Direttore: Fabio Marri

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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Cancellata senza rinvio l’edizione del 1° marzo 2020 (come ricorderete, fu la prima maratona sospesa in Italia, per la proclamazione di una ‘zona rossa’ che l’allora commissario regionale Sergio Venturi oggi ammette essere stata troppo severa), e ancora incerta l’effettuazione del 2021, dato che nel calendario Fidal Gold e Silver al momento Bologna non compare (ma ci sono ancora gli spazi per inserirsi), gli organizzatori hanno allestito e portato a termine una Bologna Virtual Marathon.
La falsariga è la stessa di altre manifestazioni dei nostri tempi da “Fase 2” ovvero 3: gli iscritti alle gare dei 42 e 30 km hanno avuto la possibilità di partecipare, suddividendo il loro sforzo su tre tappe (nessuna superiore ai 19 km) tra il 5 e il 7 giugno, e inviando agli organizzatori tracce e tempi dei loro Gps.
La procedura è risultata per taluni un po’ complicata, fatto sta che dei circa 1000 iscritti (su 3700 che avrebbero dovuto correre il 1° marzo scorso) poco meno di 650 hanno portato a termine le tre tappe: 468 su almeno 42,195 km (era suggerito di abbondare leggermente, data la taratura dei Gps), 175 sui 30 km. La località, ovviamente, era libera. Dice il comunicato ufficiale:

“C'è chi ha corso sotto la pioggia, chi in riva al mare, chi ha macinato chilometri da solo, chi ha preferito la compagnia di alcuni amici, c'è chi ha corso all'alba e chi al calar del sole, c'è chi ha corso tra le campagne, in città o in montagna.Ognuno al suo ritmo, qualcuno ha completato la maratona in meno di 2 ore e mezza, qualcuno invece in più di 10 ore!”.

Aggiunge Fabio Cavallari, responsabile Marketing e Comunicazione: “Dopo mesi di lockdown e con tutte le gare podistiche sospese, sentivamo il bisogno di darci un obiettivo e di darlo ai tanti runner che hanno creduto nella Bologna Marathon. La forza e l'energia che ci hanno trasmesso i partecipanti è stata grandissima e il movimento che si è creato sui social network è stato impressionante. Il club di Bologna Marathon su Strava in un paio di settimane ha raggiunto più di 1000 iscritti e le condivisioni di foto e risultati sui vari social è stata davvero importante".

I partner di questa iniziativa hanno realizzato un pacco gara che i partecipanti potranno ritirare nelle prossime settimane nella rete dei Macron Store. Saranno inoltre premiate diverse categorie di runners, tra cui chi ha corso in meno, chi in più tempo, e chi ha inviato le foto più simpatiche e suggestive.

La classifica dei finisher vede al primo posto maschile Riccardo Vanetti in 2:28:26, due minuti e mezzo davanti a David Colgan (391 gli arrivati); al femminile vince (su 78) Natascia Pizza in 3.10:40. Da notare l’ultimo posto (che sarà premiato) di Giacomo Crasta in 10.17:09, ma va notato che ha corso o camminato solo per le alture bolognesi, più o meno sui tracciati della mitica 25 km dei Colli.
Allo stesso modo, il sottoscritto (penultimo, ma in 7 ore, e su un totale di oltre 44 km), dopo due tappe quasi piatte a Modena, ha deciso di celebrare l’ultima tappa in una zona simbolica e legata a tanti ricordi: le cime tra la gucciniana Pàvana e il lago di Suviana, attorno al quale oggi si sarebbe dovuta correre appunto la maratona, e sulle cui vette (due montagne a 1200 metri di quota, nel crinale tosco-emiliano) in anni antichi si correva la “Maratona dei tre laghi” con partenza e arrivo a Castiglione dei Pepoli.

Nei 30 km della Virtual successi simbolici per Silvia Vignali in 2:28:17 (appena dieci secondi in meno di Federica Cicognani, 2:28:27); e per Antonio D'Oro in 1:54:41.

Fine settimana di annunci relativi alle gare programmate per questa tormentata estate-autunno.
Su migliaia di podisti italiani amanti delle Dolomiti sono piovute come macigni (è il caso di dirlo) le comunicazioni della rinuncia della “Camignada poi siè refuge”, dal lago di Misurina ad Auronzo attraverso la stupenda area delle Tre Cime di Lavaredo, e della “Transpelmo” in alta val di Zoldo attorno alla più bella montagna dolomitica. La provincia di Belluno continua a pagare il suo tributo alle incertezze del momento e (come ci ha scritto Andrea Basso della maratona di Milano) alle possibili responsabilità penali che potrebbero gravare, anche qui come macigni, su chi in Italia osasse organizzare una gara e avesse la sfortuna di un reduce ‘positivo’ e vendicativo, capace magari di eccepire su una toilette non abbastanza ‘igienizzata’ o su una podista compagna di corsa che gli avesse respirato un po’ troppo bocca a bocca…

Ecco il comunicato della Camignada, di oggi 6 giugno:

“Causa emergenza Covid-19, siamo costretti a rinunciare all’edizione 2020 della Camignada” dice il presidente del Cai di Auronzo, Stefano Muzzi.  “Come tutte le organizzazioni sportive, ci siamo trovati e ci troviamo di fronte a una situazione senza precedenti. Nelle settimane scorse abbiamo sospeso le iscrizioni e ci siamo presi un periodo di riflessione per valutare al meglio ogni aspetto legato alla Camignada, in relazione all’evolversi della situazione sanitaria e delle normative. Una manifestazione come quella che proponiamo da quasi mezzo secolo, con oltre un migliaio di partecipanti e centinaia di volontari lungo il percorso, una festa della montagna prima ancora di una gara, non permette di garantire gli standard di sicurezza richiesti. La decisione che abbiamo assunto, pur dolorosa, crediamo sia la scelta più responsabile per assicurare la sicurezza di partecipanti e staff organizzativo. Vivere la montagna, del resto, significa a volte anche saper rinunciare a proseguire verso la vetta. L’appuntamento è per domenica 1 agosto 2021, per una giornata alla quale abbiamo già iniziato a lavorare e che vogliamo rappresenti un qualcosa di speciale, per ogni concorrente e per la storia della Camignada. Segnaliamo inoltre che i concorrenti che si fossero già iscritti all’edizione 2020 hanno due possibilità: confermare l'adesione per l'edizione 2021 oppure richiedere il rimborso integrale della quota.

Nota di plauso per l’ultima frase: il rimborso non è insomma una mission impossible.
Dal comunicato della Transpelmo datato 4 giugno:

L’edizione 2020 della Transpelmo, gara di trailrunning che si sarebbe dovuta svolgere il 6 settembre sui sentieri della Val di Zoldo (Belluno), è annullata.
Il comitato organizzatore ha valutato attentamente ogni possibilità, ritenendo che non sussistano le condizioni per organizzare l’evento. «A malincuore, dobbiamo rinunciare all’edizione 2020 della Transpelmo» spiegano Andrea Cero ed Eris Costa, coordinatori dello staff organizzativo della manifestazione nata nel 2008 che si svolge lungo i sentieri attorno al Monte Pelmo, una delle vette iconiche delle Dolomiti. «L’emergenza Covid 19 ci ha messo di fronte a una situazione senza precedenti. Dopo aver atteso l’evolversi del quadro sanitario e normativo, considerata la rigidità degli standard di sicurezza richiesti ed esplorata ogni possibilità per evitare l’annullamento, siamo arrivati alla decisione di rinviare al prossimo anno. Si tratta di una scelta molto sofferta ma crediamo che questa sia la soluzione più responsabile nei confronti di concorrenti - oltre 800 nell’edizione dello scorso anno – e di volontari – oltre duecento. Diamo appuntamento al 5 settembre 2021, nella convinzione che la nostra scelta sia capita e con l’auspicio che i tanti concorrenti che in questi anni ci hanno dato fiducia possano essere con noi anche il prossimo anno, per un’edizione che vogliamo più coinvolgente che mai.

A nord delle Alpi invece si resiste: la mitica Davos, programmata per l’ultimo weekend di luglio e che aveva messo le mani avanti ipotizzando un ‘recupero’ a metà settembre, ha invece optato per la ‘resistenza’, anzi per una sfida, sintetizzata nel nome di Corona Swissalpine 2020. Sintetizzo il messaggio inviato il 4 giugno e presente sul sito della gara:

Possiamo darvi una lieta notizia: dopo tante riunioni e prove, la Swissalpine si potrà svolgere il 25 e 26 luglio, sia pure nel rispetto delle norme di sicurezza causate dalla Covid e nella speranza che non ci siano altri impedimenti imprevisti. Dovremo rinunciare ad alcune delle cose incluse nei programmi, ma certamente siamo intenzionati a offrirvi un pezzo di normalità.
Gli iscritti fino al 2 giugno (non sono più ammesse nuove iscrizioni se non con la modalità della “lista d’attesa”) hanno le possibilità:

trasferire l’iscrizione al 2021
annullare l’iscrizione 2020 ricevendo il 60% della quota entro 4 settimane
lasciare in offerta la quota pagata.
Chi desidera confermare la partecipazione del 25/26 luglio deve collegarsi col sito e compilare il modulo entro il 9 giugno.
Non potremo organizzare la 20 km (né le gare a staffetta e per bambini) ma sarà possibile trasferirsi sulla 23 o sulla 10 km: a breve seguiranno informazioni.
La Corona Swissalpine 2020 impone, a causa dello sviluppo della pandemia e delle direttive politiche, una forte dose di flessibilità e autoresponsabilità da parte dei partecipanti e dei collaboratori. Intanto, le corse dei  K68 e K43 saranno distribuite in due giorni: K68 sabato 25; K43 domenica 26.07.2020. Gli orari di partenza saranno comunicati più tardi, come pure informeremo sulle K23 e K10.
Tutti i concorrenti saranno vincolati a rispettare le regole di igiene e distanziamento.

Infine, la maratona di Parigi. Il sito ufficiale continua a riportare la data del ‘recupero’ del 18 ottobre, decisa già dal 5 marzo, ma da ieri 5 giugno ospita pure una comunicazione contemporaneamente spedita agli iscritti, che lascia leggermente sconcertati:

Come sai, la crisi del COVID-19 ha colpito gravemente il settore dello sport: è da marzo che non si organizzano eventi pubblici. Il Consiglio dei ministri ha prolungato il blocco fino al 15 settembre: per tutte le competizioni organizzate dal nostro comitato  A.S.O. entro quella data, a partire dalla maratona di Parigi inizialmente prevista per il 5 aprile, noi offriamo un credito (voucher) pari alla somma integrale che hai versato, valido 18 mesi per partecipare a un qualsiasi nostro evento. La somma che non avrai speso entro 18 mesi ti sarà successivamente rimborsata.
Entro metà luglio riceverai un email che specificherà l’importo del tuo credito e le modalità per usarlo. Ci spiace per il disagio creato da questa situazione eccezionale. Non vediamo l’ora di rivederti, anche se la priorità resta la salute di tutti.

La cosa, come dicevo, sconcertante è che questo messaggio non fa alcuna menzione della data del 18 ottobre: l’unica data citata per la maratona è quella primitiva, già annullata da tre mesi. Resta dunque il dubbio se questo rimborso o bonus valga solo per chi non accetta il recupero, oppure sottintende l’annullamento definitivo. In una Francia che dal 12 maggio ha cominciato a riaprire le scuole (giungendo alla riapertura generale anche per i licei il 2 giugno), e lo stesso 2 giugno ha dato via libera a bar, ristoranti, parchi, attività sportive (con qualche cautela solo per la “zona arancione” di Parigi), e che si pente di aver fermato precipitosamente il campionato di calcio (peraltro, virtualmente ormai concluso per il titolo), l’annullamento suonerebbe come punitivo nei confronti del podismo.

 
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Il cosiddetto “liberi tutti” scattato progressivamente dal 4 maggio ha prodotto indubbie conseguenze positive, ma anche qualche spiacevole inconveniente. Anzitutto, sono smesse le aggressioni verbali o talvolta fisiche a podisti presunti ‘untori’: oggi, tutt’al più, ci possono sgridare se non portiamo la mascherina trovandoci a meno di una distanza ‘sociale’ variabile a seconda dei singoli ordinamenti dei nostri staterelli regionali. Però, abbiamo ripreso a girare, sicuramente tra una provincia e l’altra, a breve anche tra regioni.
È così successo che a Finale Emilia (località che, come dice il nome, si trova al confine fra quattro province e tre regioni: Emilia, Lombardia, Veneto, in particolare Modena, Ferrara, Rovigo, Mantova) sono cominciati ad arrivare anche i foresti, podisti e non solo. E sabato 23 maggio, in un parchetto quasi in centro della cittadina, attraversato da una pista ciclabile, è stato visto un podista, completamente vestito di nero, compresa la mascherina nera antiCovid (non voleva essere sgridato?), occhiali scuri alla Blues Brothers, guanti calzoni e cappuccio della felpa calato sul capo, saltare via in fretta dalla postazione in cui stava facendo stretching (però agli arti superiori, dice un testimone) e avventarsi contro un pacifico operaio ceramista 54enne che stava rientrando a casa col cartoccio del pane sottobraccio.
Estratto un cutter, il “podista” ha colpito al collo il malcapitato e l’ha lasciato a terra sanguinante: qui le fonti divergono, secondo un testimone l’accoltellatore sarebbe rimasto alcuni istanti a vedere i risultati della sua impresa (risoltasi positivamente per la vittima, dopo un intervento d’urgenza all’ospedale di Bologna), secondo altri è scappato, liberandosi degli indumenti a qualche centinaio di metri, con una raccolta differenziata un po’ particolare: una campana per il vetro! E poi ci casca l‘asino: la fuga finale sarebbe avvenuta non a piedi ma in auto, un’auto che le tante telecamere che sorvegliano tutti (tranne i ladri delle nostre biciclette) avevano ripresa nell’arrivare a Finale addirittura tre ore prima dell’accoltellamento. Un lungo-lento, o uno stretching accurato come ci è stato raccomandato in questi mesi di poca attività motoria?
Chi sta leggendo ha già trovato indizi che non depongono a favore di un collega podista: nel maggio padano, chi corre ormai con guanti e felpa? E la mascherina, la portiamo davvero? Senza dire che l’uso delle strutture fisse come gli attrezzi da ginnastica è fortemente sconsigliato se non vietato… Come avrebbe detto l’ispettore Rock: il vostro piano era ben congegnato, ma avete commesso un errore (uno solo?).
Infatti: in pochi giorni i carabinieri, coordinati dal PM  Giuseppe Amara, hanno risolto il giallo dell’uomo in nero, talmente sagace da aver acquistato il taglierino il giorno prima, con tanto di scontrino, e da aver fatto sapere che, appena fosse stato dato il via libera interregionale (cioè da mercoledì prossimo), avrebbe tagliato la corda: stavolta non col taglierino, finito nella campana del vetro.
Ovviamente non si tratta di un podista ma di un 50enne pizzaiolo, originario di Rieti e residente a Reno Centese: località, per chi non lo sapesse, a un paio di km da Finale, dalla quale dunque un qualunque podista vero sarebbe venuto non in auto ma a piedi, giusto per lo spazio di un riscaldamento. Da quelle parti, in tempi normali, il calendario podistico amatoriale sarebbe ricchissimo: è rinomato “Al Gir dal Cisol”, una corsa di fine luglio organizzata (pensate un po’) dalla Podistica Finale Emilia; ma tutto luglio e settembre sono animati dalle manifestazioni serali dei “Parchi in movimento”, che coinvolgono il vicino comune di Casumaro: a sua volta celebre per la rimpianta corsa del Gatto Nero, che forse avrà suggerito il costume da pseudo-podista al pizzaiolo.

Ma perché l’ha fatto? Le prime impressioni accreditavano il gesto di uno squilibrato, ma ricordandosi anche dell’antico proverbio francese “Cherchez la femme”, le indagini hanno persuaso l’aggressore a confessare il cosiddetto “movente passionale”: “presunti motivi di gelosia”, dicono i primi comunicati successivi all’arresto del finto podista il 29 maggio. Anche qui, le informazioni divergono (è chiaro che gli avvocati difensori hanno cominciato a rimestare il cibo tipico di quelle parti, la papparuccia o calzagatti) e ve le diamo tutte senza accreditarne nessuna: il ferito sarebbe “il marito dell’amante dell’accoltellatore”; oppure non proprio il marito ma insomma il compagno; oppure ancora (ma qui sento puzza di azzeccagarbugli che girano il pentolone) sarebbe lui quello che “avrebbe avuto attenzioni nei confronti di una donna impegnata”. E ovviamente si potrebbe andare avanti: impegnata con chi? col pizzaiolo o con una terza persona? In attesa di un dibattito a talk-show unificati, non senza l’intervento di un virologo assunto dalla difesa per sostenere l’attenuante della lunga clausura sul comportamento poco “sociale” dell’aggressore, ci premeva dire che stavolta, proprio no, non è un “delitto del podista”!

 
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22 maggio - La notizia del giorno (oltre a quella dell'UTMB: http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/6169-annullato-l-ultra-trail-du-mont-blanc-2020.html) è che la quinta edizione del Dolomiti di Brenta Trail, prevista il prossimo 5 settembre, è annullata, con appuntamento fissato fin d’ora all’anno prossimo. Leggiamo dal comunicato degli organizzatori:

Il comitato organizzativo del Dolomiti di Brenta Trail ha preso a malincuore la decisione più difficile, quella di annullare la gara. Il motivo è per noi semplice: abbiamo, come sempre, messo al centro la sicurezza degli atleti e dei volontari, aspetto che ha ispirato questo evento sin dalla prima edizione. Siamo certi che l’edizione del 2021 potrà essere la più bella e la più emozionante, un’occasione speciale per tornare a correre tutti assieme sulle montagne che amiamo.

Per chi si fosse già iscritto, sono tre le opzioni proposte: la possibilità di ottenere il rimborso del 100% della quota di iscrizione - al netto delle commissioni pagate al momento dell’iscrizione -, quella di ottenere il rimborso lasciando 10 euro in beneficenza a favore dell'Associazione Croce Bianca Paganella (attiva sull’Altopiano della Paganella per l’assistenza sanitaria di primo soccorso alle persone presenti sul territorio, e da sempre essenziale partner di Dolomiti di Brenta Trail durante la gara),  e quella di mantenere l’iscrizione per il 2021.
Nel caso in cui non pervenga alcuna comunicazione da parte degli iscritti entro il 7 giugno, sarà effettuato automaticamente il rimborso dell’intera quota.
Per informazioni è possibile consultare il sito www.dolomitidibrentatrail.it

Non possiamo che plaudire alla triplice possibilità, notando come, a differenza di altri annullamenti del genere, non ci si trinceri dietro il regolamento che escluderebbe rimborsi (andrebbe però visto se in questo caso sarebbe valido un regolamento emanato per sospensioni o annullamenti il giorno della gara, generalmente per maltempo o calamità naturali).
Tre giorni fa era stato emesso il comunicato di annullamento del 3° Monterosa Est Himalayan Trail (Macugnaga, 25 luglio) “dato il persistere dell’emergenza sanitaria COVID-19”. Dal sito degli organizzatori:

Sino ad oggi abbiamo profuso il massimo sforzo per realizzare questo evento che, rispetto alla seconda edizione del 2019, vedeva confermato il suo trend di crescita con più del doppio degli iscritti. Purtroppo la situazione attuale non fornisce garanzie di tutela sanitaria per i partecipanti così come la possibilità di rispettare i nostri standard organizzativi ed in ultimo per poter svolgere un evento sportivo in totale spirito di divertimento e condivisione.

Nel maturare questa decisione abbiamo tenuto in grande considerazione l’alta percentuale di partecipanti stranieri e provenienti da altre regioni italiane che dati alla mano rappresentano la stragrande maggioranza dei partecipanti del MEHT, e delle oggettive difficoltà di spostamento e di logistica.

Data la situazione ancora incerta rispetto allo svolgimento di eventi ad alto assembramento sarebbe stato difficile anche ipotizzare una data alternativa dopo l’estate, quindi le iscrizioni alle varie distanze parte del MEHT verranno automaticamente trasferite all’edizione 2021.

Il 3° HOKA ONE ONE Monterosa EST Himalayan Trail si terrà quindi nella seconda metà di luglio 2021, edizione che vedrà tantissime novità su tutte l’ingresso di una ULTRA 100K con apertura iscrizioni dai primi di settembre.

Per riavvicinarci al nostro mondo abbiamo pensato di celebrare il MEHT durante il week-end del 25-26 luglio 2020 dove avremo ospite a Macugnaga il ns testimonial Franco Collé che testerà i nuovi percorsi 2021. Durante quel fine settimana sarà possibile effettuare degli allenamenti individuali e quindi nel rispetto delle normative sanitarie per cui daremo ulteriori informazioni nelle prossime settimane.

L’unica opzione possibile, dunque, è di sfruttare la cifra già versata partecipando nel 2021 (le iscrizioni, aperte già dal settembre scorso, erano momentaneamente sospese fino al 1° giugno), e bel frattempo, se ne avete voglia, di “testare” il percorso nel giorno in cui lo si sarebbe dovuto fare agonisticamente.

 

Stesso rinvio al 2021, e stesso comportamento quanto alle iscrizioni, per il Dolomiti Extreme Trail di Forno di Zoldo, previsto per metà del prossimo mese, secondo un comunicato alquanto più laconico ma che non ha saputo rinunciare, nel titolo, allo stanco ritornello da cine-melò e da Minculpop “Andrà tutto bene!”: se la gara si annulla, qualcosa NON è decisamente “andata bene”. 

Finora noi abbiamo sperato in tutti i modi di poter confermare il normale svolgimento del DXT, ma a questo punto, anche tenendo conto dell’evoluzione del contagio in molte delle 47 nazioni da cui provengono i nostri iscritti, pensiamo che a giugno non potrà essere garantita quella festa di sport e amicizia che noi vogliamo sia il Dolomiti Extreme Trail. Abbiamo pertanto deciso di annullare tutte le gare in programma dal 12 al 14 giugno e di rinviare l’appuntamento con tutti voi al 2021.
Le iscrizioni già effettuate per l'edizione 2020 saranno pertanto considerate valide per il DXT 2021 (11/13 giugno).

 

Per stare in tema, la maratona di Bologna (a nostra notizia, finora, la più ‘avara’ quanto a gestione delle quote di iscrizione, dove i quattrini già versati non bastano nemmeno per correre nel 2021), annuncia per i suoi iscritti un evento gratuito cui si potrà partecipare tra venerdì 5 e domenica 7 giugno. Ecco un largo estratto dal comunicato di oggi 22 maggio:

 In attesa di poter correre la Bologna Marathon 2021 nasce la Bologna Virtual Marathon in programma il 5, 6 e 7 Giugno 2020, in occasione della Giornata Nazionale dello Sport.
La “Bologna Marathon” la “30 Km dei Portici”, previste lo scorso 1 Marzo 2020, sono state le prime due gare podistiche italiane annullate, a pochi giorni dalla partenza, a causa dell'emergenza Covid-19. Questi appuntamenti, già sold out con un totale di 3700 iscritti, saranno riproposti nel 2021, ma, nel frattempo, gli organizzatori hanno deciso di non fermarsi e trovare il modo di correre tutti assieme, anche se a distanza.

La Bologna Virtual Marathon è una corsa virtuale gratuita alla quale si potrà partecipare da qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi momento, dal 5 al 7 Giugno.
Tutte le informazioni utili per partecipare sono disponibili sul sito www.virtualmarathon.it

Anche se si tratta di un appuntamento virtuale si correrà davvero e i partecipanti potranno scegliere di percorrere, in 3 sessioni, le distanze di 42,195 Km o di 30 Km.

Macron, sponsor tecnico della gara, oltre a mettere a disposizione la propria rete di Macron Store per il ritiro dei pacchi gara, premierà diverse categorie di partecipanti, tra cui coloro che invieranno le foto più simpatiche, chi avrà corso più veloce, ma anche chi avrà completato le distanze proposte in più tempo.

Le iscrizioni apriranno domani. Il prerequisito, da verificare entro il 5 giugno, è di essere uno dei 3700 iscritti alla gara del 2020; occorre poi avere un account Strava (l’associazione con casa madre a S. Francisco che già gestisce eventi virtuali), iscriversi al Club “Bologna Maraton” e correre la distanza scelta in 3 sessioni non superiori a 19Km, tra il 5 e il 7 giugno. Dopo il 12 giugno, e fino al 30 settembre, si potranno vedere le statistiche e i record sul sito www.virtualmarathon.it, e ritirare il pacco gara, previsto per tutti gli iscritti, nello Store Macron più vicino.

 

 

 
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L’avevamo lasciato in quarantena, ma già in fase di pre-riscaldamento prima del ritorno alla vita normale.

http://podisti.net/index.php/commenti/item/6037-matteo-villani-salta-anche-l-ostacolo-covid19.html#!Villani_Matteo_0001

Vita che per lui significava rivedere il suo ospedale di Piacenza per dare un contributo determinante contro l’epidemia; ma anche, riabbracciare la famiglia; infine, riprendere con lo sport all’aria aperta:

Veramente – dice- anche quando ero confinato da solo in casa, dopo sfebbrato, al mattino mi allenavo in bici sui rulli, nel lato esposto al sole; al pomeriggio correvo sul tapis-roulant sull’altro lato, sempre per stare al sole…

Dunque parliamo anzitutto di salute:

Dopo tre settimane in isolamento (dove solo il mio papà veniva a trovarmi quotidianamente), e i tamponi negativi, il 21 aprile ho ripreso il lavoro come anestesista-rianimatore.

Ma fino all’anno scorso tu avevi il posto di lavoro in Svizzera:

E’ vero, prima a Losanna poi a Lugano: posti dove si lavora benissimo (più sodo che in Italia), dove le esigenze lavorative devono anche prevalere sugli affetti familiari. Il mio posto è ancora là, ma dopo gennaio scorso, sia per la nascita della terza figlia, sia perché qui c’era davvero bisogno, ho sentito l’istinto di rientrare per fare quanto potevo.

E ti sei beccato il virus. E il resto della famiglia?

Noi sportivi, oggettivamente, abbiamo delle risorse in più... Mio padre Giovanni, una maratona improvvisata a 50 anni in 2h45, non ha mai preso nemmeno un raffreddore; mia moglie Giulia, anche lei senza disturbi, e prima che la situazione si facesse pericolosa per lei e i bimbi, sfollata a San Felice sul Panaro. Ma adesso sono rientrati tutti a Fidenza e almeno, quando rientro dal lavoro, possiamo stare tutti insieme; e presto verrà il tempo che anche Giulia, logopedista nello stesso nostro ospedale, potrà ricominciare il lavoro.

Come va in ospedale?

Non male. La quarantena collettiva (le “zone rosse”, spiacevoli ma benemerite) ci ha ridato respiro; adesso i ricoverati in rianimazione sono quasi quelli dei tempi normali, e ogni giorno il numero degli “estubati” supera quello degli “intubati”. Lo dico sottovoce, ma abbiamo già strutture e posti letto per una “seconda ondata”: che però, se siamo bravi, non ci sarà.

A proposito: nelle prime settimane, e qualche volta anche oggi, si sono sentiti discorsi lugubri sul “triage”, cioè le scelte che al Pronto soccorso facevate preventivamente, su quelli da curare e quelli, ahiloro, da lasciar perdere…

Allora: la parola “triage”, che è stata tirata fuori fin troppo ma significa semplicemente “smistamento”, indica una prassi che è in vigore da sempre. Se tu ti presenti al Pronto Soccorso, è ovvio che come prima scelta il medico deve separare chi ha un infarto da chi ha una frattura e da chi è semplicemente ubriaco. Questo è il “pre-triage”. Quando è scoppiata l’infezione, abbiamo aggiunto un altro quesito diagnostico: sei a rischio di Covid? Hai sintomi, hai frequentato dei malati? A questo punto, separati i non-Covid sicuri (i fratturati o infartuati, per intenderci) da quelli sospettabili di infezione, fatti i tamponi ecc., per quelli con virus accertato scattava il “triage di priorità”: chi deve essere trattato con maggiore urgenza perché ha più probabilità di cavarsela? Nessuna scelta in base all’età, ma semmai in base alla pesantezza del trattamento. Un conto è se ti metto la mascherina a ossigeno sulla bocca, un altro conto se devo infilarti un tubo fino ai polmoni: alcuni pazienti, magari quelli che per malattie proprie avevano già altri fili o tubi inseriti (pacemaker, dializzati ecc.), non sopportavano un ulteriore tubo, con annesso coma farmacologico, che anzi poteva accelerarne la morte. Ricordo a tutti che non è il tubo o l’ossigeno a guarirti: quelli ti assicurano la sopravvivenza in attesa che il tuo organismo reagisca al virus.

Adesso si può correre all’aperto. All’inizio dell’epidemia si è fatto un po’ di terrorismo nell’ipotesi che il cosiddetto paziente 1, Mattia Maestri, avesse infettato i colleghi podisti alla Mezza di Portofino cui aveva partecipato.

Non mi risulta che ci siano stati infettati tra i partecipanti alla corsa di Portofino; e nemmeno alla maratona Salsomaggiore-Busseto del 24 febbraio. Perlomeno, non in numero anomalo rispetto a quelli che si infettavano per altri motivi.

E per la ripresa, come facciamo: con o senza mascherina? E’ vero che correre respirando attraverso la mascherina chirurgica ti fa rischiare seri guai per il ricircolo di anidride carbonica?

Prima di andare a rischio, ce ne sarebbe di CO2 da respirare… Io vedo chirurghi che indossano la mascherina per 12 o anche 24 ore senza mai toglierla!

Intanto, per la tua personale attività sportiva?

Dovete sapere che, dopo le mie esperienze giovanili con la Liberi e Forti dei gemelli Chittolini, e la Fratellanza di Modena con Finelli (l’unico che riusciva qualche volta a costringermi al ‘bigiornaliero’!), abbiamo fondato una società, la Ballotta Camp con sede a Salsomaggiore: solo casuale la coincidenza col nome del famoso portiere di Parma, Modena e Lazio. Contiamo una ventina di iscritti, tra cui mia moglie Giulia, e partecipiamo al campionato provinciale di Parma; ma siamo stati anche alle finali nazionali di cross Fidal a Venaria nello scorso autunno, con buoni risultati. Naturalmente, non mi limito a fare il capitano-non-giocatore: ho un 1.14 sulla mezza (nel 2014), un 30:04 sui diecimila, 15:57 sui cinquemila (nel 2014, dopo un 13:56 da assoluto, nel 2008). E con me c’è gente che vale anche in maratona: un Giorgio Bosi, adesso 48enne, con 2.43 a Carpi nel 2016, e che ha corso quasi tutte le Majors (ma anche le nostre Reggio, Ferrara, Russi) sotto le 3 ore: avevamo programmato Londra insieme, e invece... Devo dire che nella mezza mi arriva sempre più vicino, ma adesso aspettate quando torno in forma…

E ora si corre?

Il nostro presidente Simone Conforti ha organizzato tutto al meglio: il campo è giustamente chiuso, ma per fortuna attorno a Salso è tutta una collina e si corre, individualmente e senza mettere la mascherina se non c’è nessuno. Attenzione che dalle società della nostra zona (Avis Fidenza, Liberi e Forti) sono venuti fuori venti nazionali e cinque olimpici, noi del Ballotta Camp non possiamo essere da meno…

E la signora Giulia?

Adesso con una bimba di sei mesi ha altro cui pensare… Ma l’anno prossimo, chissà: come resistere, otto anni dopo il 2.58 della maratona di Reggio, alla tentazione della maratona sotto casa, ideata dai nostri maestri…? Per il momento non diciamo niente, ma… aspettateci!

  

Matteo Villani

 
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10 maggio – Primo fine settimana all’insegna del “quasi liberi tutti”: radio e tv raccomandano di evitare “l’effetto Naviglio” o “la scena-Mondello”; il pittoresco governatore della Campania minaccia di arrestare gli pseudo-podisti con tre braghe (ma quando mai li hai visti!) per oltraggio al pudore; il governatore dell’Emilia-Romagna, con la barba meglio curata del solito, saluta il commissario speciale proibizionista – quello sempre lugubremente vestito di nero, camicia compresa – e dopo tre giorni di validità della sua ordinanza ne emana un’altra che la smentisce, consentendo di uscire dalla provincia per fare tante cose, compresa l’attività motoria (purché si rimanga dentro la regione: perché notoriamente i bacilli di Reggiolo non vanno a Gonzaga ma restano in quarantena nella casa dei doganieri).
Davanti alle frotte di persone oggi anche nei parchi e nelle stradette di campagna modenesi (mai vista tanta gente!) mi vengono in mente quei sarcastici versi del concittadino Guccini (ottant’anni fra un mese, tra la via Emilia e il West): “tu giri adesso con le tette al vento – io lo facevo già due mesi fa”. Ebbene sì, durante i due mesi di blocco mi ero ricavato un circuito campagnolo, “in prossimità” di casa (mai più di 1200 metri, Gps alla mano), e siccome i famigerati 200 metri non esistevano in nessuna ordinanza della mia regione, ma erano solo un pourparler senza validità legale, in quel circuito mi sono corso tre maratonine autogestite più altri percorsi minori, quasi ogni giorno: accorgendomi che devo essere allergico a una delle erbe che si accumulavano tra scarpa e calza, perché al collo di entrambi i piedi mi era venuta un’irritazione che sta passando solo adesso… Vabbè, i droni (che spreco di risorse alla ricerca della multa facile) non mi hanno beccato, e se mi beccavano i vigili li avrei rimandati a un dibattito a bocce ferme in tribunale, per capire chi ha diritto di imporre leggi e di decidere cosa significa “prossimità”; e infine, avrei chiesto ai vigili cosa ne pensavano delle adunate regolari, con grigliate e perfino partite di calcetto, nei prati in fondo a via T.d.G., dove la strada finisce mentre un centinaio di metri più in là, terreno agricolo già coltivato a grano, è in corso un mega intervento edilizio, cinque palazzoni di almeno cinque piani benedetti dal Comune.
Ma lasciamo perdere e ricominciamo da capo, da quell’8 marzo in cui la provincia di Modena venne improvvisamente dichiarata “zona rossa”, col divieto di passare il confine verso Bologna (prima città d’Italia vittima, la settimana precedente, della soppressione di una maratona, eppure non “zona rossa”). In quel giorno avevo programmato in famiglia una lunga passeggiata verso quella parte della “Via degli dei” che non avevo mai fatto, cioè tra le prime colline bolognesi e il passo della Futa (da dove, viceversa, ero partito come atleta di retroguardia, un paio di volte, arrivando fino a Fiesole).
“Via degli dei” è un nome un po’ di fantasia, quasi come la “Via degli abati” cento km più a ovest; ma sottintende una realtà storica, la riscoperta di una strada romana, la Flaminia Militare da Bologna ad Arezzo, parzialmente riportata alla luce una quarantina d’anni fa da due appassionati di storia e archeologia, “dilettanti” col merito di non aver dato retta ai soloni dell’università di Bologna, e con braccia sufficienti per dissotterrare, sotto un metro di manto boscoso, i resti del selciato di 2200 anni fa. Da quattro anni, Via degli Dei e Flaminia Militare sono anche i nomi di un suggestivo ultratrail, previsto il 3 aprile di quest’anno disgraziato, e dopo un tentativo di rinvio, annullato definitivamente per il 2020.
E appunto, nel dubbio di non riuscirci mai più come atleti, io e la consorte Daniela avevamo programmato per l’8 marzo di percorrere un tratto a noi sconosciuto della Via: ma venne il confinamento, e quella domenica ripiegammo su un giro nell’appennino modenese (è vero che per arrivare al punto di partenza, la strada statale faceva una ventina di km in territorio reggiano… ma come diceva Max Vinella, chiappala).
Due mesi dopo, quasi-liberi-tutti come si diceva, allora ritiriamo fuori le mappe e il librino distribuito ai partecipanti dell’Ultratrail; autostrada fino a Rioveggio, un pustàzz (direbbe Lolo) sventrato dai viadotti, però nobilitato dal trail-marathon di Monte Sole (saltato pure esso). Poi a Madonna dei Fornelli, 826 metri, da dove parte ufficialmente la seconda tappa del trekking, quella che tocca le tre cime più alte dell’intero percorso, tra i 1100 e i 1200 metri, coi resti più significativi della strada romana.
Che nei primi 5 km, fino a  Pian di Balestra (provincia di Bologna, ma si sente solo l’accento toscano), è stata ‘ricoperta’ da stradine e carrarecce varie; ma da quel punto in avanti, fin quasi al passo della Futa, è splendidamente riconoscibile. E ogni volta che vediamo lo stupendo rettilineo lastricato (come a Pompei!) inabissarsi sotto il terriccio e i faggi o gli aceri, per poi riemergere magari mezzo km dopo, mi chiedo quanti percettori di reddito di cittadinanza potrebbero venire quassù a fare qualcosa di utile. Se ognuno scavasse un metro al giorno, in un anno o due … ma la voce di Daniela mi sveglia dall’utopia: “Non gli spetta, il capo dei navigators è già scappato in America!”.
Intanto, ecco la cava di pietra da dove furono estratti i piastroni della strada (“strata”, cioè lastricata), e dove i due ‘dilettanti’ trovarono una moneta romana, oggi riprodotta nella segnaletica del percorso; ecco la fornace dove si cuoceva il calcare per ricavarne la calce, mentre la strada di crinale va su e giù, con qualche blanda curva per addolcire la pendenza (il Gps, a parte un 26% delle prime centinaia di metri di sentiero certamente non romani, mi darà un massimo del 18%, ma la strada vera e propria raramente arriva al 5%). Un paletto sotto il Monte Bastione, da dove cominciano i reperti più estesi, indica il passaggio del confine con la Toscana, che qui in effetti segue una linea piuttosto capricciosa (l’antico confine naturale della Futa è tutto in territorio toscano, mentre alla nostra destra Pian del Voglio e Castiglione dei Pepoli, a sinistra Loiano e Monghidoro sono bolognesi). Stiamo violando le leggi regionali? Non siamo i soli: 3-4 ciclocrossisti e almeno una quindicina di camminatori fanno altrettanto, e non credo che nessuno stia infettando i pipistrelli della zona… dove peraltro, il richiamo di tanti invisibili cucù, oltre al fruscio delle lucertole, è il suono più caratteristico.
Si prosegue, tra boschi e radure erbose, con tre sorgenti naturali di acqua fresca, ottimamente segnalate, per le tre vette più alte del percorso: le Banditacce (m 1202), il Poggiaccio (1196) e Poggio Castelluccio (1131); poi la strada scende verso i 900 metri della Futa, zona già nota, dunque possiamo fermarci qui, dopo quasi tre ore di marcia e 13,5 km (con 575 D+, 440 D- per dirla in termini tecnici).
Un panino, un frutto portati da casa (i due agriturismi lungo il giro sono chiusi) e consumati sul lastricato romano, con l’acqua di fonte, sono il nostro ristoro da semipodisti: passano tre anziani camminatori toscani, coi quali scambiamo impressioni - alla canonica distanza che qualche commissione medica stabilisce in m 1,82, e noi recepiamo come se fosse una distanza testata in laboratorio, mentre si tratta solo della traduzione dalla cifra tonda di due yards.
Il ritorno è anche il canto del cigno (cigno nero) delle Kalenji da trail comprate per pochi spiccioli in uno dei momenti più angosciosi della mia vita podistica: primavera 2015, braccio al collo, tre fratture, eppure sono iscritto alla UTMB di fine agosto, bisogna muoversi: ecco allora i test (di scarpe e gambe) in tre trailini da 21 km, e poi il battesimo del fuoco il 26 agosto, negli ultimi 60 km fino a Chamonix (le scarpe che avevo portavo fino al cambio erano ormai due zolle di fango). Prova superata, e riprova nel 2016, questa volta nella prima parte della Abbotts Way, e tre mesi dopo nella mitica Davos. Ahi ahi, strappi sulla tomaia (dopo 270 km di gare), ma li faccio riparare, e nel 2017 ributto le scarpe in gioco con la ecomaratona di Fiera di Primiero (vado persino a premio!). Poca altra roba, fino all’ultima gara importante, il Ventasso nove mesi fa. Dopo un totale di 500 km scarsi, requiescant in pace.
Il sole punta verso il Cimone e il Cusna striati di neve, là all’estremo ovest, e illumina Monghidoro (quella che prima di Gianni Morandi si chiamava Scaricalasino) sul versante opposto. Le piante dei piedi fanno un po’ male, che vergogna: ma un conto è l’erba attorno a via T.d.G., un conto le pietre romane e i sassi medievali.
Chissà se tornerò da queste parti, con altre scarpe, ma in pantaloncini e pettorale spillato, senza paura di spillover…

 

 
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Giovedì, 30 Aprile 2020 23:45

Davos tenta col 19 settembre: riuscirà?

Le restrizioni decise dal governo federale svizzero (divieto di svolgere manifestazioni con più di 1000 partecipanti fino a tutto agosto, secondo la direttiva del 29 aprile già pubblicata da Podisti.net)
http://podisti.net/index.php/notizie/item/6110-stralugano-annullata-l-edizione-2020.html
hanno indotto anche gli organizzatori della prestigiosa Swissalpine di Davos, finora programmata per il 25 luglio, a proporre lo spostamento a sabato 19 settembre (una settimana esatta dopo la Jungfrau Marathon di Interlaken, che per ora non annuncia mutamenti).
La data non è ancora garantita, si attendono “chiarificazioni” prima di procedere, e si promette che l’esperienza autunnale sarà straordinaria. Un annuncio definitivo è promesso per metà maggio. Ma purtroppo, sarà l’andamento dei bollettini medici in tutto il continente a decidere: e se tutto procedesse per il meglio, a Davos intendono dedicare l’evento quale segno di gratitudine verso tutti quanti “hanno fatto grandi cose nel combattere la pandemia in questi mesi”.

 
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Dagli al tedesco! In questi giorni, dai blog alla stampa governativa, se ne legge di ogni: questi tedeschi cattivi, queste Sturmtruppen che hanno perso due guerre, che se non li salvavamo noi (noi italiani???) nel 1945, oggi avrebbero ancora le pezze al sedere; che quando noi avevamo Virgilio e Cicerone erano ancora analfabeti (questo l’ha detto il Duce, ma ogni tanto qualcuno lo tira fuori) ecc. ecc., adesso fanno tante storie per prestarci qualche centinaio di miliardi e si nascondono dietro al fatto che i nostri governanti ogni anno, dopo aver solennemente promesso di ridurre il deficit, invece lo aumentano…? Ma come si permettono?

Eh…, questione di stile, forse, che induce a fare dei confronti. In Italia abbiamo chiuso per primi e riapriremo per ultimi; nel nostro orticello delle corse, abbiamo visto cancellate decine di maratone o mezze o altre distanze: la maggior parte rinviata all’anno prossimo (eufemismo per dire ‘cancellata’), una piccola parte riprogrammata per l’autunno, in date che peraltro saranno tutte da vedere. Prassi degli organizzatori è trasferire automaticamente l’iscrizione al 2021, e per chi non potesse o non potrà… peccato! Solo in pochi casi è promesso un rimborso, almeno parziale. Raccomandazione lodevole: non chiedeteci i soldi ma lasciate che li devolviamo alla lotta contro il Covid. Insomma, una specie di carità obbligatoria, o se volete una tassa patrimoniale che per ora colpisce i podisti e servirà a scagionarli dall’accusa di essere diffusori dell’epidemia o perlomeno egoisti che corrono anche quando gli altri piangono.

Anche la Germania ha cancellato importanti eventi sportivi durante la fase più acuta dell’emergenza, ma, come abbiamo appena visto, lascia ai singoli stati confederati (Laender) le decisioni, che sono più stringenti fino al 31 agosto, poi lasciano presagire un allentamento lasciato però ai singoli stati.

http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/6075-germania-annullata-la-maratona-di-berlino-e-anche-l-oktoberfest.html


Così lo stato di Berlino ha deciso di chiudere fino a ottobre tutti gli eventi con oltre 5000 partecipanti, ma altri confederati per il momento non lo seguono. E così, mentre nel “Libero stato di Sassonia” (erede del regno di Sassonia che fra gli ultimi sovrani annoverò il Re Giovanni, appassionato di Dante Alighieri) famiglie e ragazzi affollano i parchi nei giorni di vacanza, perché poi si torna a scuola, nella Renania settentrionale-Westfalia (lo stato più popoloso dei 16 tedeschi, comprendente città come Bonn, Colonia, Dortmund, la capitale Düsseldorf e la bellissima Aquisgrana), amministrata elezione dopo elezione da una feconda alternanza dei due maggiori partiti tedeschi, non pare si vogliano prendere decisioni così drastiche.
Il 9 agosto è prevista, come i lettori più interessati sanno, la 44^ edizione della ecomaratona e ultramaratona di Monschau: la data rientra nel parziale coprifuoco consigliato dal governo federale, ma gli organizzatori al momento tirano dritto. Un loro comunicato, appena seguente l’annuncio dell’annullamento di Berlino, si esprime in questo tenore:

Cari atleti e atlete, come capiamo dalle vostre tante chiamate, sia noi che voi abbiamo sempre gli occhi puntati sulla nostra maratona. Non lasceremo niente di intentato per svolgere l’evento nel modo prefissato. Il percorso, tutto nell’ambiente naturale del Parco dell’Alto Eifel, resta inalterato: dunque potete continuare o cominciare ad allenarvi. Chi non l’avesse ancora fatto, può iscriversi fino al 15 luglio: non ci sarà la possibilità di iscrivervi sul posto! Riceverete i pettorali per posta, e vedremo di organizzarci per il noleggio dei chip a chi ne fosse sprovvisto [in Germania, quasi nessuno!].
Se per caso dopo il 15 luglio fossimo costretti al rinvio, le iscrizioni varranno senza supplementi per l’edizione 2021; ma se non accettate la cosa, pur non essendo obbligati alla restituzione integrale della cifra pagata, ve la rimborseremo trattenendo solo 5 euro di spese vive. Nel pacco gara, invece della maglietta troverete un regalo equivalente. Dovremo annullare solo le staffette, a causa dell’eccessivo addensamento di folla nei luoghi di cambio: gli iscritti saranno integralmente rimborsati.
E’ verosimile che gli orari di partenza siano leggermente modificati. La prima cosa che ci sta a cuore è la salute vostra e degli addetti ai servizi; attendiamo le delibere delle autorità e, presumibilmente a metà maggio, contiamo di essere più precisi.
Grazie per la vostra fedeltà, e restate sani!

Non c’è che dire, anche in questo caso la Germania sarebbe un bel modello per il nostro paese, dove quasi nessun organizzatore parla di rimborso delle quote di iscrizione (pochissimi promettono un rimborso parziale); come detto sopra, quasi tutti garantiscono la validità della cifra pagata per l’edizione futura, senza spese. Tranne (pare) Bologna, il cui sito è fermo all’11 marzo, e dal cui ultimo post sono state tagliate solo due righe rispetto alla comunicazione inviata agli atleti quello stesso giorno, che qui ripubblichiamo:

Vi aspettiamo TUTTI, con ancora più entusiasmo, nel 2021 e, nonostante fosse stato precisato in modo chiaro nel regolamento, che in circostanze assai poco probabili come queste non fosse previsto alcun rimborso, abbiamo deciso di dare la possibilità agli iscritti di quest'anno di partecipare, a fronte dei soli oneri di segreteria (15,00 €), alla Bologna Marathon 2021.

Oneri di segreteria per un pettorale su cui basterebbe metterci un timbro 2021, o anche niente, a simboleggiare che quella che si correrà sarà comunque la maratona 2020?
Vogliamo sperare che la soppressione delle righe non sia una tattica commerciale ma sottintenda un ripensamento (sebbene a chi, iscritto alla non competitiva, ha richiesto i 10 euro dell’iscrizione sia stato risposto a picche).
In caso contrario, sarebbe un altro tassello dell’impietoso confronto Italia-Germania.

 

 
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“Distanziamento sociale”: questa orrenda definizione, ricopiata dall’anglo-americano come la maggioranza di quelle che stanno imperversando nelle nostre settimane di clausura (anzi, di lockdown), con l’illusoria assicurazione che everything will be fine (pardon: andrà tutto bene), minaccia di marchiare a lungo, o forse per sempre, la sperabile ripresa dell’attività sportiva. Già adesso, il fatidico metro di distanza è una delle scuse che impediscono di ritrovarsi a correre insieme; poi c’è chi saggiamente vorrebbe portarlo a due o più metri. Risultato: si dovrebbe correre solo “a cronometro”, con partenze distanziate, uno per uno: cosa impraticabile se i concorrenti superano il centinaio, metti anche duecento, a 30” l’uno dall’altro fanno 6000 secondi cioè quasi due ore.

Ora, dalla ASD “Sentiero Uno” di Trieste, che per la Befana organizza la “Corsa della Bora”, trail su distanze competitive dai 21 agli 80 km (con la prospettiva di arrivare a 160 e a 200 km nel 2022), giunge una proposta scaturita dall’esperienza organizzativa del 2020, che a prima vista non scioglie tutti i dubbi ma merita di essere presa in considerazione.

Riportiamo buona parte del comunicato dell’Ufficio stampa, emesso il 21 aprile.

La soluzione per gestire al meglio il futuro prossimo in cui saremo costretti a convivere con il virus arriva dalla Cosa della Bora, uno degli eventi di trail running più importanti e apprezzati a livello europeo. E c’è già chi sta pensando di portarla a modello come “salvataggio” per manifestazioni analoghe che avranno luogo non appena la ripresa lo consentirà.
A parità di concorrenti, Trieste ha visto il primo esperimento non voluto di distanziamento sociale in una kermesse di Trail running, creando una densità di concorrenti pari ad 1/15 di quella del sistema tradizionale.
Senza volerlo o prevederlo, a gennaio 2020 alla Corsa della Bora è stato fatto un esperimento, il primo nel suo genere: gestire contemporaneamente più gare di trail running sovrapposte sia per percorso che per tempi, organizzando le partenze in scaglioni organizzati, detti Start waves.
“ Un esperimento (dice il presidente dell'Asd Tommaso de Mottoni) nato dalla caparbia decisione di voler continuare ad organizzare la competizione su sentieri stretti, ma estremante suggestivi, che però non si adattavano più al numero crescente di presenze sia per motivi di sicurezza che per rispetto dell’ambiente. Da qui l’esigenza di trovare un sistema che consentisse la presenza in sicurezza di migliaia di concorrenti su un percorso con dei tratti in sentiero singolo o il passaggio in aree protette.
La soluzione è arrivata guardando al mondo delle competizioni su strada, ma sempre con la prospettiva del trail running: rivisitare il concetto di partenza scaglionata per alleggerire non solo il percorso, ma anche regolare l’afflusso ai ristori e sulla finish line”.
Qui la scelta viene fatta ordinando i concorrenti per “best time”: sistema che comporta un grosso impegno aggiuntivo e costi da parte dell’organizzator, ma ha dato origine ad un format di gestione delle partenze che potrà dare una risposta esauriente alle nuove esigenze di distanziamento sociale emerse durante la crisi Covid19. Ma non solo: De Mottoni aggiunge che “La partenza in scaglioni, se ben gestita, consente di fare in modo che tutti gli atleti percorrano determinati punti con la luce del sole, che gli arrivi siano concentrati in una determinata parte del giorno, e consente la partecipazione anche ad atleti che sono preparati dal punto di vista tecnico ma non sono in grado di percorrere il tracciato a velocità sostenuta. In questo caso però parliamo di distanziamenti dei vari gruppi di ore e non di minuti, operazione che consente anche di uniformare i tempi di impegno dei vari ristori sul percorso, paradossalmente invertendo la curva che vede il primo ristoro impegnato per poche ore e l’ultimo per un tempo spesso pari al 70% del totale delle ore di gara”.

L’edizione 2020 ha parametrato il calcolo delle waves su due principi opposti a seconda delle gare: per le gare brevi ridurre la densità, in modo da amplificare il naturale “sgranarsi” dei concorrenti ed evitare rallentamenti nella sezione iniziale. Sulle gare lunghe, parliamo di S1 Ultra 164 km e S1 Ipertrail 167 km è stato applicato il principio opposto: aumentare la densità, ovvero far sì che tutti i concorrenti arrivassero più o meno nello stesso arco temporale condensando gli arrivi in meno di 10 ore rispetto alle 25 di forbice che si possono osservare di solito nelle prove di questo genere.
“L’impegno per il 2021 è quindi continuare con lo studio di questo sistema, adattandolo a finalità legate al distanziamento sociale ed alla maggior sicurezza sanitaria, ma anche di mettere a disposizione i propri dati e la propria esperienza ad altri organizzatori che volessero intraprendere questa strada su basi strutturate”- sottolinea de Mottoni.
Ma cosa c’è di nuovo in tutto questo? Il fatto che i gruppi non vengono più organizzati in maniera semicasuale, ma sulla base di più parametri, creando di fatto una competizione omogenea. Organizzare le partenze in gruppi non significa semplicemente “dividere con la ruspa i concorrentima presuppone un attento lavoro di pianificazione a monte basato principalmente su una corretta acquisizione, gestione e trasmissione delle informazioni riguardo ai concorrenti”.
Nel dettaglio: i tempi di distanziamento, i numeri di concorrenti per gruppo ed il numero dei gruppi vanno calcolati tenendo conto sia delle caratteristiche del terreno che dei concorrenti e ponderate con le percorrenze medie degli anni precedenti a parità di indice di performance del concorrente (varrà il punteggio ITRA). Va fatto un corretto lavoro di sensibilizzazione del concorrente, al fine di acquisire più dati corretti possibile riguardo al giusto collocamento nel gruppo e facendogli capire l'importanza di tale distanziamento.

Qui sotto, ecco come nel 2020 sono state gestite le partenze della 57 (a sinistra) e della 21 km (a destra)

 

TOP RUNNER
PARTENZA ORE 7:25
PETTORALI DA 301 A 370

TOP RUNNER
PARTENZA ORE 11:25
PETTORALI DA 1001 A 1070

1° GRIGLIA
PARTENZA ORE 7:30
PETTORALI DA 371 A 570

1° GRIGLIA
PARTENZA ORE 11:30
PETTORALI DA 1071 A 1310

2° GRIGLIA
PARTENZA ORE 7:35
PETTORALI DA 571 A 770

2° GRIGLIA
PARTENZA ORE 11:35
PETTORALI DA 1311 A 1550

3° GRIGLIA
PARTENZA 7:40
PETTORALI DA 771 A 970
PETTORALI DI ALTRE DISTANZE TRASFERITI A 57

3° GRIGLIA
PARTENZA 11:40
PETTORALI DA 1551 A 1790
PETTORALI DI ALTRE DISTANZE PASSATI A 21

 

 
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Se digitiamo su un motore di ricerca la frase magica “Utilità mascherine” riceviamo un milione e 590mila risposte: quantità ormai ingovernabile. Siamo più modesti e ci riattacchiamo a un pezzo, meno impegnato scientificamente ma più attuale e ‘pratico’, cioè quello sul laboratorio artigianale familiare di Concorezzo descritto il 26 marzo:  http://podisti.net/index.php/notizie/item/5965-coscritto-mandelli-su-la-maschera-si-va-ai-posti-di-combattimento.html

Aggiorniamo quel pezzo perché il nostro Bikila dei fotografi, e la consorte Giancarla (convalidando il famoso detto che dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna) hanno proseguito, spontaneamente e a richiesta, la produzione & rifornimento; ma… ricordate quella tal circolare governativa (tanto per cambiare) che ha rotto l’anima agli organizzatori di corse coi temi della “safety & security”? Allora, il nostro Roberto, che rimane rigorosamente in casa, semmai fotografando dalla finestra le varie corsette cortilive o le uscite altrui, ha preso spunto da un video recentemente apparso, nel quale un farmacista di Rovigo testerebbe vari tipi di mascherine col sistema ‘soffiare sul fuoco’, bocciando inesorabilmente quelle offerte dalla sua regione perché lasciano traspirare il soffio e dunque (si presume) anche i virus. E’ poi saltato fuori che il video era una bufala, nel senso che venivano ‘bocciate’ mascherine che la Regione Veneto non aveva spacciato come protezione per il covid-19; tuttavia Mandelli ha voluto verificare l’efficacia delle mascherine ‘lombarde’ e poi delle sue concorezzesi. I risultati promuovono senza dubbi (analisi virologica a parte: ma chi la va a fare, a 120 euro o su di lì?) le mascherine-Mandelli e vari altri tipi ufficiali; bocciano la mascherina della Protezione civile. Ma precisa: solo quella mascherina che è arrivata a casa Mandelli (ce ne sono di vari tipi, come ciascuno può verificare facilmente guardando nel proprio armadietto); a Concorezzo ne circolano altre, per le quali va elogiato a priori lo sforzo delle tante volontarie che le producono, ma usufruendo di materiali inadeguati. Un po’ come gli scarponi di cartone che i poveri soldati dell’Armir ricevettero per il gelo russo, non erano colpa dei calzolai…

Ma, poveraccio anche il governo (lo diciamo sinceramente): fino a un mese fa, sobillato dalle normative dell’omissiva OMS, non credeva all’efficacia delle mascherine, e manteneva sul sito del Ministero della Salute (Salute.gov.it) una Guida per l’uso corretto di mascherine chirurgiche e respiratori per ridurre la trasmissione del nuovo virus influenzale AH1N1v aggiornata all’agosto 2009, che cominciava così:

Tra mascherine chirurgiche e respiratori ci sono importanti differenze: le mascherine chirurgiche non aderiscono strettamente ai contorni del viso e pertanto possono soltanto impedire che le goccioline di secrezioni respiratorie (droplet) più grosse vengano in contatto con la bocca o il naso di chi le indossa.
La maggior parte dei respiratori, anche chiamati filtranti facciali, sono fatti in modo da aderire strettamente al viso di chi li indossa, filtrando così anche le particelle più piccole che potrebbero essere inalate o venire in contatto con le mucose di naso e bocca.
Sia per mascherine che per filtranti facciali, comunque, sono disponibili solo dati limitati sulla loro efficacia nella prevenzione della trasmissione dell’influenza, sia dovuta a virus stagionali classici che da nuovo virus AH1N1v, in diverse situazioni.
Tuttavia, la mascherina o il respiratore potranno essere tanto più utili quanto più precocemente usati in caso di esposizione ad una persona malata, a condizione che essi siano usati in maniera appropriata.

E continuava con altre indicazioni alquanto dubbiose:

Le mascherine approvate per uso come dispositivi medici sono state testate per assicurare specifici livelli di protezione nei confronti della penetrazione di sangue ed altri fluidi biologici attraverso le mucose di naso e bocca. Le mascherine forniscono una protezione nei confronti della diffusione dell’influenza sia bloccando le goccioline di secrezioni respiratorie emesse dalle persone  malate che le indossano, sia impedendo che le medesime goccioline o spruzzi di secrezioni o altri fluidi biologici raggiungano le mucose di naso e bocca. Non sono fatte per proteggere nei confronti di aerosol fini che potrebbero contenere particelle infettanti di piccolissime dimensioni come i virus.

Mente per quelli più correttamente chiamati Respiratori o Filtranti facciali (certificati FFP2 o superiori), spiegava che

Un respiratore è progettato per proteggere la persona che lo indossa da aerosol finissimi che possono contenere particelle infettanti di dimensioni ridottissime come i virus. Un respiratore perfettamente adattato al viso (fit test) può filtrare gli aerosol contenenti virus generati da persone infette, ma rispetto alle mascherine presenta l’inconveniente di non essere tollerato per lunghi periodi per la difficoltà di respirarvi attraverso.

Ma quanto al Covid 19, all’inizio dell’epidemia conclamata, due mesi fa, persistevano i “sì, vabbè” governativi. Ecco l’istruzione del 25 febbraio:

Quando va indossata la mascherina?

Per prevenire il rischio di infezione da nuovo coronavirus è prioritario curare l’igiene delle mani e delle secrezioni respiratorie. L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di indossare anche una mascherina solo se sospetti di aver contratto il nuovo coronavirus e presenti sintomi quali tosse o starnuti, oppure se ti prendi cura di una persona con sospetta infezione da nuovo coronavirus. L'uso della mascherina aiuta a limitare la diffusione del virus ma deve essere adottata in aggiunta ad altre misure di igiene respiratoria e delle mani. Non è utile indossare più mascherine sovrapposte. Inoltre, la mascherina non è necessaria per la popolazione generale in assenza di sintomi di malattie respiratorie.

Ma solo gli sciocchi non cambiano mai idea: il nuovo orientamento, favorevole alle mascherine (propriamente intese: quelle cioè che indossa il dentista quando ti apre la bocca, ovvero quelle più comuni che vendono in farmacia) è riassunto in due eccellenti articoli apparsi in questo mese. Nel dare il link raccomandando la lettura del pezzo completo, stralcio qualche riga anzitutto dal “Sole24ore” del 3 aprile (Federico Mereta):

https://www.ilsole24ore.com/art/perche-stiamo-andando-l-obbligo-mascherine-ADpExyH?refresh_ce=1

I nuovi studi sulla trasmissione del virus non solo con le goccioline di saliva ma anche attraverso l’aerosol e le ricerche di altri istituti stanno spingendo l’Oms a rivedere le sue indicazioni.
Da una parte c'è l'evidenza ormai chiara che anche chi non ha sintomi o ha disturbi minimi può comunque trasmettere il virus. Dall'altra studi di laboratorio che dimostrano che il virus non passa solamente con le goccioline di saliva, ma anche attraverso aerosol. E non si tratta solamente di una mera speculazione di fisica, visto che nell'aerosol la permanenza del Sars2-COv-19 può essere anche di tre ore, seppur in quantità ridotte, come mostra uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine…
Se mescoliamo questi due fattori e aggiungiamo un pizzico di scelte politiche e ragionamenti etico-sociali, ecco pronto il cocktail che sta avvicinando una “giravolta” scientifica e istituzionale inattesa: se ad inizio marzo c'era stato un secco “niet” dell'Organizzazione Mondiale della sanità all'impiego di mascherine protettive nei luoghi pubblici, in particolare nei supermercati, ora pare proprio che l'OMS riconsideri la sua posizione…
L'OMS potrebbe arrivare a consigliare se non addirittura a rendere obbligatorio l'impiego dei dispositivi sui posti lavoro e negli ambienti pubblici, quando solo un mese fa negava la necessità di approccio di questo tipo…
In Austria, ad esempio, non si può entrare nei supermarket senza la mascherina, mentre nella Repubblica Ceca ed in Slovacchia non è ammesso girare in pubblico senza questo dispositivo. E non parliamo di quanto avviene in Asia: tutte le immagini che giungono da Cina, Corea e Giappone mostrano infatti tutte le persone che circolano con il viso protetto da mascherina…
Ma non avrebbe senso proteggerci tutti stile Giappone? Appare su questa linea l'immunologo Roberto Burioni che rispondendo ad un quesito su Twitter ha affermato: «Purtroppo a questo punto ognuno di noi potrebbe essere infettivo pur senza sintomi. Per questo sarebbe opportuno che tutti portassero una mascherina»…
«Se tutti le metteremo – spiega Paolo Bonanni, Direttore dell'Istituto di Igiene dell'Università di Firenze – ovviamente le possibilità di trasmissione del virus saranno ridotte… C.ome detto, però, in chiave protettiva per il singolo sano non si tratta di dispositivi particolarmente efficaci. Il loro impiego diffuso va visto sicuramente come dinamica di carattere sociale, perché comunque consente di ridurre, se tutti indossano la mascherina, il possibile contagio da soggetti che non sanno di poter trasmettere il virus»….
In ogni caso, per ridurre il rischio di diventare inconsciamente “vettori” dell'infezione da Sars2-CoV-19, proteggersi all'esterno è importante. E se non abbiamo ancora le mascherine “ufficiali”, sulla scorta di quanto indica Di Blasio ai newyorchesi anche un altro tessuto è meglio di niente.
A farlo pensare è una ricerca, pubblicata nel 2013 su Disaster Medicine and Public Health Preparedness, che ha esaminato la capacità protettiva di protezioni “fai da te” con tessuti di uso comune nei confronti del virus dell'influenza pandemica. Stando ai risultati dello studio, coordinato da Anne Davies, una mascherina chirurgica riesce a filtrare l'89 per cento delle particelle virali, contro il 72 per cento che si può ottenere con uno strofinaccio e il 50 per cento circa che si realizza con la classica T-shirt.
In generale, quindi, per le protezioni fai da te quanto più un tessuto è “spesso” tanto maggiore può essere la sua capacità di bloccare i virus in uscita da bocca e naso.

Ecco dunque l’utilità sociale delle mascherine "altruiste" (come le chiama il dott. Alessandro Gasbarrini, chirurgo al S. Orsola di Bologna, dove ieri è stato trapiantato il cuore a un adolescente, malgrado l'emergenza covid), e anche delle  mascherine-Mandelli!

Ancora più recente ed ugualmente esemplare l’articolo di Irma D’Aria su “Repubblica” del 7 aprile:

https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2020/04/07/news/coronavirus_indossare_mascherine_puo_ridurre_la_diffusione_-253302596/?refresh_ce

Coronavirus: la conferma da uno studio: "Le mascherine riducono la diffusione”
Stavolta a fornire altri dati a riguardo è uno studio pubblicato su 'Nature Medicine’ e condotto dal team di Nancy Leung e Benjamin Cowling del Centro collaboratore dell'Oms per l'epidemiologia e il controllo delle malattie infettive dell'Università di Hong Kong. … I ricercatori hanno esaminato 3.363 individui arruolandone poi 246 che hanno fornito campioni di respiro espirato. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: 122 (50%) non hanno indossato la maschera durante la prima raccolta del respiro espirato e 124 (50%) invece l’hanno messa...
Che cosa è emerso? Mediante un test molecolare che serve a dimostrare la presenza del virus, nel 50% dei partecipanti sono state rilevate le infezioni di almeno un virus respiratorio. Di questi 123 partecipanti, 111 (90%) sono stati infettati da coronavirus umano (stagionale) (17), virus influenzale (43) o rinovirus (54). Questi 111 partecipanti sono stati al centro delle analisi dei ricercatori. In particolare, per quel che riguarda i coronavirus stagionali (quindi non quello della pandemia), lo studio ha dimostrato una particolare efficacia nel limitare la loro emissione nei pazienti che indossavano la mascherina. Chi la indossava, non emetteva il virus né nelle goccioline più grandi che in aerosol, cioè il normale atto del respirare
"Sono necessarie ulteriori ricerche per capire se le maschere possono specificamente impedire la trasmissione di Sars-CoV-2", hanno detto gli scienziati. Ma, intanto, per precauzione meglio indossare la mascherina? “Questo studio è interessante perché dimostra come l’uso della mascherina chirurgica sia in grado di ridurre significativamente l’emissione, sia con il semplice respiro che con colpi di tosse o starnuti, di droplets contenenti Coronavirus”, afferma Massimo Andreoni, virologo del Policlinico Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive che aggiunge: “Lo studio ha analizzato anche la capacità della mascherina chirurgica di bloccare l’eventuale liberazione di aerosol, cioè di particelle emesse con il respiro contenenti virus ma più piccole (minore di 5 micron) di quelle emesse con goccioline di saliva (droplets 5-10 micron)”. “I ricercatori – puntuallizza Andreoni – hanno studiato i coronavirus stagionali del tutto simili per dimensione a quello della pandemia e hanno confermato in modo inequivocabile l’efficacia della mascherina chirurgica nel ridurre sostanzialmente il rischio di trasmissione virale”.
In Italia alcune Regioni, come la Lombardia e la Toscana hanno deciso di renderle obbligatorie, altre le hanno imposte nei negozi e negli uffici. E neanche gli scienziati sono tutti d'accordo. Cosa dovremmo fare? “In un momento di grande diffusione del virus in cui spesso è difficile distinguere soggetti asintomatici ma positivi e quindi eliminatori di virus - risponde l’infettivologo - può essere opportuno che la mascherina venga indossata da tutti soprattutto in condizioni di rischio di contagio, cioè negli ambienti chiusi o quando ci sono contatti ravvicinati”.
E se di mascherine non ne troviamo più in circolazione, come fare? Benjamin Cowling, che ha guidato lo studio presso il Centro di collaborazione dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per l'epidemiologia delle malattie infettive a Hong Kong, ha affermato che questi risultati potrebbero essere estesi a maschere di cotone più semplici. "La mia opinione di esperto è che le maschere di stoffa o di cotone potrebbero avere un effetto, ma forse leggermente meno di una maschera chirurgica correttamente indossata. E in termini di Covid-19, stiamo esaminando ogni possibile misura che potrebbe aiutare". Concorda su strategie d’emergenza anche Andreoni: “Allo stato attuale tutto può andare bene perché si tratta di creare una barriera meccanica, quindi che si tratti di una bandana, di un foulard o di una sciarpa, a fare la differenza è la trama della stoffa: più è fitta meglio protegge, ma deve anche consentire di respirare. Inoltre, deve coprire bene sia la bocca che il naso”.

Quindi, Mandelli, soffia forte e riprendi la produzione: leggiamo proprio adesso che una abitante in “prossimità” di casa tua, Ivana Di Martino, ultramaratoneta e benefattrice, il lunedì di Pasqua ha corso 50 km nelle corsie del suo garage a profitto dell’ospedale milanese San Paolo; e dichiara che “senza problemi” indosserebbe la mascherina per correre. In attesa della benedizione anche della Medicina dello Sport sarda, la prima fornitura potresti fargliela tu!

 
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