verso Ro e Polesella (dove c’era l’ultimo ponte di barche, e dove Visconti ambientò il suo film tutto ferrarese, “Ossessione”, presto imitato dal ferrarese Antonioni con "Cronaca di un amore").

Rivedo nella mente i camion che, all’epoca, percorrevano la statale proprio sull’argine; o Guareschi che la fece in bicicletta cercando qualche traccia del “mondo piccolo” (e infatti la foto fatta dall’argine, di uno di quei paesini che vediamo anche noi oggi, divenne la copertina del primo Don Camillo); ogni tanto, un suono di campane nascoste viene dall’altra riva.

Il momento epico (per dirla con Carducci “Canta del Po l’ondisona riviera. - O terre intorno a gli alti argini sole - ove pianser l’Eliadi…") finisce con la discesa in pianura (località Ruina, nome-presagio); ora la strada in pratica costeggia l’argine da basso: vediamo gli ultimi podisti ancora sull’argine, prima del km 20, e ci chiediamo se staranno nel tmax delle 6 ore (con un po’ di tolleranza, sì). Non è che i paesaggi siano molto attrattivi: a Fossa d’Albero si intravede un “luogo di delizie” estensi, divenuto albergo; più avanti (Pescara?) c’è una chiesina che il cartello indica del Quattrocento, ma all’esterno sembra tutta moderna. Poi si comincia a vedere all’orizzonte il palazzone vicino alla stazione di Ferrara, e respiriamo odore di traguardo (ma mancano quasi 10 km, compreso il giro quasi per intero da fare sotto le mura).

I pacemaker con palloncino ci superano sempre prima di quanto speriamo; spesso sono soli, eppure fischiano come se dovessero avvertire il pubblico ai bordi (voglio esagerare dicendo che prima di tornare in città ho visto al massimo venti persone sulla strada, a parte gli addetti). Al km 26, puntuale come in ogni maratona, mi supera il compatriota Aligi Vandelli, SM 70, che resisterà ai crampi finendo appena sotto le 5 ore (e al traguardo mi dirà con giustificato orgoglio che suo figlio ha finito il Tor des Géants in 138 ore); l’altro paisà Lorenzo Borghi, che avevo passato alla mezza quando camminava insieme a Maurito, si riporta sotto e con la sua tattica di alternare tratti di corsa ad altri di passo raduna qualche suiveur e mi precederà, come fa Giorgio Salimbene, già ‘sfidato’ a Prato due settimane fa, dopo uno sprint al rallentatore che dura per tutto il monumentale km di corso Giovecca. Siamo tutti col fiato corto, e da quel bel po’.

Ristori sempre puntuali e ben forniti, con acqua fresca distribuita sia nei bicchieri sia in bottigliette: al 35 (eravamo già dopo l’una, e anche se non c’era l’afa di Doha, i 30 gradi li stavamo sfiorando) bevo quattro bicchieri, due di acqua e due di idrosalini (“al saal ad Fraara”, molto gradito), poi da un’auto di passaggio un atleta ritirato mi offre una bottiglia intatta, e finirò anche quella, versandola pure sulla spugna, dato che negli spugnaggi ci sono solo bacinelle di acqua stagnante, alimentate ogni tanto da tanichette, e con tanta gente che ci ha messo le mani…

Opportuna la collocazione dei quattro rilevamenti Tds (10, 21, 30 e partenza-arrivo, che ci dà anche il tempo netto), a scongiurare tagli: giusto tra il 10 e il 21 sto con Franco da Pont Saint Martin, tra gli organizzatori della maratona di Val d’Aosta, e il discorso scivola su quel rilevamento che non scattò là (e alcuni furono ‘graziati’, altri no, come il buon Bubu Furlan che ci sta dietro di poco con Paola Noris, in fotocopia rispetto a Prato).

Il castello ci appare all’ultimo istante (come il Duomo di Colonia all’arrivo di quella maratona); i nostri Gps hanno segnato il 42,2 già da quattro o cinque centinaia di metri, ma questo percorso è omologato Fidal,  come contestarlo? Utilissimo il ristoro finale, incluse al cioppi ed pan ad Frara (per il vino si può andare quasi di fronte, all’enoteca ariostesca-copernicana di Cucchiulino); un po’ meno belli i quasi 2 km da qui al recupero bagagli e poi alle docce (tiepide) presso la palestra del liceo Ariosto, e al pasta party che sta per chiudere, alle 15,30, quando arriva l’ingegner Liccardi con qualche altro finisher intorno alle 6 ore (e allora è giocoforza servire anche loro).

Ferrara è gloriosa parte nella storia della maratona italica; si vedrà l’anno prossimo se le novità del 2019, e la chiave consegnata come medaglia, terranno aperto il cuore al popolo delle lunghe.

Per il comunicato ufficiale:

http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/4935-ferrara-marathon-vincono-kibet-ken-mutai-e-federica-moroni.html

21-22 settembre – Il passaggio di stagione è stato celebrato, a Modena e dintorni, con due corse ‘abbastanza’ ludico-motorie, tra il centro città e il confine sud del Comune. Finita la stagione delle infrasettimanali, con l’autunno che ogni giorno sottrae luce, si sfruttano unicamente i weekend: il pomeriggio non troppo avanzato del sabato (perché alle 7 fa già buio) e la mattina della domenica, che per i cosiddetti “partéss prémma” è anticipata alle prime luci dell’alba. Naturalmente restano possibilità di evasione fuori provincia: sta anzi cominciando la stagione più intensa delle maratone e delle mezze; ma per chi non se la sente o non è capace, benvenuti anche gli scampoli settembrini.

Eccoci dunque sabato 21 al cosiddetto Parco Ferrari, che per un annetto fu chiamato Modena Park dopo che il Vasco ci fece il concertone (adesso però è un pezzo che la canzone “ModenaPark”, ovvero “Colpa di Alfredo”, non si sente più: tout passe, tout se remplace), e che i vecchi modenesi continuano a chiamare “Aftodròmo”, memori di quando ci sfrecciavano le auto di F1, tra Ascari e Surtees, o le moto di Provini, Agostini, Francesco e Walter Villa.
Sabato 21, dicevo,  si va al 2° “Allena la mente” (in meritorio sostegno dei malati di Alzheimer), dopo aver scelto tra le due facciate del volantino, una delle quali dichiarava la gara “domenica 21 settembre”, e l’altra “sabato 21 settembre”.

Lochèscion, il Parco, arcinota anche ai podisti, che la incontrano come sede, o passaggio, di almeno altre sei- sette gare ogni anno, inclusa la tappa intermedia della defunta maratona d’Italia, nonché di allenamenti a volte condotti, cronometro alla mano, dai due venerati santoni Gigliotti-Finelli.

Ma qui siamo al livello più ludico possibile, come svela già, all’arrivo, la voce di due speaker impostati sullo stile Gialappas, che fanno apparire sobrio persino il Paolo Mutton di secoli fa, e addirittura un austero regimental il Brighenti quotidiano: e riescono a coinvolgere nella loro forzata sproloquiante allegria persino l’assessora, convenuta malgrado il suo fisico dimostri poca dimestichezza con la pratica sportiva (lo potete commisurare nella foto 383 di Teida Seghedoni, quando al traguardo si confronta con una sportiva autentica, la Tina Turner dalla criniera al vento nelle foto 312-313).

http://podisti.net/index.php/component/k2/item/4882-21-09-2019-modena-2-allenalamente.html

Per il resto, è come andare in piscina: ci si tuffa quando si vuole, si esce dalla vasca a proprio piacimento, ci si rientra, si flirta con la vicina di asciugamano, si fanno dieci metri a tutta e quaranta in souplesse, si fa il ciaomama alla fotografa in attesa di postarlo su Fb, ecc.
Una mezz’ora prima del via, come le foto vi documentano, è tutto un girare in tondo: alla partenza ufficiale delle 17 ci presentiamo forse in un centinaio (su 500 iscritti dichiarati complessivamente). Mi colpisce la deliziosa scia profumata (a me pare talco, ma lei precisa trattarsi di vaniglia più zenzero) della più desiderata tra le podiste modenesi,  imperlata ma non imbruttita dal sudore per un giro già finito, e stranamente non circondata da stuoli di calabroni maschi, ma quasi esclusivamente da donne, o addirittura solitaria (Teida la immortalerà mentre si allaccia una scarpina nel bosco, foto 243-247). A grande richiesta, si concede per altri due giri; per gli altri due (tali da finire il plenum nominale di 10 km), la compagnia sarà offerta da Allesimo, e in particolare da Simona, che deve raccontarmi forse di nove maratone corse nelle ultime nove settimane e mezzo… e ha già la borsa fatta per andare con Alle  domani alla maratona del Mugello. Così passa un’oretta piacevole, tanto per riprendere confidenza coi battiti cardiaci, fra una 42 e un’altra.

L’indomani, il calendario del coordinamento prescrive una corsa a Quarantoli (Mirandola), estrema periferia nord della provincia, a quasi 40 km dal capoluogo. Da quelle parti hanno avuto or ora la forza di cambiare l’amministrazione comunale, dopo 70 anni di predominio di una parte sola (con annessi affidamenti famigliari alla famosa associazione Hansel & Gretel) ; ma non sono ancora riusciti a convincere i modenesi a sud di Carpi a frequentare le loro corse (fortemente decadute rispetto ai tempi mitici della Sgambada). Risultato, a Quarantoli dichiarano 400 presenze (quando la media modenese sta sempre sopra le 1000, talora 1500). E gli altri? Personalmente, come negli ultimi due anni vado alla “Meridiana” (a Casinalbo, una decina scarsa di km a sud di Modena), convinto di trovarmi, al pari degli anni precedenti e anche in forza della pioggia, insieme a poche decine di amici, intrufolatisi in quella che da 9 anni è la sfida competitiva tra i due circoli tennis appunto della Meridiana e del Villaggio Zeta di Modena (da qui il nome “Merizeta”).
Invece, Dio li benedica, eccomi coi parcheggi già pieni a mezzo km dal posto, la Teida in bici che fatica anche lei a trovare un parcheggio, varie  tende sociali (anche di società fedelissime al Coordinamento: foto 20) piantate nel prato antistante alla partenza… E soprattutto, all’iscrizione, mi sento dire dalle addette che i pettorali sono esauriti (possibili le iscrizioni solo per gli appartenenti ai circoli, impegnati nella sfida).
Ma abbiamo ugualmente il permesso di correre, eventualmente corrispondendo un eurino di libera offerta; è la seconda volta in vita mia che corro senza pettorale (la prima fu per uno sciopero dichiarato), e penso a quei personaggi che, abituati a correre da portoghesi, oggi lo faranno senza poter essere accusati da nessuno ( un compatriota ad honorem di Cristiano Ronaldo compare anche nelle foto di Teida, e fa perfino l’allegrone sbracciandosi quando vede la fotocamera: tanto, è gratis anche quella).
Quanti saremo? Boh? Il calcolo è reso arduo dall’inevitabile conseguenza del calo di qualità dei presenti: nel senso che, dico poco, duecento persone sono già in giro sul percorso (un avant-indree da 5,350 km x 2), magari con gli ombrelli; degli altri, solo i tennisti competitivi paiono soffrire nello sforzo agonistico (foto 204 per esempio), mentre i restanti si divertono, chi come suo solito annusando la scia di donnine mentre la moglie sovrappeso è rimasta alla tenda, altre invece correndo in tutta solitudine e grazia (foto 300, 330).

Tutto molto bello, per citare ancora la Gialappas. Che succederà fra un anno? Magari, la Merizeta sarà promossa a gara ufficiale del Coordinamento (chissà se voleranno gli stracci alla prossima riunione mensile), e ai mirandolesi resterà la vendetta che mi annunciarono minacciosamente quando li scoprii alla Corrida senza pettorale: “Vuàtar mudnìas an gnii minga al nòstar cùrsi, alora nuàtar a vgném a Modna e an paghèm minga”.

15 settembre - Ci sono due sole cose che non quadrano in questa seconda ecomaratona di Prato: prima, ma non in ordine d’importanza, la mancanza di docce, che ha ridotto noi arrivati ad attingere all’unica fontanella in zona (nella foto 33 vedete l’avvocato Reali, nella 34 Gianfranco Toschi, il ‘supermaratoneta dell’alba’, che si rinfrescano dopo l’arrivo). C’erano, è vero, molti bagni chimici, ma ovviamente senza acqua; eppure, se non si voleva allestire docce da campo, ci si poteva indirizzare verso i vicini campi sportivi, o in qualche palestra scolastica: non eravamo legioni.
La seconda cosa, più grave, viene dai numeri: di fronte alla tenuta degli arrivati nella mezza (305, contro i 307 del 2018), la maratona vede entro le 7 ore del generoso tempo massimo solo  139 podisti (di cui 29 donne), col risultato che parecchi dei tantissimi premi di categoria (ben 120, oltre ai premi per gli assoluti: vedete il mio nella foto 43) sono rimasti senza aggiudicatario’.  Segnalo peraltro che era disponibile anche una maratona-walking non competitiva, partita un’ora prima (e io ci ho messo una trentina di km a raggiungere quel nugolo di simpatiche magliette gialle); e una camminata di 7 km, cui ha partecipato, col papà, Indro Neri, leggendario iniziatore della Dead Runners Society e rientrato da poco dagli Usa.
Peccato per il calo, dico (mi sussurrano che potrebbe dipendere dalle cattive impressioni sul tracciato del 2018, più bruttino di questo): perché a differenza di una disastrosa maratona stradale allestita a Prato per pochi anni al principio del secolo, questa Ecomaratona ha un percorso molto bello, cominciando dalla sede della partenza, dei primi e degli ultimi due km (foto 17-20, ecc.), il Parco delle Cascine di Tavola (a ovest di Paperino, per ricordare quel capolavoro di comicità toscana del 1981); proseguendo con la dolce salita al parco e alla villa medicea di Poggio a Caiano del km 11; poi il bellissimo bosco ovvero “Bargo” dei km 14-16, seguito dal lungo argine dell’Ombrone che, con qualche interruzione e trasbordo da una riva all’altra, da un canale all’altro, da un boschetto all’altro, anche attraverso la comoda ciclabile “Fausto Coppi”, porta a Quarrata e da lì al bel parco-museo Quinto Martini di Seano, con tante umanissime statue di bronzo (la ragazza che vuol prendere l’oca ci scorre proprio di fianco) dell’artista locale scomparso da pochi anni.
Ancora argini, riecco il km 39 che era già stato il nostro 18, ma questa volta non ci costringono a voltare a sinistra per l’Ombrone (“non siamo noi che ti costringiamo, sei tu che scegli di andare per di là”, mi aveva rimbeccato argutamente lo sbandieratore), instradandoci invece sul percorso che era stato della 21, col rientro nelle Cascine per arrivare anche noi, Deo gratias.
A occhio e croce, almeno i 3/4 del tracciato erano su sterrato, con tanta ombra nei boschi e un sole implacabile sugli argini: il gps parla di un dislivello di 225 metri. I pochi tratti su asfalto (il più monotono, quello iniziale nel centro di Tavola) erano presidiati in modo eccellente; abbondanti le segnalazioni (frecce, bandelle) lungo il percorso, con l’aggiunta di segnalatori ‘umani’, spesso in vista l’uno dell’altro. Ristori e spugnaggi (compresa acqua da bere) molto numerosi e forniti.
Quanto alla, diciamo così, ospitalità, i pratesi si sono collocati nella migliore usanza toscana (direi soprattutto senese): un pasta party del sabato sera che era un vero cenone (da due primi a due piatti di carne al dolce alla birra: foto 21-22), gratuito per gli iscritti alla maratona, a 6 euro per gli altri; una festa del Csi la sera prima e nell’imminenza del via, dove l’antica tradizione Csi di signore (anzi, ‘signorine’ nubili in età sinodale) non di fascino raggiante è smentita dalle giovani ballerine della foto 24. E di nuovo si ritrovano quasi le stesse vivande della cena (con aggiunta di vino rosso) nel ristoro finale,  da consumare comodamente seduti (foto 35-38), raccontandoci le nostre ‘imprese’, ironizzando sul  terzo posto nella categoria “oro” (over 70, vinta con un tempo strepitoso da Leandro Giorgio Pelagalli, foto 37) dell’ingegner Liccardi (foto 35), piazzamento che andrebbe verificato da chi starnazza su Fb e dall’agenzia DonnaNuda o come si chiama, visti i trascorsi cortisonici del suddetto (sui quali esprime un parere tecnico competente ‘Bubu’ Furlan), mentre l’architetta Noris si fa spiegare i dettagli di quel ponte crollato a Bologna perché l’ingegnere capo non aveva seguito le raccomandazioni dell’ing. Liccardi (che infatti fu l’unico assolto nel processo che ne seguì: ma era il 2001 e ben altri crolli interessarono l’opinione pubblica).
Insomma, non siamo venuti a Prato solo per aggiungere una tacca al curriculum di forzati delle 42 km: preliminarmente, il centro del capoluogo va visitato per il Duomo e la chiesa rinascimentale delle Carceri (foto 13, in allestimento matrimoniale), per il castello e i due musei, comunale e vescovile, ricchi di capolavori, da Donatello a Michelozzo, dai Della Robbia ai Pisano ail ‘locali’ Ardengo Soffici e Lorenzo Bartolini (foto 1-11), e con un eccellente panorama sulla città: ma anche il ‘maledetto toscano’ Malaparte era di queste zone ed è sepolto in posizione dominante. Per chi volesse rivedere il tutto in un allestimento podistico, si presenti o 6 ottobre secondo le indicazioni della foto 45.
Né può mancare un passaggio (foto 39-42) da Paperino, nome leggermente in contrasto con la solennità dei nomi di strade che ci portano (Viale Moro, Viale Berlinguer, e magari anche via Toscana dove le insegne sono però tutte in cinese, qualcuna pure in russo), ma irresistibilmente trascinato dal film che dicevo: d’altronde, se le orde vanno al lago di Braies per suggestione di Terence Hill e delle inverosimili storiacce di poliziotti barbuti e  innamorati, io posso ben permettermi Paperino pensando a Benvenuti che telefona fingendo di  avere una partita di droga dentro una scatola di Tampax (“T come Tossicodipendente, A come Ascisc, senza l’acca”).
Anche a Paperino, e soprattutto ad ovest, c’è qualcosa di buono.

 

Venerdì, 13 Settembre 2019 23:04

Il tramonto dell’estate podistica modenese

11-13 settembre - Ultime gare del tardo pomeriggio nel comprensorio di Modena, sempre presente con manifestazioni (a parte un inevitabile rallentamento ad agosto) per accontentare chi non è in vacanza. Con l’aiuto della vicina Reggio, a giugno-luglio non c’è stata quasi serata in cui non ci fosse una corsetta, di quei 6-8-10 km buoni per mantenere la forma, espellere col sudore le tossine, e socializzare ovvero tentare (quasi sempre con esiti lacrimevoli) di imbarcare.
L’area comunale di Modena ha offerto dunque, tra mercoledì e venerdì, tre gare non competitive: la prima, nel famigerato 11 settembre (quel giorno, nel 2001 si correva a Ganaceto), con partenza alle 19,30 dall’ex ippodromo di Modena (ora miserevolmente ribattezzato Novi Sad, Novi Park, o peggio ancora Novi Ark, come eredità degli antichi gemellaggi di fratellanza antiimperialista tra città socialiste, come appunto fu Novi Sad), era la 5^ “Corri con l’Associazione Leucemie” (AIL), uno o due giri di 4,3 km su un percorso urbano già più volte sfruttato per le 5,30 e altre corse speculative. Qui invece la tariffa di iscrizione era il solito calmiere dei due euro (come per le corse delle sere successive), con la garanzia che il ricavato sarebbe appunto stato devoluto all’associazione suddetta e dunque a fin di bene.

Le foto di Teida Seghedoni documentano l’evento:

 http://podisti.net/index.php/component/k2/item/4801-11-09-2019-modena-5-corri-con-a-i-l.html

Giovedì 12 alle 19 ci si è spostati nella zona sud-ovest, tra il quartiere San Faustino e il villaggio-satellite di Cognento, per la “Corri Ducale”, edizione non specificata ma che ai miei annuari risulta la 8^. Lo strano nome risente della recente mania/nostalgia municipale per i Duchi di Modena (evidentemente chi ci governa adesso li fa rimpiangere) e della bizzarra denominazione “Residenza Anni Azzurri Ducale” della casa di riposo per anziani non autosufficienti presso cui si svolge la gara. Un po’ più giovane, ma non tanto, era l’età media dei partecipanti alla corsa, di 8.2 km con tempo massimo un’ora, che è un po’ poco e infatti stimola la piaga delle partenze anticipate. Va detto però che era prevista una partenza mezz’ora prima per i “camminatori”, e che comunque il ristoro e la consegna finale dei premi di partecipazione si sono protratti ben oltre l’ora canonica, quando ormai era calato il buio. Percorso  gradevole, col sole che andava a tramontare lasciando la spazio alla luna piena. Anche qui, Teida e figlio “Teidino” documentano scena e personaggi (qui in allegato).

Senza fotografi invece la terza serata, nell’altro villaggio-satellite di Albareto, questa volta nel lembo nord del comune, tra l’inceneritore, la linea TAV e la discarica divenuta collina. Albareto è una delle località più frequentate dal podismo, sia come luogo di partenza sia come passaggio (fra due giorni ci transiterà la maratonina del Torrazzo), sia di gare annesse al mini-festival del Partitone sia, come oggi, della Sagra parrocchiale.
Questa era la 18^ edizione della corsa, il giovane parroco ora si chiama don Binu, viene dal Kerala e a volte corre pure (non oggi). Si parte alle 19, la lunghezza massima è di 7 km esatti: le due novità sono che non piove (come invece accadeva sempre in questa occasione) e che il premio finale non sono più gli attrezzi da lavoro che davano una volta (cacciaviti, pinze ecc.) ma l’usuale mezzo chilo di pasta.

Nessuna novità invece nel rituale pienone di iscrizioni fatto dal Cittanova, il cui leader Peppino Valentini presenzia grosso modo a 367 gare l’anno (è tra i pochi modenesi che va a correre anche nell’odiata terra bolognese), offrendo generosa ospitalità agli sbandati che non trovano una tenda in cui custodire i propri bagagli; e niente di nuovo quanto ai partenti anticipati, a occhio la metà degli iscritti: forse volevano correre alla luce del sole, mentre noi normali vediamo la palla di fuoco calare oltre i pioppi e l’argine del Secchia, e, mentre stiamo arrivando, si accendono i lampioni dell’illuminazione cittadina.
Attrazione fatale per molti atleti, lo stand gastronomico che offre sconti per chi ha corso, cosicché anche le losanghe di gnocco fritto, ufficialmente quotate 70 cent, per noi podisti godono di un ribasso del 10%: sempre meglio mangiare qui che consumare i cosiddetti menù filosofici al contemporaneo cosiddetto Festival della filosofia, kermesse annuale dove, ogni anno sotto titoli diversi, le stesse persone dicono le stesse cose, e i “menù filosofici” ogni anno consistono nelle solite cose che appunto si mangiano anche, a prezzo più onesto e senza condimento parolaio, alla sagra di Albareto.

L’estate modenese finisce qui: d’ora in avanti, gare pomeridiane ci saranno solo di sabato, e poi nemmeno più; qualche notturna è prevista nel reggiano a cavallo di settembre e ottobre, dopo di che riporremo le canottiere nell’armadio fino all’estate prossima. Per chi ci sarà ancora.

10 settembre - Dopo la pausa estiva, e le prime 8 gare già disputate, il trofeo Uisp CorriEmilia2019 è tornato con la nona prova, il “7º Circuito Città di Castel San Pietro”, nella serata di martedì con un 5000 in notturna, spezzato in due manches (ore 20,30 – 21,15) per meglio gestire i quasi 250 iscritti (a cui vanno aggiunti i partecipanti della camminata non competitiva, impegnati dalle ore 19).

Nella classifica cumulativa, i vincitori maschili risultano ovviamente appartenere alla seconda manche (quella destinata agli assoluti e under 55), con arrivo quasi in volata che ha visto prevalere il giovane Luis Matteo Ricciardi (dell’Aquadela Bologna) in 15:01, dunque ai 3’ a km in un circuito non semplice, di 1250 metri, con 4 curve ad angolo retto, il rettilineo finale in salita (dislivello complessivo 35 metri) e acciottolato.
Dietro di soli 4 secondi si è piazzato il locale Gianluca Borghesi, un over 40; mentre per il terzo si è dovuto attendere mezzo minuto (è il capolista del Corriemilia nella categoria Assoluti, Kaba Mamadi, del Celtic Druid Castenaso, 15:35), e altri 22 secondi per il quarto e i successivi.

Non c’è stata storia invece per la competizione femminile (accorpata alla prima manche, con i maschi over 55), dove Isabella Morlini dell’Atletica Reggio, già quattro volte prima e una volta seconda a Castel San Pietro, e vincitrice anche dell’ultima prova del CorriEmilia a Zola, ha primeggiato senza soffrire in 18:42 (3:44 di media/km), precedendo di una quarantina di secondi la modenese Ilaria Silvestri (Modena Runners, prima della categoria Under 35 in 19:24), a sua volta davanti per soli 3” alla quasi coetanea Alice Cuscini (Gabbi).

Bel giro, interamente chiuso al traffico (valga come aneddoto che la partenza del primo evento è stata ritardata di 8 minuti per l’attesa di un bus pubblico che doveva transitare nella strada del circuito ma era in ritardo), in un centro storico ottimamente sistemato. Prontissima l’esposizione delle classifiche e celeri le premiazioni, sebbene fossero frazionate categoria per categoria.

Domenica prossima altra puntata del trofeo (delle 6 restanti) coi 10km di Occhiobello, ma è probabile che a decidere sarà il trittico di maratonine Correggio-Voltana-Castemaggiore tra ottobre e dicembre, prima della conclusione a San Donnino di Modena il 22 dicembre con l’ultimo 10km. Per la classifica finale, categoria per categoria, verranno considerate un massimo di 10 prove sulle 15 in programma, più un bonus a forfait per chi terminerà gare in più.

Mi è stato segnalato il romanzo di Adriano Corona Silvano principe del Monreale (resta il dubbio se dopo “Silvano”, dove il titolo in copertina va a capo, ci voglia un punto o un trattino: si veda l’edizione del maggio 2019 presso AmicoLibro, Vico II S. Barbara, 4, 09012 Capoterra (CA) - www.amicolibro.eu): poco più di un centinaio di pagine scritte da un podista amatoriale, ugualmente diviso tra il fascino della sua Sardegna e l’attrazione fatale di ogni maratoneta verso New York.

Il protagonista si chiama Silvano Melas, un bambino come tutti gli altri, ma con qualcosa in più, e  che a 7 anni vedendo in tv il successo di Pizzolato in Central Park si innamora definitivamente della corsa, cominciando a sognare di poter ripetere l’impresa. 
Il racconto segue la crescita del ragazzo, dedicando ampio spazio alle scorribande e avventure coi coetanei nell’incanto dei paesaggi sardi: durante una di queste, i ragazzi riescono a entrare nei ruderi del Castello di Monreale (realmente esistente nell’entroterra dell’isola, a sud-ovest da Sàrdara), di cui appunto Silvano si proclamerà “principe”, valendosi della carica soprattutto per ammaliare la bella Elisa, una ‘continentale’ ma di famiglia sarda, che torna nei paesi degli avi per le vacanze estive.
Ma questo accadrà molto più tardi, attorno ai vent’anni del ragazzo: il quale, prima, ha cominciato a partecipare a corse ufficiali, vincendo a sorpresa una “marcialonga” di 12 km, e incrementando i chilometri fino a partecipare alla prima maratona di Cagliari (reale o immaginaria? personalmente mi capitò di correrne in Sardegna durante gli anni Novanta, ma a Platamona e ad Assemini, non propriamente nel capoluogo), nel momento cruciale dei suoi esami di maturità. Sarà a lungo in testa, crollerà nel finale ma porterà ugualmente a termine l’impresa.
Silvano si affida a un allenatore, Attilio, un vecchio maestro elementare cui era morto il figlio ventiseienne, già maratoneta a Roma 1960 (a ventidue anni? Per la cronaca, il sardo Antonio Ambu gareggiò in maratona a Tokio quando aveva 28 anni) e in procinto di partire per le olimpiadi di Tokio: gli allenamenti si svolgono in buona parte sulle pendici del Monreale, con l’occhio fisso alla New York dell’anno dopo, secondo metodi rigorosi cui Silvano si assoggetta volentieri: la prova generale dovrebbe tenersi di nuovo alla maratona di Cagliari, che però Silvano deve saltare per un attacco di appendicite e susseguente operazione.
Restano pochi mesi, ma l’obiettivo New York rimane fisso, e così sarà, per la 28^ edizione del 1998: nel frattempo, le fatiche della preparazione sono alleviate dalla delicata e casta storia d’amore con Elisa (nipote di Attilio), che ripartita per il continente lascerà a Silvano una poetica lettera da aprirsi solo alla vigilia della maratona newyorkese.
Silvano e Attilio partono alfine per gli States, ed è la prima volta che il giovane, ventunenne, si allontana dalla Sardegna. La stupefatta ammirazione per i grattacieli lascia il posto alla pianificazione della gara, ovviamente diretta da Attilio che però, il giorno dell’evento, lascerà partire Silvano da solo per Fort Wadsworth, limitandosi a raggiungere Central Park per assistere alla gara tramite maxischermo e direttamente al finale.
La descrizione della corsa (le ultime 10 pagine) lascia piuttosto a desiderare (a mio parere), risultando più fiabesca-leggendaria che credibile: in base ai tempi di qualificazione, Silvano è assegnato alla seconda wave (non weve come è ripetutamente scritto a p. 113), eppure dopo poche miglia si trova a tallonare i top runners, inserendosi addirittura, unico italiano, nel gruppo di testa: nemmeno i telecronisti italiani (dalle cui labbra pendono, in Sardegna, gli amici e familiari che stanno seguendo la corsa in tv) sanno chi sia. Silvano è urtato e cade, sembra addirittura che si fratturi un polso, eppure viene rialzato e gonfio di adrenalina (come si suol dire), oltre che col pensiero della ‘sua’ Elisa che gli si è dichiarata per lettera, raggiunge di nuovo i primi, ridotti a quattro. Due perdono il contatto, restano un etiope, ormai allo stremo delle forze, e infine il keniano Mutai, vincitore uscente: a Silvano tornano in mente le parole del suo allenatore: al termine di una maratona, le gambe e la testa ti abbandonano (la seconda cosa, veramente, sarebbe esiziale!), rimane solo il cuore, inteso – suppongo – come coraggio, e solo a quello bisogna affidarsi.
A un km dalla fine l’etiope è superato, resta il keniano, affiancato e poi lasciato indietro a poche centinaia di metri dal traguardo, sotto lo sguardo di Attilio che, sventolando la bandiera sarda dei quattro mori, piange tutte le sue lacrime nel vedere finalmente un proprio ‘figlio’ trionfare in maratona.
Siamo all’apoteosi: il romanzo si chiude con Silvano disteso a terra dopo la finish line, che mormora: “È così bello che potrei morire”.

Che dire, da lettore? È una ‘favola bella’, molto ideale e un po’ enfatica, che forse un editor-maratoneta avrebbe aggiustato sia nell’intreccio generale sia in dettagli, come quello di Silvano che arrivando in corsa dal Queensboro Bridge ammira i grattacieli finora “visti solo in tv” (p. 113), ma che in realtà erano già stati contemplati e fotografati a pagina 108. Oppure l’abuso di virgole, anche in zone proibite come tra soggetto e verbo (“i volontari dell’organizzazione, distribuivano cibi e bevande”, “gli sembrarono in quel momento, parole troppo sussurrate”), tra verbo e complemento o viceversa (“portavano sempre in dono, dei buonissimi pasti pronti”; “la loro unica scoperta interessante, la fecero sotto la casa”, “nonostante avesse corso gran parte della gara, a pochi metri da loro”), tra frase reggente e frase secondaria (“Ci volle circa mezz’ora, per giungere a destinazione”).
Ma sono quisquilie: se la trama vi è piaciuta, vedete di procurarvi il libro e leggetelo durante la prossima trasferta per una maratona. Se poi sarà per la maratona di Cagliari (la cui edizione 2019 è stata annullata, con rinvio al 2020), sarà ancora più a tema.

 

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