11° Valtellina Wine Trail, sole nel cielo, e sui terrazzi piovono primati
Tirano-Sondrio, 9 novembre – Se ogni anno le iscrizioni a questo evento crescono e si chiudono parecchie settimane prima del termine, ci sarà più di una ragione. Quest’anno gli organizzatori parlano di quasi 3700 atleti da 52 nazioni; i numeri forniti da Endu danno 734 arrivati entro il tempo massimo per la maratona (con tetto di 1000 iscritti: le classifiche non elencano i DNF o i FTM, che però devono essere numerosi, stanti anche i 1800 metri di dislivello in salita e 1900 in discesa), 1151 per la mezza maratona (+900 D), 267 per la 13 km competitiva, 1059 sullo stesso tracciato ma non competitivo, infine 310 per le prove giovanili, tra gli 800 e i 2800 metri, in centro di Sondrio la domenica 10. Ma le gare erano cominciate da lunedì 4 ancora a livello giovanile con partenze da luoghi vari.
E record è stato anche sotto l’aspetto tecnico, indubbiamente col favore del clima fresco ma moderatamente soleggiato e del tracciato quasi completamente asciutto: per la prima volta il vincitore Mattia Bertoncini (Team New Balance) è sceso sotto le 3 ore, precedendo con 2.59:52 di soli 7 secondi il vicecampione del mondo di trail 2023 Andreas Reiterer (La Sportiva), che fino all’ultimo km era in testa. Dal libretto della gara (un po’ pasticciato) il miglior risultato della storia risultava il 3.11:56 del 2022. Terzo oggi lo spagnolo Mario Olmedo in 3.11:30, e anche il quarto, lo svizzero Francesco Ceschi, è sceso sotto il vecchio record.
Pure la vincitrice femminile, Elisa Desco (valtellinese del Team Scarpa), al suo sesto successo su 8 partecipazioni, con 3.36:15 ha abbassato di quasi 10 minuti il record da lei stessa fissato nel 2015 (quando però il percorso era un po’ più corto non includendo la dura deviazione finale verso il ponte sospeso sul Màllero). La seconda, Alice Testini, è arrivata al traguardo dopo 7:31, la terza, l’inglese Louise Mitchell, dopo 10:28; 135 in tutto le classificate, 649 gli uomini.
Niente record nella mezza maratona, vinta dal marocchino Elhousine Elazzaoui in 1.27:40” (il primato resta nelle gambe del formidabile Xavier Chevrier, 1.24:41 nel 2017, però sul percorso meno faticoso di un tempo). Tra le donne ha vinto la neozelandese Jemina Farley in 1.46:43 (record del 2014: 1.37:06; l’anno scorso 1.45:32).
La mezza è partita da Chiuro, con un contrattempo curioso e senza colpa degli organizzatori: il treno che stava portando gli atleti ha saltato la fermata, scaricando tutti solo alla stazione successiva di Teglio e costringendoli a prendere un altro treno in senso inverso, il che ha obbligato a ritardare la partenza.
In compenso, noi partenti della 42 km abbiamo dovuto prendere il via 10 minuti prima del programma, con la motivazione che sulla nostra strada doveva passare un treno (suppongo, quello svizzero per Poschiavo, e troverei strano che l’orario si sia conosciuto solo oggi). Ma direi che siano le uniche pecche di un allestimento decisamente complesso.
Sondrio, capoluogo di ventimila abitanti, con un centro storico molto ben tenuto e un notevole museo storico-artistico, oltre alla biblioteca dedicata al filologo più settentrionale d’Italia, Pio Rajna, era tutta esaurita causa l’afflusso di podisti e familiari, oltre che per altre iniziative come la commemorazione dello scrittore Gianni Celati: la piazza Garibaldi, sede del ritrovo, era stata trasformata in un immenso tendone (col monumento all’Eroe dei due mondi che fungeva quasi da colonna portante: foto 7), per accogliere l’Expo e, dopo la conclusione della gara, l’affollatissimo pizzoccheri-party gratuito per i partecipanti e a modico prezzo per gli accompagnatori (coda di almeno mezz’ora, a qualunque orario): degno coronamento del pacco-gara, anch’esso ricco di specialità locali (foto 12).
Si parte dunque da Tirano (foto 59-62), e dopo meno di 2 km di attraversamento della cittadina ci si immette nel percorso che sostanzialmente ricalca la “Via dei terrazzamenti”: sentieri ricavati sul bordo dei gradoni creati per le vigne, mediamente 100-200 metri sul fondovalle, dove scendiamo per raggiungere i paesoni della destra-Adda, entrando spesso nelle cantine locali da dove poi, con rampe o scalinate, si raggiungono di nuovo i vigneti (con macchie di meleti o uliveti).
A Teglio, dopo una ventina di km, ci fanno salire fino alla torre (foto 34), ai cui piedi sta il ristoro; poi giù verso Chiuro, forse il paesino urbanisticamente più delizioso, dove attraversiamo un paio di cantine (foto 30, 36) e siamo rilevati dall’unico “cancello” con tappetino-chip (che la classifica dichiara al km 21 mentre il programma dava al 27: facciamo 25 e saremo più realisti).
Ristori alle distanze prescritte, anzi nel finale più frequenti: grande disponibilità di tè, idrosalini, frutta, biscotti, e spunta ogni tanto qualche calice di vino. Segnalazioni eccellenti, impossibile non riconoscere il grappolo rosso o bianco sull’asfalto, e le numerose frecce e bandelle arancioni; peraltro a ogni incrocio dubbio ci sono sbandieratori che ti indicano la direzione. Traffico del tutto assente anche nei radi tratti su strada.
Come diceva una compagna di viaggio in treno, dopo il 25 non illudetevi di aver finito di faticare: finché non sarete alla chiesa e al castello di Grumello (foto 41-42), da dove la vista spazia su Sondrio, sappiate che ce n’è ancora molto, e pure duro. Dopo di che, a un certo punto, su un sentiero in forte discesa appare un cartello di pericolo: sono rampe terrose fermate da pali di legno. Ma è più pericolosa l’illusione che ci dà il segnalatore in basso: “mancano 4 km”. Bugiardo, bugiardo! gli grido, infatti i nostri gps stanno sui 34-35, e il cartello dei meno 5 (la prima segnalazione chilometrica di tutto il tracciato) compare ben dopo.
E le fatiche non sono finite: a parte l’illusione che da lì i chilometri siano più lunghi, ci aspetta la salita al nuovo ponte sul Màllero (affluente dell’Adda: foto 45-49), che riattraverseremo anche più in basso (52) entrando nella città vera e propria e finalmente, attraverso viuzze caratteristiche (foto 6, 8, 9-11) al traguardo.
Medaglia di pietra “beola”, e dopo la doccia si può rientrare nel tendone, dove sotto il palco delle premiazioni, ottimamente gestite dai due speaker professionali e simpatici, che poi ritroveremo in albergo (foto 57, 58, 69) si dipana il party delle foto 53-56, che andrà avanti fino a tarda ora nelle mani dei disc-jockey.
C’è gloria per tutti, compresi i miei compagni in qualche tratto della fatica: Daniel Quintana da Monza (foto 63), Giulia Pedrana da Livigno (classe ‘95, appena esordito in maratona a Edinburgo, e che qui corre poco dietro al fratello Enrico), per finire con Tobias, del team La Sportiva, qui accompagnato da moglie e dalle splendide figliolette di 2 anni e di 4 mesi: foto che il buon Mandelli inserisce alla fine del suo album, per dirci che tutti i salmi finiscono in gloria.
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