Fabio Marri
Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua.
Annullato anche il Loffia Trail di Migliana (PO)
Dal sito http://www.primoepizzabike.eu apprendiamo che una delle poche corse rimaste in calendario, il Loffia Trail (per podisti e biker) previsto sulle colline di Migliana-Cantagallo (Prato) è stato annullato a causa dell'estendersi dei contagi da Covid. Chi fosse stato interessato è bene che cerchi un'altra destinazione per la sua domenica.
Pescara Marathon 2020, isola felice contro il disfattismo
18 ottobre – Così, questa maratona doveva esserci, e c’è stata nel giorno previsto dal calendario nazionale (che, curiosamente, doveva essere il giorno della maratona di Parigi secondo il primo annuncio di rinvio, poi di nuovo rinviato e infine annullato, secondo la tipica coerenza dei francesi che fanno la rivoluzione e uccidono il re per mettere al suo posto un imperatore, dopo di che trattano noi altri europei come scolaretti di fronte alle loro lezioni di storia, di filosofia e di politica).
Dunque, più forte la Uisp abruzzese e nazionale, più forte Alberico Di Cecco degli attacchi al bazooka di un personaggio che non si rassegna ad essere passato dal ruolo di delatore squalificante a plurisqualificato portafortuna (nel senso che più attacca la gente, più questa ha successo); e tra i meritevoli aggiungo anche Massimo Faleo, foggiano a sua volta organizzatore di maratone dalle sue parti, che a Pescara è stato magna pars istituendo un rapporto stabile tra gli organizzatori e il Club Supermarathon (di cui ben 110 associati sono venuti in Abruzzo); e come antipasto ha allestito, il sabato, una “50 km sulla sabbia” con 45 arrivati, 10 dei quali hanno poi fatto doppietta la domenica mattina. (In fondo il resoconto)
La manifestazione del 18 ottobre (col suo antefatto del 17) si è distinta anche per il raro tempismo di essere stata cotta e mangiata poche ore prima del nuovo DPCM che, chissà chi lo sa, dice e non dice che presto non si potrà correre, o forse non si può già più (aspettiamo le circolari esplicative che ci diranno se andare agli 8 a km in maratona è jogging, marcia o camminata, da fare in maschera o in topless, in 6 a tavola o in 200 al palasport, contattando sì o no la bellona che fatica a respirare sotto sforzo).
Intanto, come quando si dice che uno è morto e gli si allunga la vita, così gli iettatori alla rovescia iettano sé stessi e spandono su Pescara quel delizioso profumo di pini appena umidi che, durante la gara, si sentiva al confine con Montesilvano (terra d’origine di Dean Martin, alias Dino Paolo Crocetti, come recita il segnale stradale che per noi coincideva coi km 14, 25 e 36).
La maratona di Pescara affonda le sue radici tanto lontano che gli stessi organizzatori odierni non sanno darle un numero preciso: il sito ufficiale parla di 15^ oppure 16^ edizione, ma se discendo al 2016 della mia partecipazione precedente, trovo che anche allora era chiamata 15^ edizione, e infatti in qualche sito si legge che quella del 2019 era stata la 19^ edizione. Senza dire che, nei tempi eroici, quando si girava l’Italia per correre una maratona con tutti i crismi e non le si costruivano nel proprio pied-à-terre, da queste parti esisteva una “Maratona di Spoltore”, appena a monte del capoluogo. Cercansi topi d’archivio che consultino emeroteche e memorie private onde ridare a Pescara tutte le sue maratone.
Dunque, Pescara si è animata di circa 900 partecipanti (domenica mattina è stata svolta anche una 10 km per pattinatori a rotelle, con 65 atleti), e dei relativi familiari, che hanno dato una discreta boccata d’ossigeno alla ricettività locale.
http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/6612-maratona-di-pescara-arriva-la-zampata.html
Curiosamente, se nella settimana precedente si cercava un hotel attraverso i soliti canali, ti rispondevano che era tutto esaurito! (il trucco era che il buon Faleo aveva fermato dieci alberghi, tutti collocati fra il ritrovo e l’avveniristica stazione FS – in dieci minuti si andava dall’uno all’altro estremo). A me è toccato (distribuzione made by Faleo) un tre stelle che poteva valerne anche 4, dove la padrona dopo la colazione di ciascuno disinfettava addirittura la sedia dove c’eravamo seduti (“poi – diceva mestamente – andate nel corso e verso la spiaggia e vedrete quanti giovanotti in allegra promiscuità senza mascherine” ecc.). E che non ha avuto difficoltà a lasciarmi la camera fin dopo le 14,30 per la doccia.
Prezzo d’iscrizione veramente esiguo (vogliamo dire, un terzo che a Venezia, dove stanno cercando di incamerare la quota pagata in cambio di una gara virtuale e di una medaglia che comunque gli organizzatori dovrebbero buttare), pacco gara più che discreto, in due consegne prima e dopo la corsa: tra i vini e la maglietta spuntava anche una mascherina griffata (chissà se il nuovo DPCM la considera valida, dato che dopo 5 giorni dal precedente decreto, l’articolo 1, comma I, punto c ha abolito le “mascherine di comunità” imponendo al loro posto “i dispositivi di protezione delle vie respiratorie”: si chiederebbe uno, anche le sciarpe e gli scaldacollo?!).
Partenze scaglionate, pochi minuti dopo le 9, per gruppi di 50 secondo il numero di pettorale: i miei amici sposi inseparabili Alessandro e Simona erano spietatamente separati di 4 gruppi, col risultato che lui ha voluto aspettare lei un km dopo il via e, pur arrivando insieme (anche al sottoscritto, in posa provocatoria), in classifica si trova oltre 3 minuti indietro!
Strade perfettamente chiuse al traffico, con abbondante sorveglianza di vigili urbani a tutti gli incroci; ristori ogni 5 km, con bottiglie d’acqua fresca sigillate, barrette e gel energetici (che io mi facevo sempre aprire dagli addetti perché da solo non ci riuscivo); controllo chip nei punti strategici cosicché nessuno ha tagliato, e misurazione direi abbastanza precisa. Al traguardo, ristoro finale consegnato in un sacchetto, che alla solita fornitura aggiungeva un tenero panino alla mortadella e una banana. Premiazioni spartane ma reali: è toccato salire sul podio pure a me per ricevere un pacchetto molto superiore ai miei meriti da Vito Piero Ancora, il primo maratoneta italiano a tagliare il traguardo delle mille.
Del resto, l’avant indree di Montesilvano ha consentito per tre volte in su e tre volte in giù di salutarci tra amici: ovviamente la personale esperienza riguarda quelli più o meno al mio digradante livello atletico, dal quale ormai sono irraggiungibili lo psichiatra Franco Scarpa (2° della sua categoria in 3.51), il pratese Leandro Pelagalli (1° della mia categoria in 4.13), Luciano Bigi past president (che a San Marino mi aveva doppiato, oggi mi dà solo mezz’ora…), e quel ragazzone figlio d’arte di Maurito Malavasi (4.06 sebbene alla fine si fosse messo a camminare). Stavolta mi ha battuto perfino suo padre Paolino (4.40), mentre mi sono scusato per avere quasi affiancato il fananese Mauro Gambaiani, di ben altra statura tecnica ma che il giorno prima aveva corso i 50 km (anche di lui mi sono servito per farmi aprire i croccantini; e intanto commemoravamo suo nonno, che forse era custode nel collegio dove io licealino ero rinchiuso, agli anni Sessanta, insieme al futuro sindaco di Fanano “Bobby Charlton” Passini).
Mi sono preso invece una rivincita sul maresciallo bombardiere Lorenzo Gemma, che a San Marino mi aveva lasciato indietro, a Francesco Capecci (auspicato organizzatore di una prossima maratona sulla sabbia a S. Benedetto del Tronto), che mi aveva battuto negli ultimi km della Pescara 2016, e all’avvocato Paolo Reali, con cui scambiavamo pareri sul dubbio valore legale dei DPCM e delle “ordinanze contingibili”, e ad ogni giravolta il saluto era “ci vediamo in Cassazione!”. E non poteva mancare un saluto, giro dopo giro, con l’affettuosa Carlotta Gavazzeni e “ol sindic” Marco Simonazzi, che come a San Marino stavano nelle retrovie ma non sono arrivati ultimi.
Fuori programma, mi raggiunge e accompagna in bicicletta per qualche km Leonardo Manfrini, già bibliotecario all’università di Bologna e pensionato da pochi mesi, qui nella terra dei Padri. Insieme corremmo un Passatore, qualche lustro fa; ora pratica solo ciclismo perché lo appaga di più, ma ha l’iscrizione alla maratona di Bologna 2020 e, se-quando la faranno, tornerà all’antico amore.
Insomma, come splendidamente recita il nastro della medaglia (qui ricostruito da quel maestro del fotoshop di Roberto Mandelli): “Abbiamo corso sui terrazzi, abbiamo corso intorno casa. OTTOBRE 2020. Abbiamo corso perché correre è speranza”.
Ci contageremo? Non credo per questo. Piuttosto per il viaggio in treno, dove nessuno rispetta i sensi unici di salita e discesa né sulle carrozze né ai sottopassaggi delle stazioni, dove il riempimento all’80% dei regionali non è controllato da nessuno (sono otto mesi-Covid che faccio su e giù tra Modena e Bologna: mai visto un controllore; salute a parte, mi sa che molta gente abbia smesso di comprare i biglietti). “E’ necessario che tutti ci aiutano”, ha sentenziato a sera il commissario governativo Arcuri: speriamo che lui se la cava, come nelle forniture di banchi scolastici; ma sarebbe preferibile trovarsi sul lungomare di Porto Cesareo con Manuela.
Sportivamente parlando, io credo invece che dopo Pescara, contagiosa più che mai, sia emersa la voglia di correre e di “contatto” (non fisico, ma sociale, che nessun politico ci potrà mai togliere).
Ecco infine, passatomi in anteprima da Faleo, l’ordine d’arrivo dei primi alla Ultra Beach Pescara 17.10.2020 (circuito di km 5 da ripetere 10 volte per la km 50 e 8 volte e mezzo per la maratona; 22 gradi alla partenza, 17 alla fine, verso sera). Ecco le foto
http://podisti.net/index.php/component/k2/item/6615-17-10-2020-pescara-pe-ultra-beach-pescara.html
Classifica km 50 maschile
1 Nocera Matteo sm 40 asd Napoli nord marathon 4h16m02s
2 Di Paolo Sebastiano sm 45 Esercito 62 Reggimento Fante 4h29m00s
2 Margiotta Secondo sm 50 Esercito 62 Reggimento Fante 4h29m00s
50 km femminile
1 Grilli Paola sf 60 Amici della fatica Cesena 6h03m00s
Maratona maschile
1 Firmani Mauro sm 60 Marathon Truppen 4h02m00s
2 Lamacchia Adriano sm 50 be different be ultra 4h06m00s
3 Marchi Massimiliano sm 45 apd Amatori atletica Vesuvio Napoli 4h18m00s
Maratona femminile
1 Cifali Elena Rita sf 45 Esercito 62 Reggimento Fante 4h49m50s
2 Marzoli Rita Maria sf 45 run card 4h58m00s
3 Matone Anna Maria sf 40 Marathon Minervino 5h13m00s
Arrivati in tutto 45, da 12 regioni: l’ultimo è stato il presidente del Club Supermarathon Paolo Francesco Gino, sm 55, Atletica Castellania Gozzano, con 6h58m00s: che il giorno dopo ha poi ultimato la maratona in 5.53.
Da notare anche il successo di Mauro Firmani, inappuntabile organizzatore della ecomaratona di Castelfusano, che domenica era poi sul luogo della nostra fatica a incoraggiarci, al pari della sua pupilla, la bellissima campionessa di ultramaratona Eleonora Corradini (il cui padre ha corso i 42 km).
E a proposito di supermaratoneti aggiungo, su segnalazione di Raffaele Luciano, l'annuncio che Domenico Martino ha concluso la sua 250 maratona. Dal timore per le lunghe distanze, con il rifiuto di partecipare alla Maratona di Roma, alle ultramaratone e al traguardo tagliato ieri, di chilometri ne sono passati tanti sotto le scarpe di Domenico: una Nove Colli (202km) una ventina di 100 km, qualche 24 ore, alcune 100 miglia, qualche 12 ore, molte 6 ore e tantissime maratone corse in ogni angolo d’Italia con puntate anche all’estero. Alle quali si aggiungono tante gare su distanze inferiori e la partecipazione ad iniziative ludiche e benefiche. Non sono mancati i trofei conquistati e i titoli ottenuti, Domenico è stato tra l’altro Campione Italiano nella 24 ore due anni fa. Numeri a parte quello che va apprezzato è lo spirito con il quale Domenico interpreta questa passione: una sorprendente leggerezza che unita alla sua simpatia e al suo carattere gioviale ne fa un’icona del podismo italiano. Conosciuto ad ogni latitudine podistica, anima le gare alle quali partecipa con la sua allegria e il suo sorriso. A Domenico va riconosciuto il merito di aver avvicinato alla corsa tante persone, alle quali racconta con una innaturale semplicità le sue avventure sportive. Non si può non volergli bene e proprio per questo gli organizzatori della Maratona D’Annunziana hanno organizzato una mega festa per tributargli un riconoscimento per questo traguardo importante. Alberico Di Cecco, Massimo Faleo, Paolo Gino, Roberto Paoletti e tantissimi amici ultramaratoneti e semplici atleti si sono idealmente stretti a Domenico in un abbraccio, che testimonia anche un invito a continuare ad essere il Folletto del podismo che tutti apprezzano e stimano.
Castello d’Argile (BO), Camminata So e zò par l’erzen: riparte anche Bologna?
11 ottobre – Nella prima mattinata davvero autunnale in Padània (o Padanìa come dice Sgarbi, uno di queste parti), con la pioggia caduta fino a poco prima della partenza, e ripresa poche ore dopo, possono ritenersi un mezzo successo gli oltre duecento partecipanti (su 260 pre-iscritti) a questa camminata quasi estemporanea, messa in giro praticamente solo attraverso i social in mancanza dei consueti ritrovi domenicali alle gare. Per il Coordinamento di Bologna, che qualcuno dice finalmente in pace dopo la forzata defezione di Alessio Guidi (in pace… eterna, come quella delle foto 76-80 dedicate da Teida Seghedoni a chi un tempo sgambava su questi prati: da fine febbraio non si è più corso ufficialmente, salvo la non competitiva di Ripoli, praticamente in Toscana, poche settimane fa), è stata la prima gara in pianura, a una trentina di km dal capoluogo, in una zona fecondissima, nei tempi normali, di grandi corse da migliaia di partecipanti, campioni inclusi (Pieve di Cento, S. Agata, Cento, Crevalcore, Persiceto, ecc.), e oggi invece frequentata soprattutto dai cacciatori; o qualche mese fa, nascostamente, dai malati di podismo che nelle loro corsette solitarie sfidavano i droni osannati dall’assessore assatanato Venturi. Droni tenuti poi prudenzialmente a riposo quando si è riaperta la movida (ieri, camminando sotto i portici in centro di Bologna, ho dovuto letteralmente fare lo slalom fra i tavolini dei bar e ristoranti allargatisi all’aperto, dove decine di amiconi commensavano allegramente, ovviamente senza mascherine, e altri giravano, pure smascherati: fare la multa a questi – a parte che le cifre comminate non le pagherebbe nessuno – porterebbe via troppi voti agli amministratori; meglio dare la lezione esemplare al podista unico, che vota solo per uno).
Oggi invece si è tornati a correre ufficialmente, nel pieno rispetto (addirittura eccessivo) delle norme: preiscrizione obbligatoria fino a due giorni prima, autocertificazione da lasciare agli organizzatori, misurazione della febbre dopo di che non puoi più uscire dal recinto, niente spogliatoi, pettorale numerato da tenere addosso (lontano ricordo del podismo non competitivo di 40 anni fa), tariffa calmierata di 2 euro di fronte a un pacco gara comprendente bottiglietta d’acqua e sacchetto di biscotti che è consegnato solo all’arrivo, con preghiera poi di allontanarsi velocemente verso casa o le proprie auto. Il tutto sotto la regia di due amici di Alessio Guidi, anzi quasi due “anime nere” per usare il linguaggio di un plurisqualificato fautore del fine-pena-mai: Angelo Pareschi, a lungo presidente del Coordinamento bolognese, che per una volta si distoglie dalla sua nuova attività di dirigente delle “5,30” tornando nei suoi luoghi d’origine; e Claudio Bernagozzi, già accomunati nella leggendaria Bologna-Zocca il cui nome tornava sul volantino d’oggi (e vedeteli meglio nelle foto iniziali di Teida, poi nella 300).
Partenze scaglionate a gruppi di 30, con mascherina da togliere solo dopo (ma qualcuno non se l’è tolta mai); nessuna partenza anticipata, piaga comune da queste parti, cosicché il primo che passa alla foto 119 è sicuramente il primo (chiaramente, del suo gruppo) e non un nottambulo partito all’alba.
È chiaro che nel corso della camminata, prevalentemente sterrata e campestre, e per circa un km sull’argine del Reno, dove Teida ha trovato spazio per le sue panoramiche (vedere foto da 82 in avanti, i campi pezzati della foto 144, le belle immagini attorno alla 192, 273 ecc.), capitava a chi correva di sorpassare i camminatori, finalmente tornati anche loro (foto 222 e ss., 253 e ss. per l’allegria dei bambini), ma più disciplinati di prima (vogliamo tornare a dire, con don Abbondio, che il sig. Coronavirus è stata una gran scopa?): ho addirittura assistito, alla richiesta di “permesso?”, a podiste che si spostavano in diagonale dall’altra parte dello stradello. Se tutti facessero così sempre, non ci sarebbero né contagi né discussioni in corsa o sul web.
Lunghezza totale un po’ scarsina, 6.5 km (e c’era addirittura un percorso mini, che però non ha fatto quasi nessuno); ampia possibilità di farlo due volte, nel ricordo della mitica 21 km di Castel d’Argile dove al ristoro finale c’era il bensone da pucciare nel vino bianco, e magari al bar ti imbattevi in Giuliano Sarti, portiere della Fiorentina e della grande Inter di don Helenio (Sarti-Burgnich-Facchetti per intenderci, e di lì non passava nessuno).
Alle 10,30 avevamo finito tutti, senza prendere una goccia d’acqua, compreso Armando Righi, glorioso patron della Pontelungo, appena tornato con la medaglia d'oro dai campionati nazionali Fidal di Arezzo, specialità lancio del martello categoria M 85 (e mi raccontava: "uno della mia età ci ha messo 40 minuti a fare i 5000 metri!").
Si ricomincia piano anche a Bologna, ma per chi volesse fare qualche sforzo in più, il benemerito “Bernie” ci invita sabato 24 prossimo a tornare in Val Carlina, per la “zeresima edizione” della Corno alle Scale Mountain Race, 15 km +800 D da Lizzano in Belvedere. Ce ne fossero, di organizzatori così.
Formigine prova a rompere… la nebbia il 18 ottobre
Sarebbe stata, e sarà comunque, la quarantesima edizione della corsa della Carovana (così detta perché la località è proverbiata per la storica presenza tzigana), quella che ogni anno invitava i podisti modenesi e reggiani ad una 21 km competitiva autunnale. Quest’anno la prudenza è d’obbligo: dal marzo in provincia solo la corsa di Monchio ha più o meno rispettato il calendario annuale (sia pure limitandosi alla non competitiva, che poi è stata bissata qualche mese dopo); il Coordinamento podistico provinciale, come Conte, ha dichiarato il prolungamento dell’emergenza fino a tutto il 2020, e insomma, chi organizza lo fa di sua iniziativa (sebbene qui si dichiari l’egida di Aics e Uisp, e l’omologazione del Coordinamento podistico).
Il coraggio di ricominciare non tuttavia è mancato ai formiginesi, che per il 18 ottobre tentano di rompere, non il ghiaccio ma la nebbia dei punti interrogativi e del dolce far niente di troppi organizzatori, confermando la propria corsa, seppure ridotta a 7,5 km non competitivi, con numero chiuso a 450 e partenze scaglionate ogni 3 minuti per gruppi di 20: cosicché, in caso di pienone, in un’ora e un quarto si dovrebbero risolvere tutte le partenze.
L’iscrizione, obbligatoria e attraverso il portale Uisp di Atleticando.net, costerà i soliti 2 euro (che poi l’organizzazione devolverà in beneficenza a favore dello sport giovanile), e darà diritto a una borraccia, lo stesso premio che arrivò in una delle ultimissime gare della zona prima del blocco, quella di Rubiera.
Rispetto assoluto delle regole: mascherina se si è a meno di 2 metri (e speriamo proprio che non diventi obbligatoria sempre e ovunque, come alcuni comuni hanno già deciso: magari, i comuni che durante il lockdown esibivano con orgoglio il podista sorpreso col drone ad allenarsi in solitudine, ma adesso autorizzano 1216 spettatori al coperto del Palasport di Modena, e spandono lacrime di coccodrillo quando appaiono le foto della movida reclamata dai baristi dell’happy hour).
A Formigine, niente ristoro finale, niente tende societarie ma premi per le società con almeno 10 iscritti. “Evitiamo di cadere nella tentazione di fare aggregazione”, recita saggiamente il volantino: proprio questa è l’incognita. Perché il podismo modenese, al pari di quelli delle province circostanti, ha di anno in anno perso i caratteri agonistici per adagiarsi sul modello di “aggregazione”, di adunate di massa, dove la minoranza corre e la maggioranza si incammina, già da un’ora prima del via… ma verso i ristori, arraffando quanto più può e lamentandosi se manca il panino imbottito con cui imbottire il marsupio o simulare di essere incinte per la merce nascosta sotto la maglietta o l’elastico dei pantaloncini.
Sarebbe una bella sorpresa se questo genere di frequentatori facesse il suo ravvedimento operoso, accettando il ritorno a un sano passato, a una corsa dove si va per correre e non per fare colazione "a-gratis" (a-pagare si fa sempre in tempo). I precedenti delle ultime settimane non sono ottimali: si canta vittoria se alle corse vanno in cento… vedremo il 18 ottobre.
Per info, 348 533 55 71.
Federica Moroni, welcome in San Marino (not Italy)
27 settembre - Non è la prima volta che la classifica assoluta di una maratona vede in testa una donna: certo, non accade nelle maratone dove il tintinnio della moneta attira da ogni dove i mercenari maschi e i loro manager. Ma per Federica Moroni, primatista italiana di vittorie sui 42.195, e seconda al Passatore nel 2019, che aveva cominciato lo sciagurato 2020 con un paio di vittorie nella propria regione (Maratona di Crevalcore, Ultra della Pace di Bagnacavallo), non è una novità totale, dato che il 2 febbraio scorso aveva vinto, seppure a pari merito con Francesco Lupo, la maratona Ippociok a Fusignano, andando appena sopra le 3 ore. Più volte ne abbiamo descritto le imprese, fino alla mezza di Casal Borsetti di due settimane fa, dove aveva vinto (solo tra le donne, stavolta…). Però a memoria non ricordiamo una maratona nella quale la prima donna preceda di oltre 9 minuti il primo uomo, come invece accaduto per la maratona “special edition” di San Marino, introdotta in via straordinaria nella già collaudata Ekiden Marathon (per squadre di cinque staffettisti, su distanze variabili ma tutte rapportate al circuito di 5,9 km nel quale la manifestazione è stata instradata), con centro ai 520 metri slm del Borgo Maggiore.
Ma facciamo due digressioni storiche, una a breve distanza e una a più ampia gittata, ma tuttavia (azzardo) determinante per lo svolgimento della gara. Podisti.net era nato da poco più di un anno, quando nella RSM si disputò la prima maratona (7 ottobre 2000): partenza e arrivo in cima, circuito iniziale e poi discesa che – se ricordo bene – ci portò a sconfinare in Italia (l’organizzatore era un riminese, Zavatta se non erro), e infine risalita; insomma, un dislivello abbastanza pauroso, dichiarato dagli organizzatori in 2066 metri. La finimmo in 183, nella nebbia. L’esperienza tornò nei due anni successivi, fino al 20 ottobre del 2002, su un percorso diverso, ma sempre concluso dalla salita alla zona pedonale dei castelli e del merchandising (tanta paccottiglia, nessun giornalaio!): ci eravamo però ridotti a 126, è chiaro che l’esperienza non poté durare a lungo; e di San Marino come sede di maratone individuali non si parlò per un pezzo.
La seconda digressione arretra al 17 ottobre di 281 anni fa (1739), quando lo Stato della Chiesa, col pretesto ‘sovietico’ di tutelare la popolazione dall’oppressione dell’oligarchia, occupò la Repubblica con un esercito di un centinaio di soldati comandati dal cardinale piacentino Giulio Alberoni. Ma i sanmarinesi resistettero, recuperando la libertà dopo meno di quattro mesi (5 febbraio 1740). Libertà conservata fino ad oggi, e in base alla quale San Marino non è Italia ma si basa su leggi proprie. Se fosse entrata a far parte dello Stato Pontificio, sarebbe poi stata annessa all’Italia, come la Romagna e le Marche che la circondano.
Dite che non c’entra niente? Bè, sarà un caso, ma la prima maratona stradale, su asfalto urbano, della penisola (a parte esperienze, diciamo così, quasi private svoltesi nelle settimane scorse), dopo gli annullamenti delle più grosse maratone autunnali, si è svolta in uno “stato estero”, dove non fanno testo San Mattarella o quello “che conta più di lui” (secondo quanto dicono a Perugia); dove le circolari dei nemici del podismo, i prefetti Gabrielli e Piantedosi, si fermano a Dogana. Dove insomma il Covid lo si combatte con un po’ più di giudizio.
Ecco allora che, a 9 giorni dall’evento (18 settembre), è apparsa in rete la notizia che la Ekiden Marathon si estendeva a una “special edition” individuale, con numero chiuso e altre limitazioni (niente spogliatoi e docce – ma libero accesso ai bagni pubblici cento metri sotto il traguardo, e agli altri sapientemente dislocati dai sanmarinesi lungo i viali), distanziamento in partenza, mascherine obbligatorie per i primi 500 metri.
Iscrizioni per soli 25 euro, un ristoro fisso poco sotto la partenza (banane, acqua, tè, idrosalini, biscotti), in progressivo impoverimento giro dopo giro (al personale ultimo passaggio dopo 4 ore e 06 agguanto l’ultimo mezzo bicchiere di tè rimasto; al mio arrivo non c’è più niente, però dietro c’era ancora gente con un giro di distacco). Pacco gara oggettivamente scarsino (in sostanza, una t-shirt che nel mio caso sembra di dimensioni spropositate), premiazioni ridotte ai primi tre assoluti, mentre per i partecipanti alla Ekiden c’era un sacco di premi, compresi quelli bizzarri, per esempio a squadre assemblate un tanto al braccio.
Giusto così, nel senso che noi ammalati di maratona, in crisi di astinenza (quanto al territorio nazionale) da sette mesi, e con vacche magre in prospettiva, dobbiamo solo ringraziare per l’ospitalità, e anzi fare il mea culpa se, complice anche la scarsa risonanza degli annunci, e probabilmente il tempo massimo fissato inizialmente in 5h30 (elevate ‘in corsa’ a 6), per una gara con un dislivello che sfiora i 600 metri, siamo venuti solo in 69 (contro i 275 staffettisti). Chissà se i sanmarinesi ci ospiteranno ancora, o si richiuderanno di nuovo alla sola Ekiden, dove la partecipazione è stata davvero qualificata e i risultati di buon livello.
Ha vinto una staffetta abbastanza stratosferica, a livello regionale, come la Gabbi-Diolaiti A di Fabio e Marco Ercoli, Diego Gaspari, Giacomo Pensalfini e Vasil Matviychuk con un tempo finale di 2:17:38 cioè 3:15 /km. Doppietta dello stesso team in campo femminile, dominato appunto dalla Gabbi-Diolaiti A donne di Monica Freda, Eliana Patelli, Luana Leardini, Eleonora Gardelli e Celeste Ferrini, decime assolute in 2.48:19 vale a dire 3:59/km. Trentotto le squadre maschili, sette le femminili, dieci le miste, regolate dal Bar Maina (mista, vabbè: 4 maschi, e la ciliegina di una donna a fare gli ultimi 7 km scarsi) in 2.50:08.
Logico che l’entusiasmo e le attenzioni pubbliche fossero rivolte soprattutto agli staffettisti: un video captato da quel mostro di Mandelli nel profilo Fb di un partecipante mi ritrae mentre, al terzo o quarto dei miei sette passaggi sotto il traguardo, devo vedermela con l’auto che precede la squadra dei primi (al suo ultimo cambio), si ferma nella piazza già affollata dagli staffettisti in attesa e quasi mi obbliga a fermarmi (vabbè, direte voi, da andare ai 7/km a stare fermi c’è poca differenza).
Il passaggio e arrivo erano al culmine dei cento metri di salita più dura dell’intero tracciato, peraltro tutto corribile, persino dal sottoscritto, sebbene parecchi del mio livello lo camminassero. A proposito di camminatori, per un po’ mi ha fatto compagnia il mantovano Marco Simonazzi, detto Ol Sindic per la sua passata candidatura alle elezioni comunali di Mantova, che insieme all’ingegnere lughese Daniele Zoli aveva adottato la tattica del birillo: nei numerosi tratti di strada in cui il nostro tracciato era separato da quello automobilistico mediante birilli, a 30/40 metri uno dall’altro, i due compagni adottavano la tattica di correre “per un birillo” e camminare per l’altro. Con questo sistema hanno chiuso in 5.54, tre minuti davanti alla “pantera rosa” bergamasca Carlotta Gavazzeni, forse la più ‘viaggiatrice’ dei partecipanti (in gran parte romagnoli, più cinque modenesi).
Percorso abbastanza suggestivo, sostanzialmente nella circonvallazione a mezza quota di San Marino, con qualche interferenza automobilistica solo verso il km 4, in prossimità della ex stazione ferroviaria, dove lavori in corso restringevano la nostra corsia a un metro scarso, che qualcuno si autoriduceva passando per la rotonda anziché seguire la chicane prescritta (devo dire però che di frecce segnaletiche ne abbiamo viste poche; mi echeggia nella mente la voce della bella vigilessa bionda posta a presidiare l’area, che a un tizio alle mie spalle dice “vadiquà”, non so se divisibile in “va di qua” oppure “vadi qua”).
Dopo di che cominciava il tratto panoramico, con vista a destra sul mare tra Misano e Gabicce/Gradara, e prospetto finale, in verticale alla nostra sinistra, dei tre caratteristici castelli. Suggestivo anche il passaggio per le due gallerie restaurate (a occhio, 5/600 metri complessivi a ogni giro), dove fra l’altro faceva anche più caldino rispetto al meno confortevole clima esterno (per fortuna è piovuto solo dopo le 5 ore di gara): hanno mandato a pallino le misurazioni dei nostri Gps, ma questo conta poco.
Ho detto della vittoria della Moroni in 2.53:03; secondo (e primo uomo) Luca Benazzi in 3.02:24. Sesta assoluta è la seconda donna, Fausta Borghini; undicesima la terza, Marta Doko.
Mi aspettavo qualche ‘supermaratoneta’ in più, ma ci siamo accontentati dell’ex presidente Luciano Bigi, uno dei patron della Maratona Alzheimer, che mi ha doppiato proprio mentre io stavo doppiando la Carlotta, e ha chiuso in 4.04, precedendo di poco un supermaratoneta emergente come Maurito Malavasi (primo dei modenesi, 4.12). Tra gli altri, ho rivisto con piacere, dopo il lungo blocco, l’ammiraglio Vincenzo Carulli (che dopo l’ultima nostra gara comune a Lanzarote aveva corso e raccontato per noi la maratona di Cartagine); la famosa pacemaker toscana Ilaria Razzolini, qui alla scorta dell’amica ipovedente Chiara; gli sposini di Magreta Bacchi-Mascia, sempre in luna di miele e che spesso ci hanno raccontato le loro maratone in giro per l’Italia; e l’altro toscano Massimiliano Morelli, 600 e passa maratone all’attivo, che al terzo giro ha tentato il colpaccio di superarmi ma si è arreso al penultimo, andando così a ingrossare la fila striminzita di chi mi è arrivato dietro.
Ma la sfida era soprattutto con noi stessi, con la nostra disabitudine a stare sulle gambe per 4 ore e più, la continua tensione fino al giorno delle gare cui siamo iscritti, nel timore che ci sia l’ennesimo annullamento, come leggiamo ogni giorno. Per fortuna, San Marino è una repubblica libera e indipendente: sebbene acciaccati e stanchi all’indomani, possiamo solo benedire la sua autonomia.
30 settembre - Estratto dal comunicato stampa della società organizzatrice.
Una partenza impressionante, con uno scatto fulmineo dalle prime file. Un ritmo di gara attorno ai 3 minuti al kilometro ha fatto sin da subito selezione tra i concorrenti della prima frazione di gara. Saldamente al comando nella categoria Team Pro, dal primo kilometro, la squadra “Gabbi Diolaiti Bologna - A”, composta da Fabio Ercoli, Diego Gaspari, Giacomo Pensalfini, Vasil Matviychuk e Marco Ercoli, con una velocità media spesso sotto ai 3’15” al km e il miglior tempo finale con 2h 17’ 38”. A seguire i team CorriForrest di Forlì e Dinamo Sport di Bellaria hanno lottato fino all’ultima frazione, rispettivamente arrivate al 2° e 3° gradino del podio, con il tentativo di recupero di Rachid Benhamdane (Dinamo Sport) nella 4° frazione di gara.
Nella categoria Team Corporate, la sfida più accesa con tanti sorpassi ad ogni frazione gara, si è vista tra le squadre EnerGreen, Colombini, MVP Sport e The Space.
Poi nel finale il sorpasso di Ilie Laurentiu (EnerGreen) su Federico Borlenghi (Colombini) regala al team EnerGreen la gioia della vittoria di categoria con il crono di 2h 30’ 35” e la seconda posizione assoluta. Al secondo posto il team Colombini, al terzo MVP Sport e The Space al quarto.
Le migliori prestazioni assolute in campo maschile, nelle rispettive frazioni, sono di Giacomo Pensalfini, con il tempo di 18’ 29” nel giro singolo di 5,9 km (media di 3’07”al km) , Vasil Matviychuk, con il tempo di 37’ 02” nel doppio giro da 11,8 km (media di 3’08”al km) e Marco Ercoli, con il tempo di 22’ 46” nel giro finale da 6,795 km con variante (media di 3’20”al km).
In ambito femminile dominio assoluto, nei Team Pro, della “Gabbi Diolaiti Bologna – A” composto da Monica Freda, Eliana Patelli, Luana Leardini, Eleonora Gardelli e Alice Cuscini, con il crono di 2h 48’ 19”, davanti alle atlete dell’Atletica 85 Faenza (3h 00’25”) e della Miramare Runner (3h 07’ 29”).
Le migliori prestazioni assolute in campo femminile, nelle rispettive frazioni, sono di Monica Freda, con il tempo di 25’ 14” nel giro singolo di 5,9 km (media di 4’ 16”al km), Eleonora Gardelli, con il tempo di 43’ 47” nel doppio giro da 11,8 km (media di 3’ 42”al km) e Emanuela Brasini, con il tempo di 27’ 58” nel giro finale da 6,795 km con variante (media di 4’ 06”al km).
Nella maratona individuale il miglior tempo assoluto, sui sette giri del circuito, lo ha fatto registrare Federica Moroni, portacolori della AVIS Castel San Pietro e regina indiscussa della San Marino Marathon 2020, con il crono di 2h 53’ 03” (media di 4’ 06”al km) seguita da Fausta Borghini, Running Team San Patrignano e Marta Doko, GS Lamone.
La classifica maschile incorona al primo posto Luca Benazzi (3h 02’ 24”), portacolori della LifeRunner, seguito da Paolo Callegari dell’Atletica CorriFerrara e Loris De Paoli della Grottini Team Recanati.
Trail dell’Abbazia, il coraggio di ripartire
Zola Predosa (BO), 12 settembre – Più o meno nel giorno in cui il Coordinamento podistico modenese annuncia che fino a fine dicembre non organizzerà più niente (e perché dovrebbe riprendere a gennaio? Si sta così bene in smart-no-working…), Zola Predosa aderendo alla ripartenza della Uisp regionale manda in scena un trail “light”, ridotto, rispetto al glorioso passato, a 7 km con 200 metri di dislivello, che conosce un successo impensabile. Il numero di partecipanti, originariamente fissato in 120 e già andato esaurito dieci giorni prima dell’evento, è stato elevato a 150: altra cifra bruciata ben prima della scadenza.
Perché così pochi, e perché così tanti? Nick Montecalvo, organizzatore principe (col fratello Daniele), neo-bi-papà e raffinato esegeta di scritti poetici spiegherebbe entrambe le cose: sono pochi perché le norme anti Covid suggeriscono la partenza individuale a cronometro, che inizialmente era programmata ogni 30 secondi per un’ora complessiva; poi l’intervallo si è ridotto a 20” (più che sufficienti), e ci siamo stati dentro in 150.
Ma sono tanti, gli iscritti (con rispetto parlando, il triplo dell’esordio del calendario Uisp nel reggiano), perché c’è voglia di correre, di scrollarsi di dosso le paure e il terrorismo dei guru da talk show, di andare a una movida finalmente sana, di spillarsi i pettorali senza pensare allo spillover. E perché la tariffa di iscrizione (5 euro solo corsa, con pacco-gara; 15 euro compresa la cena) è davvero minima: se penso che una settimana fa in provincia di Bologna l’unica cosa che il fatiscente coordinamento bolognese ha saputo proporre è stata una non competitiva al modico prezzo di 12 euro, avete capito.
Infine, c’è poco da discutere: Zola è bella, e l’epicentro, non del contagio ma della bellezza, è la zona dell’Abbazia (allietata, questo sabato pomeriggio, da un matrimonio con eccellenti musiche: così finalmente qualcosa va anche ai ristoratori ‘banchettisti’).
Perfetta l’organizzazione: parcheggio più che sufficiente a fianco del ritrovo; campo sportivo recintato dove si accedeva solo dopo verifica della febbre (non si sono fidati della misurazione fatta a casa dai genitori, come vorrebbe una ministra umorista che un mese fa voleva i banchi a rotelle), uno spazio sufficientemente largo e distanziato a misura più-che-droplet per lasciare singolarmente le borse; accesso al cluster (che non è un focolaio) delle partenze a gruppi di 20, cinque minuti prima della partenza individuale, con mascherine da togliere all’istante della partenza (un altro capoccia umorista vorrebbe che le tenessimo per 500 metri…), e che al traguardo ci vengono rimpiazzate da mascherine nuove dell’organizzazione.
In più, un bellissimo percorso, panoramico (foto 26-27) prevalentemente tra le vigne, con due salitine brutali (dai 67 metri slm della partenza si sale fino ai 183) ma brevi, prevalentemente erboso con erba rasata di fresco, spesso ombreggiato, ottimamente segnato, e col valore aggiunto delle fotografie ‘istituzionali’ di Jader e generosamente spontanee di Teida (più i fotografi locali, le cui immagini sono promesse come parte integrante dei servizi). Cosa voglio di più? Canterebbe non Ivano Fossati (vero Nick?) ma Lucio Battisti. Ah, il di più è il ristoro volante con grappolo d’uva offerto da Teida al km 4.
C’è perfino la bionda e affabile Simona Neri (foto 6-7-8, 10) a coordinare per l’Uisp i giudici d’arrivo; Nick è sul percorso (foto 39) e si occuperà poi di stendere e divulgare materialmente le classifiche. La temperatura del cielo (non la nostra: io ho 36,4 all’ingresso e 35,9 all’uscita) è sufficientemente calda per suggerire ad alcune signore di correre en deshabillé (foto 151-153, 168-169): arriveranno nell’ordine quinta e sesta, mentre la regina della corsa è Isabella Morlini, la cui castigata canottiera si presenta al traguardo tre minuti prima della seconda, Elisa Bettini, che a sua volta precede di poco Chiara Vitale (29 in tutto le classificate, 31:37 il tempo della vincitrice, che si colloca al decimo posto della classifica assoluta).
Gli uomini che arrivano in fondo sono 111: li regola, con un buon vantaggio, Riccardo Vanetti, ventisettenne, con 27:50, un minuto meglio di Fulvio Favaron, ventottenne e figlio d’arte. Insomma, tra i maschietti emergono nuove leve, mentre le signore vanno sul sicuro, ma alle spalle delle prime due emerge una ventottenne che, come si diceva una volta, potrebbe essere figlia delle suddette, ed è la seconda più giovane dell’intero lotto.
Premiazioni a ora di cena (si è cominciato alle 17, gli ultimi arrivano quasi alle 19); poi ci si accomoda appunto nell’ampia sala da pranzo, al modico prezzo che si diceva e con supplementi ancora più modici: per il mio bicchiere di barbera (ovviamente locale) e il sorbetto finale mi chiedono addirittura… due euro.
Insomma, la rinascita del podismo, messe da parte certe zavorre (torneremo sul discorso a ragion veduta) passa per iniziative come questa.
Davos si tiene cari gli amici... ma il Presidente lascia
Lettera ricevuta a casa poche settimane dopo lo svolgimento della Swissalpine 2020 di Davos. Cfr. http://podisti.net/index.php/cronache/item/6345-davos-incorona-l-italia-e-da-una-lezione-all-europa-nonostante.html
Complimenti di cuore per il tuo anniversario!
Carissimo, ci congratuliamo per la tua decima partecipazione alla Swissalpine!
Quest’anno è andata molto diversamente, ma con tanto coraggio, sudore ed emozioni siamo riusciti, insieme a te, a ottenere un gran successo.
Come ringraziamento per la tua fedeltà ricevi un piccolo attestato della tua ricorrenza.
Saremo particolarmente lieti se l’anno prossimo, sperabilmente senza Corona, potremo festeggiartiJ
Nel biglietto è inserito un distintivo da mettere all’occhiello, col logo della gara e il numero 10.
Proprio non immaginavamo che qualcuno tenesse conto delle volte che io e mia moglie siamo saliti a Davos, dal 1999 (pochi giorni dopo la nascita di Podisti.net) fino a quest’edizione travagliata eppure, nonostante tutto, confermata ed eseguita. Considerando che nel corso degli anni abbiamo sperimentato gare e distanze diversissime, dai 20 ai 78 km, anche con partenza e arrivo in località diverse da Davos.
Confesso che con questa partecipazione intendevo chiudere la serie: ma dopo questa lettera ho cominciato a ripensarci.
Mentre giunge adesso (28 agosto) la notizia che il fondatore e presidente della Swissalpine, Andrea Tuffli, all'età di 76 anni ha deciso di lasciare la cabina di regia, con decorrenza 1° gennaio 2021, a Tarzisius Caviezel, già impegnato da tempo con ruoli importanti nell'amministrazione pubblica e sportiva della zona. Sono già confermati gli eventi dell'ultima edizione "Corona permettendo"!); a breve partiranno le iscrizioni.
Mihaela I. Englaro, bulgara di Concorezzo, campionessa della 24h in Ucraina
16 agosto - La notizia dell’ultimo trionfo della “nostra” Mihaela, primatista bulgara sulle principali distanze dell’ultramaratona (dalle 6 alle 24 ore, passando per i 100 km coperti un pelino sotto le 11 ore in una delle sue prime esibizioni sulla distanza, a Seregno nel 2015) viene da Vinnycja, in Ucraina, dove si è svolto il campionato nazionale ucraino delle 24 ore. Ebbene, come a volte succede anche in Italia, dove il campione nostrano bisogna pescarlo nelle retrovie dietro i vari ‘ospiti’ africani, così anche nella repubblica ex sovietica (ora indipendente e che ha siglato un accordo di collaborazione con la UE), a vincere non è stata una atleta locale ma una signora che ha famiglia e lavora nel settore informatico in Italia, per l’esattezza a Concorezzo (località già celebre per essere residenza di Roberto Mandelli, al quale queste righe devono molto e non solo per la fotocollage), dove è anche politicamente impegnata dopo la sua elezione, nel 2019, al consiglio comunale, tra le file della Lega che amministra il comune.
Parliamo di Mihaela Ivanova Englaro (quest’ultimo è il cognome coniugale acquisito), classe 1976, che l’anno scorso, oltre a vincere le elezioni, ha vinto anche qualche ultramaratona compresa nel Grand Prix IUTA, classificandosi alla fine terza nella graduatoria finale con 847 km percorsi in 13 gare. Primi passi tra i Gamber de Cuncuress, poi il passaggio alle Bergamo Stars del presidente Zucchinali.
Il 2020 è l’anno del Coronavirus, ma Mihaela è stata più forte anche di questo: il 2 febbraio si è piazzata alla 6 ore “Ippociok” nel ravennate; il 23 febbraio ha fatto un 4.08 alla maratona di Siviglia; dopo il blocco, appena ha potuto ha cominciato ad allenarsi per una 6 giorni, gara che non ha mai corso e nella quale calcola di superare i 600 km. Come fase, diciamo così, intermedia dell’allenamento, si è presentata a questi campionati ucraini (dove, evidentemente, governo di Kiev e federazione atletica hanno meno paura dei contagi), e domenica scorsa ha vinto totalizzando 193,684 km, che costituisce il suo primato personale (sulle 12 ore finora vanta 105,863 km). Ha vinto superando di 6300 metri l’ucraina Valentina Kovalska e di oltre 8 km la terza, Viktoria Nikolaenko: alle quali non è rimasto che tifare davanti alla tv per i loro campioni di calcio dello Shaktar Donetsk… Per la cronaca, la gara maschile è stata vinta da Volodimir Khanas con 215,879 km. Nella kermesse ucraina, durata dal 14 al 16 agosto e che comprendeva gare dalle 3 ore in su, si è svolta anche una 48 ore, vinta da Valeriy Shazhko con 314,737 km, e per le donne da Olga Stadnik con 261,804 km: insomma, se Mihaela si fosse ‘fermata’ in loco altre 24 ore, le bastava passeggiare ulteriori 68 km per vincere questo trofeo. Alla prossima!
Ricchissimo il carnet dell’atleta, come vedete dalla scheda allegata qui sotto (desunta dai siti IUTA e DUV), da dove balza agli occhi l’enorme progresso sulle 24 ore, quasi +30 km rispetto alla prestazione di otto mesi fa a Lavello. Si veda poi la grande esperienza internazionale in maratona, che ha portato Mihaela in giro per il mondo: non a ritmi insostenibili, ma diciamo piuttosto compatibili con le corse di lunghissima lena che appaiono il destino inevitabile della signora Englaro.
24H Road running
Year |
Date |
Race |
Km |
Overall |
F |
Cat. |
2019 |
14-15.12 |
VI 24 ore di Lavello (ITA) |
165.408 |
6 |
2 |
W40 1 |
2019 |
14-15.09 |
Lupatotissima 24 ore (ITA) |
159.279 |
14 |
5 |
W40 2 |
2018 |
26 -27.05 |
IAU 24h EC Timisoara (ROU) |
133.157 |
139 |
61 |
W40 23 |
12H Road running
Year |
Date |
Race |
Km |
Overall |
F |
Cat. |
|
2019 |
13.04 |
105.863 |
22 |
6 |
W40 2 |
||
2019 |
17.03 |
55.090 |
31 |
9 |
W40 3 |
||
6H Road running
Year |
Date |
Race |
Km |
Overall |
F |
Cat. |
|
2020 |
02.02 |
6 ore IppoCiok (ITA) |
54.855 |
38 |
5 |
W40 2 |
|
2019 |
08.09 |
6 Ore Alto Adige - Südtirol (ITA) |
60.863 |
17 |
5 |
W40 1 |
|
2019 |
24.08 |
57.945 |
11 |
3 |
W40 1 |
||
2019 |
03-04.08 |
6 ore per le vie di Curinga (ITA) |
56.853 |
17 |
2 |
W40 2 |
|
2019 |
14.07 |
6 ore di Roma (ITA) |
52.918 |
31 |
8 |
W40 5 |
|
2019 |
06.07 |
Sei ore de Conti (ITA) |
49.735 |
75 |
17 |
W40 8 |
|
2019 |
05.05 |
6 ore del Parco Nord (ITA) |
61.645 |
41 |
4 |
W40 1 |
|
2019 |
31.03 |
BI-Ultra 6/24H (ITA) |
59.550 |
14 |
2 |
W40 1 |
|
2019 |
23.03 |
6 Ore Trail al Castello di Brescia (ITA) |
50.400 |
27 |
9 |
W40 2 |
|
2019 |
24.02 |
6 ore con l'Abbraccio (ITA) |
57.500 |
19 |
6 |
W40 2 |
|
2018 |
29.09 |
6 Ore di Azzano San Paolo (ITA) |
51.920 |
31 |
5 |
W40 2 |
|
100 km running
Year |
Date |
Race |
Time |
Overall |
F |
Cat. |
2018 |
08.09 |
WMA 100km, Sveti Martin (CRO) |
11:14:39 |
132 |
56 |
W40 20 |
2015 |
22.03 |
100km di Seregno della Brianza (ITA) |
10:59:49 |
60 |
7 |
W35 1 |
50 km running
Year |
Date |
Race |
Time |
Overall |
F |
Cat. |
2019 |
17.11 |
Ultra K Marathon (ITA) |
5:07:04 |
109 |
13 |
W40 4 |
2019 |
06.10 |
UltraRoma 50k (ITA) |
4:46:20 |
120 |
15 |
W40 5 |
2019 |
25.04 |
50 km di Romagna (ITA) |
5:19:05 |
607 |
86 |
W40 18 |
2019 |
03.03 |
Recordando - 50 km di Torino (ITA) |
4:54:59 |
47 |
7 |
W40 5 |
2014 |
16.11 |
Ultra K Marathon (ITA) |
5:11:59 |
106 |
12 |
W35 2 |
Marathon
Year |
Date |
Race |
Time |
Overall |
F |
Cat. |
2020 |
23.02 |
Zurich Maratón de Sevilla 2020 (ESP) |
4:08:10 |
7264 |
734 |
W40 175 |
2019 |
03.11 |
9^SPORTWAY Lago Maggiore Marathon (ITA) |
4:07:14 |
219 |
29 |
W40 6 |
2019 |
27.10 |
5ª Rotary Marathon dei Navigli (ITA) |
4:23:27 |
181 |
17 |
W40 6 |
2019 |
29.09 |
BMV Berlin Marathon (GER) |
4:13:31 |
24910 |
5134 |
W40 923 |
2019 |
27.01 |
Fitbit Miami Marathon (USA) |
4:02:26 |
681 |
124 |
W40 25 |
2018 |
14.10 |
Generali Munich Marathon (GER) |
4:14:21 |
2558 |
388 |
W40 49 |
2018 |
18.03 |
Eroica 15-18 Marathon (ITA) |
4:13:35 |
408 |
47 |
W40 10 |
2017 |
22.10 |
32^ Huawei Venicemarathon (ITA) |
4:05:00 |
2967 |
381 |
W40 94 |
2017 |
08.10 |
Bank of America Chicago Marathon (USA) |
4:09:17 |
13309 |
4256 |
W40 668 |
2017 |
03.06 |
ASICS Stockholm Marathon (SWE) |
4:38:26 |
9434 |
2247 |
W40 459 |
2017 |
09.04 |
Schneider Electric Marathon de Paris (FRA) |
5:59:00 |
41188 |
9768 |
W40 3185 |
2016 |
18.04 |
Boston Marathon (USA) |
6:07:01 |
26594 |
12148 |
W40 1936 |
2015 |
01.11 |
TCS New York City Marathon (USA) |
5:45:15 |
43730 |
17384 |
W35 2779 |
2015 |
12.04 |
NN Marathon Rotterdam (NLD) |
3:53:23 |
4830 |
462 |
W35 87 |
2015 |
22.02 |
Vodafon Malta Marathon (MLT) |
3:40:23 |
215 |
27 |
W35 4 |
2014 |
14.12 |
Honolulu Marathon (USA) |
3:52:59 |
1101 |
201 |
W35 42 |
2014 |
30.11 |
31a Firenze Marathon (ITA) |
4:01:02 |
4522 |
454 |
W35 107 |
2014 |
19.10 |
TCS Amsterdam Marathon (NLD) |
4:01:27 |
5996 |
846 |
W35 155 |
2014 |
27.04 |
Maratona Sant’Antonio Padova (ITA) |
3:56:41 |
949 |
68 |
W35 22 |
2014 |
23.03 |
20^ Maratona di Roma (ITA) |
3:55:28 |
5372 |
424 |
W35 88 |
2014 |
16.02 |
Maratona San Valentino Terni (ITA) |
4:05:34 |
332 |
46 |
W35 20 |
2013 |
08.12 |
18a Maratona di Reggio Emilia (ITA) |
4:11:25 |
1768 |
181 |
W35 34 |
2013 |
17.11 |
Maratona Divina Pastora Valencia (ESP) |
4:13:32 |
7853 |
542 |
W35 113 |
2013 |
07.04 |
13^ SuisseGas Milano City Marathon (ITA) |
4:31:33 |
3018 |
294 |
W35 58 |
2013 |
03.03 |
10a Treviso Marathon (ITA) |
4:21:41 |
2027 |
246 |
W35 51 |
30 km running
Year |
Date |
Race |
Time |
Overall |
F |
Cat. |
2017 |
10.09 |
14a Monza21 Mezza di Monza – Formula 30 km (ITA) |
2:54:03 |
568 |
69 |
W40 20 |
2014 |
28.09 |
StraLugano 30 km “Panoramic” (CH) |
2:35:52 |
676 |
72 |
W35 25 |
Mini SkyRace 20km
Year |
Date |
Race |
Time |
Overall |
F |
Cat. |
2014 |
27.07 |
Giir di Mont Premana SkyRace (ITA) |
3:15:23 |
267 |
24 |
W35 4 |
2013 |
28.07 |
Giir di Mont Premana SkyRace (ITA) |
3:31:19 |
273 |
32 |
W35 7 |
Half Marathon
Year |
Date |
Race |
Time |
Overall |
F |
Cat. |
2014 |
14.09 |
11a Mezza di Monza (ITA) |
1:52:10 |
1643 |
121 |
W35 42 |
2014 |
06.01 |
Mezza Maratona sul Brembo (ITA) |
1:53:28 |
718 |
298 |
W35 16 |
2013 |
15.09 |
10a Mezza di Monza (ITA) |
1:57:38 |
2200 |
204 |
W35 57 |
2013 |
28.04 |
Maratonina di Cernusco Lombardone (ITA) |
1:57:12 |
448 |
42 |
W35 9 |
2013 |
24.03 |
42a Stramilano Agonistica int. Half Marathon (ITA) |
1:55:17 |
3828 |
379 |
W35 29 |
2013 |
17.02 |
Half Marathon Giulietta & Romeo (ITA) |
1:57:35 |
3324 |
456 |
W35 98 |
Monchio (MO) ci riprova il 22 agosto
Dopo tante gare virtuali e liberi raduni su percorsi predeterminati (che si fa molta fatica a chiamare gare podistiche), Monchio di Palagano (ridente paese dell'appennino modenese, a una ventina di km da Sassuolo), che non è nuova a questo genere di iniziative, ci riprova con una gara vera.
Sabato 22 agosto, dalle 16,30, si potrà partire per i consueti 10 km "ad anello intorno a Monchio", nel rispetto dei vigenti protocolli anti-Covid secondo il rituale già felicemente sperimentato.
Prenotazione obbligatoria dall'infaticabile Giulia Grossi, neomamma di Marco, che non ha ancora un mese ma ha conferito ulteriori forze alla mamma (tel. e whapp 3337484279; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). Sarà necessario presentarsi con mascherina, da togliere in gara (ma da rimettere se si sta a distanza inferiore di 2 metri dal concorrente); occorrerà firmare una autocertificazione (magari, con biro propria), è suggerita borraccia personale perché in gara non ci saranno ristori. Ma il giro è bellissimo, a Monte S. Giulia c'è una fontana di acqua fresca, e al traguardo i bar della zona saranno apertissimi.
Mentre i comitati e coordinamenti tacciono (bè, la storia ci ha insegnato che anche Cavour si prese un "decennio di preparazione" prima di dare il via all'indipendenza dalla Fidal di allora), sarà bello mostrare un segnale positivo a questi organizzatori indipendenti, entusiasti e coraggiosi.
Davos inCORONA l’Italia e dà una lezione all’Europa (nonostante…)
26 luglio – … nonostante qualche pasticcio (traducendo benevolmente il grober patzer dei media svizzeri)
Sono mesi che lo scriviamo, facendo il confronto con gli annullamenti o le prese in giro nel resto d’Europa (gare programmate in modo “individuale” con partenza libera, gare rinviate di mese in mese ecc.): il comitato organizzatore della storica Swissalpine di Davos, non a caso guidato da un ingegnere (con la passione dell’orienteering), dopo qualche mese di consultazioni e ripensamenti ha deciso di confermare la 35^ edizione della sua grande gara nella data stabilita, l’ultimo fine settimana di luglio.
Naturalmente si è dovuto fare i conti con le “regole-Corona”, come le chiamano nel mondo germanofono, e dare vita a una “edizione-Corona”, a numeri certamente ridotti, concentrando l’attenzione sull’evento principale (una 68 km con +/ -2606 metri di dislivello, e quattro passi alpini di cui 3 sopra i 2500 metri) poi una 43, una 23 e una 10 km: il tutto diluito in due giorni (sabato e domenica) e con partenze divise in due blocchi per gli eventi più affollati.
Così è successo che la K68 (primo allestimento assoluto, in sostituzione della classica K78 degli anni d’oro e della meno felice K88 del 2018) è andata in scena, come sempre, di sabato, con due partenze alle 8 e alle 8,30. Il numero massimo di atleti fissato per ogni onda era di 300, con obbligo di mascherina fino allo sparo, e rispetto di tutte le precauzioni igieniche, abbondante distribuzione di mascherine da parte degli addetti, divieto di accesso degli spettatori (che però si affollavano nel bar/ristorante al piano terra della tribuna, oltre che per le strade), niente docce, niente premiazioni solenni, e percorsi obbligati all’interno dello stadio e negli spogliatoi.
Siamo partiti in 541, arrivati in 464 di cui 91 donne; e ha vinto un italiano, il non ancora ventottenne ossolano Riccardo Montani, un pochino anche svizzero, siccome fa il fisioterapista a Martigny: la cui giovane età non gli impedisce di essersi già fatto notare, come vincitore nel 2018 del Bettelmatt Trail di 52 km in Val Formazza cioè quasi a casa sua, e terzo nella Sky Marathon del Cielo a Corteno Golgi; nel 2019, terzo col compagno Luca Carrara nella Monterosa Sky Marathon, 35 km a coppie che prevedono la salita addirittura tra i ghiacci della Capanna Margherita per poi ridiscendere verso Alagna Valsesia. Quest'anno, poco prima dell'interruzione, aveva vinto il Brunello Crossing, in Toscana, di 45 km.
La vittoria di Montani è stata una di quelle all’ultima curva (quando la stradina scende per sottopassare la ferrovia, poi con un’ultima salitina raggiunge il corso principale di Davos, da dove dopo duecento metri entriamo nel meraviglioso complesso sportivo donde eravamo partiti): in questo km scarso Montani ha raggiunto e superato in extremis di 16” lo zurighese Raphael Sprenger: 6.12:28 il tempo del vincitore.
Che però ha avuto un co-vincitore “incoronato” ex aequo, l’altro svizzero Stephan Wenk, giunto terzo a 8 minuti ma premiato dalla giuria come vincitore morale. Una cosa del genere era accaduta molti anni fa, quando la nostra grande Monica Casiraghi, già trionfatrice a Davos, ma quella volta giunta seconda dietro una russa, venne riconosciuta prima (assoluta, non ex aequo) perché si stabilì che i tifosi della sua rivale avevano spostato dolosamente le frecce segnaletiche. Qui invece, a quanto riferito dai giornali, Wenk e lo statunitense Roy Brown, sotto il passo Scaletta (il primo dei quattro, dopo km 17,5) non avevano visto la deviazione per il secondo passo, il terribile Sertig al km 22, ed erano proseguiti verso valle.
Sembra che le frecce non fossero ancora state poste, e dunque la colpa sia dell’organizzazione: pasticcio imperdonabile, e motivo del ‘risarcimento’, un po’ nello stile di Dorando Pietri (cioè premio monetario uguale di 2000 franchi = 1800 euro); io lo trovo comunque un po’ strano, dal momento che su quel percorso è impossibile sbagliare per l’abbondanza di segnali sia della Swissalpine sia dell’ente turistico; e quel tracciato è lo stesso dal 2015 per la K43; e quando ci sono passato io (ovviamente, un’oretta dopo i primi) c’era pure un addetto a segnalare la svolta.
Sta di fatto che i due (allora) battistrada avrebbero perso una ventina di minuti: l’americano si è ritirato, lo svizzero invece ha rimontato riportandosi addirittura in testa: ma pagando nel finale lo spreco di energie, finendo solo terzo. Di tutto questo il nostro Montani non ha colpa, e l’Italia può festeggiare ben tre suoi uomini nei primi 6: quarto il lecchese (tesserato Monza) Luca Manfredi Negri, a 4 minuti dal terzo; sesto il vicentino Roberto Mastrotto, altri 4 minuti dietro. Vicenza ha poi piazzato anche Alessio Zambon al 12° posto.
Italia incoronata dunque: impediti di correre dalle nostre parti, andiamo all’estero e vinciamo; e dalla Svizzera, insieme alla Svizzera, grazie alla Svizzera, diamo una lezione al resto d’Europa. Correre si può e si deve.
Dal comunicato stampa di Sport project VCO riprendo le dichiarazioni del vincitore: “È stata una gara che mi ha regalato tantissima gioia; ero partito con aspettative non troppo alte: guardando il profilo altimetrico avevo notato che si tratta di un tracciato tutto da correre dall’inizio alla fine e relativamente poco tecnico, quindi non molto adeguato alle mie caratteristiche. Invece man mano che la gara proseguiva mi sentivo sempre meglio e la vittoria mi soddisfa pienamente! Nella prima parte, inizialmente facile, con una prima salita al 20^ km circa, ero intorno alla 10/15^ posizione. Dopo il primo passo ho anche sbagliato percorso, e come me altri, perdendo circa 5’. Da lì in poi però la gara diventava più ‘muscolare’, con qualche tratto più tecnico, e ho recuperato via via posizioni. Quando mancavano 10 km alla fine ho iniziato a vedere i primi due, allora mi sono ulteriormente galvanizzato! Ho raggiunto il primo, Sprenger, all’ultimo km e sono poi riuscito a distanziarlo di 16 secondi. Una vittoria praticamente in volata, quindi ancora più emozionante!”.
Una straniera ha vinto anche la gara femminile, in poco meno di 7 ore: la ceca (residente però in Austria) Marcela Vasinova, 31 enne iscrittasi da pochi giorni dopo essere stata rassicurata che la gara si sarebbe comunque corsa (non sono mica parigini qui…). Seconda a una ventina di minuti la svizzera Kathrin Götz; terza la vincitrice sugli 88 km dell’anno scorso, l’altra svizzera Luzia Bühler.
Simpatica la scritta in ladino apparsa nel pomeriggio sui monitor di Davos: “La cursa roiala K68 dal Swissalpine a Tavau [nome ladino di Davos] gudognan Montani e Vasinova”. Davvero una “corsa reale”, anche se l’aggiunta di due passi oltre ai tradizionali Scaletta e Sertig, e in particolare il tremendo Fanez Furgga (2580 metri, da affrontare fra il 31° e il 35° km) abbia mietuto molte vittime, compreso il sottoscritto che comunque è stato piazzato al traguardo dei 40,600 (con 2300 metri+ e 2000-) di Monstein.
Unico motivo di rammarico è l’aver dovuto affrontare queste rampe, per noi partiti nella seconda ondata, con mezz’ora in meno a disposizione rispetto a chi era partito alle 8 (siccome il tempo limite di Monstein era fissato alle ore 16,20 e non dopo 7h50). In pratica, quelli delle 8 di mattina hanno avuto 8h20 per passare il cancello, e infatti gli ultimi arrivati hanno un tempo finale di 13h30 contro le 13 ore del tempo massimo stabilito “per noi”. Comunque, niente da lamentarsi: “noi” abbiamo avuto quello che sapevamo ci sarebbe toccato: se gli “altri” hanno avuto di più, buon per loro. In un primo momento sembrava che il giudice di Monstein (che ci ha comunque rilevato il tempo) ci autorizzasse a proseguire nel percorso, che restava segnato e negli ultimi km era facile, con una sola piccola ascensione prima della picchiata finale su Davos, e ancora 4 ore e mezzo a disposizione; ma due arcigni giudici posti all’uscita del paese ci hanno sentenziato che rien ne va plus indirizzandoci ai bus per Davos. Amen; naturalmente quest’altr’anno non ci sarà il Covid e dunque nemmeno le partenze scaglionate: però, all’occorrenza, occorrerà introdurre un po’ di quel grano salis che ai “tedeschi di ottusa diligenza” (parole del grande ossolano Gianfranco Contini) talvolta fa difetto. Voglio leggere cosa ne dirà Birgit Fender, reporter di Marathon4you e mia ‘rivale’ sia quest’anno sia nel 2018 all’edizione di Samedan; che quest’anno ho raggiunto solo nella discesa dal terzo passo, e poi herzliche gruesse ovvero s-ciao.
Nella stessa giornata di sabato si è svolta, come detto, la K23 (+634, -235 D), dal grazioso borgo di Klosters (dove ha casa Carlo d’Inghilterra) fino a Davos: ha dominato Jason Rüesch in 1:31:00, due minuti scarsi davanti a Arnold Aemisegger dal Liechtenstein (con perfetta inversione dell’ordine d’arrivo del 2019). Tra le donne ha vinto Shelly Schenk in 1:47:36. Gli arrivati sono stati 535.
Domenica 26 si sono svolte le restanti gare: la K10 con 194 arrivati (in maggioranza le donne, 103), e la K43, sullo stesso percorso della K 68 ma ridotto ai primi due passi Scaletta-Sertig, dunque con un dislivello di circa 1450 metri, terminata da 418 atleti di cui 111 donne. Hanno vinto lo svizzero M 30 Matthias Kyburz, 3 ore e 16 secondi, e la ventiseienne svizzera Natascha Baer in 3.48:44.
Dunque, i quasi 1700 arrivati totali (più il centinaio di ritirati o fermati anzitempo) dimostrano che in Europa c’è voglia di corsa, e ci sono le condizioni materiali per farlo. Io resto convinto che a Davos ci andrebbe più gente se si tornasse ai tempi antichi, quando tutti i maratoneti stradaioli, anche italiani, dalla Casiraghi a Govi, da Micio Cenci ad Alfonso Pagliani, venivano almeno una volta nella vita, con le loro scarpette da asfalto, e tornavano constatando di aver corso la più bella gara della vita. Non so se la sirena del trail, sempre più lungo e duro, attirerà quelle masse popolari che avevano eretto la Swissalpine a regina autentica delle corse europee.
Intanto, però, l’Europa, e soprattutto l’Italia (dove oggi è saltata anche l’Ecomaratona della Val d’Arda) è pregata di svegliarsi.