Direttore: Fabio Marri

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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Siviglia (SP), 19 febbraio – Sono 8292 in totale i classificati alla 38^ edizione della maratona di Siviglia, che contende a Valencia il titolo di maratona più veloce in Spagna. In effetti, i tempi dei primi classificati sono di alto livello, con tripletta etiope maschile nello spazio di 25 secondi. Ecco i primi cinque arrivati dal sito ufficiale dell’avvenimento Clasificaciones 2023 | Zurich Maratón de Sevilla 2023 (zurichmaratonsevilla.es)

Maschile

1

18

GADISA BIRHANU SHUMIE

INDEPENDIENTE

ETH

02:04:59

02:04:59

 

2

3

KEBEDE TULU WAMI

NIKE

ETH

02:05:19

02:05:18

 

3

2

MEKUANT AYENEW GEBRE

LI-NING

ETH

02:05:24

02:05:23

 

4

19

GASHAU AYALE

INDEPENDIENTE

ISR

02:05:33

02:05:32

 

5

4

BETHWEL CHUMBA

ASICS

KEN

02:05:42

02:05:42

 

 

Molto buono anche il tempo della vincente nella gara femminile, dove ha nettamente prevalso la keniana Chelal in 2h20’29”, un minuto e mezzo davanti alla seconda, l’etiope Mulisa.

 

Femminile

 

1

61

JACKLINE CHELAL

ASICS

KEN

02:20:29

02:20:27

 

2

59

ABERU AYANA MULISA

INDEPENDIENTE

ETH

02:21:54

02:21:54

 

3

58

URGE DIRO SOBOKA

INDEPENDIENTE

ETH

02:23:05

02:23:04

 

4

304

CITALI MOSCOTE

INDEPENDIENTE

MEX

02:24:53

02:24:51

 

5

307

DEBORAH SCHÖNEBORN

INDEPENDIENTE

GER

02:25:52

02:25:50

 

 

Quanto all’Italia, l’ufficio stampa Fidal comunica:


È un buon debutto per Yohanes Chiappinelli in maratona, subito sotto le due ore e dieci minuti alla prima esperienza nei 42,195 km. L’azzurro corre in 2h09:46  e chiude in ventitreesima posizione. Per il senese dei Carabinieri è rispettato il piano-gara con un passaggio alla mezza di 1h04:33. Nella seconda parte, parziali da 15:13 tra il 25esimo e il 30° chilometro, 15:26 tra il 30° e il 35°, 15:34 tra il 35° e il 40°. Già bronzo europeo delle siepi a Berlino 2018, primatista italiano dei 10 km (27:50 ad Arezzo) in condivisione con Pietro Riva, negli ultimi tempi il 25enne allenato da Giuseppe Giambrone si è concentrato sempre di più sulla corsa su strada, scendendo fino a 1h00:45 nella mezza maratona tricolore di Pisa dello scorso ottobre, un crono che lasciava intravedere un esordio positivo anche in maratona.

“Prima della gara ho pensato che sotto le 2h10 sarei stato contento - racconta ‘Yoghi’ dalla Spagna - e in effetti per essere la prima volta sono soddisfatto del tempo. Ho cercato di divertirmi fino ai venticinque chilometri, come mi avevano consigliato in molti: ascoltavo le sensazioni del mio corpo, l’incitamento delle persone. Il passaggio alla mezza è stato giusto, poi la ‘lepre’ che doveva portarci fino al trentesimo km si è fermata, intorno al 23°, e il gruppo si è iniziato a sfaldare. A quel punto ho preso l’iniziativa, ho cercato di andarmene e di recuperare sul gruppo che era davanti. Eravamo in due fino al trentacinquesimo, insieme al francese Abderrazak Charik. Poi da solo. Negli ultimi 10 km la fatica si è fatta sentire, com’è normale: gli ultimi due sono stati veramente brutti! Ma con me avevo il mio coach Giambrone che mi seguiva in bici e mi dava consigli. Adesso spero nei Mondiali di Budapest oppure penseremo a un’altra maratona in autunno. Si può fare meglio di così”.

Tra gli italiani, diamo il merito a Michele Marescalchi - nostro attento lettore e implacabile critico, anche se dopo un'ora di telefonata ci troviamo sempre d'accordo su tutto, specie quello che non si può scrivere - per averci segnalato che la classifica emanata dopo la gara conteneva molte inesattezze, sanate nella seconda versione filtrata attraverso World Athletics. Dunque aggiorniamo l'elenco dei migliori italiani (non sempre indicati come tali nella classifica), integrando  il 95° posto assoluto di Giacomo Esposito (Atletica San Biagio) in 2.21:41, col 201° di Giulio Ornati (VCO) in 2.31:29; segue il 236° di Davide Maggi (Civate) in 2.36:45.

Piazzamenti abbastanza di rilievo tra le donne, cominciando dal 56° posto di Chiara Prosdocimo (Ponzano) in 2.55:38, e il 62° di Anna Zilio (Km sport) in 2.58:38. Ecco il link aggiornato: https://www.zurichmaratonsevilla.es/zms-clasificaciones-2023

 

Marescalchi aspetta gli atleti e atlete di casa nostra a una conferma dei loro tempi sulle nostre strade (perché in Spagna si vola, non altrettanto nel resto del continente); ma nel frattempo dice che la prestazione di Chiappinelli è straordinaria, non "discreta" (chissà se arrivava nei primi dieci, che aggettivi avrebbe usato).

19 febbraio – Come nel 2021, è toccata a Correggio la terza prova, conclusiva del campionato regionale Fidal di cross, e valida come gara unica per i titoli individuali. Ben 980 sono stati i partecipanti, di cui 427 donne; nei soli Master (over 35) i presenti erano 333 (107 donne). Le gare precedenti si erano svolte a Faenza e Castel S. Pietro (questa seconda, in condizioni climatiche proibitive). Oggi, sotto un bel sole quasi primaverile, la tappa sia maschile sia femminile va al Circolo Minerva di Parma. Vittorie peraltro di stretta misura: un solo punto (1108 contro 1107) separa i primi dall’Avis Castel San Pietro; a 1096 stanno i terzi, Castenaso Celtic Druid, davanti di 6 punti ai quarti del Modena Runners Club, che a loro volta sopravanzano di 5 punti i titolati concittadini della Fratellanza. Staccatissime tutte le altre società, su un totale di 37 contendenti.

Un punticino solo decide anche il campo femminile, dove Minerva ne assomma 748 contro i 747 delle “signore della corsa” Faenza 85. A quota 725 il Casone Noceto, due punti in più della Fratellanza: 20 in tutto le società in graduatoria.

Desta comunque qualche dubbio il modo di assegnare i punti, non basato sul numero dei partecipanti a ogni categoria, ma su una quota fissa a scalare, che in alcune categorie partiva da 100 punti, in altre da 80: col risultato che (per esempio) nella categoria M 80 i due soli concorrenti hanno portato in società 80 e 79 punti; mentre nella M 60 gli arrivati sono 26, ma il primo porta ugualmente solo 80 punti. Invece alla prima F 35, che ha prevalso su 8 concorrenti, vanno 100 punti; come alla prima F 55 che fa lei pure 100 punti battendo 9 colleghe. Invece la prima F 60, prima su 16, riceve solo 80 punti.

Insomma, è un modo di fare le classifiche bizantino, che punisce le categorie numerose e suggerisce strategie maliziose, tipo saccheggiare i Circoli Anziani portando a correre una decina di ottantenni che da soli faranno più punti di superatleti da 3 minuti a km.  Si aggiunga poi che a determinare le classifiche di società concorrono i 10 migliori punteggi under 60 e due over 60 per ciascuna squadra, coi risultati finali che illustriamo sotto.

Curioso il nome di “Ecologic Cross” scelto dagli organizzatori della Self Montanari Gruzza (gruppo lattiero-caseario di Reggio Emilia): a me pare che della parola “ecologico” si abusi, oltretutto impropriamente, perché “ecologo” vorrebbe dire “chi studia l’ambiente”, e fanno ridere le scritte “bus ecologico a metano”. Qui l’ecologia (anzi, Ecology visto che tu vuò fa l’ammericano) consisteva essenzialmente nell’invito a lasciare i pettorali (inclusivi di chip) in apposito contenitore, da dove li smaltirà l’organizzazione: come se noi podisti buttassimo i pettorali per strada. Certo, si potrà differenziare carta, plastica e metallo (ammesso che lo si faccia, e una volta fatto, che l’azienda di smaltimento non rimetta tutto nel mucchio); io i pettorali li conservo nel personale museuccio, li smaltirà qualcuno alla mia morte. Tornando a Correggio, l'ottimo tè del ristoro finale ci è stato servito, come sempre, in bicchieri di plastica usa-e-getta, allo stesso modo del caffè (a pagamento) nel tavolo di fianco.
A parte questo, l’organizzazione è stata impeccabile, il percorso decisamente abbordabile, con due salitelle insignificanti per ogni giro (a seconda delle manches, i tracciati master andavano dai 3 ai 5 km), per cui il primo M 35, Daniele Santini, ha finito in 18:17, ma davanti a lui stanno tre M 40, due Minerva e un Castel S. Pietro, con tempi sotto i 18 minuti cioè sotto i 3:30/km. (Personalmente, speravo in qualche argine più ripido per testare le scarpette con chiodi del 14, omaggio di Roberto Mandelli alla Cinque Mulini; vedremo la prossima volta...).

Dei principali risultati individuali ha già dato conto Stefano Morselli, che ha seguito tutte le gare in veste di fotografo: https://podisti.net/index.php/cronache/item/9797-19-02-2023-correggio-re-ecologic-cross-camp-reg-le-di-cross.html.

Qui riporto il dettagliato comunicato Fidal di Giorgio Rizzoli giunto in serata.

 

Le gare iniziano puntualmente alle 9.00 con la prova master uomini di 5 km per le categorie da 35 a 50. Si impone, come nei 2 precedenti cross regionali, Taoufik Bazhar (Circolo Minerva), sm40, che precede il neo compagno di club Francesco Bona, atleta di livello nazionale alcune stagioni fa, pure sm40. Nelle altre 3 categorie previste in questa prima serie vincono Daniele Santini (Circolo Minerva) negli sm35, Rachid Kisri (Circolo Minerva) negli sm45, ma con il titolo regionale assegnato a Gianluca Borghesi (Avis Castel San Pietro), in quanto Kisri è di nazionalità Marocco e Flavio Monteruccioli (Avis Castel San Pietro) negli sm50.

La gara successiva è la gara master uomini di 4 km con le categorie da 55 e oltre. Il 1° atleta al traguardo è un sm55, Maurizio Gentile (Fratellanza 1874 Modena). Gli altri vincitori del titolo regionale sono Daniele Baroni (Atl. Rimini Nord Santarcangelo) negli sm60, Italo Sampaoli (GS Lamone) negli sm65, Adolfo Accalai (Avis Castel San Pietro) negli sm70, Araldo Viroli (Avis Castel San Pietro) negli sm75, Egidio Pieri (Lughesina) negli sm80 e Giovanni Sirotti (Atl. Mameli Ravenna) negli sm85.

Si conclude così anche il Campionato di Società Master Uomini, con il successo finale dell'Avis Castel San Pietro con 130 punti di vantaggio su Circolo Minerva, che nella prova di oggi precede di 1 punto l'Avis Castel San Pietro; nella classifica finale nell'arco di 32 punti si piazzano ben 4 formazioni: appunto il Circolo Minerva al 2° posto, Atl. Castenaso Celtic Druid al 3°, Modena Runners Club al 4° e Fratellanza 1874 Modena al 5°.

Terza gara della giornata è la serie per tutte le master donne. Nelle precedenti 2 prove regionali Simona Santini (Circolo Minerva), sf40, aveva preceduto l'altra sf40 Fiorenza Pierli (Atl. 85 Faenza) a Castel San Pietro, mentre a Faenza era stata Fiorenza Pierli a precedere Simona Santini. Se questo di Correggio era da considerare uno spareggio tra le fortissime sf40 della nostra regione, l'esito di oggi è stato favorevole a Simona Santini, che vince quindi il titolo regionale, aggiudicandosi la gara di oggi con 13 secondi di vantaggio. Nelle altre categorie vincono il titolo regionale Lisa Ferrari (Circolo Minerva) nelle sf35, Nadiya Chubak (Atl. Lugo) nelle sf45, Rosa Alfieri (Circolo Minerva) nelle sf50, Monica Barchetti (Fratellanza 1874 Modena) nelle sf55, Susi Frisoni (Atl. 85 Faenza) nelle sf60, Paola Lambertini (Lolliauto) nelle sf65, Germana Babini (Lughesina) nelle sf70, Lucia Soranzo (Atl. 85 Faenza) nelle sf75, Raffaella Dall'Aglio (Atl. Casone Noceto) nelle sf80.

Nella classifica di società, anche nelle master donne il Circolo Minerva si aggiudica la prova di oggi, precedendo di 1 punto l'Atl. 85 Faenza, ma nella classifica complessiva sulle 3 prove è l'Atl. 85 Faenza a vincere il titolo regionale di società, con 11 punti di vantaggio sul Circolo Minerva, con 3° posto per l'Atl. Casone Noceto, 4° per la Fratellanza 1874 Modena e 5° per la Lughesina.

Dopo i master sono di scena a Correggio le gare giovanili. Si parte con le ragazze e anche questa volta sono quelle della Atl. Frignano Pavullo a piazzarsi nelle prime 3 posizioni: nell'ordine Valentina Muzzarelli, Sveva Costi e Cecilia Ferrari; le pavullesi piazzano anche la sesta e l'ottava classificata, confermando un dominio già visto a Castel San Pietro e Faenza. Giorgia Paderni (Atl. Lugo) si piazza al 4° posto, precedendo Carlotta Lunghi (Corradini Rubiera), quinta al traguardo.

Nella classifica finale di società l'Atl. Frignano Pavullo conclude con 2955 punti, vicina al punteggio massimo ottenibile che sarebbe stato di 2970 punti; il podio societario delle ragazze è completato dalla Atl. Lugo e Corradini Rubiera.

Nei ragazzi successo di Diego Ficarra (Polisportiva Atletico Borgo Panigale). Questo ragazzo, 13 anni compiuti in gennaio, è dall'anno scorso praticamente imbattuto nelle gare e pedane su pista e indoor, fra 60 metri, 60 hs, lungo e prove multiple; non ci si aspettava che vincesse anche in una gara completamente diversa dalle sue specialità solite e invece è arrivato un altro successo, che è anche il suo 5° titolo regionale vinto. Ficarra ha preceduto i protagonisti dei precedenti cross regionali, Daniel Milo (Fratellanza 1874 Modena) e Davide Vanossi (Virtus Emilsider Bologna); poi al 4° posto Nicolò Ferrari (Fratellanza 1874 Modena) e al 5° Luca Bonini (Self Montanari Gruzza). E complimentiamoci con tutti i 277 atleti delle categorie ragazzi e ragazze che hanno gareggiato a Correggio.

Nella classifica di società si conferma la Fratellanza 1874 Modena, che vince il titolo regionale davanti all'Atl. Lugo e alla Atl. Imola Sacmi Avis, oggi al 6° posto nella classifica "di tappa" ma che conserva la terza piazza.

Nelle cadette il titolo regionale va a Giada Margherita Ligorio (Fratellanza 1874 Modena), che precede Letizia Mengozzi (Atl. Imola Sacmi Avis), Carlotta Verde (Libertas Rimini), Giulia Ingrami (Rcm Casinalbo) e Beatrice Giusti (Atl. Frignano Pavullo). Per la Ligorio è la conferma del successo a Faenza, mentre a Castel San Pietro era stata preceduta da Carlotta Verde.

Nella classifica di società anche nelle cadette è netto il predominio della Atl. Frignano Pavullo, che anche oggi piazzano le proprie atlete al 5°, 6°, 8°, 10°, 17° e 18° posto. Il punteggio complessivo per Pavullo è stato d 2871, contro 2592 della Atl. Imola Sacmi Avis e 2510 per l'Atl. 85 Faenza.

Nei cadetti vince Achille Alessandri (Libertas Rimini) che precede Gabriele Perugini (Libertas Atletica Forlì), il duo della Corradini Rubiera, Matias Costi e Mirko Masetti e Mattia Govi (Atletica Parma Sprint) al 5° posto. Per Alessandri è la replica dei successi di Castel San Pietro e Faenza, mentre Perugini e Costi si erano scambiati la seconda e la terza posizione nei 2 precedenti cross.

Il titolo societario nei cadetti va alla Atl. 85 Faenza, che oggi piazza gli atleti al 7°, 10°, 11°, 12° e 24° (ma anche per gli atleti cadetti il 37°, 45°, 47°, 52°, 54°, 66°, 76° e 91° posto (su 112 classificati): un vero successo di squadra; nella classifica finale seguono poi Corradini Rubiera e Atletica Parma Sprint, distanziate fra di loro di soli 11 punti).

Concluse le gare delle categorie giovanili, si parte con le categorie assolute, con gare valide solo per il titolo regionale e non per le classifiche di società, che si erano già definite con le prime 2 prove. Sono le allieve quindi a partire e si ripete il copione iniziale già visto a Castel San Pietro e Faenza, con Marta Gianninoni (Acquadela Bologna) subito in testa fin dall'inizio, anche con un buon vantaggio sulle altre atlete, che poi l'avevano rimontata nel finale; questa volta però l'esito è diverso: sia a Castel San Pietro e Faenza la coraggiosa iniziativa solitaria della Gianninoni si era interrotta nell'ultimo terzo di gara, superata da Sofia Ferrari nella prima prova e da Carlotta Denti nella seconda, mentre questa volta l'atleta della Acquadela mantiene il comando della gara fino al traguardo e conclude davanti a Marianna Zagni (Pontevecchio Bologna) che riduce nel finale una parte del vantaggio accumulato dalla Gianninoni, ma senza che sia messa in discussione la vittoria della Gianninoni, che vince con 7 secondi di vantaggio; oltre un minuto questa volta il distacco di Carlotta Denti rispetto alla vincitrice, seguono poi Viola Di Renzo (Atl. Lugo) e Aurora Gambetta (Fratellanza 1874 Modena) al 4° e 5° posto.

Seguono gli allievi: è tris per Francesco Bigoni (Atl. Estense), vincitore anche questa volta con ampio margine. Dal 2° al 5° posto si piazzano Brayan Schiaratura (Golden Club Rimini), Diego Falcone (Endas Cesena), Abderrahman Ait Mahmoud (Pontevecchio Bologna) e Gianluca Brintazzoli (Atl. Reggio).

Dopo gli allievi la gara successiva è per le junior f.: vince Nausica Barberini Magnani (Francesco Francia) davanti a Giulia Bertacchini (Corradini Rubiera), Sara Morini (Atl. Lugo), Giulia Vaccari e Lisa Melli Santunione (Fratellanza 1874 Modena).

Prima delle gare conclusive di cross lungo e juniores m. si disputa un'unica gara uomini e donne di cross corto sulla distanza di 3 km, che pure assegnava titoli regionali assoluti e promesse. Negli uomini domina Marco Casini (Delta Sassuolo), che precede di 36 secondi Roberto Muccioli e di 43 Nicolò Lombardi, entrambi della Endas Cesena. Il titolo regionale promesse è vinto da Jose Catelani (Corradini Rubiera), 4° al traguardo e che precede fra gli under 23 Roberto Ferretti (Corradini Rubiera) e Francesco Maffei (Self Montanari Gruzza).

Nel cross corto donne vince il titolo regionale Giorgia Marchini (Cus Parma), pure con amplissimo margine, visto il distacco di 49 secondi con cui regola Aurora Imperiale, seguita da Chiara Bazzani, entrambe dellaFratellanza 1874 Modena. In questa gara solo 2  atlete della categoria promesse classificate: il titolo regionale va a Concetta Lettini (Modena Atletica), che precede Sara Zanni (Pontelungo Bologna).

La penultima gara di oggi vede alla partenza gli junior m. e le assolute donne nel cross (lungo) di 8 km. Tra gli junior è un testa a testa fra Abrham Angino Asado (Polisportiva Centese) e Flavio Zaretti (Cus Parma); prevale il 1° per 2 secondi, poi a quasi un minuto di distanza Luca Venturelli (Libertas Atletica Forlì) precede Pietro Salati (Self Montanari Gruzza) e Riccardo Sintoni (Libertas Atletica Forlì).

Nelle assolute f. sono Elena Fontanesi (Self Montanari Gruzza) e Francesca Giacobazzi (Corradini Rubiera) a contendersi il titolo regionale; nel finale prevale la Fontanesi, che vince anche il titolo regionale promesse; al 3° posto si piazza Martina Cornia (Fratellanza 1874 Modena, 2° posto fra le promesse); al 4° e 5° posto si piazzano Alice Tambini (Circolo Minerva) e Giulia Pasini (Cus Parma), seguite da Francesca Badiali (Fratellanza 1874 Modena) al 6° posto e al 3° fra le promesse.

La gara conclusiva della giornata è il cross (lungo) maschile di 10 km. Vince Mohammed Baybat, atleta di nazionalità marocchina, neo tesserato in Italia e con il Circolo Minerva: World Athletics ci segnala che si tratta di un atleta di buon livello, con personali realizzati nel 2022 di 13.41.33 e 1.01.47 nella mezza maratona. Infatti la gara non ha storia fin dall'inizio con Baybat che vince con quasi di 3 minuti di vantaggio su Giovanni Tuzzi (Atl. Piacenza), che vince il titolo regionale assoluto; nella classifica della gara seguono Adimasu Angino Asado (Virtus Emilsider Bologna), Alessandro Pasquinucci (Fratellanza 1874 Modena), Mattia Marazzoli (Corradini Rubiera) e Geremia Taino (Atl. Casone Noceto), con questi ultimi 3 che vanno sul podio per la categoria promesse.

Ed ora il comunicato dell'Atletica 85 Faenza

In una domenica invernale calda e soleggiata i nostri 81 atleti portano in alto i colori di A85 grazie soprattutto al primo posto a squadre dei cadetti e delle master donne. 
Prima volta in assoluto che la squadra cadetti negli oltre 60 anni dell'atletica faentina, vince il titolo regionale a squadre di cross. 
Questo grazie anche e soprattutto ai piazzamenti odierni: settimo posto per Gioele Angeli e il decimo, undicesimo e dodicesimo posto rispettivamente di Abdolah Loukili Anwar, Luca Cattani e Paolo Visani. 
Tra le donne master da sottolineare i primi posti (campionesse regionali nelle rispettive categorie) per Susi Frisoni F60 e Lucia Soranzo F 75 ed i bei secondi posti di Fiorenza Pierli tra le SF40, Anna Spagnoli nelle SF50, Nicoletta Pasello nelle SF55,  Rita Gabellini F65, Paola Tirabassi F70, Marta Billi F80.
Da segnalare inoltre l'ottimo terzo posto nella classifica generale delle cadette, il settimo delle ragazze ( oggi quarte) e il quarto dei ragazzi, grazie anche al terzo posto di oggi. 
Buoni risultati anche dal settore assoluto maschile e femminile. 
Quelli appena raccontati sono risultati storici per la nostra società, soprattutto nel settore giovanile, che sta crescendo molto negli ultimi anni. 

 

 

 

Un mesetto fa abbiamo rivissuto la maratona di Assisi 2000, però limitata alle signore, sia pure con la menzione di qualcuno dei loro accompagnatori (http://podisti.net/index.php/commenti/item/9692-maratona-di-assisi-2000-una-storia-fatta-di-donne.html ).

È giusto vedere anche l’altra metà del cielo… anzi, un po’ più di metà, visto che furono in 669 a finire in classifica contro 93 del gentil sesso (oddio, chissà se questa espressione, normale nel 2000, suona offensiva o quantomeno maschilista ai tempi della Egonu e della Schlein…).

Come al solito, per i primissimi basta la citazione, non sono loro ad avere bisogno dell’attenzione dei giornali: vinse Graziano Calvaresi in 2.22:20, 1 minuto e 15” su Davide Kiruoi Kiptoo, poco di più su Marco Galeasso. Sesto Antonello Petrei, settimo Giorgio Calcaterra, nono il suo “delfino” Marco D’Innocenti.

Ma già alla posizione 13 troviamo Enrico Vedilei, ancora tesserato Avezzano, in 2.42 (la sua futura moglie Maria Luisa Costetti finì, come già detto, in 3.29 insieme a Ivano Folli, mentre l’altro ‘congiunto’ Flaviano Polinori aveva chiuso in 2.57). In grandissimo spolvero due altri amici di Podisti.net di allora: il milanese d’alta finanza Cosimo Resina (2.55) e l’udinese adottivo Antonio Margiotta (3.04).

Appena sotto le 3.10 giunse il bolzanino Marco Grillo, allora marito della recordwoman Renata Cecchetto, e un minuto dietro fu la volta di Maurizio Benassi detto Rambo, modenese tesserato per la società più competitiva dell’epoca (la Tobacco Museum, gestita da un collezionista di scatole di sigarette), che imitando il suo compatriota Mastrolia correva con una chioma da indiano. Viene in mente un carosello a cartoni animati, dove il protagonista esordiva chiamandosi “Graande caapo”, cui seguiva una ventata che spiumava la chioma, al che il grande capo aggiungeva “quaasi”. In 3.22 chiuse Giorgio Garello, milanese trasferito in Piemonte, un grande futuro di personal trainer, massaggiatore e perfino istruttore di Fit Boxe; due minuti dopo Daniele Cesconetto, veneto lungagnone che poi arriverà al record delle 24 ore su tapis roulant, a Conegliano.

Ma quando ci si imbatte nel 3.26:58 di Tanino Amadio, classe 1948, non si può non rivedere questo torinese di Grugliasco, un vero gentiluomo col quale era impossibile litigare, strappato troppo presto agli amici che però ne ricordano il compleanno ogni 23 gennaio.

Un altro gran signore era Ulderico Lambertucci, del ’46 e nel prolifico giro dei maratoneti maceratesi, che dopo aver stabilito il record del maggior numero di maratone in un anno (mi pare, 42: allora ci si misurava solo sulle maratone “vere”, non le si fabbricavano), si diede alle grandi traversate a piedi, da santuario a santuario (Loreto-Santiago, e non fu l’unica). Ad Assisi finì in 3.28, due minuti meno di una grandissima meteora dello sport modenese: Alfonso Pagliani, operaio meccanico, classe 1955, a volte autista di Govi (i maligni dicevano che avesse comprato l’auto solo per trasportare l’albinese), che in pochissimo tempo, riuscendo a correre più volte Passatore e Nove Colli lo stesso anno, arriverà alle soglie della nazionale (Stefano Scevaroli gli raccomandava invano di correre meno; non lo ascoltò, e sparì di colpo dalle scene). Che invece il suo coetaneo Luciano Bigi, cesenate futuro presidente dei Supermaratoneti, calca ancora e con onore; il suo 3.32 di Assisi fu imitato, con pochi secondi in più, dal carpigiano Piergiorgio Ghizzoni (che spesso correva con la maglietta Podisti.net) e da Simone Lamacchi di Sommacampagna, alias Simone71, appassionato bancario appena divenuto genitore della bellissima maratona del Custoza, così amata dai podisti e anche dai degustatori per via delle 6 bottiglie di bianco comprese nel pacco gara.

Venne poi, allo scadere delle 3.38, il grido bellico “Stasera si tromba!”, divulgato a vuoto dal militare forlivese Lorenzo Gemma che aveva combattuto nei teatri di guerra dell’epoca ma poi ha anche, nel 2022, raggiunto le 1000 maratone in carriera. In illo tempore, si accontentò di battere Sir Marathon Dellapiana (3.41) e Paolo Gilardi (3.48), allora nel pieno di un’alta carriera dirigenziale (chiamato al ruolo di vice-Bondi!) in forza alla quale si presentava sui campi di gara ancora in camicia bianca e cravatta, per trasformarsi rapidamente in atleta come tutti gli altri.

Un altro vip del mondo produttivo era l’ingegnere carpigiano Benigno Giannino, che quell’anno aveva corso la 50 di Romagna e il Passatore, e qui si accontentò di 3.50. Qualche anno dopo, fummo compagni in una drammatica ascensione al Monte Bianco, interrotta a quota 4360 (davanti alla Capanna Vallot sciaguratamente chiusa) per una tempesta di ghiaccio; ma le montagne furono teatro di tanti ultratrail per Benigno (Trofeo Kima, Lavaredo, Cromagnon ecc.) finché un investimento patito in bicicletta pose fine a una carriera comunque gloriosa.

Invece Franco Pezzulli, “Lumega” da Vergato, classe 1939, non è più tra noi dopo quel suo eccellente 3.51 a 61 anni; come prematura fu la scomparsa di Alfio Balloni, pratese del 1959, che dopo quel 3.59 sarebbe stato investito in motorino, da un cinghiale per strada. Non ci sono più nemmeno William Govi (4.03); l’ingegner Antonino Morisi, già vicesindaco della sua Persiceto, animatore del gruppo alpini e grande intenditore di corse in montagna, specie verso la sua Davos dove lo riportavano memorie di famiglia; il Giuliano Goldoni, agricoltore da Finale Emilia (che una volta saltò una corsa “parchè a g’hò da daquaar al piènti”), che si era portato al seguito il compaesano Michele Marescalchi (omonimo del “Balanzon” giornalista), e il presidente del sodalizio finalese Luigi Benati, classe 1926, che terminò ultimo in 5.49.

Ben prima era arrivato il capo morale dei supermaratoneti, Peppe Inox Togni, che a 74 anni stette nelle 5 ore lanciandosi ancor più verso il primato del maggior numero di maratone corse (superò di molto le 700, e aveva cominciato a correrle dopo i 50 anni): in questi giorni ricorre il nono anniversario della scomparsa, 8 febbraio 2014, e ogni volta, i suoi amici più veri, da Paolo Gilardi già citato, al marò Adriano Boldrin da Boion (3.53 in quella maratona), e altri, non mancano di visitarlo al camposanto nel bresciano dove riposa.

Per fortuna, altri che parteciparono a quella gara sono ancora qui a ricordarla: cominciando da Angelo Squadrone, oggi a 94 anni presidente onorario del Club Supermarathon, e che si cimenta ancora nelle mezze maratone; poi Ivano Talassi, il bel fioraio della Punta modenese, un classe 63 che allora chiuse in 3.53 appaiato a Fabietto Setti, poi ebbe una lunga parentesi come venditore di articoli sportivi, ma adesso è tornato all’antico amore per i fiori e le piante.

C’erano e ci sono i supermaratoneti “millenari” come Vito Ancora e Michele Rizzitelli, quelli “ultracentenari” come Vittorio Camacci (3.29!), Franco Schiazza, Osvaldo Bucci, Paolino Malavasi allora dotato di folta capigliatura, Gianfranco Toschi, Ferdinando Gambelli, Paolo Solfrizzo allora tesserato Villasanta, Rinaldo Furlan detto Bubu, Paolo Zanta, el sior Vitòrio Bosco che poi sarebbe divenuto compagno di allenamento della presidente della regione Friuli Debora Serracchiani.

E c’era perfino Remo Cattani, dipendente Ferrari, cui ogni volta chiedevamo come sta la Ketty (no, non la Ketty di Bologna), e che con 4.05 diede 20 minuti a un altro che piaceva alle donne, Carmelo Passiatore, classe 1940 da Macerata; mentre non aveva vizi, salvo quello della corsa, l’ex minatore padovano Luciano Morandin, classe ’47, e 4.34 finale.

Se la prese comoda, finendo in 4.59, appaiato al carpigiano Lauro Caffarri, Pietro Alberto Fusari da Treia, classe ’42, dal basco nero e gli enormi calzoncini bianchi. Era impiegato Inps, ma chissà come si diffuse la voce che fosse un prete, finché un altro fondatore del Club Supermarathon, Giovanni Tamburini da Rimini (4.16 in quella Assisi) cominciò a sussurrare che era avanzato di grado, e allora per tutti fu “il vescovo Fusari”. Avrà aspettato più di venti minuti al traguardo, per salutare l’arrivo di Massimo Faleo ‘o fuggè e impartirgli l’apostolica benedizione.  

Che ricada, oggi, su quanti si sono ritrovati in questa pagina.

Giovedì, 09 Febbraio 2023 21:28

Svizzera: salta la storica Swissalpine 2023

9 febbraio – Un comunicato proveniente da Coira (Chur, Svizzera), attuale sede della leggendaria Swissalpine nata a Davos 38 anni fa, annuncia che “con grande rammarico nostro la Swissalpine Chur non avrà luogo nel 2023”. La gara, articolata su tre distanze di 86 km (+5300 D), 42 (+2650 D) e 22 km (+1400 D), con partenza-arrivo a Coira (45 km in linea d’aria da Davos, molti di più per strada o ferrovia), non si terrà per ragioni economiche: “Eravamo stati troppo ottimisti sul finanziamento da parte locale, che invece risulta molto inferiore e non tale da portare avanti un evento dalla qualità desiderata. Gli iscritti saranno totalmente rimborsati. Ma non è chiaro cosa succederà con la Swissalpine Chur; vista l’abbondanza di gare trail vecchie e nuove, gli eventi unitariamente sviluppati e sostenuti a livello regionale dovrebbero avere maggiori possibilità in futuro”.

Sono al momento confermati gli altri due ultratrail in zona: il Davos X Trail, che sotto la mitica Montagna incantata ha preso il posto della Swissalpine antica ricalcandone la data (28-29 luglio) e in parte i tracciati: di 68 km (+2600 m D), attraverso i passi classici Scaletta e Fertig ma con l’aggiunta micidiale del Fanez; di 43 km (+1400 m) senza il Fanez, di 23 (con partenza da Klosters, godibilissimo), di 10 e di gare per bambini.

E lo Swiss Irontrail di Savognin (1-2 luglio), sulla distanza estrema di 105 km (+ 6700 m D) con passaggio da Berggün (altro luogo storico di transito della classica Swissalpine), sui 50 km (+2500 – 3100 D) e 20 km (+1200 D).

Ma l’impressione, da parte di uno come il sottoscritto che alla Swissalpine di Davos c’è stato dieci volte tra il 1999 (una delle primissime gare raccontate su Podisti.net appena nato) e il 2020 (quest’ultima volta, elogiando gli svizzeri che, primi in Europa, osavano proporre una corsa in piena pandemia), è che si sia perduto lo spirito originario della Swissalpine: una gara, dura sì, ma che si poteva correre con le scarpe normali da asfalto, perché l’unico tratto che oggi si definirebbe trail era quel paio di km nella discesa dal passo Scaletta verso Davos, ormai a una quindicina di km dall’arrivo; e i 75 km (poi 78,5) erano ampiamente corribili nelle 12 ore concesse, che spesso venivano allungate per aspettare gli ultimi (ricordo da principio, con venerazione, l’ingegner Morisi da Persiceto, poi Govi, infine Micio Cenci, tra i tanti delle nostre contrade  che venivano qua). Per chi non se la sentiva, c’erano i 42 km con partenza da Berggün, e per un certo periodo ci fu perfino una seconda 42 km (C 42), ancor meno dura, e conclusa da un’accoglienza alle terme; senza contare le distanze più brevi.

Ma a un certo punto scoppiò la mania del trail, nel senso via via più hard, che significò espellere i maratoneti normali per lasciare spazio ai superatleti (magari con 49 sfumature di maniacale, ma numericamente assai più ridotti); ricordo che una volta la gara fu spostata a Samedan, località già molto più anonima, su un percorso quasi totalmente accidentato, che non piacque né a me né all’inviata di “Marathon4you”, né soprattutto ai podisti, dato che eravamo sì e no un paio di centinaia.

E a quanto pare i corridori sono calati ancor più, e in parallelo gli sponsor pubblici e i privati. Siamo davvero sicuri che il futuro della corsa sia nei sentieri EE, magari EEA con qualche ferrata e il rischio di cadere in un burrone?

Sabaudia (LT), 5 febbraio – “Si è svolta con acclarato successo la terza edizione della Maratona Maga Circe, che ha visto 1800 atleti alla conquista di Sabaudia e San Felice Circeo. … Commenta Davide Fioriello presidente della asd In Corsa Libera: Anche quest’anno tantissimi runners ci hanno scelto, giungendo da ogni parte di Italia e dall’estero e abbiamo raggiunto un risultato incredibile in un periodo ancora non propizio in termini di numeri... A dare lustro all’evento, lo spettacolo degli Sbandieratori Ducato Caetani Sermoneta che ha accompagnato gli atleti allo start ed anche all’arrivo della corsa”.

Così scrive una testata concorrente; o meglio, così si fa scrivere dagli organizzatori, per pigrizia, per campanilismo, per buon vicinato, per qualche sponsorizzazione in più.  Dopo 43 anni di iscrizione all’albo dei giornalisti, e siccome c’ero (dopo una partecipazione nel dicembre 2008 alla fu-maratona di Sabaudia) preferisco separare i fatti dagli accordi di violino.

I “1800 atleti”, guardando alle classifiche, risultano 1316: 354 in maratona, che migliora il gramo risultato covidico del 2022 (quando furono 288) ma è lontano dai 436 arrivati della prima edizione (della nuova serie, s’intende) del 2020 (il 2021 saltò all’ultimo momento per imposizione delle autorità sanitarie). Nella 28 km sono arrivati in 460, anche in questo caso più dei 295 dell’anno scorso, ma meno dei 524 del primo anno. La 13 km infine è stazionaria (502 classificati, 3 in più dell’anno scorso, ma 26 in meno rispetto al 2020.

Che siano arrivati da tutta Italia e perfino dall’estero, è vero per pochi atleti d’elite, ma per il resto si è trattato di una specie di campionato laziale, ovviamente vinto da Giorgio Calcaterra con 2:46:02, il tempo peggiore delle sue tre partecipazioni qui (aveva vinto nel 2020 stando sulle 2:43, era arrivato secondo l’anno scorso col suo tempo migliore, 2:36: segno che il livello tecnico quest’anno era decisamente inferiore); laziale anche il secondo, Dante D’Elia (Velletri) in 2:50:09, leccese il terzo, Mauro Ciccarese (Villa Baldassarri) in 2:54:56.

Due bolognesi e una laziale sul podio femminile: Maria Rosa Costa, F 40 della G.S. Gabbi col tempo amatoriale di 3:13:12 (di poco superiore a quello della vincitrice 2022); seconda Alessandra Scaccia (Frosinone Sport, F 50) a 28 secondi (pensate che io sono arrivato tra l’una e l’altra, beninteso passando al transito dei 28 km mentre loro finivano i 42!); a tre minuti (3:16:12) la terza e più giovane delle tre, la F 35 Manuela Serra della Persicetana Podistica.

Di cognomi stranieri se ne incontrano ben pochi, in maggioranza tesserati per il Centro Fitness Montello di Latina. Pochini anche i supermaratoneti che una settimana fa si erano accodati a Calcaterra sulla pista di Misano: non potevano mancare l’avvocato Paolo Reali, con cui ho corso fino al km 7 lasciandolo poi giustamente andare per il suo 4:30 finale, e il romano G. B. Torelli terzo M 65 in 4:42. Altre conoscenze di queste pagine sono l’extreme runner Daniele Alimonti (3:55), Stefano Severoni e Matteo Simone, appaiati sulle 4:30. Tra i “foresti”, l’inossidabile coppia Rizzitelli-Gargano, Paola Noris, Carolina Agabiti, Edith Ventosilla (sarà questa la “estera”, peraltro residente in Italia?); quanto a meriti sportivi, spicca la friulana Marilena Dall’Anese, prima F 55 con l’egregio 3.51:41.

Tra l’altro, questi numeri sono abbastanza gonfiati dai pacer, davvero in quantità spropositata: ho visto palloncini con segnati tempi dalle 3 alle 6 ore, anche con intervalli di 15 minuti, due o tre atleti per ogni palloncino (per le 4 ore erano due gruppetti di 3 ciascuno). Dopo la metà gara, era più alto il numero dei “pallonari” di quello dei podisti al loro seguito: sono stato alcuni km con quelli delle 4.45, due senesi senza nessuno al seguito (poi è arrivato un terzo e si è accodato qualcuno, ma a breve termine, dato che all’arrivo nel tempo prefissato non risulta nessun altro); al km 30 mi hanno passato i 3 delle cinque ore, solissimi: un “forza!” e sono filati via nella loro solitudine, e la classifica attesta che NESSUNO (nemmeno loro) è arrivato in 5 ore esatte. Continuo a dubitare dell’utilità di questi colleghi che corrono, alla fine, solo per sé: se il dogma resta quello di arrivare nel tempo esatto (che poi non lo è quasi mai), e l’eresia è quella che se rallenti due secondi a km forse puoi accompagnare qualcuno, continuerò a pensare che l’unico beneficio sia quello del pettorale a scrocco (magari con qualche altro benefit) per i pacer, e niente per gli altri salva la propaganda per la generosità degli organizzatori.

2. I quali organizzatori, generosi lo sono davvero: il massimo della comprensione per gli iscritti negli anni-Covid, la proroga del loro pettorale anche di due anni senza sovrapprezzi, l’informazione continua tramite email personalizzati, la convenzione con numerosi alberghi sia di Sabaudia sia della zona del Circeo, un paio di bus-navetta verso la stazione ferroviaria più vicina (purtroppo, non quella di Latina, dove fermano i treni a lunga percorrenza, ma quella di Priverno, solo per treni locali; e nell’inesistenza dei servizi domenicali del trasporti regionali del Lazio, i pochi foresti non automuniti hanno dovuto foraggiare i taxi).

I trasporti sono la grande pecca di questa zona redenta del Lazio: scendendo alla stazione di Latina (che dista 7 km dal capoluogo) per il centro si possono prendere solo bus targati FS, uno ogni mezz’ora o anche peggio. Peccato che a bordo non si possano fare biglietti a meno di possedere una misteriosa App, e le rivendite autorizzate in stazione siano: edicola (chiusa), proloco (chiusa), bigliettatrice automatica (fuori servizio), bar (“me spièèsce ma ho ffinito i bijjetti”). Si sale sul bus, e dopo due fermate sale il controllore: gente scende in fretta, altri si giustificano in vario modo, fioccano le multe e le maledizioni. Il controllore però ha il volto umano e spiega ai possessori di telefonino a ricarica che possono mandare un sms a un certo numero e pagando solo 1,40 sono assolti.

Il bus fa il giro del perdono: ci mette quasi mezz’ora prima di arrivare alla grande autostazione da dove partono i bus regionali extraurbani. Un’autostazione monumentale, più grossa di quella di Bologna, ma chiusa, fatiscente (guardate le foto 2-6 del servizio assemblato da Roberto Mandelli),  con le pensiline che grondano acqua anche se non piove, nessun ufficio informazioni, baracchino della biglietteria chiuso da secoli; i writers trovano il loro Louvre, si piscia nei cespugli,  nessun quadro orario, alla Cotral non rispondono al sabato; bisogna affidarsi a qualche autista a spasso per sapere che il primo bus per Sabaudia arriverà tra un’ora, ma è in ritardo di 7 minuti (che poi saranno 20), e per i biglietti si va al bar attraversando lo stradone.

Mi domando se il sindaco locale non si vergogna di una situazione da quarto mondo: la risposta è che a Latina dal 2011 l’amministrazione è stata sciolta tre volte, l’ultimo sindaco (un medico, ex calciatore di serie B, e che contribuì alla rinascita del Latina calcio) ha avuto l’elezione invalidata nel 2021 per irregolarità elettorali, è stato rieletto ai ballottaggi ma quasi subito sfiduciato (appena dopo aver rilanciato il “progetto bluff” plurinaufragato di una metropolitana dalla stazione alla città), e da quattro mesi c’è l’ennesimo commissario. Dunque non sai proprio con chi prendertela, e grazie tante che il bus ti sbarca a Sabaudia 3 ore e mezzo dopo che eri sceso dal treno a Latina: e attenzione, la domenica i buf interurbani non ci fono, come direbbe lo ftorico prefidente della reggione (non puoi prendertela più neanche con lui).

Di questa situazione di degrado nei trasporti bisogna tener conto anche nel commentare la più grave criticità di questa gara (ovviamente taciuta dalla auto-cronaca del citato sito “di informazione”): l’inadeguato servizio di trasporto da Sabaudia a San Felice Circeo (12 km) dei podisti che domenica mattina a centinaia si assiepano nel piazzale destinato alle partenze (vedi foto 24-25), e danno l’assalto ai non troppi pullman che hanno l’ordine di non partire con gente in piedi. Io, arrivato alle 8, riesco a salire su un bus alle 8,40: alle 9 sono a San Felice, alle 9,20 scendo alla partenza fissata per le 9,30, per sentire annunciare verso le 9,28 che ci sarà un ritardo di “8, massimo 10 minuti, per aspettare l’arrivo dell’ultimo pullman”. Ecco allora gli Sbandieratori di Sermoneta che continuano nelle loro stucchevoli e mistificanti esibizioni in piazza, accompagnate dai crescenti mugugni e urla dei podisti che stanno lì, al freddo, da mezz’ora o più (chissà come godeva quello a piedi nudi, foto 42-43): perché la partenza avviene solo alle 10.

Ovvio che si debba aspettare l’arrivo di tutti (ricordo una Avigliana-Torino del 1992 dove fummo scaricati dai bus cinque minuti prima del via, costretti a concimare in fretta i prati di fianco all’autostrada; ma anche una Camignada dove, all’annuncio del rinvio, la Siora Nadaìna pretese il rispetto dell’ora giusta e partì  - da sola); ma mi chiedo perché non si sia ricorso al sistema-chip, già sperimentato nel 2022 quando da San Felice si partì a scaglioni di 100. Se i rilevatori posti in partenza non erano per finta, che si facesse pure partire all’ora giusta, poi si procedesse con le waves, di prassi oltreoceano. Macché, in 1300 e passa aspettiamo lo sparo, e chi aveva il treno in partenza a una certa ora, che andasse più forte.

3. Finalmente in corsa, ci godiamo panorami che taluni immancabilmente definirà mozzafiato, specie nella discesa di circa 100 metri verticali dal borgo alto fino al lungomare, il giro attorno al promontorio del Circeo, il ritorno a S. Felice bassa verso il km 15, e dopo il passaggio ai 21,097, il lungo e suggestivo rettilineo a picco sulla costa, con vista sulle isole pontine (direi, almeno Ventotene) e la punta di Anzio. Cielo terso, temperatura che via via si addolcisce fin verso i 15 gradi, ingresso in Sabaudia sul lungo ponte (foto 44-46) dopo del quale appare un km 41 che capiremo solo al secondo giro: intanto, tutti andiamo al traguardo nella bella piazza del municipio dove si ricorda che Sabaudia fu edificata in 253 giorni nel 1935 (ma è vietato arguire che l’esecrato regime abbia fatto anche delle cose buone, guai!). Qui quelli dei 28 km (e anche dei 13) chiudono la loro relativa fatica (anche qualcuno iscritto alla 42 ammaina bandiera, la tentazione del traguardo è più forte della maga Circe per Ulisse).

I 28 km sono dominati da Fredom Amaniel (italiano!) in 1:27:50, dieci minuti davanti a due “cispadani” (come erano chiamati i nordisti negli anni Trenta), Francesco Mascherpa (Legnano, 1:37:03) e Andrea Sgaravatto (Casone Noceto). Tra le donne, Patrizia Capasso (che per gareggiare ha avuto bisogno della Runcard) fa 1:57:11, cento secondi meno di Angelina Cavaleri, poco di più per Pamela Gabrielli (1:59:20).

Nei 13 km vince Diego Papoccia in 43:23, appena 12” meno di Marco Lagona. Nettissimo invece il successo femminile di Lucia Mitidieri in 47:01, oltre cinque minuti meglio di Francesca Sabatini.

Noialtri ingloriosi peones proseguiamo verso una strada che presto diventerà in salita, poi al 35 scenderà al livello del mare, per risalire fino al km 40 sulla cosiddetta Duna di Sabaudia. Facendo la media dei due gps, il dislivello totale in salita risulterebbe di 190 metri in salita e 270 in discesa (a determinare lo sbilancio è il primo km, peraltro corso su una stradina stretta e nel gruppone, dunque con poco vantaggio cronometrico). La distanza sembra invece abbastanza giusta: un po’ più lunga nella prima metà, poi pareggiata dagli ultimi km un po’ più corti.

La strada rimane rigorosamente chiusa al traffico, e i pochi automobilisti che sgarrano sono bloccati; ottimo il servizio di controllo agli incroci (“sì, ma la protezzione civile num me risurta che se possa occupà di diriggere er trafico”, sento dire da una vigilessa piuttosto alterata), ristori regolari e, da metà in poi, forniti anche di cibi solidi. Perfette le segnalazioni, tranne nel mio caso proprio dopo il km 40, quando si rientra nel percorso incrociato tra chi viene ancora da Sabaudia e chi ci sta arrivando, separati da una transenna di una cinquantina di metri. In teoria, a fare la guardia lì ci sarebbe una coppia di segnalatori: quando passo io, li vedo seduti fuori strada, che stanno cazzeggiando al telefonino con esortazioni a dajje na menata a sta fijja. Tiro dritto, stupendomi di non vedere davanti a me quel paio di colleghi con cui avevo condiviso gli ultimi km, finché un urlaccio della coppietta di cui sopra mi richiama: alla fine della transenna, segnalato da un mezzo circolo sull’asfalto non più largo di 30 cm, ma senza nessuno a segnalarlo (a Madeira erano due!), c’era da invertire la marcia. Vabbè, me la cavo con 200/300 metri in più, l’adrenalina mi aiuterà a raggiungere due che mi avevano sorpassato, salvo che perderò per sempre la magrissima Katia padovana (più alta di me ma che denuncia alla bilancia 30 chili di meno) con cui avevo ciacolato prima; e mi raggiungerà il dottor Rizzitelli con cui taglieremo insieme il traguardo.

4. Medaglia rettangolare, ben incisa con una tipica torre di avvistamento (forse quella cui passiamo di fianco, con le scritte “zona militare – divieto assoluto di fotografie”); ristoro finale senza niente di caldo, chiuso in un sacchetto, salvo la birra alla spina offerta all’uscita; poi 200 metri inutili e penosi per raggiungere le sacche del ricambio (potrei capirlo se fossero state al coperto, ma per posarle sul selciato, si poteva anche metterle nella piazza d’arrivo).

In teoria, dopo altri 300 metri ci sono le docce, ma resta solo il tempo per una affannosa caccia al taxi, che ti scarica in stazione quando il tuo treno è già lì (e grazie al tassinaro che quando c’è il limite dei 50 va ai 60, e quando ci sono i 60 va agli 80). Il pacioso viaggio in intercity (costa poco, ma 9 ore per un Napoli-Milano vi sembra una tempistica decente nel 2023?) mi lascia il tempo di degustare la cultura del giornalone d’Italia: un titolo a p. 14 racconta di Yana “uccisa a sprangate e poi soffocata” (vile, tu uccidi una donna morta?!); tutta la pagina 17 è dedicata alle avventure erotiche di Totti e Zaniolo, mentre nel supplemento culturale una insigne studiosa dà credito a tutte le più inverosimili etimologie della parola “carnevale”, e un altro dottissimo a p. 11 si occupa di distinguere “il grano dall’oglio” (oglio di semi di zucca?). Sul supplemento del venerdì, una insigne virologa tenta di accrescere la sua audience (in netto calo rispetto al suo biennio d’oro) sostenendo che le balene, come il dodo, sono estinte (“tesoretti perduti per distrazione”, p. 33).

E’ la stampa, bellezza! E tu non puoi farci niente!, diceva Humprey Bogart.

Modena, 31 gennaio – Sulla carta era dichiarata la 49^ edizione, ma il conteggio comprende anche l’edizione 2021 (che non si fece causa Covid) e la cosiddetta Corrida dell’Angelo, corsa il 18 aprile 2022 su tracciato ridotto a 8 km e con soli 86 arrivati. Sempre per stare alle cifre, speaker e tv embedded parlavano di 700 partecipanti, quando l’ordine d’arrivo elenca 537 arrivati; deprimente il confronto con le precedenti edizioni (666 classificati nel 2018, 652 nel 2019, 670 nel 2020).

Non mi permetto di contestare le cifre fornite per i non competitivi, quelli che nei tempi andati potevano correre solo 3 km ma spesso facevano tutti i 13,4, cosa che da quest’anno è diventata lecita (cosicché i cadetti dell’Accademia, 460 secondo il tabellone, tutti col pettorale senza numero, ci hanno storditi coi loro “Allarmi! Allarmi! Allarmi ***” per tutto il giro lungo a Cognento e ritorno).

Insomma, i non competitivi sarebbero tremila (verrebbe da dire: per i sindacati), la metà o giù di lì a giudicare dal colpo d’occhio all’ora di partenza: a tarda sera già qualche media ridimensiona “gli altri” a 2000, e sommando le classifiche delle prime 20 società esposte all’arrivo (tra cui l' "IMPS Firenza" del sempre presente Fabio Marranci), si arriva a 1200, inclusi i competitivi e i 460 futuri ufficiali. Carta canta vilàn dòrum, si diceva da queste parti, ma il sito ufficiale continua a scrivere  che la Corrida è "vissuta ogni anno dai 6.000 partecipanti e da migliaia di spettatori che la vivono sulle strade di Modena".

Lungi da me parlar male della Corrida (con quella di oggi, ne ho corse 39, e a parte Giuseppe Cuoghi ed Elvino Gennari vorrei vedere chi ne ha fatte di più), ma le sparate mi danno fastidio da qualunque parte provengano, anche dagli amici: d’altronde, a Modena fino a qualche anno fa si faceva una corsa a novembre dopo della quale i giornali titolavano “la carica dei diecimila” quando per strada eravamo sì e no duemila, ma non si poteva dirlo perché sulla base delle cifre gonfiate venivano dati premi in denaro ecc.

E’ ovvio che una gara programmata in un giorno feriale (salvo per la festa patronale di città) non possa sperare troppo nemmeno dalle località della provincia, dove si lavora o si va a scuola: sempre per citare la mia esperienza di lavoratore fuori sede, di Corride ne ho saltate parecchie dovendo timbrare il cartellino fuori provincia, o qualche volta le ho disputate sbarcando dal treno e andando direttamente alla partenza. E in ogni caso, alla Corrida dovevo iscrivermi per i fatti miei perché la mia società di allora, non essendo di Modena città, non veniva.

E questo credo accada anche oggi, quando oltretutto il prezzo non proprio economico (15 euro per la competitiva, 5 per l’altra, cioè il doppio dei prezzi correnti normalmente in zona) distoglie molti modenesi dal partecipare o perlomeno dal pagare la quota (tutti gli anni dopo la gara faccio una chiacchierata con un alto dirigente della Fratellanza, che ogni anno mi dice: uno su due non ha il pettorale, l’avranno tutti lasciato nella borsa?). Dipenderà poi da motivi economici se quest’anno, per la prima volta, non ho visto africani (nel senso di keniani, etiopi e dintorni), cosicché lo speaker Brighenti (un altro che di edizioni, se non ne ha fatte 49, poco ci manca) esultava nel dire che con la vittoria di Iliass Aouani i successi italiani hanno raggiunto quelli del Kenia. Da arcidilettante che abolirebbe gli ingaggi, privatamente gioisco, e passo ai risultati.

Vittoria assoluta dunque per l’italiano di origine marocchina Iliass Aouani, allenato da Massimo Magnani, col buon tempo di 38:26; a un minuto e 5 secondi è giunto il valdostano campione del mondo di corsa in montagna Xavier Chevrier, già terzo nel 2020 con un crono leggermente superiore a oggi (ma quest’anno le condizioni climatiche erano davvero ottimali, sole, circa 10 gradi, niente vento). Terzo, sebbene staccato di quasi un minuto da Chevrier, è un’altra celebrità, il pavullese campione italiano di maratona Alessandro Giacobazzi, che ha prevalso quasi allo sprint su Mustafà Belghiti e Ahmed Ouhda.

Tra le categorie, accorpate ogni 10 anni anziché i canonici 5, noto il primo posto M 35-40 di Andrea Soffientini in 40:39, il primo M 45-50 di Gianluca Pasetto in 45:58, il primo 55-60 di Luca Gozzoli, il sindaco prediletto da Franco Bragagna, in 48:31.

Altra vittoria assoluta di un’esordiente in campo femminile, con la torinese (ma di residenza modenese) Elisa Palmero, 23enne già protagonista alla Cinque Mulini di poche settimane fa: suo il tempo di 44’57” che le vale un 31° posto assoluto. Due minuti alle sue spalle è giunta una ragazza di casa Fratellanza, Giulia Cordazzo, che ha chiuso la sua prima Corrida in 47’ netti, precedendo di quasi un minuto la reggiana Barbara Bressi, più anziana e infatti prima della categoria F 35-45. Tra le vincitrici di categoria femminili cito la veronese Barbara Trazzi, prima F 50-60 in 55:39, tre minuti meglio dell’indomita plurititolata bolognese Monica Barchetti.

Ho già citato Elvino Gennari, “Passatore” ad honorem, che a più di 75 anni termina in 1.15, e il suo coetaneo Giuseppe Cuoghi che con 1.38:44 lascia tre competitivi dietro di sé. Ma la vera sorpresa a questi livelli “umani” la darebbe Paolo Giaroli, il reggiano che con 1.08:17 di tempo ufficiale risulta aver inflitto quasi 7 minuti al cugino Angelo (il quale a sua volta mi supera inesorabilmente negli ultimi due km). Ma Paolo è un galantuomo e si preoccupa subito di informare l'organizzazione: si è ritirato per un'indisposizione e non ha tagliato il traguardo, chissà che l'etere non abbia trasmesso i droplet del suo trasponder a meno di metri 1,82 dal tappetino... E' salvo anche l'onore di Angelo.

Brava anche la “Teidina” Elisa La Barbera, che seppur col pettorale non competitivo mi arriva davanti, incoraggiata dal marito Dino che, dopo aver chiuso in 54 minuti, torna indietro e rifà gli ultimi 500 metri con la dolce metà. Sono le cose più belle di una corsa che sospireremo per un anno intero.

Misano (RN), Circuito S. Monica “Marco Simoncelli”, 29 gennaio – Ieri il “Sic”, deceduto sul circuito di Sepang nel 2011, avrebbe compiuto 36 anni, e ieri il Club Supermarathon Italia l’ha ricordato (alla presenza del padre Paolo) nella consueta assemblea e cena annuale. Oggi l’ha festeggiato sportivamente con una 58 km sul circuito a lui intitolato, 58 come il numero che lo scomparso portava in gara.
Sono stati 508 gli atleti competitivi classificati nelle tre gare (oltre alle 58, la tradizionale maratona e la mezza maratona), più alcune centinaia di partecipanti alla Junior Run, gara non competitiva nella quale bisognava correre o camminare per almeno un giro di pista (4200 metri).

Ristretto a 20 il numero dei partecipanti alla prima delle 15 prove del Challenge sulle 8 ore, che proseguirà a Terni fra tre settimane e si chiuderà poco dopo Capodanno 2024 a Forte dei Marmi. La classifica è stata pubblicata lunedì pomeriggio: https://www.icron.it/live/classifica/20222356/CHALLENGE/tipoVis=ASS

Ha stravinto Alessio Malena, M70 dei Bergamo Stars con oltre 81 km, ma ancor più sorprendente è il secondo posto assoluto della F50 Svitlana Saico con 76 km, 5 in più del secondo uomo (1° M60) Piergiuseppe Bassani, che a sua volta precede la seconda donna (prima F65) Albarosa Fiore che ha sfiorato i 68 km. Primo fra gli M50 ritrovo il mio rivale dell'ultimo dell'anno a Classe, Elvis Tasca, con 60,8 km; mentre a 59 arriva Franco Schiazza, organizzatore della 50 km del Gran Sasso; a 56 il bolognese Leonardo Manferdini (premiato il giorno prima come recordman 2022 del Club), che precede di 21 metri (sic) Maria Grazia Caroli, altra premiata per meriti supermaratonici. Chiude la lista, con "soli 47 km, il foggiano-transfuga barlettano Massimo Faleo, che come consigliere del Club e corresponsabile delle convenzioni pare faccia migliaia di km l'anno (non a piedi, suppongo) tra l'una e l'altra gara.

Sui 58 km, 154 classificati di cui 28 donne. Vittoria assoluta al forlivese Matteo Lucchese (Atl. Avis Castel S. Pietro), in 3h41’31. Secondo posto in 3h54’04 per Alessio Gazzo (Polisportiva Thema Energia), campione italiano in carica sulla distanza delle 24 ore, terzo Alessio Grillini (Liferunner) in 4h09’18. Solo una quinta piazza (dietro Mattia Santarelli) per Giorgio Calcaterra, presenza ormai abituale alle manifestazioni del Club in 4h16’12” che comunque gli vale il primo posto tra gli over 50. Piuttosto staccato il britannico Adam Holland, presentato alla vigilia come uno dei favoriti e invece 46° in 5.20 (poco davanti alla minuta Astrid Gagliardi dei Bergamo Stars). Presenti anche Mauro Firmani da Castelfusano, vulcanico e simpatico conducator delle Marathon Truppen, che qui si è allenato sulle ripetute chiudendo in 6.41; l'avvocato Paolo Reali, con folta barba ma senza telecamera frontale (7.07)e Daniele Alimonti, protagonista di gare su distanze estreme (7.20).
Nella 58 km femminile si è imposta la bella Eleonora Rachele Corradini (Grottini Team Recanati) in 4h28’05, 22 minuti davanti alla carpigiana Silvia Torricelli (Tricolore Sport RE), seguita dopo altri 5 minuti da Samantha Graffiedi (S.P Seven). All’insegna del “Piano ma Arriviamo”, in 7.46 è giunta la peruviana Edith Ventosilla Shaw, seconda F 60 dietro la novarese Carla Ciscato, dinamica segretaria del Club (alla quale con una battuta potremmo chiedere se non si cresce gli anni, dato che de visu ne dimostra almeno venti di meno della sua età 'federale').

173 (di cui 34 donne) i classificati della maratona. Vittoria assoluta di Riccardo Vanetti (Podistica Pontelungo Bologna) in 2h29’55, secondo Luigi Pecora (Liferunner) in 2h45’19, terzo Paolo La Placa (Maratoneti Cittadellesi) in 2h46’00. Quarto l’ex azzurro Alberico Di Cecco in 2.51:55. Da notare il primo posto M 60 del Gamber de Cuncuress Paolo Solfrizzo in 3.47; il primo M 75 del toscano Leandro Giorgio Pelagalli in 3.49. Stanno sotto le 4 ore due nostre vecchie conoscenze come Paolo Fastigari da Concorezzo e Giovanni Baldini, quest’ultimo in partenza per il Terminillo (Relive 'RAS DASHAN CON L'IMPERATORE') come preparazione a un lungo trekking in Nepal. Quasi a chiudere il gruppo, in 6.23 è arrivato Ol Sindic Marco Simonazzi, prossimo all’ennesima laurea e all’organizzazione della “sua” maratona di Curtatone e Mantova, a metà maggio.
Tra le donne, solita vittoria della riminese Federica Moroni (G.S. Gabbi), altra habituée di questi raduni, che ha chiuso quinta assoluta (e prima cinquantenne, maschi compresi) con 2h52’20. Secondo posto per la romena Liliana Virlan (Running Team Mestre), staccata di oltre mezz’ora (3.25), terza Elena Donati (Rimini Marathon) che accusa un distacco di quasi un’ora dalla vincitrice. Serrata la lotta per il successo tra le F 60, dove M. Cristina Borgoncino ha prevalso per 47” su Laura Failli.

A imporsi nella mezza maratona su 171 partecipanti (di cui 41 donne) è stato Jacopo Boscarini (Atletica Grosseto Banca Tema) in 1h09’30, secondo Enrico Bartolotti (Liferunner) in 1h10’12, terzo Giusto Simone (Avis Castel S. Pietro) in 1h10’34. Nella prova femminile successo incontrastato della simpatica modenese F 45 Sonia Del Carlo (A.S. La Fratellanza 1874) con il tempo di 1h27’10, nettamente sulla F 50 Barbara Cimmarusti (Grottini Team Recanati), 1h33’45; terza Licia Piccinini (A.S.D. Dinamo Sport, F 50) in 1h34’38.

A Paolo Simoncelli è stato devoluto l’intero incasso della Junior Run, per la Fondazione intitolata al figlio Marco.

Il Club Supermarathon si volge ora verso i prossimi appuntamenti, la 24 ore di Torino del 25 febbraio, poi la Fano Supermarathon del 5 marzo; e a proposito di Fano, sopiti i dissapori tra sindaci confinanti, è confermato lo svolgimento della Barchi-Fano a inizio maggio.

https://www.icron.it/newgo/#/classifica/20222356

 

Funchal / Madeira (POR) 22 gennaio – Quasi agli estremi occidentali dell’Europa, anzi, geograficamente in Africa sebbene Madeira sia saldamente portoghese, si è disputato il campionato europeo master, cioè over 35: gara secca, cioè non abbinata alle altre gare cosiddette “no-stadia”, e invece curiosamente accoppiata alla maratona di Madeira (ovvero, “Maratona do Funchal” dal nome della capitale dell’isola, entro il cui distretto si è corso).

La prima curiosità viene dal fatto che le due maratone non sono state corse “insieme”, almeno in teoria, ma gli iscritti al campionato (poco più di 200) sono stati fatti partire 5 minuti dopo gli altri, grosso modo altrettanti 200.

E’ facile intuire che in breve ci siamo mescolati, anche se durante la corsa eravamo distinguibili per i pettorali di colore diverso e i colori delle rispettive nazionali indossati da chi gareggiava per il titolo europeo, che infatti è stato assegnato anche a squadre per somma dei tre tempi migliori. Però era un po’ strano che, almeno nella prima metà della gara, il cameraman ufficiale (issato sul cassone di una decrepita “Ape” Piaggio) precedesse il primo, che era il capintesta dei (detto in modo approssimativo) “non competitivi”.

Siccome tutti eravamo dotati di chip, non vedo la necessità di separare i due gruppi, a parte gli espletamenti di rito per il secondo gruppo: ridottisi peraltro a una spunta sul pettorale con l’indicazione della categoria, e a una posizione nel “recinto” arretrata di 20 metri rispetto agli altri. Un altro adempimento, probabilmente imposto dalla Federazione Europea, è stato lo spostamento del luogo di partenza, pare per questioni di altimetrie dal momento che l’arrivo, presso il porto e il Museo CR7 (nome di cui qualcuno si vergogna, ma che induce giornali e tv portoghesi a seguire perfino il calcio del medio Oriente) era appunto a livello del mare, mentre la partenza avveniva una ventina di metri più su.

Solo che Madeira, un autentico paradiso terrestre, probabilmente la più bella di tutte le isole atlantiche, è in sostanza un vulcano venuto su da un fondale di 5000 metri, e si fa fatica a trovare un chilometro di strada che sia pari (per chi ha fatto quell’esperienza, immaginate di correre a San Marino): risultato, i due gps con cui ho corso danno un dislivello complessivo oscillante dai 330 ai 345 metri di salita; certo, la discesa era un po’ di più, ma non credo proprio che in questa maratona si venga per fare il record.

Della distanza effettiva parlo dopo, ma sta di fatto che (a parte alcune segnalazioni chilometriche sull’asfalto, cancellate all’ultimo istante) nel secondo circuito che abbiamo corso, dopo il km 32, c’erano ben tre giri di boa con tanto di rotatorie disegnate, ma una arcigna signora di guardia ci ha sempre costretto a scegliere la svolta più lontana, almeno 300 metri in più, per tre volte. Che fosse una soluzione abbastanza estemporanea l’ho capito dalla collocazione del tappetino chip (che nell’ultimo giro coincideva col km 41) a valle della rotatoria più vicina, e non, come sarebbe stato logico, nel punto più lontano.

E’ possibile che qualche corridore abbia accorciato, oppure si sia autoridotto il numero dei giri (quattro nel circuito “alto”, di quasi 7 km, e tre nel circuito lungo il porto, di circa 3 km), e male gliene è incolto, perché le classifiche segnano un quarantina di squalificati o (più pudicamente) DNF, evidentemente entrati nella lista nera dei giudici con taccuino, oltre a quelli che avranno saltato qualcuno degli almeno 20-22 tappetini chip.

Devo dire che i giudici, a parte la signora arcigna di cui sopra, sembravano molto attenti e informati, perché ad ogni mio passaggio facevano segno con le dita di quanti altri giri dovessi compiere. Solo uno, alla fine del circuito “alto”, cioè quando bisognava o completare il quarto giro oppure scendere verso il mare per gli ultimi tre, mi ha chiesto quanti km avessi fatto; gli ho risposto 23 e allora mi ha rimandato per il travaglio usato, il solto giro insomma (cosa che peraltro già sapevo). E al penultimo giro “basso”, quando il traguardo era appena 50 metri a destra, un giudice – pensando chissà cosa – mi ha fatto segno “1”, al che gli ho risposto, non dirò come Fabrizio Quattrocchi ma quasiquasi, “vi faccio vedere come un italiano sa essere onesto”.

Il sole picchiava già forte, in questa isola dove è sempre primavera e i 19 gradi sono garantiti tutti i mesi, e le patate maturano tre volte l'anno, e non c'è bisogno di seminare né coltivare perché tutto nasce da sé, compreso il pitanga - un misto tra pomodoro prugna mandarino e altro ancora-; la gola era secca, le sugosissime arance dei ristori erano terminate nell’ultimo tavolo del km 41, però i tre km finali li ho rifatti, con orgoglio, anche se agli 8’ e passa a km, e nemmeno sono riuscito a raggiungere il prodigioso svizzero Gregorio Sablone (M 85): che al traguardo mi ha chiesto se avevo visto il suo quasi-coetaneo Angelo Squadrone.

Sempre al traguardo, troppo premurosamente la mia consorte mi ha pregato di controllare se fossi a premio di categoria: seeh, il primo della mia Altersklasse, il polacco Tadeus Jaszek, aveva finito in 3:28, battendo di 12 minuti un tedesco (io è meglio che mi vada a nascondere).

Riavvolgiamo il nastro, come dicono tanti giornalisti oggi che i nastri (VHS, per non dire dei Geloso) non esistono più da un ventennio: torno alla partenza, stabilita in un luogo piuttosto scomodo da raggiungere, per giunta di notte, con l’organizzazione che indicava le fermate dei bus utili (ma anche i bus erano stati deviati causa maratona).

Quando sono sul luogo, un’ora prima, stanno appena cominciando a montare le strutture di partenza (arco, fili del chip, un minimo di stand per la consegna borse); si vedono pochissimi podisti aggirarsi infreddoliti per l’area, non c’è un bar o una struttura qualsiasi aperta per avere qualcosa di caldo, e nemmeno una tenda o un luogo riparato per cambiarsi. A un certo punto arriva un camioncino per lasciare le borse, che saranno poi portate al traguardo, circa 3 km di distanza.

Si parte, in due scaglioni come detto, e dopo 500 metri in salita si entra nel circuito alto, come detto da fare 4 volte. “Schon dreissig?” esclama ironicamente un tedesco vedendo il cartello del km 30 dopo tre minuti scarsi di gara: in effetti, il tracciato mette puntualmente in sequenza tutti i nostri km, e ci aggiunge pure quelli della mezza (che partirà un’ora dopo noi, da un altro punto, come pure la 8 km, inserendosi nello stesso giro ma con misurazioni ovviamente diverse).

Basta saper distinguere, e non demoralizzarsi troppo quando vedi il km 28 e pensi che a quello sono arrivati quanti ti hanno doppiato, mentre tu sei ancora al 21. Le pendenze sono discrete con una specie di picco alla giravolta del km 6/13/20 (una rotonda col monumento all’operaio): solo lì vediamo il traffico auto, contenuto però a distanza, e per tutta la gara non saremo mai disturbati dalle macchine salvo pochi attraversamenti ben regolati dai numerosissimi vigili.

Puntuali i ristori, muniti di acqua, idrosalini, arance e banane; niente spugnaggi invece, due toilette mobili e quattro controlli chip a ogni giro alto, due a quello basso.

Dopo quattro giri, come anticipato (due per i mezzimaratoneti), discesona rettilinea verso la zona a mare della città vecchia (sistemata benissimo, bella da vedersi, meno per i ciottoli da calpestare, che ci faranno cercare i marciapiedi), che ci dà il benvenuto col segnale del km 32, dopo di che con qualche altra giravolta cominciamo a transitare in zona traguardo per il circuito basso, di 3 km e qualcosa, con quella già citata triplice zona di inversione.

A proposito di chilometri, non so voi, ma i miei due Gps non sono per niente d’accordo con la misurazione ufficiale: uno addirittura supera il km in più arrivando a 43,6; l’altro più modesto si ferma a 42,8, che sembra la valutazione più gettonata dai cronometri dei podisti. Devo però aggiungere che almeno uno dei concorrenti italiani mi assicura che il suo Gps dà 42,2 esatti.

Tempo massimo di 6h30, alla portata di quasi tutti, arrivo abbastanza confortevole, con altro ristoro e perfino due brandine per massaggi (con una discreta fila d’attesa). Ma ai più basta sedersi sulle panchine vista mare e godersi questo splendido mezzogiorno di primavera avanzata, mentre nel palco a fianco si susseguono le premiazioni della 21 (con quasi 600 arrivati di cui 180 donne) e della 42.

Ma anche la 8 km era competitiva (s’intende, senza le fisime sui certificati medici e tesseramento che strozzano il nostro sport) e ‘chippata’, con classifica finale per circa 480 podisti di cui 220 donne: hanno vinto il portoghese 34enne Bruno Silva in 29:09, quasi due minuti sul secondo, e la tedesca cinquantenne Miriam Paurat in 33:40, appena sei secondi sulla portoghese Joana Pinto: c’erano anche una ventina di italiane, la più veloce risulta Monica Fumagalli con 49:25; tra gli uomini, Piero Ferrari, 71enne capace di 48:52.

Due portoghesi si sono aggiudicati la mezza, con tempi di rilievo data l’altimetria: Ivan Nunes (1984) 1.11:28, due minuti e mezzo sul secondo, l’ucraino Oleksander Choban (1987). Miglior italiano Gianluca Barbero (1973) in 1.27:07.

Tra le donne, dominio di Joana Soares (1993) con 1.20:54, e 9 minuti sulla seconda, la coetanea e connazionale Alexandra Oliveira; che per un soffio toglie l’argento alla nostra Anna Zilio (1986), terza in 1.29:37.

https://podisti.net/index.php/classifiche/16636-mezzamaratona-di-madeira.html?date=2023-01-22-00-00

Ed eccoci alla maratona, anzi, le maratone: il primo assoluto, e campione europeo M 35, è l’inglese Jack Nixon, 2.27:59, davanti al primo M 40, Edgar Matias portoghese, 2.29:15. Ma terzo assoluto è il polacco Maciek Miereczko in 2.30:52, salvo che questi non è iscritto al campionato e deve accontentarsi di vincere la  gara “normale”.

Tra le donne, prima assoluta e campionessa europea W 40 è la spagnola Maria Mercedes Pila in 2.52:11, dieci minuti meno della seconda, e campionessa W 45, la rumena Nicoleta Ciortan.

La prima dell’ “altra” lista è la svedese Lisa Ring, che col suo 3.06:02 si piazzerebbe quinta nella ipotetica classifica assoluta. Prima italiana delle non ‘europee’ è Irene Crocini, W 40, 4.16:34; tra gli uomini, Roberto Cimarosa, 3.12:07: 19 complessivi i connazionali presenti nella graduatoria.

Ma torno agli Europei per segnalare Mauro Gagliardini, campione continentale M 55, 18° assoluto in 2.46:06, e Francesco Berardi, 8° nella stessa categoria in 2.59:42; con Roberto Esposto, 3.12:59, l’Italia ottiene il bronzo a squadre nella categoria.

Bronzo anche tra gli M 60 (Maino-Bianconi-Ponti), mentre Pasquale Iezzi è bronzo individuale M 65 in 3.20:48; Roberto Curletto, argento M 75 in 4.04:22. Unica connazionale in questa gara, Patrizia Negri, quinta W 60 che finisce in 4.43:39.

Sedici in tutto erano gli italiani, settima nazione come numero di partecipanti al campionato, dietro Portogallo, Germania, Inghilterra, Romania, Spagna, Svizzera (da notare anche gli 8 finlandesi e 5 svedesi). Peccato per gli altri 19 che erano iscritti alla gara e non al campionato. Tra questi però merita speciale menzione Giuseppe Fazio, meglio noto come “don Pino”, parroco di Curinga in Calabria, classe 1970, che ha corso la sua maratona in 4.57:39, e al termine è venuto nella splendida cattedrale di Funchal a concelebrare la messa delle 18. È un altro dei “preti sempre di corsa”, dei quali i nostri lettori sanno tante cose, e che possiamo vedere nell’ovale in alto della foto di copertina. Oltre che nel video da lui girato in corsa:

https://m.youtube.com/watch?v=H3M7rpEJBqk

E altri italiani a Madeira hanno posto la residenza: tra questi, vorrei citare un non-podista, Antonio Giordano (al centro nella foto ovale in basso), ligure trapiantato qua da 12 anni, che ha “curato” in maniera particolare il mio gruppo, non solo per compiti istituzionali come prenderci e riportarci all’aeroporto, e accompagnarci in zona partenza la mattina della gara, ma soprattutto guidandoci in un lungo periplo dell’isola, che ci ha descritto pietra su pietra, frutto su frutto, fiore dietro fiore. Se vorrete amare Madeira come da ieri capita a noi che c’eravamo, cercatelo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e non resterete delusi.

Qualche settimana fa un nostro lettore ci ha chiesto se riuscivamo a recuperare la classifica della seconda Maratona di Assisi “Millennium for peace”, la corsa che concluse l’anno del Giubileo (cominciato il 1° gennaio con la maratona partita da Piazza San Pietro sotto la benedizione del papa sportivo Giovanni Paolo II), e purtroppo chiuse anche l’esperienza delle maratone nella città di San Francesco.

Abbiamo già rievocato due volte la prima, del 1999: https://www.podisti.net/index.php/commenti/item/5516-vent-anni-fa-un-millennium-tra-assisi-e-roma.html#!Milesi_Davide_2011_Foto_Roberto_Mandelli_920x460

https://www.podisti.net/index.php/commenti/item/8174-ultimo-dell-anno-di-grazia-1999-assisi-in-maratona.html

La ripresa è programmata per il 2023 (https://sanfrancescomarathon.it/), ma è già stata rinviata più di una volta: ragione per cui questa classifica (ancora stampata su carta e spedita per posta ai partecipanti, con l’affrancatura in lire), recuperata nell’archivio dello scrivente, è un autentico documento storico che ci fa rivivere il podismo di un quarto di secolo fa, quando una maratona collocata in una data e una località sicuramente scomoda riusciva a cumulare 762 arrivati, tra cui 93 donne.

Le classifiche d’epoca sono appunto separate per genere, e solo mettendole insieme si ricostruisce qualche coppia che corse in società, o qualche maschietto che ‘spinse’ la sua collega o amica. Tra le donne vinse l’allora giovanissima Sara Ferrari, figlia di tanto padre, ma di cui oggi è difficile trovare tracce dirette (attenzione all’omonimia con una ragazza del 1999, velocista tesserata Guastalla-Reggiolo). Ma grazie all’archivio Fidal (e alla consulenza di Michele Marescalchi) recuperiamo la nostra Sara, ferrarese del 1977, tra il 2000 e il 2002 tesserata per la Maratona di Torino, accreditata solo di un 2.49:35 alla maratona di Ravenna del 2005; aveva però vinto anche a Vigarano 2004, e prima aveva corso la maratona di Milano del 2002. Quella vittoria di Assisi la proiettò in nazionale, alla maratona dei mondiali di Edmonton in Canada del 2001 dove arrivò 26^ in 2.36:07 (ma a 19 anni, nel 1996, era arrivata 10^ nei 5000 ai mondiali giovanili di Sidney).

Bene, ad Assisi la Ferrari, con 2.48:42 (media dei 4’ a km: ricordo a chi non c’era che gli ultimi km della maratona raggiungevano il centro storico con una salita impegnativa), superò di 37 secondi l’ucraina Galina Zhulyeva, classe 1966, che nel marzo precedente aveva registrato un 2.34:35 alla maratona di Barcellona, suo personale, come pure rimase imbattuto il tempo di 1:12:42    segnato alla mezza di Gargnano (ITA) tre mesi prima di Assisi.

La Zhulyeva, che nel 1998 e 1999 aveva vinto a Cesano Boscone con 2.37:21 e  2.34:50, continuò a eccellere per molti anni: vinse a Ravenna nel 2002 con 2.44:49 (davanti alla “nostra” Antonella Benatti, che pure ad Assisi 2000 era arrivata quinta in 2.54:01), a Lubiana nel 2003 in 2.38:13 (maratona, ahinoi, in cui quinto uomo si piazzò tal Roberto Barbi), e ancora a 44 anni registrò un 2.44:10 a Vigarano.

Il podio di Assisi 2000 fu completato con 2.51:42 da Margherita Grosso, piemontese del 1964, allora tesserata per la Fiat Sud Formia, che a 42 anni, nel 2006, era ancora capace di 2.57 alla maratona di Firenze, e nel 2019, come F 55, ha toccato per due volte 1h36 nella mezza.

Ma lasciando stare altri nomi illustri (ho detto della Benatti, che in quella gara ‘trascinò’ anche il cognato Luca Salardini verso un grandioso, per lui, 3.23:21), mi lascio andare allo scorrere della classifica, che all’8° posto vede la modenese/reggiana Monica Bondioli, che in quegli anni aveva vinto le prime due edizioni della maratona di Pisa, e qui precedette di poco (3.02 contro 3.07) l’ultramaratoneta lecchese Monica Casiraghi, iridata dei 100 km e più volte trionfatrice alla mitica Swissalpine di Davos. Appena dietro, due veterane, prime della F 45, la piemontese M. Grazia Navacchia e la milanese di origini emiliane Chiara Boschini.

Poco più giovane la romagnola M. Luisa Costetti, classe 1961, seconda F 40 in 3.29; il futuro marito Enrico Vedilei è arrivato in 2.42, 13° assoluto e secondo M 35; la sorella Franca la segue a mezz’ora, ma il di lei futuro coniuge Ivano Folli ha concluso con Maria Luisa in 3.29.

Un quarto d’ora dopo arriva un altro pezzo di storia del podismo, la milanese di Cernusco Rita Zanaboni, protagonista di tante gare (a fine 2022 supererà le 550 maratone e ultra!), preceduta di poco da un’altra futura aderente al Club dei supermaratoneti, la 36enne riminese Tea Lombardi (nel 2022 raggiungerà le 178 maratone).

Più avanti con gli anni è Renata Cecchetto in Grillo, vicentina del 1950 trapiantata a Bolzano, e che conquisterà il record di più maratone corse in un anno da una signora (35, se non erro, più o meno alla pari col record maschile di William Govi): finisce in 3.52, due minuti meno di un’altra veneta, Daniela Lazzaro, del ‘53. Il giovane marito di Renata, Marco Grillo, militare classe ’67, è stato un pelino sotto le 3.10.

Ma adesso tocca alle modenesi, o meglio carpigiane, sfilare sotto lo striscione: Lorena Losi in 3.58 (suo figlio Daniele Orlandi è arrivato in 3.44), meno di due minuti più tardi arriva Lorella Zanella, veneta trapiantata a Carpi, che purtroppo una decina d’anni dopo ci sarà strappata da un male inesorabile; in 3.54 aveva finito il suo compagno Franco Venturi. L’infornata prosegue, quasi che si fossero messe d’accordo, intorno alle 4.02 con Daniela Montanari, graziosa tabaccaia riccioluta della Podistica Madonnina, scortata dal fidanzato Fabio Roccato (il “keniano bianco” della Madonnina, capace di 2.40 quando “tira”); e Piera Zaldini, altra carpigiana (di Budrione), allora prof di matematica alle superiori, oggi medico ospedaliero: suo marito Tommaso Minerva, cofondatore e mente informatica di Podisti.net, ha finito in 3.52.

Poi altre due signore modenesi: in 4.07 arriva, insieme al suo abituale accompagnatore Giorgio Anceschi, Paola Martello, poi in 4.24 Daniela Gianaroli (che ha già cominciato a correre i suoi dieci Passatore). Hanno un piccolo pezzo di vita in comune: Daniela è originaria di un paesino dell’Appennino dove, qualche anno dopo, Paola stabilirà la sua oasi di serenità.

Anche Carmela Dondi è modenese, per l’esattezza di Castelfranco, e conclude la sua fatica in 4.33 (il marito “Fabietto” Setti ha chiuso in 3.53).

Ma l’ultima pagina della classifica è un altro libro di storia: i capelli rossi della fiorentina Ilaria Razzolini chiudono in 4.43, più o meno allo stesso ritmo delle maratone che Ilaria correrà ancora vent’anni dopo, quando si dedicherà ad accompagnare l’amica Chiara. Due minuti dopo arriva la padovana Natalina Masiero, che presto diventerà una specialista di trail rischiando le ossa sulle alture di mezza Italia come ben sanno i lettori di questo giornale. Mentre con 5.08 arriva Angela Gargano, una quasi-quarantenne barlettana che sta posando le prime pietre del monumento fatto di 1000 maratone concluse col marito Michele Rizzitelli entro il ventennio che verrà (ad Assisi 2000, Michele è arrivato esattamente un’ora prima di lei).

Invece ha già 61 anni, ma tanta storia con sé (e cinque figli), Eleonora Bottazzo, trevigiana-pavese classe 1939, che qui finisce sotto le 5.15, qualche anno dopo si aggiudicherà il primo posto F 65 alla prima maratona di Vercelli, e nel 2011 arriverà a 125 maratone.

Sono sicuro che tante altre, qui non nominate, hanno dentro di sé storie da raccontare; e così sarà per i maschietti, dal vincitore Calvaresi in giù, di cui ci occuperemo alla prossima puntata.

San Vittore Olona, 15 gennaio – Entrando in paese per la storica strada del Sempione, il cartello che annuncia l’ingresso sottotitola ai/alla Cinque Mulini, la principale, forse unica bellezza paesaggistica del luogo (ma suggestivi sono anche il vecchio birrificio, oggi spazioso e amichevole ristorante, e la vecchia fabbrica tessile dei Visconti di Modrone, probabilmente anche antichi proprietari del mulino oggi Meraviglia) oltre alla cattedrale che compie 100 anni esatti.

Nessun dubbio che la campestre (ovvero cross) dei Cinque mulini sia la più antica, arrivando alla 91esima edizione: onore al Campaccio e al suo inventore Livio Mereghetti, di cui ricorre l’anniversario della morte in questa vigilia della 91^ Cinque Mulini, ma appunto ci sono 25 edizioni, un quarto di secolo di differenza. Poi, molto bello l’accordo tra le due gare per un’iscrizione abbinata a soli 20 euro per noi amatori (altrimenti, 12 per la singola, con un pacco gara non disprezzabile, integratori vari, maglia o calze a scelta, e una bella medaglia di finisher): buoni rapporti tra vicini, con lo stesso hotel che serve da campo-base per la mia società e non solo. E se per quanto riguarda le gare assolute internazionali, siamo più o meno pari quanto ad arrivati, intorno ai 140, per gli “amatori” la Cinque Mulini non ha rivali, avendo raggiunto i 600 classificati contro i 450 del Campaccio: quasi mostruoso il contingente dei 295 partiti nella prima batteria riservata agli over 50, e se posso fare un critica, la salita sull’argine dell’Olona, dopo poche centinaia di metri, ci ha costretto praticamente a fermarci in attesa che chi stava davanti finisse di salire quei tre metri verticali, appena un zinzino scivolosi, lasciando spazio al nostro turno.

Come avete capito, io non ero tra i 450 ma tra i 600, e tra le tante ragioni che mi hanno portato a questa scelta (legate al calendario personale) quella forse decisiva me l’ha fornita la presenza di Roberto Mandelli, i cui due cannoni fotografici alla Cinque Mulini sono sempre ben graditi (come quelli di tanti altri fotografi, professionisti e dilettanti) mentre all’altra corsa potrebbero entrare solo dietro schedatura, identificazione, battesimo cresima e obbligo di non pubblicare più di 30 foto perché la Premiata Ditta deve lucrare sui 450. La tradizione di queste parti, da Carlo Porta a Dario Fo, da Cochi& Renato (Puli puli pulipù fa il tacchino…) a Jannacci e Beppe Viola, usa il simpatico invito “va a dà via i ciapp”; non lo faccio mio, ma a me i regimi di esclusiva non piacciono, e spendo i miei soldi in altro modo che intasando l’hard disk di foto che non guarderò mai più.

Eccomi dunque il sabato (dopo bei passaggi a casa Testori di Novate, al santuario della Madonna di Saronno, e perfino a Desio, rimpiangendo di non avere un’allenatrice come Emanuela Maccarani che mi facesse dimagrire) all’albergo-quartier generale di San Vittore, dove Mandelli mi fa trovare persino le sue scarpe chiodate tacco 12, casomai volessi cimentarmi. Ahi ahi i due mignolini (ho una mezza misura in più di piede), magari sento se il mio calzolaio le mette “in forma”.

Segue, nella piazza davanti al Duomo, la presentazione degli atleti più talentuosi, puntualmente descritta dall’alto della scala mandelliana, ai cui piedi si assiepano tutti i più bei nomi del giornalismo sportivo lombardo, da Brambilla & Perboni a Bragagna
https://podisti.net/index.php/component/k2/item/9676-14-01-2023-san-vittore-olona-mi-cinquemulini-presentazione-atleti.html, e tanti dei bambini che hanno corso nel pomeriggio. Alle spalle, distribuzione di vin brulé e cioccolata calda: devo rinunciarci? quel che non ammazza, ingrassa.

Ed eccoci domenica mattina, giornata grigia ma senza timori di pioggia. Zona del ritrovo chiusa al traffico, ma si parcheggia bene a 2-300 metri (io peraltro ci vado a piedi). Un po’ laboriose le procedure per il ritiro pettorali (che non era previsto alla vigilia), un po’ striminzito lo spazio per cambiarsi, così non mi resta il tempo per provare a fondo le scarpe mandelliane, e visto il fondo quasi asciutto opto per quelle da trail. All’ingresso nella zona di partenza, in una spunta a mano che va per le lunghe, qualcuno si vede controllata e rifiutata la scarpa, suppongo per le dimensioni dei chiodi, poi i controlli diventano più sommari perché il tempo stringe, e il via sarà puntualissimo in modo da arrivare giusti per le gare élite dopo mezzogiorno.

Ci si ritrova fra vecchi compagni di tapasciate e di maratone: ecco don Franco Torresani, sempre indaffaratissimo e quasi ansioso, ma arriverà 13° assoluto, secondo M 60 a 6” da un coetaneo e corregionale (al Campaccio aveva vinto lui). Per quelli del mio livello bisogna scendere più giù, lasciando stare Fabio Fiaschi da Firenze, troppo più forte sulle distanze brevi, mentre la lotta è col “veterinario” Andrea Dinardo (non chiamarmi così!, diceva mentre correvamo la prima Milano Marathon con don Gregorio Zucchinali lungo il lazzaretto manzoniano), e con Antonio Brillo (mio compagno a Interlaken per la maratona più bella del mondo).

Niente da fare, resisto solo fino all’argine, poi mi daranno un minuto abbondante. Vabbè, c’è gloria per tutti, fino agli ultimi assoluti Cerello e Iacoboni, che vanno a premio come primo e secondo M 85 (Iacoboni era stato primo al Campaccio).

La vittoria assoluta è arrisa ad Andrea Burlo, M 50, con 13:54 (sui 4,200 un pelino scarsi), seguito da Roberto Pedroncelli primo M 55 (lo era già stato al Campaccio) a 8 secondi. Due nostri valorosi modenesi, Gentile e Sargenti, sono 8° e 9°, appena davanti al primo M 60 Maurizio Leonardi (15:02). Con 16:31 arriverà il primo M 65, Francesco Mazzilli, primo anche al Campaccio; con 17:47 il primo M 70 Aurelio Moscato, con 20:22 il primo M75 Maurizio Chirico, con 22:26 Aldo Borghesi primo M 80 (come al Campaccio), compagno Road Runner di Brillo, che deve cedergli il passo.

Ci godiamo un percorso vario e bellissimo (non ho una grande esperienza, ma tracciati così entusiasmanti, col passaggio all’interno del doppio mulino sfiorando anche il Cozzi, il ponte sull’Olona da fare nei due sensi, l’argine dove in teoria potresti anche scivolare in acqua, non li ho mai visti altrove). Si arriva, confortati da medaglia e tè caldo (per i prescelti dalla sorte anche una mantellina argentata), le foto di Mandelli sceso in fretta dalla torre dei -75 e che ad un certo punto per farmi uno scatto dal vivo si mette a correre al mio fianco (ai 5:40/km); poi di nuovo ai box per prendersi il meritato sfottò dal Veterinario e gli immeritati complimenti dalle ragazze dell’équipe, rivestirsi, e assistere alle evoluzioni dei nostri confratelli più giovani M 35-45, ben 192.

Abbiamo in campo addirittura il presidente Alberto, che in partenza è buttato a terra e quasi calpestato dalla mandria, ma applicando a sé il programma di ripresa e resilienza si rialza e arriverà 123°. Vince un SM 45, già secondo di manche al Campaccio, Simone Paredi, col tempo abbastanza stratosferico di 20:17 (sui 6 km circa), 14” davanti al primo M 35, Stefano Clemente (che al Campaccio aveva vinto), mentre il primo M 40, Pierluca Armati, già terzo assoluto nella sua manche al Campaccio, qui è quarto assoluto in 20:39.

Poi tocca alle signore, giustamente in una manche di sole donne, senza il disturbo  dei maschi che hanno già fatto la loro strada. Straordinario risultato della vincitrice, Primo (Carla) di cognome e di fatto, F 50, che con 15:15 (sui 4,2) sarebbe arrivata 15^ assoluta tra i maschi (e già aveva vinto la sua categoria al Campaccio). Quasi un minuto dopo arrivano, praticamente insieme, la prima F 45 Monica Vagni e la prima F 35 Cristina Ballabio; quinta assoluta sarà la prima F 40 Cinzia Cucchi (pure lei già vincitrice al Campaccio) in 16:27.

Faccio il campanilista per segnalare l’exploit coniugale di due neosposi Modena Runners: l’ottavo posto assoluto di Fabrizio Gentile si accoppia al 4° posto F 35 (17^ assoluta) della fresca moglie Elisa Ragazzi. Dopo le dinastie Battocletti, May-Iapichino, Ottoz-Calvesi, chissà che da Modena non venga qualche bella sorpresa… Intanto, la sfida Modena-Bologna tra F 50 si risolve a favore della modenese Chiara Mezzetti (la dietologa che ha rimesso in forma Alessio Guidi, 14 kg in meno) su Valentina Gualandi (cui forse Chiara suggerirebbe di metter su qualche chilo), 19:05 contro 20:22.

Senza la sorveglianza della dott. Chiara, andiamo a mangiare polenta, salsiccia e gorgonzola in paese, per tornare al campo dove Mandelli continua imperterrito a fotografare le gare giovanili. Finché mamma Rai dà il permesso di cominciare le due gare-chiodo (clou in francese), con 6 minuti di ritardo, pecca involontaria di un’organizzazione tempisticamente perfetta. Rifaccio il giro del percorso, inseguito dalle grida degli addetti che vogliono tenere una zona di rispetto verso i corridori anche nei prati attorno: se ero più sveglio esibivo la tessera chiedendo l’accredito stampa, e mi facevano entrare anche dentro le transenne; l’ideale era mettersi sull’argine di fronte al mulino Meraviglia, dove un pescatore con la canna sta indisturbato da ore, ma il massimo concesso a un uomo qualunque è la vicinanza al ponte, che garantisce la vista del doppio passaggio di tutti, valutando i distacchi e al limite dando il 5 ai meno impegnati, quelli che non passano col rantolo da orgasmo ma respirano tranquilli e dispensano sorrisi.

Potete immaginare il tifo per i due Crippa, mentre per le nostre donne c’è stata una breve illusione per Giovanna Selva ed Elisa Palmero, molto carine ma troppo più ‘deboli’ di fronte alla vincitrice Chebet (che, senza offese o allusioni, sembra un maschio, mentre la seconda ha tutti i requisiti della bella ragazza, per non parlare della silhouette della etiope quarta).

Ho tifato per l’ultima, sentendola più vicina al mio tipo di piazzamento, Sara Toloni, maglia verde della Recastello, che all’ultimo ponte aveva raggiunto e superato la penultima, un’altra Sara, che però alla fine la riagguanta e batte seppure con lo stesso tempo.

Forse non aspettano nemmeno il loro arrivo (Rai imperat?), per dare il via agli assolutissimi, col contrattacco di Yeman Crippa che al secondo giro sembra prendere la testa, e rimarrà in scia fino alla fine (per favore, la smettiamo di ‘obbligarlo’ a fare il record in maratona? Chissenefrega dei record, meglio le medaglie!); e piace non di meno il fratellone Neka, che sembrava destinato a essere comprimario e invece con una progressione costante arriva quinto, a due secondi dal terzo. Anche qui, sento miei consanguinei gli ultimi, doppiati due o tre volte su cinque giri. L’ultimissimo è 8 minuti dietro il penultimo, quando danno il rompete le righe e posso raggiungere il traguardo dove Mandelli fotografa le premiazioni, lui è ancora lì che gira sul percorso divenuto zona di passeggio, e finirà quasi in 50 minuti (a me sembravano di più, ma la classifica dice così e mi arrendo).

Tel chì el Mandelli cui spettano (senza escludere nessuno, ma il Migliore è lui) le foto delle premiazioni e dell’intervista a Crippa (ritardata, ancora causa Rai): si distrae un minuto e mi fotografa ormai incappottato, coi capelli bianchi che escono da un berrettino ricevuto alla maratona di Zermatt venti o trent’anni fa, poer vecc. Ma prima di appendere le scarpette al clou, certe esperienze bisogna farle. Se torno, uso le sue chiodate, e chissà se batto il Veterinario di tutte le guerre. 

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