Direttore: Fabio Marri

* Per accedere o registrarsi come nuovo utente vai in fondo alla pagina *

Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

23 aprile – L’edizione numero 23 che si disputa nel giorno 23 dell’anno 23…; bé, chi crede nella numerologia, troverà spunti di meditazione. È la terza volta che torno a Padova per la 42 che si chiude a Prato della Valle: la prima fu addirittura nel 2001, per la seconda edizione (purtroppo quando si corse la prima ero ad Amburgo, concomitante allora come oggi); la corsa allora partiva da Vedelago (ereditando il sito di una pionieristica maratona locale, corsa pure quella negli anni Novanta) e attraversando Camposampiero ripercorreva quello che sarebbe stato l’ultimo viaggio di Sant’Antonio. I “senatori” dovrebbero averle fatte tutte (salvo – mi dicono i presenti, come l’Apache Mastrolia e Sir Marathon Dellapiana – l’esenzione dalla primissima); l’ultima volta c’ero stato nel 2021, quando però a causa del Covid si corse solo la mezza.
Dunque le mie Padova sono tre e mezzo, mentre il nove e mezzo del titolo è il voto che mi sento di assegnare all’organizzazione. Chi mi legge da sempre, come il grande onorevole Paolo Cova (Libertas Sesto, 3.19 in maratona secondo il database Fidal, ma come antefatto c'è un 2.58, sempre a Padova, nel 2005; veterinario da Caronno Pertusella, e rappresentante di un partito per il quale avrei votato anch’io, se l’avessero candidato nella mia circoscrizione invece di paracadutarci Soumahoro), sa che nelle personali classifiche il 10 lo do solo a Interlaken e Berlino, e in Italia forse il 9 lo do a Venezia (parlo di organizzazione: quando a paesaggio, Venezia è fuori classe), scendendo poi a 8 e 7 per le altre più celebrate italiche.

Ma a questa Padova, mi comprometto dando 9 e mezzo, cioè il meglio del Belpaese; e a quanto pare sembra parere condiviso dai colleghi maratoneti e mezzimaratoneti, se è vero che qualche settimana prima hanno esaurito tutti i posti disponibili, arrivando al traguardo in 1244 per la 42 (col calo fisiologico dei ritirati, anche per il caldo umido che si faceva sentire fin dai primi km), e 2150 per la mezza, partita da Abano e che in comune con noi avevano grossomodo gli ultimi 15 km. Le statistiche del 2022 dicevano di 1045 maratoneti e 1398 nella mezza, dunque siamo ad una crescita assolutamente unica nel panorama italiano che registra invariabilmente segni meno.

Il primo segnale di una buona accoglienza, users friendly, sta nella possibilità di ritirare il pettorale la domenica mattina: cosa generalmente negata dagli organizzatori delle majors italiche, con l’eccezione (per quanto risulta alla mia esperienza) di Ravenna: majors che dunque impongono a chi corre una tassa supplementare (vero Bologna? Poi non lamentarti se da un anno all’altro perdi centinaia di iscritti).

Una seconda cosa, che in Italia è una norma tollerante molte eccezioni, è la chiusura ASSOLUTA alle auto, non solo del nostro percorso, ma anche di tutta Padova, circondata da cartelli di divieto di transito (ampiamente preavvisati da tabelloni luminosi) addirittura fino alle 8 di sera. A un vigile che, in periferia della città, spiegava a una signora che fino alle 8 non poteva entrare, mi sono permesso di dire che aprissero prima, dopo le 15 nessuno di noi era più per strada… A proposito di vigili: non ne ho mai visti tanti a presidiare gli incroci. Di solito, quando va bene, c’è un vigile e due volontari con pettorina gialla: a Padova semmai era il contrario, segno che le autorità comunali hanno perfettamente capito e collaborato (viene in mente ancora Bologna, dove l’assessora ci ha accolto a denti stretti mandandoci immediatamente fuori città). A Sarmeola di Rubàno mi è anche capitato di ricevere il cinque dalla giovane sindaca, in mezzo a un festoso gruppetto di bambini.

Perfezione anche nella logistica: comodissimo il ritrovo allo stadio Euganeo, a un passo dalla magnifica tangenziale (basta, non voglio più fare il confronto con Bologna!), parcheggio gratuito, e trasporti in bus da qui all’arrivo e alla stazione e all’altro parcheggio di Guizza (un euro per un giorno intero… ho detto che non faccio più confronti!). Segnalazioni eccellenti, anche se magari i cartelli che indicavano i bus-stop potevano essere meno… simbolici: ma nella piantina scaricabile dal sito era ultrachiarissimo tutto.

In quantità mai viste anche gli scaglioni dei pacer: durante il mio incedere, sempre più penoso, ho tentato di seguire prima quelli delle 4.10, poi 4.20, poi 4.30 (capitanati dall’Onorevole), poi 4.45, arrancando infine dietro a quelli delle 5; e per fortuna che è arrivato il traguardo, se no chissà quanti altri palloncini avrei dovuto rimirare…

Il mezzo voto in meno lo do per l’assenza di spugnaggi: nelle istruzioni erano previste solo due docce nebulizzate, non c’erano nemmeno quelle; né il pacco gara comprendeva (come fanno alcuni) la spugna unica da portare con te e bagnare quando capita. Nel dubbio, ero partito con una mia, e appunto ai ristori (ottimi, ricchi, gestiti dagli Alpini) ci versavo sopra l’acqua delle bottigliette. Ma signori miei, il covid sopravvive soltanto nel terrorismo interessato delle virostar, niente ormai ostacola il ripristino degli spugnaggi a intervalli regolari: specie adesso che comincia a far caldo.

Il percorso è veloce (due soli mini-sottopassi, nessun cavalcavia, dislivello totale 75 metri), ma paesaggisticamente abbastanza anonimo; rettilinei anche di 3 km (da Caselle a Selvazzano, da Feriole a Bresseo dove c’era anche un paio abbondante di km in doppio senso, poi dopo Abano dal 32 al 38), raramente punteggiato da emergenze architettoniche, come l’abbazia di Praglia verso il 21, che però abbiamo solo sfiorato.

C’è tempo per raccontarsi storie: da Giulia di Torino, ex pallavolista, che qui esordisce in maratona istruita da Andrea Schiavon; a Debora da Trento, 3.17 in maratona, che corre con una gamba “nuova” dopo una delicata operazione, e si sta preparando al Passatore; a quel signore che negli ultimi km racconta la sua storia (non a me, che però sono nei pressi): 47 anni, insieme da 26 con una ragazza di 41, nell’autunno scorso si decidono per un figlio, ma a lei è diagnosticato un tumore. Operazione, biopsia, il tumore è benigno; usciti dall’ospedale, “fan*** a tutto, adesso il figlio lo facciamo”. Vi voglio bene, di cuore, che il Santo vi prenda sotto le sue ali.

E chi porta pazienza sul percorso è alla fine premiato: dal 38 si cominciano a costeggiare e oltrepassare i canali del capoluogo, e dopo il 39 si presenta uno degli scenari più favolosi di tutta Italia: porta S. Giovanni, via del Vescovado, Duomo, Torre dell’Orologio, Piazza dei Signori (dove meriterebbe di fermarsi a godere della Grande Bellezza), piazza della Frutta, tomba di Antenore, Basilica del Santo (purtroppo la statua di Donatello è ingabbiata), e infine verso lo scenografico Prato della Valle, dove la sofferenza e insieme il godimento hanno termine.

Medaglia, che riproduce appunto Prato e il Santo, guastata solo dalla scritta “In the city of sport”, dove avrei preferito un motto in padovano, ostregassa de na beverassa, ghe l‘avemo fata, viva la siora Nadaìna, o come diceva Nereo Rocco, “gh’avemo batù le croste”. Ritiro borse, ritiro pacco gara, pasta party o (come preferisco io) sdraiarsi sul prato in attesa dei pochi amici che devono arrivare, dal marò Adriano Boldrin (qui, una tantum, nella mezza) fino a Luca Gelati che vorrebbe chiudere nel tempo massimo delle 6h30 e qualche rotto, ma non è ultimo perché dopo 2 secondi è classificata la formosa supermaratoneta Barbara Cosma.
Peccato che solo dopo 28 ore (circa) dalla conclusione Endu abbia saputo pubblicare la classifica completa, anche dopo le 5h30 come era stato fin verso le 18 di lunedì. E così vediamo che Ol Sindic Simonazzi (a m’arcmand, fra 3 settimane si va alla sua maratona di Curtatone) con 6.08:55 ne tiene ben 7 dietro, gente che di maratone ne corre a centinaia, come ne ha corse anche la fornaia cernuschese Rita Zanaboni (oggi 6h01; nel 1994 3.19 "tirando" il sottoscritto al suo record).

https://www.endu.net/it/events/padovamarathon/results

https://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/10085-padova-padova-marathon-successi-per-chumba-e-bikila-nella-mezza-per-kipyeko-e-jemutai.html

Poi, non so rinunciare ad altri 300 metri fino alle docce (belle calde) nello stadio Appiani, quello appunto dove si esibivano Pin e Blason, Scagnellato e Zannier, Tortul  e Pison; dove il Paròn, se un suo pupillo sbagliava un pallone, gli diceva “tì xe tanto mona che na volta al mese te vien fora el sangue dal naso”. Lo sport era quello, non di questi mercenari tatuati che mettono per vezzo la mascherina sul naso e quando fanno gol inscenano balletti intorno alla bandierina del corner o si mettono il pallone sulla pancia.

Lo sport autentico è anche il nostro (negli spogliatoi rivedo il concittadino Vanni Casarini, che in un arrivo sul lago di Garda mi batté allo sprint, oggi invece mi ha dato mezz'ora); e questa Padova ci aiuta a realizzarlo.

16 aprile – All’interno della 44^ Camminata Sampolese, non competitiva da 11 km con l’aggiunta di gare agonistiche giovanili tra gli 0,4 e 1,6 km, la Uisp reggiana, sempre all’avanguardia quanto a originalità di contenuti, ha riproposto il “Giro dei Castelli”, la cui unica edizione era andata in scena nel novembre 2019, patendo poi la clausura del Covid.

Collocazione ideale, questa che sostituisce la tradizionale data d’autunno, perché almeno nella nostra regione si trova a 9 giorni dalla sentitissima 50 km di Romagna e ne costituisce la preparazione-collaudo ideale (poi, come tutti sanno, la 50 di Castelbolognese costituirà il collaudo per la 100 del Passatore). Così, per esempio, Francesca Braidi (una freschezza da trentenne per una signora del 1973, e che andrà alla 50) e Paolo Malavasi (che intanto va alla maratona di Madrid, poi, lui del 1951, esordirà nel Passatore), hanno gareggiato con giudizio, senza strafare, chiudendo in 2h 37 e 2h42. Niente premi di categoria, altrimenti Francesca sarebbe stata seconda  nelle F 50 e Paolino avrebbe vinto gli M 70 (vi lascio indovinare chi sarebbe il secondo), ma un eccellente allenamento, magari un pelino faticoso ma va bene così.

A dominare, e non è la prima volta in questa stagione, è stato Giuseppe Castiello, classe 1981 dei Modena Runners, che ha tagliato il traguardo regalando una simpatica passerella a un bimbetto molto orgoglioso in 1.35:46, con due minuti e mezzo su Enrico Rivi (Amorotto Carpineti) e tre e mezzo su Massimo Sargenti, altro Modena Runners.

Modenese di montagna, e non nuova a queste imprese, è anche la vincitrice, Manuela Marcolini (Sportinsieme), cui è stata assegnata la vittoria con lo stesso 1.53:06 della seconda, Elena Neri (Pol. Rubiera), arrivata un paio di metri dietro. Da notare che secondo il real-time avrebbe vinto la Neri con 1.52:57, cinque secondi meglio della Marcolini: prima di sollevare un polverone, con Marescalchi e il giudice-capo Mainini a tirarmi addosso le pietre della rupe di Canossa, dico che l’ordine d’arrivo è quello del tempo dallo sparo, il distacco al traguardo è netto, e se la Neri è partita 9 secondi dopo lo sparo (o meglio, il fischio di partenza: addirittura un secondo dietro me), è “colpa” sua; ma aggiungo che se la gara si fosse disputata all’epoca del Covid, quando c’erano le partenze distanziate, avrebbe vinto la Neri, come pure in molte maratone estere dove l’unico tempo preso è quello reale.

Allo stesso modo che (il ricordo torna, siccome abbiamo corso vicino ad Albinea) in una maratona che si concludeva a Bolzano, il sottoscritto e William Govi tagliarono il traguardo mano nella mano stringendo un ramoscello d’ulivo, ma nella classifica io fui avanti di parecchie posizioni perché ero partito dopo…

L’obiezione, ragionevole, è che se valesse solo il real time anche per le prime posizioni, qualcuno potrebbe applicare la tattica di partire indietro, poi raggiungere il battistrada e stargli vicino, senza mai tentare di superarlo, tanto poi il chip gli darà ragione. Dunque, per ora, lasciamo così le cose, senza invocare un dibattito tra il figo Giannini e l’affascinante Cuzzocrea alla corte di Lilly Gruber.

A San Polo, comunque, le due battistrada hanno fatto il vuoto, tanto che la terza, Elena Malvolti, è giunta a quasi 13 minuti.

Il percorso, che nel programma ufficiale era dato come lunghezza di 24,500 con +400 D, secondo l’annunciatore sarebbe stato di 25,400. Il mio Gps dà 24,850 +450 D; in mancanza di cartelli con segnalazioni chilometriche (anche le frecce indicatrici, solitamente abbondanti, latitavano tra il km 13 e il 20), ho notato un km 20 segnato sull’asfalto quando il mio Polar diceva 19,500. Al di là della quisquilia, mi è parso di ravvisare nella prima parte del tracciato una antica gara in linea, che da San Polo arrivava al castello di Canossa, dunque 12,5 km, che quell’anno sostituì la tradizionale partenza da Vezzano. In questa gara odierna ci sono state risparmiate le salite fino in cima ai castelli: dopo la base di Canossa, che segnava il punto più alto a 521 metri, si è discesi alquanto, per poi risalire ai 419 metri del castello di Rossena verso il km 17; seguiva la discesa più accentuata, 4 km fino a Ciano, da dove in teoria la strada sarebbe pressoché pari, e invece siamo stati indirizzati su un ghiaiato lungo un canale, sicuramente pittoresco ma con una salitina finale che si concludeva solo a un km dall’arrivo.

Giro comunque bellissimo, tutto corribile e panoramico, con visuale quasi costante sui due castelli da raggiungere, e sguardo che spaziava dal vicino Appennino reggio-parmense, ancora con chiazze di neve, alla pianura chiusa dalle Alpi veronesi. Quattro ristori, ben forniti, e sbandieratori nei punti delicati di svolta o attraversamento (comunque, le auto lungo il percorso si contano sulle dita di una mano; senza limiti invece i ciclisti, più o meno emuli dell’eroe locale Prodi).

Il pacco gara per i non-premiati conteneva una bottiglia di lambrusco di Albinea, un paio di calze (sempre utile) e uno scaldacollo che dovrebbe essere per me circa il quindicesimo avuto in gare di podismo. Ma il nostro premio gaudioso ce lo darà, di lì a poche ore, nel vicino Mapei Stadium il Sassuolo, castigando ancora una volta Allegri e sicuramente stimolando Ambra a stappare una buona bottiglia.

A San Polo, intanto, ottimi i servizi di segreteria, il ristoro finale (comprensivo di crostate, ma non del bianchetto per buttarle giù), gli spogliatoi e il locale per la custodia bagagli; eccellente anche il gnocco fritto venduto in zona. Magari, se entrando in San Polo ci fosse stato qualche cartello che indicava il ritrovo, avrei evitato un giro panoramico del paese: ma si sa, se i chip non sono ancora entrati nel regolamento federale, invece Googlemaps sta diventando obbligatorio per chi guida.

10 aprile – Il lunedì dell’Angelo è tradizionalmente dedicato, per i modenesi, alla “Camminata della Solidarietà”, allestita presso la sede della Croce Blu nel quartiere San Faustino (era all’incirca il km 16 della maratona di Maranello-Carpi, e nel vicino negozio di Lupo si faceva un po’ d’animazione).

Oggi però l’atmosfera era mesta, per la notizia che ci aveva raggiunto sabato sera, della morte improvvisa e inspiegabile del podista vignolese Antonio Bagnoli, 49enne che meno di un mese fa aveva corso in 1.44 alla mezza di Pieve di Cento, il 19 febbraio in 3.22 alla maratona di Carrara, e in 3.23 alla maratona di Ravenna nel novembre scorso. Era anche all'ultima Cinque Mulini, elegante con la sua bandana gialla in testa. In suo ricordo, i circa 800 partecipanti hanno osservato un minuto di raccoglimento prima della partenza.

La gara è una classica non competitiva dove si viene – come si suol dire – per “smaltire” il pranzo pasquale: salvo che sui tavolini delle società troneggiano bottiglie di spumante, colombe e torte casalinghe come quella squisita di Manila Grenzi della Sassolese, cui non ha saputo dir di no nemmeno Italo il fotografo (“ma non pubblicare la mia foto mentre mangio!”). Iscrizione alla quota irrisoria di 2 euro col corrispettivo di una bottiglia di aceto balsamico industriale (nella mia dispensa ho raggiunto la quota di 21, tutte provento di gare podistiche).

Percorso più lungo dichiarato di 12 km (in realtà 11,3), attraverso un quartiere molto rinnovato negli ultimi anni, purtroppo anche con casoni a parallelepipedo stile DDR, poi ricalcando vari percorsi urbani arcinoti, compreso quello della Corrida fino a San Geminiano/Cognento. A un km dalla partenza e dall’arrivo c’è il PalaAnderlini, secondo tempio della pallavolo modenese, intestato alla memoria di Franco Anderlini allenatore della gloriosa Panini, poi della Nazionale, otto volte scudettato, e vecchia conoscenza di famiglia: era militare ad Asolo col suo coetaneo e mio (futuro) padre, e l’8 settembre ’43 gli uccisero il loro capitano Greco. I due scapparono in bicicletta (presa chissà a chi) fino a Modena; poi mio padre fu testimone di nozze di Franco, che morì in un incidente stradale a 62 anni, consegnandosi definitivamente alla Storia. C’ero anch’io l’ultima volta che si incontrarono, sotto la chiesa di San Biagio: Anderlini aveva un gran barbone e portava a spasso un cane enorme, ed è meglio che non riferisca che tipo di discorsi politici faceva…

Torniamo ad oggi, più che altro per riferire delle chiacchiere dipanate lungo il percorso, sotto un cielo limpido e una temperatura giusta, coi progetti per l’immediato: Cecilia che sta per affrontare la 50 di Romagna, Paolino e Maurito che invece vanno alla maratona di Madrid, mentre Werter Torricelli è attirato dalla maratona di Mantova anche se non passa da Mantova, e il sottoscritto non sa o non dice; invece il “comunista ciellino” Barbolini si è dato al ciclismo, Simona Neri sbandiera girando video, Alessandra Fava troneggia in tutto il suo splendore dando appuntamento al trail delle Tre Croci, Reginato fa lo speaker, la coppia Baruffi-Del Carlo corre in relax dopo i successi di sabato.

L'altra notizia triste è che il nostro amico supermaratoneta A.V., centinaia di maratone corse ovunque, adesso non riesce più correre dopo una vaccinazione Covid. Tutto in regola, per i talebani vaccinisti?

Perfetta la chiusura al traffico, abbondante il ristoro finale (quello intermedio lo saltiamo perché c’era da fare la fila), megapremi di società col Cittanova che mette insieme addirittura 159 pettorali. Per oggi va bene così, da sabato prossimo si ricomincia a fare sul serio.

8 aprile – Il sabato Santo 2023 ripropone la gara competitiva in joint-venture tra le due fabbriche Generalkoll (collanti e mastici ad uso soprattutto edilizio), collocate una a Modena capoluogo e l’altra in questa frazione di Bondeno a 22 km da Ferrara, 44 da Bologna, 62 da Modena, dove il Po e i canali della bonifica Burana separano tre regioni (Emilia, Lombardia, Veneto). Joint-venture assicurata dal direttore di fabbrica nonché presidente della società organizzatrice, Modena Runners, Club Alberto Cattini.

Gare preliminari dalle ore 15 per i giovanissimi in un rettifilo del quartiere industriale dallo strano nome di via Uralita (è il nome spagnolo della lamiera ondulata, e infatti le industrie presenti sono in gran parte del settore edile); poi via libera ai 106 iscritti competitivi (di cui 24 donne) della gara-clou delle 16, allungata a 12 km rispetto ai 9.3 dell’anno scorso, con passaggio dalla storica Rocca Possente ed la Stlà (italianamente Stellata, caratteristico castello estense) e un’andata-ritorno lungo l’argine del Grande Fiume, di fronte alla spiaggia di Ficarolo da dove i locali si tuffano ancora per salutari bagni fluviali, e non lontano dal posto che Guareschi scelse come foto-simbolo del suo primo libro su Don Camillo.

Quest’anno il tempo è stato clemente, e malgrado le nuvole, le minacce di pioggia non si sono concretizzate, cosicché anche lo storico Daniele Vassalli, pettoruto presidente della Quadrilatero di Ferrara, orgogliosamente ultimo come nel 2022, in 1.53:22 con 37 minuti di ritardo sulla penultima, sua compagna di squadra, non ha preso l’acqua, con l’eccezione di 4-gocce-4 venute alla partenza.

I vincitori assoluti sono gli stessi della prima edizione: il 30enne modenese Riccardo Tamassia, che con 38:02 ha avuto la meglio per 18 secondi sul 25enne veronese della Bentegodi Daniel Turco, al posto d’onore anche nel 2022 (l’ordine di arrivo è stato compensato poche ore dopo sul terreno del Bentegodi, quando il coriaceo Verona ha prevalso sul presuntuoso Sassuolo grazie a una mostruosa cappella del portiere modenese).

Bis anche tra le donne, dove la reggiana Fiorenza Pierli, 43enne, con 46:42 ha inflitto 1’16” alla modenese della Fratellanza Aurora Imperiale (l’unica novità tra le atlete d’élite). Ma va segnalata la prestazione della terza, la 49enne modenese Sonia Del Carlo (50:14), l’anno scorso quinta.

Trofei con ceste alimentari ben fornite per i primi 10 uomini e 5 donne, e premi a base di lambrusco fino al 50° uomo e 15^ donna, oltre ai premi di categoria e per società, e al GP della Montagna per chi fosse transitato in testa al 5° km (gli stessi poi vincitori assoluti): il tutto vigilato dai giudici Uisp Vincenzo Mandile e Simona Neri.

Rivincita dei ferraresi nelle classifiche di società, dove hanno prevalso i Reno Runners sull’Atletica Bondeno e sui Corriferrara, poi i due “fuori regione” Salcus e Finale Emilia.

 

CLASSIFICA MASCHILE

1 1 38:02 TAMASSIA Riccardo M 1993 MODENA RUNNERS CLUB ASD

2 4 38:20 TURCO Daniel M 1998 FONDAZIONE M. BENTEGODI

3 59 39:38 GRIBI Lotfi M 1989 MODENA RUNNERS CLUB ASD

4 3 40:26 GARAVASO Edoardo M 2002 FONDAZIONE M. BENTEGODI

5 5 41:33 ANTONIOLLI Federico M 1985 A .S.D. ATLETICA BONDENO

6 72 41:52 DALLOLIO Matteo M 1992 PICO RUNNERS

7 16 42:06 ORLANDI Luca M 1995 A.S.D. GRUPPO PODISTICO AVIS SUZZARA

8 61 42:11 FRANCHETTO Alessio M 1988 MODENA RUNNERS CLUB ASD

9 94 42:26 ZAPPAROLI Andrea M 1988 RENO RUNNER ASD

10 60 43:13 GENTILE Fabrizio M 1972 MODENA RUNNERS CLUB ASD CLASSIFICA FEMMINILE

 

CLASSIFICA FEMMINILE

 

1 2 46:42 PIERLI Fiorenza F 1980 ATLETICA 85 FAENZA

2 12 47:58 IMPERIALE Aurora F 1999 A.S. LA FRATELLANZA 1874

3 82 50:14 DEL CARLO Sonia F 1974 PODISTICA FORMIGINESE ASD

4 103 50:23 BARBIERI Ramona F 1977 TEAM MUD & SNOW ASD

5 63 51:28 RAGAZZI Elisa F 1985 MODENA RUNNERS CLUB ASD

2.04.2023 - Edizione numero 23 della Maratona di Milano. In realtà, come correttamente indicato sulla medaglia, se ne sono corse 21. Annullata quella del 2020, e non viene conteggiata quella del 2021 riservata solo ai top runners.
Chi scrive ha corso tutte le edizioni, con invito e prezzo scontato (€20). Siamo rimasti in pochi, non graviamo in maniera eccessiva sul bilancio della manifestazione! Varie sedi e località per partenza e arrivo si sono succedute nel tempo: Piazza del Duomo, Piazza Castello, Rho Fiera. Da qualche anno sembra acquisita una sistemazione definitiva: partenza e arrivo in Corso Venezia, luogo servitissimo da Metropolitana e Passante Ferroviario, con i Giardini Montanelli che assicurano lo spazio necessario per le strutture. Centro Maratona in zona City Life, area vecchia Fiera Campionaria, per Expo e Convegni, ritiro pettorali e pacchi gara. Operazioni molto veloci, a partire da giovedì pomeriggio e per le intere giornate di venerdì e sabato.
Sempre molto suggestiva la camminata riservata alle scuole milanesi, migliaia di bambini vocianti e colorati, che sabato mattina invadono la zona attorno all’Expo. Controllo per entrare nell’area di partenza relativamente rapido, rispetto agli anni precedenti, ampi tendoni spogliatoio per ambo i sessi e partenza puntuale alle ore 9.
Breve tratto in Corso Venezia, poi svolta per i Bastioni, ultimo retaggio delle Mura Spagnole, e poi il Parco Sempione, luoghi immortalati anche dalla canzone di Giovanni D’Anzi: “E quand fiocca, che gioia, gh’è el Parco e i Bastion, per scià senza andà al Mottaron”. La neve a Milano è un lontano ricordo, anche in montagna purtroppo!
Breve giro attorno all’Arena e si punta verso il centro, con il consueto passaggio in Piazza del Duomo e davanti al Teatro alla Scala. Prima zona cambio staffette dopo 12,5 km: lodevole l’impegno degli staffettisti anche dal punto vista finanziario. Raccolti oltre € 900mila da destinare in varie iniziative di beneficenza. Piazzale Lotto, metà percorso, secondo cambio staffette e direzione San Siro Stadio e Parco di Trenno. Siamo al punto più lontano dal centro città e sulla via del ritorno.
Nei pressi dell’Ippodromo La Maura, rumorosa e pacifica manifestazione contraria alla costruzione del nuovo stadio. Non entro in merito, ma essendo già oltre il 25 km abbiamo già abbastanza problemi per approfondire l’argomento.
La temperatura aumenta, qualche sirena in eccesso nell’ultimo tratto. Come sempre, qualcuno chiede un po’ troppo al proprio fisico e il caldo ne peggiora la situazione. A regolare distanza di 5 km (30-35-40) incontro e saluto anche amici: Bianca, Ettore e Fabio. Due parole e riparto, Corso Sempione per chi è in crisi sembra non finire mai, gli ultimi lastricati sono un po’ fastidiosi, ma Corso Venezia è ormai dietro l’angolo. Francesca e Renzo mi accolgono con un affettuoso saluto.
Medaglia, sacchetto ristoro e maglia da finisher. Recupero sacca personale rapido e tendone spogliatoio a disposizione. Per gli igienisti, docce alla Piscina Cozzi, storico impianto del nuoto milanese a circa 1 km di distanza. Per chi scrive, nato a poche centinaia di metri dalla zona partenza/arrivo, comodo parcheggio in Corso Buenos Aires e agevole rientro oltre Adda.
Un ultimo rilievo sull’accoglienza da parte della cittadinanza: rispetto ai primi anni la situazione è notevolmente migliorata, i primi anni furono terribili. Tolti alcuni irriducibili amanti del clacson, poche sono state le situazioni critiche, merito anche dell’organizzazione che ha per tempo segnalato il percorso di gara. Arrivederci al 7 aprile 2024.

[NdD]. Caro amico “veterinario” (lo so che non lo sei, come proclami nel timore di passare per un millantatore di credito, ma ci siamo capiti…). Con le maratone della tua città credo di essermi fermato a 5 (cominciando dall’edizione zero, con pioggia a dirotto, primo ristoro solido consistente in un’arancia al km 40, arrivo in piazza Duomo allagata). Che nostalgia per quell’altra volta che la corremmo in gran parte insieme, con don (anche il “don” è millantato credito involontario) Gregorio Zucchinali, che mi spiegava i luoghi, il lazzaretto ecc., e tu esortavi a “non credere una parola di quello che dice” (ovviamente scherzavi, siete entrambi espertissimi e istruiti, anche se don Gregorio è un po’ foresto). E poi, leggere questa tua cronaca, così precisa, tecnica insieme e appassionata, mi riporta a quegli anni in cui Podisti.net nasceva e si faceva bello di tanti contributi “dal basso”, che arricchivano e qualche volta smitizzavano l’enfasi dei comunicati ufficiali e (come dicevamo all’epoca) “patinati”. [F.M.]

Domenica, 02 Aprile 2023 19:11

San Prospero (MO) – 2° Lambrusco Run

2 aprile – Due grosse maratone in programma oggi, poi la Vivicittà nazionale (anche a Reggio e Ferrara, mentre a Modena sono decenni che non la offrono), una maratonina a Legnago, e la conclusione della Abbotts Way partita sabato: insomma, non mancavano le “distrazioni di massa” per i podisti competitivi. Eppure anche San Prospero, paesone agroindustriale a 25 km da Modena, ha richiamato 113 competitivi per la sua 10 km targata Uisp, e parecchie centinaia di non competitivi, per una distanza pari o inferiore, con partenza stranamente definita “libera alle ore 9.00”, comunque mezz’ora prima e non in grado di disturbare lo svolgimento della corsa ufficiale.

Ha vinto, con un distacco enorme, il 24enne Marco Casini (Delta Atletica Sassuolo) in 31:04, cioè alla media di 3:06/km, precedendo di 2’16” il ventenne Alessandro Pasquinucci (Fratellanza), che a sua volta ha inflitto un minuto abbondante a Jose Catellani (Corradini Rubiera), anche lui poco più che ventenne. Quarto, e primo degli M 35, Filippo Capitani dei Modena Runners, società che dei suoi sette partecipanti agonisti ne ha piazzati tre nei primi 11, tra cui il vincitore degli M 50 Giacomo Carpenito (già vincitore della sua categoria domenica scorsa alla mezza di Reggio).

Tra le donne, manco a dirlo, ha stravinto Fiorenza Pierli, 43enne nonantolan-reggiana ma tesserata Atletica Faenza, in 38:06 (media 3:48), due minuti abbondanti prima di Serena Borsari (F 35, Victoria Reggio), a sua volta davanti mezzo minuto alla formiginese Laura Ricci (F 40). La 49enne Sonia del Carlo, reduce da un brillante piazzamento alla maratona di Rimini domenica scorsa, si è aggiudicata il platonico titolo delle F 45: platonico perché erano previste premiazioni (come nei trail) alle sole categorie degli Under e degli Over 50, e dunque tra le F 50 ha prevalso Sonia Donnini, settima donna sul traguardo, preceduta dalla bella e simpatica Fatima Rakhssane che ieri pomeriggio era a Sassuolo (e infatti Italo Spina l’ha privilegiata nelle foto), e da Melissa Pezzini (Centese), addirittura diciassettenne.

Gara a sé hanno fatto gli 84 ragazzi delle scuole, mentre per i  circa 650 non competitivi il giro si è svolto in tutta serenità, appena accarezzato da 2-gocce-2 di pioggerellina, attraversando la vicina Staggia (patria del filosofo-eremita Pietro Zanfrognini che studiò con Carducci e fece combutta con Delfini), costellata da ville o meglio castelli, alcuni ristrutturati dai Serbelloni-Mazzanti-Viendalmare che vi abitano, ma altri con l’erba e gli arbusti che crescono.

Stavolta il mio prevalente compagno di corsa è stato Werter Torricelli, originario di queste parti, enologo, reduce dalla ecomaratona di Radda in Chianti sabato scorso, che alla media dei 5:50 (arrivando sul traguardo, ci ha superato a razzo il primo dei competitivi, partito mezz’ora dopo di noi) mi ha spiegato la vera ricetta del lambrusco rosato. Il discorso cadeva a proposito, dato che abbiamo sfiorato la prestigiosa cantina Cavicchioli, che oltre tutto forniva la bottiglia di lambrusco-premio per noi che avevamo pagato 2 euro d’iscrizione (cioè conveniva comprare 100 pettorali per farsi la scorta di vino sottocosto; e infatti ho visto persone, altre volte restie a pagare il pettorale, andarlo orgogliosamente a consegnare al camioncino che distribuiva il malloppo). Insomma, a differenza di una maratona del Prosecco dove il Prosecco era solo nel nome, qui il lambrusco c’era, e di gran nome. Per gli astemi, eccellente il tè del ristoro finale e intermedio, dove si dava anche la possibilità di pucciarci dentro due biscotti contenuti in un bicchiere.

Abbondante anche la premiazione finale delle società, dove la più numerosa è risultata, manco a dirlo, il Cittanova con 62, davanti a un nome nuovo (per una realtà comunque storica) dello Sport Insieme di Formigine con 46 e al Finale Emilia di Ottavio&Antonella, e perfino di Michele Maria Marescalchi, con 37. E siccome i cronisti dallo scarso possesso lessicale straparlano spesso di gradini del podio quando in genere c’è il cassone di un camion se va bene, qui il podio c’era davvero, e lo speaker era Luposport che da queste parti trae la sua origine (e ha addirittura stampato il suo secondo libro autobiografico, ed è persino diventato regista di un film sul podismo che presenterà a breve).

Adiacente al campo sportivo in erba sintetica, c’era un ampio spogliatoio con docce, cosa non frequente in questo tipo di gare: bravi Comune, Polivalente San Prospero e Vincenzo Mandile per l’Uisp (col supporto di Simona Neri per gli arrivi).
Un po’ di malinconia mi prende quando, sulla strada del ritorno poco fuori San Prospero, oltrepasso la storica trattoria del Cristo, attiva dal 1650 al 2018 o giù di lì: ci veniva a bere Carducci (che secondo una lapide, concepì le “Odi barbare” sotto l’effetto del lambrusco). Invece oggi siamo quasi alle rovine delle terme di Caracalla, “un desio mesto pe’l rigido aere sveglia – di rossi maggi, di calde aulenti sere – quando le donne gentili danzavano in piazza… - un desiderio vano de la bellezza antica”.

1° aprile – Il memorial Giuliano Lamazzi, cordiale e non dimenticato atleta della Podistica Sassolese, quest’anno si è spostato nell’accogliente parco Vistarino e nell’adiacente parco Ducale, che dal Covid in poi sono diventati la sede pressoché unica delle corse sassolesi, tutt’al più allungate (come oggi) verso il parco fluviale del Secchia, fino a raggiungere la distanza massima dichiarata di 10 km, che i Gps hanno ridimensionato a 8,400.

Il nome "Canalette" va spiegato ai non sassolesi (infatti a me l'ha spiegato capataz Evaristo): sono quei minifossatelli nella piazza centrale di Sassuolo, per lo scolo dell'acqua piovana. Da qui nacque il nome di una delle prime gare locali, che inizialmente si svolgeva lì, poi si è pian piano allontanata dal centro fino ad essere ormai stabilmente fuori Sassuolo, tra lo Sporting e San Michele dei Mucchietti. A questo si aggiunge però il nome di "Canalette" assegnato a una palestra-centro sportivo di Sassuolo, da cui è nata l'idea di un'altra corsa podistica (questa), alla cui realizzazione ha però collaborato la Sassolese di capataz Evaristo che ci ha aggiunto la commemorazione del suo defunto atleta Giuliano. Dunque, adesso a Sassuolo ci sono due corse delle Canalette, questa è la seconda (e sicuramente la secondaria).

Bella giornata primaverile, con temperatura fino a 18 gradi, e procedura di iscrizione abbastanza singolare, a offerta libera, senza consegna di pettorale, ma col ricevimento a un km dalla fine di un tagliandino grazie a cui si poteva accedere al premio finale, un gadget oppure un libro dismesso (in questo parco ha sede la biblioteca comunale). Ho scelto questo e mi è toccato Assassinio al Comitato Centrale di Vazquez Montalban (prezzo, lire 14mila): dalla copertina leggo che l’ucciso è il segretario del partito comunista, e per sapere chi è l’assassino occorreranno 287 pagine. Basterebbe sottoporre il problema all’intelligentsia che durante la settimana si esibisce nel salotto di Lilly Gruber, per spostarsi nel week end sui salotti della Rai, per imparare senza nessun dubbio che l’assassino è La Russa, coi soldi di Silvio, e Giorgia a far da palo; mentre Montalban (a quel che leggo a p. 143) deve individuarlo tra “espulsi o espulsori dal Partito Comunista, segretari generali di tutte le sinistre in pellegrinaggio a Santiago de Compostela, venditori di articoli di ‘El Paìs’ al mercato nero, una ragazza di Siviglia…” e così via.

E via anche noi per i parchi, attesi al traguardo da Italo Spina (che consolo per la diffida da lui ricevuta da parte di certi Avvocati Riuniti per aver pubblicato più foto di quelle consentite da una onorata società tenutaria dei diritti di immagine: l’Ordine dei Giornalisti garantisce che, su suolo pubblico, vietare di fotografare è una pratica illegale); Italo unico a non correre, mentre la sua famiglia è tutta attivissima in scarpette, e nella lotta sorellicida forse Cecilia prevale su Margherita, ma chissà se entrambe sono passate dallo stesso giro di boa.

La mia sgambata si svolge invece quasi tutta con Ettore Roteglia, che forse non vedevo dai tempi del Covid, e ricorda infatti quando a Monchio, in una delle rarissime gare del 2020 disputate nel modenese, rassicuravo i colleghi della insussistenza e invalidità dei decretini sullo sport da fare solo “in prossimità”, e li informavo sull’esistenza di corse in giro per l’Italia cui si poteva partecipare, alla faccia di Conte e del roseo animale partenopeo. Roteglia dice di aver preso un cartellino da tennista professionista, così ha potuto scorrazzare anche lui senza paura.

Da quei tempi cupi usciamo parlando delle gare più belle corse in carriera, mentre a rinfrescarci la gola provvede un doppio ristoro fornito anche di ottimo tè verde, che ritroveremo al traguardo): Ettore confessa un debole per la maratona di Praga (corsa 22 volte), e la sua commozione per l’alba durante la maratona di Honolulu, e il saluto di papa Giovanni Paolo II alla partenza della maratona del Giubileo, capodanno 2000 (la sera prima io corsi la prima maratona di Assisi). Si passa anche da via Cirillo Mussini (il primario ospedaliero che fondò l’Atlas Concorde e seppe espanderla anche oltre Oceano), e il discorso si sposta sui grandi padri delle ceramiche e della prosperità sassolese (gli "zii" di Simone Gradellini, pure in gara), che oltre tutto hanno sponsorizzato pure l’ascesa del podismo in zona, dalla Fiatona del 1974 ad oggi.

Mentre lungo il giro ci si incontra colla famiglia Micio/Lorella Cenci, colla dinasty cioccolatiera dei Bandieri, col pellegrino della Via Lattea Lucio Casali, con Lady Emilia della Guglia, che domani esordirà a Russi (“ma è vero che è così brutta?”), coi due ex indiani Rambo e Mastrolia, con la bella coppia tosco-emiliana che vedete nel collage di copertina. Insomma, con la solita brava gente, aliena dal cronometro ma vogliosa di respirare l’aria nuova di quest’anno che promette cose buone per tutti.

26 marzo – Inserito al penultimo momento nel calendario del podismo modenese 2023, questo “Gir” che nel nome dialettale conserva una tradizione degli anni eroici delle “maratone popolari” ha radunato un notevole numero di amatori non competitivi, che al modicissimo prezzo di 2 euro (con aceto balsamico locale in premio) hanno potuto scorrazzare su percorsi dai 4,5 ai 15 km abbondanti, totalmente esenti da traffico grazie all’ampio dispiegamento di vigili, protezione civile, ex carabinieri.

Un tempo era una gara Aics, cioè l’Eps dei socialisti, ideata dal circolo Turati; adesso il Turati si è appoggiato al CSI e a noi va bene lo stesso, soprattutto in una terra come Nonantola dove è nato il primo comunismo della storia, gestito dai frati benedettini di ascendenze longobarde: che appunto, già ai tempi di Carlo Magno, curarono la bonifica delle paludi tra Modena e Bologna, e le terre redente le diedero ai “partecipanti”, ma solo in concessione temporanea con una rotazione che avveniva per sorteggio.

Nessuna meraviglia dunque che qui don Camillo e Peppone vadano d’accordissimo, dato che Nonantola è feconda produttrice di preti di sinistra (come quel don Vitt prete operaio più o meno coniugato, che morì in una immersione da sub in costa Azzurra), di professori -esse cattolici che finivano invariabilmente eletti nei più alti ruoli politici in quota PKK, e di onorevoli progressisti che (a parte qualche incidentino giudiziario o elettorale) hanno luminosamente servito il Popolo.

Il più fresco tra gli onorevoli locali, che vanta persino un passato da maratoneta, non l’abbiamo notato, ma certo oggi le corse d’élite portavano altrove, anche i fotografi soliti, dei quali qui non si è vista traccia: alla mezza di Reggio dove si vinceva un panettone buono ancora per 5 settimane; alla maratona di Rimini dove i non competitivi come Giangi si sono dovuti pagare il ristoro ma alla fine hanno ricevuto un buono pasto presso il Conad; sul lago di Garda, o alle mezze di Vigevano e di Orzinuovi, senza citare vari trail.

Proprio a Orzinuovi due anni fa (ma era di maggio) avevo fatto gara con Angelo Giaroli, il reggiano che come altri della sua provincia oggi ha snobbato il ‘suo’ panettone e si è ritrovato qui a Nonantola, indossando la stessa maglia nera della Milano Marath-one su cui (guarda caso, ma mi sembrava ideale per il clima d’oggi) avevo puntato pure io. E se c'è Giaroli, non può mancare Cuoghi; e se siamo a Nonantola, ci sono Mauro Zoboli e perfino Paolo "Paletta", grande alpinista e trailer che per mesi tentò di insegnarmi come si fa il bulino e il Prusik, ma io più in là della ciaparina non arrivo. Ci sono i fratelli Baldini (intesi come Morena e Loriano) e c'è Lolo Tiozzo appena tornato da Gerusalemme (st'altro anno vengo anch'io, e se mi colpisse la tentazione di tornare a Bologna, legatemi).

Via ufficiale in modico ritardo (curiosamente, il programma preannunciava la “partenza dalle ore 9 alle 9,10”, diffidando senza troppo successo dalle partenze anticipate); dopo 7 km di stradette rettilinee più o meno nel deserto, che a Maurizio Cenci ricordano i drittoni infiniti nella maratona della sua quasi omonima Mauritius, si entra “nel tenimento della Partecipanza” (così il volantino), percorrendo (solo noi dei 15 km, in netta minoranza) prima un argine erboso, poi 800 metri di bosco, poi un altro argine, fino al ristoro unico, di sole bottigliette d’acqua che vanno in gran parte sprecate (salvo che da persone civili come la famiglia Rossetto che se le tengono in mano fino al traguardo).

Altro rettilineo, questa volta contornato da alberi, poi per finire strade sterrate fino al rientro in paese con relativo asfalto e persino cinque gradini in prossimità dell’Abbazia (visita guidata gratuita al Museo).

Una signora in là con gli anni offre una definizione della corsa come “caduta controllata”, che non è malvagia; lo speaker annuncia, verso le 10,30,  che il ristoro finale è di sola acqua perché i succhi di frutta sono finiti (è il destino di chi fa il lungo in queste corse, e soggiace all’ingordigia dei partess-premma e dei brevicorrenti). Ma non manca a nessuno l’aceto balsamico, che si aggiunge alle decine ricevute nelle gare precedenti (ma per due euro cosa volete?); sono ampie le premiazioni di società, dove il Cittanova riprende a prevalere. Insomma, accontentiamoci di questo sano relax senza classifiche individuali, in una mattinata decisamente risparmiosa, a suo modo ideale.

19 marzo – In una domenica ricchissima di eventi podistici a distanza di poche decine di km nella stessa regione (per dare un’idea, le mezze maratone di Novellara, Ravenna-Porto Fuori, Colli Bolognesi e della stessa Imola, a una decina di km di distanza), ricorre anche la 98^ edizione della Sagra del raviolo (o, come dicono altrove, della raviola dolce: pasta frolla, mostarda, rosso alchermes, spolveratura di zucchero, cottura al forno), che si tiene sempre per San Giuseppe, al termine delle Quarantore di adorazione (infatti circola il motto “ora et raviola”). A differenza di quanto appare in qualche sito web, è il Team Try It Asd collegato al negozio imolese di articoli sportivi, e "concept store della salute" https://www.tryit.bio/, in collaborazione col Comune e la Proloco di Casalfiumanese, a organizzare questo “short trail”, per una lunghezza programmata di 15,4 km con 550 metri di dislivello, più un’altra distanza di 10 km non competitiva.

Di competitivi ne sono venuti un centinaio (altrettanti, e forse di più, quelli cimentatisi nel tracciato minore, tra cui ci siamo rivisti col vecchio compagno di una maratona a Venezia, Paolo Salvatori): in campo maschile c’è stato un arrivo a pari merito nello stesso tempo di 1.07:46, per Mattia Reggidori (cui è stata assegnata la vittoria) e Jacopo Mantovani. Molto staccati gli altri, col terzo Luca Farolfi a 3’15” dalla coppia regina.

Nessun dubbio per la vittoria femminile, che si poteva dire assegnata già sulla linea di partenza: con un decimo posto assoluto in 1.22:55 (ma primo assoluto tra gli over 50, maschi compresi) la statistica (nel senso di prof) reggiana Isabella Morlini ha inflitto oltre 11 minuti alla seconda (e prima “under” femminile), Michela Sturla, che a sua volta ha preceduto di 50” la terza, Chiara Marenga. Da aggiungere che il compagno di squadra di Isabella in Atletica Reggio, Salvatore Franzese, pochi km sotto vinceva in contemporanea la maratonina di Imola in 1h12'04, precedendo Lorenzo Lotti  (1h12'23). 

Primo “over” 50 maschio è Mauro Abbate, 18° assoluto in 1.28:36; 98 i classificati, di cui 31 donne, e l’onore di chiudere gli arrivi al sassolese Enrico Mussini, cognome pesantissimo di qua e di là dal Secchia, di qua e di là dall’Oceano. Ma il “Tricolore” Paolo Giaroli (l’elargitore delle spugne calde alla maratona di Reggio) era già arrivato da 12 minuti.

Nelle retrovie, ci siamo gustati i panorami, affascinanti e un po’ paurosi dopo il 9° km, quando separati i due percorsi nel punto più basso (alla stessa altitudine della partenza-arrivo), quelli del lungo sono stati avviati su calanchi tra San Martino in Croara a Baladelli di sopra, con sentiero a tratti molto sottile, in prossimità della terza salita principale, che intorno al km 11,5 ci faceva superare quota 300 metri (dai 120 metri della partenza) e ricordava un po’ certi passaggi del trail estivo di Sala Baganza (esagerando, diremmo anche la salita alla Punta Parrot nel gruppo del Rosa).

Con Angelo Giaroli (arrivato mano nella mano col sottoscritto, ma avvantaggiato di un misterioso secondo dal chip a discovolante) ci chiedevamo se almeno la Morlini osava correre in quel tratto: ma al traguardo l’interessata ci ha risposto di no (d’altronde, perché rischiare la pelle, con quel vantaggio?). Decisamente più innocue le prime due salite, che ai km 5 e 6,5 ci hanno portato alla solita quota 300, prevalentemente su strade carraie a parte due strappi sentieristici. Ma senza dubbio le bellezze maggiori le abbiamo gustate nel lungo falsopiano-discesa dopo il km 12, in prevalenza su sentiero, con sguardo a destra verso Borgo Tossignano teatro di storiche battaglie nell’ultima guerra, dovendo infine noi combattenti del 2023 subire l’ultimo colpo basso della risalita, a meno di un km dal traguardo, verso il centro antico di Casalfiumanese, su un ‘muro’ scivoloso che ci ha costretti ad aggrapparci agli alberelli (noi, non la Morlini!).

Perfette le segnalazioni del tracciato e la presenza degli sbandieratori; due i ristori con bevande, integratori, frutta e dolci caserecci; con l’aggiunta del pasta-party finale compreso nel prezzo di 20 euro (più la cresta della società intermediaria), e goduto nell’affollatissima piazzetta adiacente al traguardo. Lunghe le code per ottenere il sospirato cabaret, tranne per noi trailer che avevamo una fila privilegiata (che a me è costata meno di dieci minuti d’attesa).

Anche il parcheggio era gratuito per noi (mentre i festaioli comuni pagavano 2 euro), e nell’adiacenza degli spogliatoi (anzi, “spgiatoi”) dove mi sono gustato una doccia caldissima. Non restava che aspettare le 16, con lo storico lancio dei ravioli dal campanile, e darsi appuntamento per i trail e le maratone romagnole che da domenica prossima cominciano ad affollarsi. E il prossimo autunno non dimenticheremo il TRAIL DEL MARRONE, che lo stesso team Try.it allestirà nella vicina Castel del Rio.

12 marzo – Il nome di Albareto (che ad essere onesti, non avrebbe molti motivi di eccellenza paesaggistica per emergere, e storicamente ha avuto l’abitante più illustre in Dino Grandi conte di Mordano, che qui impiantò una fattoria modello) ricorre abbastanza spesso su queste pagine, grazie all’attivismo della locale polisportiva e di altre associazioni che riescono a mettere in piedi almeno tre corsette l’anno, cui si aggiungono quelle di Modena nord o di Bastiglia-Bomporto che finiscono per calpestare le stesse strade, tra l’ex ferrovia di Mirandola e l’ex canale navigabile con cui i duchi andavano in Bucintoro fino a Venezia, e oggi è abitato dalle simpatiche nutrie sfuggite agli allevamenti di castorino (qualche anno fa si organizzò qui anche una “Corsa della Nutria”, per tributare un risarcimento a questo diffamato e socievole mammifero).

Veniamo a oggi: in una domenica tanto ricca di corse competitive in regione e appena più in là, ad Albareto vanno quanti avevano saltato per pioggia Rubiera due settimane fa, o hanno programmato una domenica di “scarico” dopo le maratone di Busseto o Bologna, e prima di rituffarsi nel calendario di mezze e di maratone che da oggi in avanti ci accompagnerà fino a giugno. Ben 5 percorsi, dai 3.5 ai 13; un solo ristoro, dopo 6,5 km, proprio mentre Giancarlo Greco diceva che l’unica cosa decente alla maratona di Bologna erano i ristori. Qui, in più, c’era il tè tiepido, come pure al traguardo, dove ci attendeva anche (per il misero corrispettivo di due euro) una confezione di crescentine e un vasetto, nonostante il titolo, non delle mimose dall’odore di strinato, ma delle più profumate viole, elargite anche ai maschiacci.

Oltre a questo, una larga premiazione delle società, dove il Cittanova ha ripreso a vincere con 153 iscritti (che poi proseguiranno per il pranzo sociale, dove i prosciutti vinti durante l’anno saranno ben sufficienti a sfamare un reggimento), ma deve cominciare a guardarsi dal contagioso entusiasmo di Mohamed Moro che ha portato qui ben 78 “Runners & Friends”; e chissà quanti dei 101 scolaretti iscritti proseguiranno nella carriera pedestre. Il fotografo Nerino appositamente venuto dal reggiano (come Paolo Giaroli), ha ritratto pure una discreta quantità di sassolesi, carpigiani e mirandolesi, l’immancabile Giuseppe Cuoghi che si sta preparando per correre attorno a un lago trentino, nonché la neo-adepta di Podisti.net Morena Baldini (che non è la sorella di Stefano, come mi ha chiesto qualcuno, ma di Loriano, e gravita nell’orbita del Cittanova).

Ben organizzato il parcheggio adiacente al ritrovo, anche perché non eravamo legioni (comunque 1228 certificati, più del doppio che a Rubiera); un po’ difficoltosa l’uscita per la manovra da fare a causa di uno spartitraffico installato piuttosto a capocchia.

Partenza “abbastanza” di gruppo (voglio dire che eravamo forse metà degli iscritti ad aspettare il via, cosa sempre più rara in questo genere di camminate); nell’attesa, si scambiano impressioni su Bologna con due impegnati nella 30 km, il banchiere Claudio Morselli e mamma Francesca Braidi (un cui figlio oggi è impegnato a Gubbio nei campionati nazionali di cross), e con l’altra mamma, nonché presidente, Emilia Neviani, che a Bologna si è sacrificata sui 21 per accompagnare l’amica Lorena al traguardo.

E si va puntuali, con un discreto sole e 16 gradi di temperatura, lungo percorsi che le nostre scarpette conoscono a memoria incluso il sottopasso della collina del disonore, perforata, con grande acume ecologico, dalla TAV. Giancarlo Greco ripete che i bolognesi dovrebbero fare uno stage a Reggio per vedere come si organizza una corsa, e quanto al suo Sassuolo calcio garantisce che oggi a Roma non farà lo Scansuolo come contro col Milan l’anno scorso (e i fatti gli daranno ragione). Mentre Lucio Casali, dopo aver fatto migliaia di km in pellegrinaggi (compreso l'intero cammino di Santiago) ha deciso di presentarsi, finalmente, a quella (per lui) quasi-tapasciata che è il Passatore, ma non capisce bene come andrà con la nuova partenza a onde che lo relegherà in fondo al gruppo stanti le sue scarse... referenze (per chi non sa che faceva Cesano Boscone in 2.59:59). 

A sbandierare a un incrocio c’è il Ross Brevini, di cui qualcuno ricorda la notte fantozziana in un albergo di Klagenfurt, conclusa dallo sprint in pista con William Mazzi prima di tornare tutti sul pullman della speranza capitanati da Zavatta (una volta imbarcammo pure noi una piacente clandestina sui 30 o poco più, si chiamava Jovanka o Maruska o Soljanka o giù di lì, non aveva documenti e alla frontiera si nascose sotto una coperta da letto).  

Su quei pullman veniva anche Roberto Mundici, classe 1959, esponente di una famiglia di tre generazioni di podisti: adesso non corre più, ma tiene fede alla sua qualifica di pensionato attivo e di Umarell (come recita il suo biglietto da visita) facendo il volontario al centro per la vaccinazione Covid, dove peraltro sono più gli impiegati che i clienti. Però, onore a lui.

Ultimi commenti dei lettori

Vai a inizio pagina