Direttore: Fabio Marri

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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

9 agosto – Malè, capolinea della stupenda Val di Sole, e sede appunto dello stupendo museo “solandro” (foto 22-27, dove possiamo commuoverci di fronte all’abnegazione, all’inventiva, alla forza di questi montanari, che dall’umiltà delle loro lavorazioni secolari – guardate il contratto collettivo di lavoro della foto 37 http://podisti.net/index.php/component/k2/item/10617-09-08-2023-male-tn-luciolada.html - lire 15 al giorno - sono saliti fino al cielo con la loro Astrosmantha), ha ospitato ancora una volta la “Luciolada”, sesta delle nove prove del Circuito podistico della Val di Sole.

Gara della quale, con una celerità insolita a queste latitudini, sono disponibili quasi in tempo reale le classifiche sul sito Fb del Circuito: 
https://www.facebook.com/photo?fbid=156781464107030&set=pcb.6814171681968370

Non passa inosservato il numero dei classificati: 259 solo nelle categorie adulte, escludendo cioè gli entusiasti bambini che si sono cimentati in una gara agonistica tutta loro, con tanto di ordini d’arrivo e naturalmente premi per tutti: e si trattava di un mercoledì feriale!

Tra le scene più commoventi, inserite da Roberto Mandelli nel servizio fotografico, l’arrivo ex aequo dei due bimbi (foto 18-19), e la mamma-podista coi suoi tre figlioletti (il più piccolo avrà 4 mesi: foto 8) nell’imminenza del via.

Quanto ai risultati che contano, il vincitore assoluto è Filippo Giovannini, classe 1978, meno di 14 minuti su un circuito quotato 4,2 km (il mio Gps dà 3,8, ma dipenderà dall’ “ombra” nelle strettoie del centro storico), molto nervoso tra le viuzze centrali, con un dislivello di quasi 60 metri. Dietro a lui Federico Giardiello, che stando alla classifica sarebbe addirittura quattordicenne. Onore ad Adriano Pinamonti, classe 1966, nono assoluto e primo della categoria Master (1973 e precedenti).

Tra le donne, la sorpresa è costituita dall’assenza della “nostra” Morlini, dominatrice delle corse precedenti ma richiamata a casa da problematiche impreviste; in assenza della gatta, le topoline hanno ballato in libertà, e ha vinto Lara Torresani, classe 1973 (categoria Amatori); prima Senior Elisabetta Nicoletti, classe 1990.

Gloria e premi per tantissimi (sei categorie adulti, più i bambini), e attesa fino a tarda ora per l’arrivo dei camminatori, mentre il campanone del duomo scandiva le ore. Ristoro gestito dagli Alpini (acqua e tè caldo: stavolta, mancava la frutta così gradita a Pellizzano); il pacco gara generale stavolta consisteva in un bel fettone di formaggio locale.

Prossimo appuntamento, sabato prossimo alle 18 a Dimaro, località sportivissima quanto basta per essere stata prescelta dal Napoli scudettato per il suo raduno precampionato.

 

5 agosto – “Pronti, via, prim Bellon”: così Gianni Brera ricordava il motto che Tano Belloni da Pizzighettone, vincitore di un Giro d’Italia, di due Milano-Sanremo e di molto altro, diceva di sé prima di partire per una gara, grosso modo un secolo fa; sebbene presto l’ascesa del campionissimo Girardengo lo relegherà al ruolo di “eterno secondo”. Ma il motto spavaldo di Belloni si può adattare a Isabella Morlini, la docente e campionessa reggiana che, anche varcata la soglia degli anta, continua a mietere allori non solo sulle strade e sentieri della propria regione, ma anche in “qualunque altro posto nel quale intenda porre la sua residenza” (come recitava la vecchia formula del matrimonio concordatario).

Orbene, in agosto la prof Isabella si stabilisce a Peio in val di Sole, e tra una passeggiata e una doccia solare e il tanto altro che questa incantevole vallata permette, non manca di frequentare le corse locali: già prima di arrivare in zona si era procurato il calendario del 10° circuito podistico Val di Sole (e, a dire la verità, l’aveva passato anche al sottoscritto), e appena giunta in altura aveva corso e vinto a Caldes (il luogo famigerato per il podista Andrea ucciso da mamma orsa), proseguendo poi questo sabato 5  a Pellizzano, stupendo borgo lungo il corso del Noce, a 925 metri slm, praticamente alla fine della discesa da Peio, e dove si trova il forno-pasticceria Ortensia che (mi ha assicurato) produce il miglior strudel del Trentino, oltre a una notevolissima chiesa dedicata alla Madonna (dunque il 5 è praticamente giorno di sagra) con affreschi interni ed esterni.

E appunto questo sabato pomeriggio sono salito anch’io da quelle parti (da dove era andato via da poco il Napul3 scudettato, per non dire del Modena che in serie A non ci nemmeno provato a salire), e al mio saluto via whapp la prof Isabella ha risposto, più o meno: benvenuto, tra due ore sono a Pellizzano, tu ripòsati del viaggio e semmai ci vediamo mercoledì sera a Malè. – Pellizzano? Dov’è?, mi sono chiesto: Google Maps mi ha risposto che è a 22 minuti d’auto dal luogo dove sto. Miracolosamente, all’annuncio del proposito di andarci mia moglie non ha fatto l’orsa, e anzi ha deciso di cor-camminare lei pure; tanto, queste gare sono classificate non competitive quindi nessuno ti rompe le scatole con certificati o tessere (ma in realtà sono premiati i primi tre di ogni categoria, con attenzione particolare agli under-14 che hanno gare dedicate e super-combattute, prima di quella dei grandi fissata per le 18).

Eccoci dunque laggiù, tre quarti d’ora prima del via, anche col tempo di fare acquisti nella rinomata pasticceria: ma le prime persone a venirci incontro sono la coppia Morlini-Orlandini (lui, austero cattedratico che da anni predica invano contro il dissesto dei fiumi in regione, oggi non correrà perché deve completare un lavoro accademico urgente).

A occhio, gli adulti nella piazzetta della chiesa saranno 150, quasi tutti locali con pochi turisti (un gruppetto da Paratico, magari gliel’ha detto il compagno di squadra don Torresani); dice la prof Isabella che se solo pubblicizzassero il circuito, ne avrebbero il doppio, ma la paginetta Fb dedicata non dice quasi niente di questo primo “Giro de Ognan”, nemmeno la distanza che risulta di 5 km abbondanti: meno di un paio sterrati, con dislivelli minimi,  comporre un otto delizioso e panoramico, che si snoda con infinite curve (tutte ben segnalate e con numerosi addetti a guidarci) tra le frazioni del paese,  a cominciare appunto da Ognano, per poi ripassare due volte dal centro (c’è anche un punto di controllo, con spunta manuale del cartellino), piegare verso il fondovalle risalendo infine al traguardo posto nella piazzetta da cui siamo partiti.

Iscrizioni 8 euro, non economicissime, ma premiate (oltre che da almeno 12 sportine per i primi delle varie categorie, senza dire dei bambini) con una borraccia ‘tecnica’ (non quelle di plastica), e un ristoro finale ricchissimo di frutta. Nemmeno da dire che tra le donne vince Isabella Morlini con 21 minuti circa, poco dietro il primo uomo, Alex Rigo, classe 2001, tesserato Malonno-BS (io ce ne metto 30:25 e sul mio pettorale scrivono “10°”, s’intende dei veci).  

Per le altre classifiche, pare che usciranno tra un paio di giorni (se chiedessero l’aiuto della prof Isabella, docente di statistica, penso che farebbero prima); magari, alla prossima di Malè le impareremo, e comunque per le premiazioni finali si aspetterà la conclusione della nona prova il 20 sebbene per la vittoria femminile ci siano pochi dubbi.

In ogni caso, è risultata una garetta simpatica, benedetta anche dalla giovane sindaca Francesca Tomaselli, che prima ha interdetto al traffico tutte le strade percorse, poi ha co-gestito le premiazioni, in una atmosfera di grande familiarità.

30 luglio – Ecco uno dei tanti posti dove, se non esistesse il podismo, non sarei mai andato (anche perché, lo dico con un pizzico di rimorso, nella mia provincia lo stesso giorno c’è una corsa a Zocca che pure meriterebbe, e dove sono stato forse una decina di volte: se non che a una certa età bisogna pur colmare le lacune e girare un po’ di mondo). Dunque Cortogno, frazione di Casina a 546 metri di altitudine, e una “val Tassobbio” mai sentita prima, che prende il nome da questo torrentello lungo pochi km (da Carpineti allo sbocco nell’Enza), ma attorno al quale si sviluppa una valle boscosa e ricca di fascino.

Volgiamo dunque il muso dell’auto verso Cortogno, attraversando la zona più fertile in Italia di iniziative podistiche, da Scandiano ad Albinea a Vezzano, imboccando lì una strada (la SS 63 del Cerreto) meravigliosamente sistemata, larga e piena di gallerie. E qui da modenese devo ammettere che i reggiani ci sanno fare meglio di noi: alta velocità (che i nostri politici viceversa hanno ostacolato costringendola a un giro vizioso per non disturbare la sede del festival dell’Unità), ponti di Calatrava, e appunto questa statale, che paragonata alle nostre statali o ex statali, del Brennero e delle Radici, dovrebbe far arrossire tutti gli amministratori nostrani se messi al paragone soprattutto coi cattocomunisti di qua, da Nilde Iotti a Graziano Del Rio (lo dico senza ironia; ironia che invece metto ricordando le cinque pappine dell'Italia femminile di calcio allenata dalla reggiana Milena Bertolini, che adesso sta studiando il capitolo dei manuali dedicato ai corner).
Un politico, anzi, una famiglia di politici o politicanti come i Prodi (oggi è annunciata la morte di Vittorio, un altro fratellone con molte mani in pasta) noi modenesi non l’abbiamo di certo, specie da quando il Partitone ha preso l’abitudine di paracadutare nei nostri “seggi sicuri” degli estranei come la Lorenzin o i Soumahoro (“seggio sicuuuro?”: mi sembra di sentire Sordi nei Vitelloni rivolto ai “lavoratori”, e di rivedere il suo gesto; oppure, di fronte agli onorevoli nostrani, viene in mente l’apostrofe di Totò all’onorevole Trombetta: “onorevole lei? Ma mi faccia il piaceeere!”).
Insomma, a Cortogno si arriva in due e due quattro; meno della metà del tempo che avrei impiegato per andare all’altra località podistica modenese della giornata, Piandelagotti, in fondo a due ex statali da percorso di guerra.

Bando ai cattivi pensieri, e rassereniamoci in questa deliziosa frazioncina, un zinzino abbandonata da Dio a giudicare dal cartello della nostra foto 40 secondo cui oggi non c’è la messa, e la graziosa chiesetta in posizione panoramica resta sprangata. Ma podisticamente siamo all’avanguardia, sia per le gare competitive per bambini (divisi in ben 5 categorie, con partenze separate), sia per l’incredibile prezzo di 2 euro richiesto paritariamente tanto per la competitiva adulti quanto per la non comp. Frugando nella memoria, una cosa del genere la trovo solo nella 21 di Soliera di molti, molti anni fa: roba da archeologia, quando corse una maratona perfino uno degli onorevoli modenesi di cui sopra (non nominato), che poi si presentò in un “seggio sicuro” a casa sua ottenendo l’effetto di far vincere le destre, e in vista della successiva elezione si fece mettere nella segreteria che compilava le liste elettorali ottenendo, chissà perché, di figurare nei primi posti della lista in modo da essere eletto comunque. (Ma perché mi vengono in mente queste cose? “nulla, è il vino che mi suggerisce”, disse Turiddu alla mamma).

Dunque, partenza delle gare bambini dalle 9, a scaglioni; e alle 9,20 per noialtri (a parte i tanti che sono andati via alla chetichella: deplorevole abitudine importata dal mantovano e modenese), col quasi-obbligo per i competitivi di andare nelle prime file: cui si sottrae Cecilia Gandolfi in Spina, che asserisce di aver preso il pettorale competitivo solo per essere “tracciabile”, e comunque pianifica l’accoppiata con un’altra gara nell’appennino reggiano alle 17: ovviamente marito, figlio e nuora si accodano ai suoi voleri (manca la sorella, già trionfatrice al trail della Pinetina di Vezzano); e al coniuge Italo appartengono le foto dalla 3 alla 10 del servizio messo pazientemente insieme da Roberto Mandelli. Podisti.Net Photo Gallery | 30.07.2023 Cortogno (RE) - 45^ Marcia della Val Tassobbio - foto di Fabio Marri (zenfolio.com)

Con noi parte anche, lemme lemme, Paolo Giaroli (foto 6), di cui solo da Fb apprendiamo che oggi compie gli anni in cifra molto tonda: ovviamente gli va tutto il nostro affetto, che comincia da quella volta, diciamo pure un quarto di secolo fa, che accettò di sostituire all’ultimo minuto un nostro compagno di staffetta alla notturna di Barco.
Là davanti i giochi sono fatti secondo copione, e d’altronde fra soli 33 aderenti alla competitiva è difficile avere sorprese. Doppietta dell’Avis Novellara (prima anche nella classifica a squadre) in campo maschile, con Boureima Sissoko, classe 1995, che prevale sul compagno Giuseppe Rini (1981: al momento, i tempi non sono comunicati); tra le donne, assenti Morlini e Marcolini che erano a Piandelagotti, scontato l’ordine Fiorenza Pierli – Laura Ricci, due quasi coetanee da poco oltre gli anta, rispettivamente al 5° e 7° posto assoluto. Ma lasciate che le mie simpatie vadano alle due ultime, la prof novellarese Pia Verzellesi, classe 1953 (compiuti o no i fatidici?), e la già citata Cecilia classe 1959.

Mentre noi para-agonisti, dopo un km di asfalto, siamo dirottati a destra nel bosco, per un percorso dichiarato di 8 km ma, diciamo pure di 7.5, con 250 metri di dislivello tra i 435 e i 570 slm. Sentiero ottimamente tenuto e segnalato (foto 29-30), con vista iniziale su Cusna e Ventasso, ed una deliziosa seconda parte caratterizzata da tanti ponticelli sul torrente (che peraltro si poteva tranquillamente guadare); dove le mie lungaggini fotografiche ottengono l’effetto di essere raggiunto da Cecilia, di cui sarò la scopa (non pensate male e guardate le foto 11-16) fino allo stupendo mulino a un paio di km dal traguardo.

Qui la lascio andare ed entro per una visita al mulino, ottimamente ristrutturato (con ampie sovvenzioni pubbliche), e oggi sede di un ristorante che ha fama di essere molto buono e anche molto “salato” (foto 17-28). Un aficionado di questi luoghi, Giuseppe Cuoghi dalla Cavazzona, più tardi ci assicurerà che "mi sono sempre trovato benino, sia come qualità che come prezzo".
Uscendo, quasi tra gli ultimi del lotto (il direttore Casotti della foto 4 è già arrivato, ma almeno la Brunetta Partisotti, con cane al guinzaglio, è dietro e fa in tempo a raccomandarmi il segreto su una sua grammatica latina in corso di stampa: chi lo dice che i podisti sono tutti ignorantoni?).

Sull’ultima salita, raggiungo Nerino con relativa telecamera, apprendendo da lui (che può esibire foto di sue partecipazioni in loco addirittura del 1993) che una volta venne qui a cavallo, poi corse a piedi, infine tornò a casa a cavallo, quasi come Fanfulla da Lodi.

Ristoro finale delizioso quanto casalingo, con torte al cioccolato al cui appeal cedono perfino Pierli e Ricci (e con molti meno scrupoli il sottoscritto, il cui peso certificato attuale espresso in etti coincide esattamente col nome di un pres** che andava di moda negli anni d’oro); in aggiunta c’è il premio di una confezione di biscotti con tre gusti a scelta.

Quadretto familiare idillico, una coppia che si fa la doccia autogestita, previo pompaggio da una tanica (foto 34-37, per gentile concessione degli interessati), sotto la protezione di uno storico aratro che chissà quanti solchi avrà tracciato senza trovare una spada che li difendesse, e col panorama lontano di Cusna e Ventasso (foto 38, 42-43).

Da Cortogno (dialettalmente Curtogna: cercansi proteste ellegibitiquplas per questo sessismo nel cambio di nome) credo che possa bastare.

29 luglio (nessuno lo ricorda, ma è l’anniversario dell’uccisione di re Umberto I nel parco di Monza) - In un fine mese insolitamente denso di eventi nell’area modenese-reggiana, il sabato pomeriggio siamo tornati a Montorso, 650 metri slm, sulla costola dell’Appennino pavullese che si apre alla valle del Panaro, e di là al crinale di confine con Bologna (Guiglia-Zocca, dove l’indomani è programmata un’altra classica). Abbiamo ritrovato gli stessi motivi di fascino e di plauso che descrivemmo cinque anni fa (28.7.2018, seppure senza più tracce della stupenda signora visionata, all’epoca, oltre 4200 volte)

https://podisti.net/index.php/cronache/item/2090-montorso-e-zocca-mo-bei-giri-e-belle-signore-di-qua-e-di-la-del-panaro.html.

Se, col traino della signora, vi andate a rileggere quel resoconto, potreste dire di sapere quasi tutto anche della corsa di oggi, cui posso fare solo aggiornamenti e attualizzazioni. A Modena stavamo sui 32 gradi, divenuti 26 a Montorso; i partecipanti hanno superato abbondantemente i 200, con la conferma di una sezione ragazzi partita separatamente su percorso ovviamente ridotto, mentre gli adulti hanno goduto del consueto tracciato di 8,600 con 330 metri di dislivello, con un paio di km sterrati, anche suggestivi per il tratto dell’antica “Grotta”, cioè il sentiero antico (dai 580 agli 820 metri di altezza):  il tutto molto panoramico, con sguardi sulle vicine torri pavullesi e la poco più lontana rocca di Semese a picco sulla Valpanaro, al di là della quale si erge il solitario campanile di Montespecchio che fa da guardia al confine coi bolognesi.

In più va detto che non mi erano mai capitati, in una gara che chiedeva 2 euro per l’iscrizione offrendo in cambio una confezione di rinomate crescentine locali, ben tre ristori nei primi 6 km, dove l’ultimo ristoro, accanto agli usuali acqua tè e frutta, offriva una serie di torte casalinghe tali da eccitare perfino l’appetito di Giangi (che, disceso dalle Dolomiti e venuto qui in camper, dormirà in zona per essere pronto l’indomani alla gara di Zocca, e pare che abbia persino comprato il pettorale sebbene non lo esibisse in gara).

Ultimo ristoro al traguardo, dove era poi disponibile la cena all’aperto, rinomata per l’eccellenza dei cibi e frequentata da una lunghissima fila di adepti, ovviamente non solo podisti. L’occasione del ritrovo era la sagra locale, intestata a san Vincenzo Ferrer (un valenciano!) sebbene la chiesa sia dedicata a santa Margherita: ma san Vincenzo sarebbe passato di qua (zona ricchissima di uomini di Dio, da padre Sebastiano e fratelli Bernardini a padre Berardo Rossi dell'Antoniano a padre Gianaroli dell'Osservanza di Bologna, ecc.), e continua a fare miracoli, testimoniati non solo dai commoventi ex-voto in chiesa, ma anche da eventi attuali. Negli ultimi tre mesi, mi confidava l’onorevole Podestà Pattuzzi (che vedete ritratto nel collage in basso a dx), ben tre miracoli: gente salvata dal ribaltamento del trattore o da aneurismi galoppanti, come negli ex voto appaiono gli scampati dalle cadute da cavallo, dallo schiacciamento sotto i carri o dal letto di morte. Importante invocare questo san Vincenzo e non gli altri, allo stesso modo di quel tale che stava cadendo e invocò Sant’Antonio ma confondendo quello del deserto con quello di Padova, e allora una manina lo salvò ma poi si aprì lasciandolo rovinare a terra (et t’ee sbaglièe, l’era cl’èter!). Quando sarà canonizzata santa Schleinia del Nasino, secondo l’Evangelio di Rubberte Saviane, magari andrà ancor meglio e non ci saranno distinzioni classiste contro gli orfani dei navigators, che tutti arriveranno alle tigelle del premio finale.

Intanto, a Montorso 2023 ci accontentiamo della presenza di Micio Cenci, di Enrico Zanella, dei fratelli Baldini (nel senso di Morena & Loriano) e dell’intera famiglia Spina, servizio fotografico incluso e convenientemente collagiato dal Mandelli monzese ma non regicida. C’è bisogno di ritrovi come questo per non disperdere il patrimonio del podismo popolare e insieme di una terra per tanto tempo avara, ma ricca di storia e di umanità.

 

Volentieri rilanciamo la richiesta rivolta alla nostra testata da Davide Borroni, studente laureando al terzo anno di fisioterapia presso l’Università degli Studi Dell’Insubria di Varese, il quale ci chiede

se gentilmente potreste fornire il vostro aiuto a sostegno del mio progetto di tesi dal titolo "La sintomatologia dolorosa nei runners: studio osservazionale con survey", cui è responsabile la Dott. Elisa Ravizzotti.

L’intento è di somministrare un questionario ai runners, redatto dopo un’analisi preliminare della letteratura scientifica, al fine di acquisire dati epidemiologici riguardo ai possibili sintomi dolorosi, ed approfondire l’impatto del dolore nella vita quotidiana. Dall’analisi dei risultati ottenuti, si potranno sviluppare eventuali strategie preventive e di gestione dei sintomi.

Il questionario può essere compilato in modo autonomo da tutte le persone maggiorenni che praticano attività di corsa ad ogni livello, sia i professionisti che gli amatori.

Ecco il link diretto al questionario compilabile in modo tale che possiate, a vostra discrezione, riempirlo o condividerlo: https://forms.office.com/e/bJaSE11TY4

PS [F. M.]. Chi scrive ha già compilato e inviato, per prova, il questionario, abbastanza semplice e significativo, e a totale controllo della privacy. Fatelo anche voi!

26 luglio – Se guardo i calendari podistici per questi stessi giorni di qualche anno fa, sono preso dalla nostalgia: per Sant’Anna era tutto un proliferare di corse, dal campionato nazionale di retrorunning a Poviglio, alle varie camminate per le sagre patronali delle frazioni con questo nome, alle corsette del festival del giornale che c’è ancora ma di un Partito che non c’è più perché nessuno “lo vede arrivare” al traguardo delle elezioni.

Adesso niente, per fare un po’ di moto collettivo ci si deve affidare a iniziative, diciamo, exlege, fuori dai circuiti consueti: e se nella bassa bolognese c’è Alessio Guidi, a Castelnuovo Rangone (una dozzina di km a sud di Modena, centro mondiale o quasi dei salumifici) c’è Lord Colombini, coalizzatore di gruppi come “Movimento è salute” o “Muovi Castelnuovo” che quasi quotidianamente allestiscono i “treni del buon risveglio” (niente a che vedere con le speculazioni commerciali e becere delle cinquettrenta) o la ginnastica posturale nel parco, e tutti i mercoledì sera alle 20,30 mettono su camminate per le frazioni del paesone, facendo conoscere o vedere sotto una luce diversa luoghi che (visti di giorno) giustificano la loro assenza dalle guide turistiche.

La sera di S. Anna a Castelnuovo era l’ultimo appuntamento prima del rompete le righe agostano, e ad occhio eravamo in centocinquanta radunati attorno al maialino, il monumento in bronzo tra la chiesa e la torre, dedicato al principale sebbene involontario e poco consenziente protagonista dell’economia locale (in realtà, con un maialino di quelle dimensioni si fanno più selfie che prosciutti).

Lord arringa la folla da un piccolo balcone, quasi piazza Venezia, illustrando il percorso che ricalca in parte le Camminate dei Salumifici tradizionali il 1° maggio: dopo un paio di km su stradetta tranquilla, preceduti da staffette ciclopedonali e con addetti ad ogni incrocio o deviazione (tutti diretti da Lord con autorità da Pari d’Inghilterra, cui Harry e Meghan fanno giusto un candido baffo), si entra nella zona-Tiepido, ottimamente servita da una ciclopedonale sterrata sulla quale solo il sottoscritto, ormai, ricorda che decenni fa venne fatta una corsa ufficiale la domenica pomeriggio.

Oggi la consegna sarebbe di camminare, non correre: però i pacemaker sono due atleti di lusso, il Dino delle scarpe chiodate e il Nube produttore di marmi e graniti, e la loro “marcia” puntatacco si estende a 6:30 /km, andatura che perfino qualche tapascione faticherebbe a raggiungere. Chiesta licenza a Lord, ottengo di poter correre, anche se alla fine una amabile signora mi accuserà di tradimento sia pure risparmiandomi la fucilazione alla schiena.

Il percorso “lungo” supera di poco i 10 km, portandosi sulla riva sinistra del torrente attraverso il ponticello già reso famoso da camminate ora non più esistenti in servizio al suddetto Partito non più esistente (anzi nemmeno più nominabile perché la prendono come un’offesa): siamo a Portile, paese che ha ottenuto di poter cambiare nome dall’originario Porcile che meglio rispecchiava la sua vocazione produttiva (anche noi liceali sessantottini ma perbene, per non cadere nel turpiloquio, dicevamo ”che portata!” quando il prof ne diceva una grossa). L’orizzonte si fa rosso, quando si passa da un agriturismo pieno imballato (ah, la crisi, l’inflazione, le famiglie che non arrivano alla fine del mese, il governo della malavita che affama i percettori del Reddito…), poi un breve tratto, sempre guidato da staffette a loro volta messe in riga dal Lord, per strada asfaltata, fino a tornare al ponticello ligneo (bè, si potrebbe anche guadare i 10 cm d’acqua) e riprendere la carraia in senso opposto.

Nel frattempo, è arrivato il più bel chiaro di luna, come diceva Manzoni stemperando l’angoscia nella notte degli imbrogli (e voi leggete Saviano e la Murgia? Vergognatevi); accendiamo le lucine mentre lontano, alle nostre spalle, si vedono lampi e fulmini che dall’alto Micio Cenci riprende e posta. Come ulteriore atto di indisciplina mi permetto di allungare il percorso fino alla pieve romanica di Santa Maria sul Tiepido, certamente il monumento più notevole della zona sebbene inglobata e recintata in una megavilla dalla quale forse esala il profumo dei salumi.

Era un altro dei percorsi colombiniani, che in breve riporta ai marmi & graniti Nube ed al maialino. A fianco, nella sede del circolo Caos (che credo voglia dire Cultura Ambiente Opportunità Solidarietà), c’è un gradito ristoro con tè saporito e anguria a gogò: lo stesso luogo dove, anni fa, il ristoro dopogara lo serviva una apprezzatissima signora di una terra confinante, che forse non del tutto amabilmente mi rimproverò per aver espresso dubbi, su queste pagine, a proposito del suo malfidente fidanzato di allora. Ma la apprezzatissima ex stasera non c’è, e dobbiamo farcene una ragione: ci basta un nostalgico saluto a William Mazzi, ex maratoneta di lungo corso di cui è rimasto in una cassetta VHS il video dello sprint, sulla pista di Klagenfurt al termine della Woerthersee Marathon, nientemeno che con Ross Brevini reduce da un’altra notte degli imbrogli in un albergo dalla popolazione “strana”.

Grazie a Lord Colombini e alle sue entusiaste collaboratrici, il fine luglio di Castelnuovo ci ha regalato un confortevole arrivederci, al pio colono augurio di un più sereno dì.

22 luglio – Nona edizione della gara classica sui 60 km + 4000 metri D, e ottava della versione “light” (si fa per dire), di “soli” 35 km con “soli” 2000 m D+. In comune alle due gare la salita alla cima più alta dell’Appennino Modenese, il Cimone, coi suoi 2165 metri da raggiungere in 13 km partendo dai 625 metri di Fanano; dopo di che, circa 6 km di crinale con vetta più alta il Libro Aperto a 1937 metri, poi discesa di 700 metri fino al rifugio dei Taburri, da cui i due percorsi si dividono e, mentre ai “light” restano meno di 400 metri verticali, gli altri sono a meno di metà della fatica che si spingerà fino all’area bolognese del Corno alle Scale (senza salirlo tutto) e poi un altro bel po’ di ventoso crinale fino al ricongiungimento coi “light” a 4-5 km dall’arrivo (che riserva per tutti una trentina di metri di vertical, peraltro su un sentiero nuovo e ottimamente curato), fino al rientro nella piazza Odoardo Corsini da dove si era partiti alle 7 per consentire un arrivo con la luce del giorno anche agli ultimi del “lungo”. La Cima Tauffi (1800 mt) fa parte solo del percorso maxi, che poi ridiscende a 1300 per risalire di nuovo a 1800 e, con un ultimo paio di dentini, si butta infine verso l’agognato torrente già noto ai frequentatori della storica Fanano-Capanna Tassoni.

Nella gara corta, successo quasi annunciato per il fortissimo trailer dei Modena Runners Saimir Xhemalaj, classe ’94, unico a stare sotto le 4 ore (3.58:19, 6:48 a km!), otto minuti meglio di Daniele Montecalvo, ventiseienne di nobile schiatta podistica della provincia bolognese, che a sua volta ha preceduto di un minuto scarso Thomas Cazzaniga da Como.

Sesta assoluta e prima donna la 34enne Chiara Lelli (Cometa, 4:23:27), oltre mezz’ora sulla ventisettenne Anna Sarti del Mud&Snow, la realtà modenese che ha dato un’impronta decisiva al trail in provincia: e non sarà un caso che il boss Checco Misley (anni 45) abbia personalmente corso in poco più di 5 ore e mezzo, e soprattutto abbia portato qui una bella serie di protagonisti. 121 gli arrivati, sui 127 partiti; a chiudere la graduatoria l’immarcescibile Cecilia Gandolfi in Spina, che ha trascinato qui il marito Italo come fotografo (sono sue, per gentile concessione, le foto 34-39 del nostro album), e il figlio Gianluca, classe 84, che ha chiuso in 12h15 la gara dei 60 km.

Il cui vincitore è stato Simone Corsini, quarantenne della Panaria da 2.26 in maratona (e vincitore nel 2019 del Dolomiti Extreme Trail di 53 km), con la stessa media chilometrica di 6:48 del Saimir primo nei 35 km, il che produce un 6.48:50 nel totale; e 21 minuti di vantaggio sul secondo, il 23enne Killian Luison, nonché  quasi 40 minuti sulla gloria locale, il fananese Giulio Piana (Mud& Snow come il quarto, Roberto Gheduzzi).

Alla stessa società by Checco appartiene la prima donna, Dinahlee Calzolari, 28enne (9.21:50, un’ora esatta sulla seconda Antonia Rinaldi, che ha preceduto quasi allo sprint la bolognese Milena Mazzini): 99 gli arrivati su 100 partiti.

Che dire della corsa? Preambolo un po’ difficoltoso, con lo spostamento alla vigilia delle operazioni di iscrizione (che prevedevano anche un meticoloso controllo del materiale obbligatorio, senza il quale il pettorale non era consegnato) e del briefing (altrimenti scritto breefing e breafing: la moglie di Giulio Piana, che sa di lingue e a suo tempo studiò lo 'stile' delle cronache podistiche, obietterebbe qualcosa), a causa dell’occupazione del destinato Palaghiaccio, e nonostante le piazze centrali del paese fossero occupate da una manifestazione folcloristica.

Ma al mattino ogni cosa è funzionata alla perfezione cominciando dal sapiente speakeraggio di Daniele Menarini: al via tutti insieme, con qualche inevitabile tamponamento nelle retrovie per le prime centinaia di metri, ma poi ognuno ha potuto gestirsi come riusciva (approssimativamente, metà avevano i bastoncini e metà no). Non difficilissima la salita al Cimone, per un sentiero Cai diverso dal solito che si fa, salvo gli ultimi 50 metri verticali abbastanza improbi: è lì che ho visto andarmi via l’ammirabile Ermanna Boilini, anni 66, una leggenda dell’ultratrail modenese (la Natalina ed nuèter) targata Mud& Sbow, che naturalmente ha corso i 60 km chiudendoli in 13.23.

Sul crinale successivo al Cimone, spazzato dal vento che spirava da sud e minacciava di precipitarci sul versante fananese, qualcuno ci aveva illuso sulla presenza di un punto acqua, che però non era previsto dal regolamento e infatti non c’era (per fortuna, avevamo riempito le borracce al ristoro ufficiale del km 9, già quasi a quota 2000); ci siamo dissetati al successivo rifugio dei Taburri, solo al km 23,5, dove però c’era la presenza qualificante di Micio Cenci, carpigiano ma fananese d’adozione, trailer con cui corsi la prima edizione di questa 60 km (21.7.2012), che faceva foto e collaborava (mi ha persino inseguito per darmi la borraccia dimenticata sul tavolo). Da Paradiso terrestre la fontanella, un paio di km sopra i Taburri: pur avendo la borraccia piena, mi ci sono buttato sotto e penso che morirei felice se su di me scorresse quest'acqua.

(Taburri: era la parola magica che insegnai a mia figlioletta decenne quando, ai primi passi sugli sci, cadevamo sempre con gli sci incrociati e senza riuscire più a frenare; parola con l'effetto di attutire la caduta e provocare un pronto rialzo, nonché smorzare la rabbia contro il fratellino di 6 anni che  filava via come se fosse nato con gli sci ai piedi).

Da questi Taburri (a monte di Fellicarolo, raggiungibili in vari modi) siamo allora risaliti, trovando un delizioso caffè alla penultima asperità del giro light, il monte Colombino, e allacciando nuove amicizie, come con le due mamme modenesi Patrizia Albertini (classe 1960;a parte l'Ermanna, la donna più stagionata del lotto) e Lisa Vincenzi, che ha l’età di mia figlia e come mia figlia sta avviando allo sport la sua bimbetta di 8 anni.

Nella discesa finale, molto pendente, talora con un'erba tagliata di fresco e alquanto scivolosa, e nel tratto sassoso poco corribile per chi aveva ormai i muscoli irrigiditi, le due salutano e se ne vanno, come impongono classe ed età (a proposito, scorrendo l’elenco degli arrivati nella 35 trovo che il secondo più attempato aveva 10 anni meno del sottoscritto, risultando coetaneo della Patrizia di cui sopra. E’ ora che smetta?).

Ristoro finale ottimo e abbondante, con grande dispiego di torte, prugne, arance e di fette di cocomera, come già nei ristori precedenti: cocomera quanto mai gradita dato il caldo (solo temperato dalle faggete d’alta quota); in più, un bicchierone di birra a testa (il secondo bicchiere costava 5 euro, a differenza della promessa di 6 bicchieri a testa fatta nel briefing...). Per le docce, ampie, linde e alla temperatura giusta, si è reso disponibile il vicino Palaghiaccio che ci aveva sfrattato la sera prima, e ci ha concesso gli spogliatoi degli hockeisti con in evidenza le multe comminate (50 euro per chi fa pipì nelle docce…). Non essendo stabilita la distinzione tra spogliatoi maschili e femminili, era possibile anche qualche gradita sorpresa, come quelle che capitano per esempio nelle maratone tedesche (ma non è stato il caso mio).

I numeri degli arrivati non sono enormi, ma certo la stagione, anche per le sue concomitanze, non aiuta. Ma la soddisfazione di tutti era palpabile.

Che fare il 16 luglio per chi non è nelle isole greche o ichnusiche o peloritane per correre alla maniera di Filippide sconfinando a casa del commissario Montalbano, o non è un supertrailer da Piz Boè o da Civetta, o un appassionato delle dighe in val Venosta nonché con ampia disponibilità monetaria?? Bisogna rovistare nei calendari locali, tra le gare “della Quercia” sopravvissute a Colei che finora gli elettori non hanno visto arrivare, o le competizioni appenniniche da 8 km dove impieghi due ore di stradacce per arrivarci…

Zummando all’area bolognese, oggi fino a qualche anno fa c’era una gara montanara dalle parti di Porretta, e una collinare a Savigno: la prima non è nemmeno più calendariata, la seconda è stata annullata pochi giorni fa, allo stesso modo della vicina camminata di Quartesana (FE). Allora?

Per fortuna che Alessio c’è: scontata la lunga sospensione (lunga e suina e condita di acido lattico, ma pare che quelli là non se la stiano passando benissimo), il Guidi fondatore, presidente, trascinatore del “Passo Capponi”, nonché sgradito rivitalizzatore del morente podismo bolognese (“fai un piacere all’asino, e ti ricambia con un calcio”, diceva mia suocera), non passa giorno che non proponga un evento, saltabeccando da Brescia a Milano a Ravenna ma senza trascurare la sua provincia.

Ecco dunque che, in questo torrido e desertico 16 luglio (neanche un prete per chiacchierar), Alessio di punto in bianco allestisce una bellissima camminata semiufficiale da Crespellano (o se volete pignoleggiare, da Pragatto, patria del celebre dantista Tommaso Casini), su per i colli lungo la via Pradalbino, 3 km di falsopiano, poi salita più ardua (diciamo da Casaglia-San Luca, per citare l’esosa competizione in arrivo) fino al resort Guardastelle, andando insomma dai 54 metri slm della partenza a quota 370, con deviazione facoltativa per i calanchi a sud, con visuale su Monteveglio e la renitente Savigno, mentre in fondo troneggiano alquanto sfumati nei vapori Cimone e Corno alle Scale.

Qui c’è un ristoro e un agguato fotografico (uno staff auto e ciclo-trainato ci sorveglia discretamente), poi lo scollinamento con varie opzioni lasciate ai concorrenti, per un percorso che alla fine assommerà a 15,8 km più 400 m D (al netto delle private libidini): o deviare verso il centro di Oliveto dove c’è una fontana di acqua fresca, o prendere la via sterrata del Balcone (attenzione ai due molossi, nel senso di cani, che passano la rete di recinziione), o stando nel sicuro proseguire costeggiando il cimitero di Oliveto, lungo la strada asfaltata interrotta da una frana (ma a piedi si passa), poi da lì via Puglie con qualche mangiaebevi che in parte coincide con una recente competitiva, o con la vecchia corsa del festival cara persino a Giangi; e da lì la discesa dove chi non ne ha più cammina, e si può chiacchierare allegramente col medico condotto della zona Gianluca Ognibene (che ha fatto esperienza perfino al Tor des Géants), o coi due neosposi Michele e Laura (sposi da giovedì scorso 13 luglio), che volentieri replicano il bacio nuziale al ristoro conclusivo, con tanto di bomboloni alla crema e altre leccornìe contribuite dai partecipanti. (Siccome Laura Bertacchini, concittadina e compagna di scuola di mia figlia, dice che nelle mie cronache sono sempre cattivo, lamenterò la mancanza degli spumanti usuali al ristoro privato di Alessio nella camminata di Santo Stefano).

Ci saranno 33 o 35 gradi, che importa, la salita è in parte ombreggiata, in discesa andando ai 6 a km ci si fa un po’ vento, e i tanti ciclisti che incrociamo fanno sicuramente più fatica di noi; ma la facciamo tutti volentieri.

Nelle rituali foto di gruppo, io conto almeno 42 partecipanti, addirittura forse più donne che uomini. Trovo allegria, scambi di esperienze, altruismo, progetti: in poche parole, che il fotocollage di Roberto Mandelli condensa con la sua arte, trovo la contagiosa leggerezza dell’essere di Alessio Guidi, più rinato che mai tra i suoi 4389 amici di Fb: ai quali sono sicuro che già domani proporrà una nuova, sana e imperdibile (l’aggettivo stavolta non è sprecato) follia. https://www.facebook.com/alessio.guidi.3

 

6 luglio – Su questa ennesima creazione del primario hub del podismo italico, Scandiano, non ho altro da aggiungere a quanto dichiaro annualmente e (si potrebbe dire) quotidianamente, peggio che Travaglio su Conte: qui il resoconto dell’anno scorso https://podisti.net/index.php/cronache/item/9006-nessuno-ferma-la-scandiano-castellarano.html

Come aggiornamento, dirò che l’edizione 2023 ha registrato 238 classificati contro i 181 del 2022 (aumento del 31%), avvicinando il record dei 284 dell’ultima edizione pre-Covid (2019). Totalmente cambiato l’ordine d’arrivo, che vede al primo posto assoluto il ventenne reggiano Nicolò Cornali in 53:28, quasi un minuto sul 24enne Marco Casini (Delta Sassuolo) e quasi due su Roberto Ferretti, 22enne della Corradini Rubiera. L’onore dei veci è salvato dal quarto e quinto, il maestro di corsa Andrea Baruffaldi (costellazione-Morlini) e il sempreverde Emilio Mori da Campogalliano, rispettivamente anni 36 e 44, giunti a 6” l’uno dall’altro.

Tra tutti i comprimari, segnalo il 18° posto in 1.00:55 di Zeno Vistoli, classe 1993: lo vedevo bambino con una gran chioma bionda, ai tempi che guidai suo padre (insigne psichiatra) alla sua prima maratonina in quel di Fusignano. Moriremo come persone fisiche, ma i nostri eredi manterranno sempre qualcosa di noi, e tanto basti.

L’esperienza ha invece dettato legge tra le donne, col successo di Rosa Alfieri siculo-reggio-parmense, anni 53, in 1.06:23, quasi otto minuti su Caterina Filippi che ha la metà dei suoi anni e sulla terza, Lorena Belli compagna di squadra del vincitore assoluto.

Tra le società, prime a pari merito Sportinsieme e Interforze Modena con 14 iscritti, seguite con 12 dai Modena Runners che però, in una ipotetica classifica a punti basata sui piazzamenti, dovrebbero essere in testa con due uomini nei primi 9 (Xhemalaj e Sargenti), sette nei primi cento.

Quanto alle impressioni di corsa, sono le stesse di sempre, in una magica notte che invano i meteoastrologi bonacciniani avevano dichiarato da allerta gialla per temporali intensi: il risultato è stata invece una deliziosa temperatura di 19 gradi a Castellarano, luogo in cui – come ha notato il sempre informatissimo dicitore Brighenti – sono crollate le vendite dei condizionatori. Caldino, ma non insopportabile, alla partenza sotto la Rocca Boiardo di Scandiano, dove le funzioni burocratiche sono state sbrigate al meglio sia dal Sassi-Manelli-staff sia dall’agguerrito gruppo di giudici reggiani come Paolo Giaroli e Claudio Iotti; e mentre stavolta Nerino si riposava facendo il fotografo stanziale (però accolgo la sua rettifica secondo cui alla fine ha fatto anche il giudice: una mano sulla telecamera, una sulla macchina fotografica, una per firmare i verbali), Giaroli dopo la partenza ha inforcato la moto per salire alle Tre Croci in soccorso di Cinzia Manelli al primo ristoro. Più su aspettava Mr. Manelli col consueto “gavettone” di acqua nebulizzata, e insomma quando si va a Scandiano sappiamo che saremo sempre trattati da re.

Personalmente, la partecipazione non era in programma dopo la “tanta roba” di 4 giorni prima; ho deciso alle 16 dopo una pennichella apportatrice di buoni sogni. “Tu sei pazzo”, mi ha detto al primo annuncio dell’idea colei che Guareschi avrebbe definito “l’autrice del mio matrimonio” o “la dolce signora che il Cielo sparse a profusione sulla mia vita”; salvo poi prestarsi al consueto autotrasporto evitandomi la navetta organizzativa per il rientro.

Incerottati ben bene i piedi, e tirato fuori dall’armadio dei ricordi un flacone di olio canforato dei tempi che militavo tra gli Amatori della Uisp, ho fatto un po’ di stretching sotto la Rocca, vedendo se almeno riuscivo ad arrivare alle Tre Croci (sono solo 4,1 km, mi dicevo ricordando gli antichi fasti della cronoscalata, e pensando al tanto più fatto due settimane prima con Paolino Malavasi: l’è trii or ch’an vàdd èter che di trii cros e di furnasoun!). Ero rassegnato al sorpasso da parte di Cecilia-in-Italo, che invece stranamente non si è verificato, a differenza di quello del glorioso Elvino Gennari, classe 1946 (“ho fatto la 100 di Asolo in macchina e mi sono stancato solo a guidare”), che in salita più o meno mi affianca ma in discesa mi darà 7 minuti.

Scontato il sorpasso da parte di mamma Emilia Neviani e del quartetto femminile che la segue, guidato dalla prorompente Simonetta Silingardi (tutte sull’1.37/1.38), al traguardo non mi resta che aspettare Giuseppe Cuoghi, più “giovane” di Gennari di un anno, che dopo l’arrivo si appoggia alle transenne, diciamo in meditazione senza parole.

Pacco gara con la novità di una minidose di lambrusco della stessa ditta e qualità (8,5 gradi: e lo chiamano vino??) che a Nashville si vende per 14 dollari, e del consueto asciugamano “Ag l’ho cavèda” reduce dalla maratona di Reggio (che l’ultimo anno non ho corso, ma di asciugamani ne ho già tre). Succulento il ristoro finale; premiazioni, come sempre ricche per gli under e punitive per gli over 50: e chi vecc chi serchen i parsòtt, ch’i staghen a cà.

Ho sott’occhio i due ultimi numeri di una rivista relativamente all’esordio (siamo al numero 3 datato aprile e al numero 4 datato giugno, la cui copertina Mandelli si è divertito a moltiplicare: il periodico è bimestrale, il prossimo numero è in uscita per il 20 luglio; ne esiste anche una versione online, muoversimagazine.it, e per acquisti c’è shop.editorialecec.com).

La fucina da cui l’opera viene fuori è quella rinomata di Luca Speciani, podista, medico, dietologo, giornalista e tante altre cose, che già edita altre riviste non banali ed ha almeno una pagina Fb con cinquemila amici (https://www.facebook.com/luca.speciani). Dunque ci si può aspettare uno stile rigorosamente argomentativo, ma piano e accattivante, fatto meno per gli specialisti da 3’30”/km che per i profani, i sedentari che decidono di “muoversi”, di svolgere attività fisica, senza puntare come prima tappa alla maratona di New York o all’UTMB.

Perché muoversi è salute (correre, senza estremismi, lo è ancora di più), è il recuperare la vita sana, non dirò del Neanderthal o dell’Homo sapiens - comunque born to run -  ma quella dei nostri progenitori, che si spostavano a piedi, mangiavano i prodotti della natura e andavano a letto con le galline. Abitudini che la nostra civiltà evoluta ha smarrito, coi risultati che si vedono: la vita media aumenta, ma soprattutto perché si inventano sempre nuove medicine e terapie che ti tengono in vita a qualunque costo e senza dignità.

Appunto al “correre o camminare” è dedicato il prologo del direttore editoriale Speciani nel n. 3: non c’è contraddizione tra le due cose, occorre solo “muovere il proprio corpo nel modo più gioioso e stimolante che madre natura concede”, per “divertirci e stare bene con noi stessi, con il nostro corpo, con i nostri cari (condividendo il muoversi come attitudine sociale vera, non artificiale) e a contatto stretto con la natura”.

L’arte del “correre in modo nuovo e divertente” è declinata nel fascicolo in varie articolazioni, come le corse a ostacoli (soprattutto quelle in ambienti naturalmente selvaggi), il fartlek, il nordic walking, l’orienteering, il cammino di Santiago e le ascensioni alle Grigne, il triathlon e la tapasciata col solo scopo di arrivare in fondo buttando giù forse qualche etto. Arte sorretta dal Pilates (purtroppo noi podisti-podisti ci accontentiamo di correre e basta) e coadiuvata dalla sana alimentazione, il tutto ad accrescere anche il nostro potere immunitario facendo a meno della chimica (come da anni raccomanda Speciani).

Il numero 4 arricchisce e completa i temi accennati sopra: “perché muoversi fa bene”, “la corsa è meglio di una medicina”; fisioterapia, pesi e cardiofrequenzimetro, i sentieri delle Orobie, il nordic walking sulla spiaggia e la continuazione del cammino di Santiago (ovviamente ce ne sarà per parecchie altre puntate, ora con Riccardo Bianco, economista che a 58 anni ha deciso di “rimettere ordine nella propria vita”, siamo solo alla prima notte in ostello con francesi rumorosi e maleducati).

Se posso esprimere preferenze soggettive, dirò che di questo fascicolo mi hanno preso di più (dopo Santiago il cui espletamento rimane per ora la mia voglia inappagata) i resoconti di Guido Farina (professionalmente, un geologo) sul suo orienteering nei boschi cuneesi, e di Chiara Sacco (cultrice di alpinismo e di yoga) sul suo anello orobico.

Ma istruttivi in ben altro senso sono i pezzi di Guido Marini (gastroenterologo, ecografista ecc.) sulle medicine di cui possiamo fare a meno grazie alla pratica fisica, di Massimo Ranica (fisioterapista e riabilitatore) sul rinforzo muscolare, e infine la risposta di Speciani sul superallenamento. Siamo insomma in buone mani.

Denuncio un conflitto d’interesse: in questo n° 4 ho scritto qualcosa anch’io. Saltatelo pure, ma purtroppo preparatevi che nel prossimo numero ce ne sarà l’ultima puntata.

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