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Maurizio Lorenzini

Maurizio Lorenzini

appassionato di atletica, istruttore Fidal e runner

Mercoledì, 19 Febbraio 2020 21:37

Dove correre, le principali superfici

Si discute spesso su quale fondo sia meglio correre: in realtà ogni superfice ha le sue caratteristiche, vantaggi e svantaggi. Poi chiaramente dipende dalle preferenze e dalle disponibilità: chi vive in montagna in genere non ama l’asfalto, forse anche solo per abitudine; viceversa che vive in città può trovarsi a disagio nel percorrere sentieri o strade sterrate, magari con fondi irregolari.

Proviamo ad elencare le superfici più note e comuni, analizzando sommariamente le loro caratteristiche.

La corsa su asfalto: è oggettivamente la superficie più comune, perché la trovi un po’ ovunque, anche se non sempre fruibile perché generalmente utilizzata per il traffico veicolare, salvo non si tratti di strade secondarie oppure di una gara ed allora (sperabilmente) è riservata solo a chi corre. In considerazione del fondo su cui si corre è l’ideale per gli allenamenti di qualità (ripetute, variazioni, ritmi medi) oppure se si vogliono i confronti col cronometro e bisogna preoccuparsi solo di spingere forte. Tuttavia bisogna considerare che proprio questa rigidità della superficie se da parte consente di ottenere la miglior risposta possibile, dall’altra sottopone tendini ed articolazioni ad un maggiore stress, oltre a portare, nel medio e lungo termine, ad una riduzione della sensibilità dei nostri piedi, che appoggeranno sempre allo stesso modo.

La corsa su fondi erbosi: correre su queste superfici è certamente più faticoso, gli appoggi sono generalmente più morbidi e si perde molto in termini di restituzione dell’energia, nella fase della rullata e della successiva spinta. Altrettanto vero che le caviglie sono sottoposte ad un lavoro supplementare, ma è proprio questo il motivo per cui …. vale la pena correre sui prati di tanto in tanto; c’è una caratteristica fondamentale che tutti quelli che corrono (non importa a che livello) dovrebbero sviluppare, la propriocettività, ovvero la sensibilità del piede di adattarsi in relazione al terreno su cui si appoggia: una caratteristica che, oltre a farci correre meglio, ci permetterà entro ampi limiti di correre sui fondi più svariati senza particolari problemi.

Sicuramente è meglio evitare i campi lavorati dalle macchine agricole: disseminati di solchi e buche rappresentano una considerevole insidia per caviglie e ginocchia.

Il mio non è necessariamente un invito verso le corse campestri, specialità che peraltro rappresenta un ottimo modo per potenziarsi dal punto muscolare nel periodo invernale, ma di non evitare a tutti i costi la corsa “fuori strada”. Se qualcuno ha avuto modo di assistere a gare o allenamenti in pista avrà notato che dopo le prove gli atleti tolgono le scarpe, spesso chiodate, e finiscono la seduta correndo a piedi scalzi sull’erba. Non è una buona idea solo per gli atleti, ma per tutti; e non è necessario disporre di un campo di atletica, basta un prato anche di dimensioni contenute.

Sterrato e sentieri: per molti aspetti sono le migliori superfici su cui correre, a condizione di essere discretamente regolari. Su sterrato, al momento del primo appoggio, il piede «scivola» di qualche millimetro, non troppo per perdere equilibrio e stabilità ma abbastanza per ridurre l’impatto al suolo, una sorta di ammortizzamento naturale.

Su sterrato è ovvio che si corre più piano, a parità di sforzo (indicativamente si perde da 2-3 a 10-15 sec/km, in relazione al valore atletico del runner), ma non ha molto senso fare un confronto cronometrico tra asfalto e sterrato, quantomeno a livello amatoriale.

I sentieri, magari boschivi, sono una bella opportunità per correre lontano dalle strade e dal traffico, specialmente nel periodo estivo; il fondo è generalmente più morbido quindi, così come sull’erba, fanno “lavorare” maggiormente le caviglie, si acquisisce una migliore elasticità muscolare. Da non trascurare l’aspetto mentale, perché secondo la scelta dei posti diventa una vera e propria corsa nella natura, sarebbe il caso di lasciare a casa il cronometro e godersi quello che ci sta intorno. Possono essere utili delle scarpe più protettive, in particolare dotate di un grip più consistente per avere sempre una maggiore stabilità negli appoggi.

Tapis roulant

Piove? Fa molto freddo? Ecco una soluzione per correre comunque. Personalmente intendo la corsa come sport da esterno (fatta eccezione per le gare indoor), quasi in qualunque condizione, tuttavia posso capire chi integra i propri allenamenti anche su “tappeto mobile”.  

In questa condizione la corsa dovrebbe risultare più facile, perché non si deve vincere la resistenza dell’aria e la strada (il nastro) “ci viene incontro”; il fondo è più morbido dell’asfalto. Si possono simulare degli allenamenti in salita, impostando la pendenza desiderata, una buona idea per chi vive in pianura: anche se in realtà un cavalcavia lo si trova sempre.

La corsa su tapis roulant può essere, in determinati casi, un modo efficace per integrare e in (minima) parte sostituire la corsa su strada. Però, secondo le mie preferenze, andrebbe limitata ad alcune occasioni particolari, perché mancano tante cose alle quali non vale la pena rinunciare; il percorso che cambia sotto i piedi, il paesaggio che ti sta attorno, si riduce l’istintività del gesto atletico (non ci sono curve e nemmeno salite e discese che magari non ti aspetti), è difficile correre a lungo perché è noioso. Infine, si corre in ambienti chiusi: a parte ogni considerazione sulla salubrità dell’aria che si respira (e correndo si iperventila mica male) lo trovo in contrasto con lo spirito di questo sport.

La corsa in pista: ecco un contesto al quale sfugge la maggior parte degli atleti amatoriali, eppure ci sono diversi vantaggi a correre sul tartan, almeno occasionalmente. Intanto, sarà banale, ma si corre in un luogo sicuro, nessun rischio di investimento auto, magari solo … con altri runner. La pista è certamente precisa in termini di distanze, per cui quando vogliamo testarci questo è il posto migliore per farlo, e magari avere delusioni dopo essersi illusi in una gara su strada non correttamente misurata (succede, eccome se succede). Ideale per i lavori brevi, tipo ripetute almeno sino ai mille metri, ideali per migliorare la propria potenza aerobica, quindi aumentare la cilindrata del proprio motore. Il fondo è particolare, fatto da materiali sintetici a base di poliuretano, che rendono la superficie molto morbida, elastica e reattiva, ma non è così semplice sfruttare appieno queste caratteristiche ed è proprio questo un altro buon motivo per correrci sopra.

Ci sarebbe altro da dire sulle superfici dove correre, corsa in acqua, sulla sabbia, ma fermiamoci alle più comuni.

Ovviamente i differenti fondi su cui corriamo richiederanno diverse calzature. Indicativamente sull'asfalto se si dovrà correre a lungo meglio privilegiare la protezione, a meno di non dover fare prove corte e veloci. Pista, e sopratutto tapis roulant, sono superfici più morbide, vanno bene scarpe relativamente più leggere; lo sterrato, sopratutto se un po' sconnesso e/o bagnato, richiede scarpe con un buon battistrada.   

In conclusione, il suggerimento è di variare il fondo su cui correre, adattando con gradualità le proprie caratteristiche alle diverse superfici. Se l’asfalto ci rende più veloci, la corsa su altri terreni ci renderà più agili e reattivi; se si riesce a trovare un buon compromesso, distribuendo con attenzione le nostre uscite, ne trarremo notevole beneficio ovunque ci troveremo a correre.

Le precedenti puntate:

cosa-succede-quando-si-corre 

qualche-idea-per-correre-meglio

la corsa quali scarpe scegliere

 

 

Martedì, 18 Febbraio 2020 23:56

Recensione scarpe: New Balance 1080

Se esistono i veicoli “multi purpose”, quelli con i quali si dice si possa andare ovunque, anche nel settore del running si possono trovare scarpe che vanno bene un po’ in tutti i casi, dalle corse brevi a quelle lunghe, per i podisti leggeri e per quelli che si portano dietro diversi chili. La New Balance 1080 raggiunge bene questo difficile compromesso. Intendiamoci, non esistono scarpe miracolose, leggere, reattive, resistenti all’usura, ammortizzanti, anti pronazione ….tuttavia la partita che giocano sempre di più i brand è basata sulla realizzazione di scarpe che vadano bene (quasi) per tutti gli usi. In realtà la soluzione per chi si trova di fronte alla scelta (quali scarpe) è semplice: dotarsi di due paia di scarpe, da utilizzarsi in relazione all’allenamento o gara che si deve affrontare in quella data uscita.

Resta il fatto che la maggior parte dei chilometri andrebbe fatta con la scarpa che ci protegge maggiormente, in questo senso la 1080 corrisponde bene a questa specifica esigenza.

Una scarpa nata nel 2011 e giunta alla decima edizione, infatti la sigla completa (1080V10) comprende il numero 10; si tratta già di una discreta longevità in un settore che corre più veloce degli stessi runner, sfornando nuovi modelli senza soste.  Scarpa da allenamento, da lunghe distanze, per chi comincia a correre; realizzata per dare innanzitutto un grande confort durante l’utilizzo. Un drop equilibrato (8 mm), lo stesso della precedente versione; invece totalmente nuova l’intersuola, si chiama Fresh Foam X, rispetto a prima c’è solo una X in più, ma assicuro che la differenza è notevole, ci si accorge già dopo pochi passi. Nuova anche la tomaia, realizzata in tessuto knit, elasticizzata nei punti dove potrebbe creare problemi di attrito, da ciò risulta un’ottima aderenza complessiva al piede; aggiungo che il materiale con cui è realizzata dovrebbe certamente ridurre l’assorbimento dell’acqua in caso di pioggia. Caratteristico il rialzo a punta in corrispondenza del tendine di Achille, l’intendimento è probabilmente quello di ridurre i fastidi in quella parte. Più leggera delle precedenti versioni, fornisce anche una notevole sensazione di morbidezza, tuttavia mantenendo un’ottima stabilità nella corsa. Completamento nuova la suola, un design innovativo rispetto non solo al modello precedente (V9), ma anche a confronto con altri prodotti. Si nota, tra le altre cose, la differente colorazione nei punti di maggiore usura, maggiormente rinforzati. Non è sempre facile capire le scelte dei produttori ed allora facciamo la cosa più semplice: usiamo le scarpe e cerchiamo di capire se vanno bene. Per queste 1080 posso confermare che la tenuta è molto valida su fondi viscidi, bagnati o lievemente irregolari.

Un occhio di riguardo anche al look per questa nuova 1080, un elemento a cui un po’ tutti i brand fanno sempre più attenzione, non sempre ricordando che “dentro e dietro” un look ci deve essere soprattutto una buona scarpa.

Infine, un dettaglio tecnico che ha sempre contraddistinto la maggior parte delle scarpe New Balance: la possibilità di scegliere diverse dimensioni in funzione della larghezza del piede. Un dettaglio che fa felici i runner dotati di pianta del piede piuttosto larga, o piuttosto stretta. Magari un po’ meno i negozianti, costretti ad aumentare la disponibilità di prodotti in stock.

Continua la corsa del nostro atleta, di stanza da tempo negli Stati Uniti, verso un obiettivo che si chiama Olimpiade. Iliass, classe 1995, vive da tempo in America, più precisamente a Syracuse, stato di New York. Sono passati poco più di due mesi da quando aveva realizzato il secondo tempo italiano di sempre in un 5.000 metri, 13:35:87, secondo solo a Yeman Crippa (13:23:99): lo avevo raccontato (leggere qui). Ed ora è arrivata un’altra grande soddisfazione per l’italiano di origine marocchine.

E’ successo ieri 15 febbraio, alla Boston University Track & Field (Stati Uniti), nel contesto di un meeting (ad invito) indoor di alto livello, cui partecipavano sia atleti professionisti che universitari. Iliass nell’occasione correva il miglio; nella sua batteria, quella con i migliori tempi di accredito, ha chiuso col fantastico tempo di 4:00:07. Gara vinta da Kieran Tuntivate in 3:57:36.

Il tempo di Iliass potrebbe rappresentare la miglior prestazione italiana in una specialità, quella del miglio (1609,34 metri), poco diffusa dalle nostre parti sopratutto in versione indoor. Dico potrebbe, perché in realtà le statistiche riportano un 4:00:00 registrato manualmente nell’ormai lontano 1973, da Gianni Del Buono.

Raggiunto telefonicamente è Iliass stesso a raccontarci la sua prestazione: “ovviamente sono felice, anzi molto felice, eppure potevo davvero fare meglio. Prima c’è stata la caduta di un avversario, che ha provocato uno sbandamento; poi è stata la volta di un rallentamento tra il quinto ed il sesto. Probabilmente in queste due situazioni ho perso poco, tuttavia arrivare a 8 centesimi da un sub 4 minuti… beh, un po’ dispiace”.

Ed ora avanti tutta verso il sogno olimpico. Questo meeting era “di passaggio”, perché la sua gara obiettivo sono i 10.000 metri, per i quali dovrà ottenere il minimo (27:28), anche se i meccanismi di selezione Fidal non sono sempre così trasparenti. Tale tempo dovrà essere conseguito entro il 29 giugno (per altre specialità sono previste altre scadenze).

Qui ci sono tutti i risultati del meeting.

https://www.lancertiming.com/results/winter20/valentine/index.htm?fbclid=IwAR2cWNQas-9PMO7FTqrKGRemJYbnGABlEXOl7b7DRK9zGsUX_xc09mi4fk4

SERVIZIO FOTOGRAFICO

16 febbraio - Con la 5^ prova odierna si è conclusa la 39^ edizione del trofeo intitolato ad Emilio Monga. Una persona forse poco nota perché lontana dai radar; eppure chi lo conosceva e gli voleva bene, ha pensato di dare continuità alla sua storia organizzando un trofeo in una specialità a lui cara, la corsa campestre. Emilio ci ha lasciato nel 1981, falciato da una macchina mentre faceva una cosa che gli piaceva: correre.

Una quinta ed ultima prova che, in campo maschile, nella prova più lunga (3 giri, pari a circa 6 chilometri), ha visto il successo di Manuel Mangili (Gruppo Alpinistico Vertovese), davanti a Francesco Tarasco (Atl Rovellasca) e Franco Zanotti (Gruppo Alpinistico Vertovese).

Nella gara femminile, con due giri, pari a circa 4 chilometri, vittoria di Alice Colonnetti (Bracco Atletica); per lei tre vittorie su tre partecipazioni all’edizione 2019-2020 del Monga. Secondo posto per Daniela Benaglia (Atl. Saletti), sempre a podio in tutte e cinque le prove. Terza Roberta Locatelli (Atl. Paratico).

Nuovo tracciato per questa prova di Pioltello, a mio avviso il migliore di sempre: tolto il lungo e noioso tratto in sterrato e sostituito con una parte da corrersi su fondo erboso. Alla fine si è corso per circa l’80% su erba, in ottime condizioni per la mancanza di pioggia da diversi giorni; fondo così compatto che si poteva rinunciare alla classiche chiodate, anche se molti, non fosse altro per abitudine, hanno continuato a calzarle.

Organizzazione a cura dell’Atlethic Team di Pioltello, ottima e ormai consolidata la logistica offerta dal Centro Sportivo.

Nell’occasione si è corsa anche la prima tappa del circuito Corrimilano 2020, di cui a breve vi darà nota Fabio Maderna.

Giovedì, 13 Febbraio 2020 12:05

La corsa: quali scarpe scegliere

Quando si corre le scarpe sono il più importante accessorio al quale porre attenzione, per prevenire infortuni, per evitare i piccoli problemi che spesso capitano se non si calzano le scarpe giuste (vesciche, annerimento unghie, etc) e, soprattutto, farci correre bene e, perché no, più forte che possiamo.

Le scarpe vanno scelte con estrema cura, devono essere quelle che fanno al caso vostro, quasi tutte le marche vanno bene, ormai la maggior parte dei produttori ha una gamma sufficientemente ampia per soddisfare tutte le esigenze.

Quali sono le caratteristiche per scegliere la scarpa giusta? Prima dovete conoscere i vostri piedi e per farlo bisogna sapere cosa succede quando si corre, avere un’idea dell’evoluzione dinamica del vostro gesto.

Come già scritto nel precedente pezzo cosa-succede-quando-si-corre possiamo dividere l’atto della corsa in tre fasi: fase iniziale, quella del primo contatto con il terreno, nella maggior parte dei casi avviene con la parte esterna posteriore del tallone. Ecco perché le scarpe nel corso della loro vita, chilometri dopo chilometri, tendono a presentare una maggiore usura in questa area.

Fase mediana, detta anche rullata: il piede effettua una rotazione verso l’interno. Nella fase di massimo appoggio si ha un movimento chiamato pronazione, di per sé è fisiologico ma deve rimanere entro certi limiti.

Fase finale, quella propulsiva. Di norma la spinta si esaurisce sull’esterno del piede.

Senza scendere troppo nei dettagli, nella scelta della scarpa giusta la componente più significativa a cui porre attenzione è il tipo di appoggio che avete. A sua volta si può dividere in tre tipi.

Neutro: ovvero omogeneo, arco plantare nella norma.

Tendente alla pronazione (lieve o pronunciata): se il piede ha un arco plantare basso potrebbe cedere eccessivamente verso l’interno nella fase della rullata.

Tendente alla supinazione: arco plantare molto alto, si appoggia molto verso l’esterno del piede

Nel primo caso le scarpe devono privilegiare protezione e ammortizzamento, non devono quindi prevedere alcun correttivo del vostro personale appoggio.

Il secondo caso è quello a cui porre maggiore attenzione, un eccessivo movimento di pronazione (cedimento verso l’interno) comporta diverse problematiche a livello del piede perché i tendini (achilleo, ma non solo) sono sottoposti ad una tensione anomala; in realtà un po’ tutto il nostro assetto risulta compromesso a livello osseo, articolare e muscolare e quindi diverse patologie sono riconducibili ad un appoggio scorretto.

Il terzo caso è piuttosto raro, non esistono in commercio modelli specifici, tendenzialmente si usano scarpe protettive, salvo quando la supinazione non sia particolarmente pronunciata (allora bisogna ricorrere a un plantare su misura).

Ecco perché è importante verificare che tipo di appoggio avete e scegliere le scarpe adatta, facendo bene attenzione a “quantificare” l’eventuale eccesso di pronazione, che deve essere corretto solo in determinati casi, attraverso un supporto posizionato nella parte mediana interna, che non è necessariamente un plantare.

Nella scelta delle scarpe entrano in gioco anche altri importanti fattori:

1) i ritmi a cui corriamo. Se siamo relativamente lenti la fase mediana di appoggio è più prolungata e favorisce un maggiore cedimento verso l’interno (possibile eccesso di pronazione)

2) la quantità di chilometri che percorriamo, sia nelle singole uscite che complessivamente.

3) i fondi su cui corriamo (pista, asfalto, sterrato, etc), che possono determinare appoggi diversi

4) il nostro peso. Se è elevato, anche se l’appoggio è di tipo neutro, abbiamo bisogno di una maggiore protezione.

Se si corre da tempo ormai si è imparato a conoscere i nostri piedi e si sa come/cosa scegliere; diversamente se le nostre esperienze sono limitate, o abbiamo ancora problemi di vario genere, rivolgiamoci con fiducia ai negozi specializzati. Sempre meglio portare dietro le scarpe usate: ad un occhio esperto il consumo delle varie parti della suola dice molto sul vostro appoggio; è una sorta di…carta d’identità podistica.

Un venditore serio vi farà domande sulle vostre esigenze e sulle vostre aspettative, vi farà testare più marche e modelli. Se così non fosse, se non vi chiedono niente, se insistono troppo su unico prodotto (o marchio), allora andate da un’altra parte, forse hanno uno stock da esaurire.

Talvolta nei negozi specializzati c’è un tapis roulant, e magari una telecamera che riprende posteriormente. È una prova “dinamica” che aiuta il negoziante ma anche voi a conoscere come correte. Se salite sul tapis roulant per la prima volta, o comunque non siete abituati, è evidente che correrete a ritmi lenti (magari anche per questioni di equilibrio), tuttavia bisogna fare attenzione, ciò spesso porta ad una valutazione non corretta della vostra postura, a ritmi lenti e magari con le scarpe sbagliate, si è un po’ tutti più “pronatori”.

Un’altra prova, di tipo statico, si può effettuare con una pedana baro podometrica. Collegata ad un computer permette rilevazioni precise, attraverso una scala a colori misura la pressione esercitata dalla pianta dei vostri piedi. Si tratta però, in questo caso, di valutazioni di tipo statico, che sono in grado di evidenziare solo difetti molto evidenti.

Per tutti questi motivi, un buon consiglio professionale può sicuramente aiutarvi.

Riassumendo:

1) portate sempre le scarpe con cui avete già corso

2) specificate bene che tipo di runner siete

3) indicate quanto correte e dove

4) cercate un negoziante che abbia tempo e voglia di ascoltarvi

Diffidate dai consigli degli amici runner, certamente sono fatti in buona fede, ma basati sulle proprie esperienze personali: ognuno ha il suo piede (e il suo appoggio): una scarpa che va bene per te difficilmente va bene anche ad altri; insomma, ogni piede ha la sua scarpa, e viceversa.

Al momento della prova prendetevi tutto il tempo necessario, indossate le calze che utilizzerete poi per correre, calzate le scarpe avendo cura di allacciarle compiutamente, fate qualche passo e diversi saltelli. Se il negoziante lo prevede, correte fuori per qualche decina di metri; provate diversi marchi, perché ognuno ha delle caratteristiche particolari di calzata (ad esempio in relazione alla larghezza della pianta del piede).

Scegliete una misura più grande rispetto alle vostre scarpe che usate abitualmente, almeno mezzo numero, ma anche un numero in più. Durante la corsa il piede si gonfia e si allunga, bisogna avere spazio per non trovarsi con dita e unghia in sofferenza, ciò accade in particolare nella corsa in discesa.

Un dettaglio “tecnico”: sentirete parlare di scarpe ammortizzanti/protettive e di scarpe reattive/performanti, ma anche di miracolose scarpe che ti proteggono e ti fanno anche andare forte. Non esistono! Una scarpa che protegge è ovviamente più strutturata e pesante, un’altra con la quale gareggiare (corse brevi) e fare allenamenti veloci è più leggera e meno protettiva, ovviamente. Ecco quindi che i brand più importanti per gli amatori (che rappresentano il 90% del mercato) sono sempre alla ricerca di una soluzione che rappresenti il miglior compromesso possibile. Per non andare in confusione e sbagliare nelle scelte, oltre ad avere ben chiaro quanto scritto sopra, una buona soluzione è quella di alternare due paia di scarpe, secondo il tipo di allenamento o gara che si deve fare.

Infine, la classica domanda, ma quanto durano le scarpe? Quando si devono cambiare? Difficile rispondere in modo preciso, di certo per le tipologie massimo ammortizzamento e stabili (le “vecchie” categorie A3 e A4) almeno 600 chilometri si dovrebbero fare (quelle intermedie e in genere più leggere, categorie A1 e A2, durano di meno. Però le variabili sono tante, riassumo le principali.

La superfice su cui corriamo, l’asfalto consuma battistrada e stressa l’intersuola più rapidamente; il ritmo a cui corriamo, più è lento e più la scarpa tenderà ad usurarsi maggiormente; se il nostro appoggio non è omogeneo; se calziamo le scarpe sbagliate; se siamo un po’ pesanti…

Però non guardiamo solamente il battistrada, potrebbe anche avere un consumo omogeneo (determinato da appoggi neutri) anche dopo 7-800 chilometri, invece l’intersuola potrebbe aver perso gran parte della sua capacità di ammortizzare. Infine, “sentitevi”; nel corso degli anni chi corre avrà una sensibilità sempre maggiore, e facilmente si accorgerà da solo quando è il momento di cambiare scarpe.

Le precedenti puntate:

cosa-succede-quando-si-corre 

qualche-idea-per-correre-meglio

 

Come ormai da diverse edizioni il campionato brianzolo passa queste parti, più precisamente al Parco Aldo Moro, un’area davvero ben riqualificata nel corso degli anni, evidentemente grazie ad un’amministrazione comunale attenta ad una realtà oggi fruibile sotto tanti punti di vista.

E lo è anche per una corsa campestre; un bel tracciato di gara arricchito di elementi utili a caratterizzare questa specialità. Un ottimo fondo erboso, diverse ondulazioni, ampi spazi aperti anche agli spettatori, che possono seguire “a vista” gran parte degli atleti nel corso della gara.

Manifestazione organizzata a cura dei Gamber de Cuncuress, di Concorezzo, speaker Marco Stracciari.

Schema identico per tutte le tappe del circuito: sono sette le gare, iniziate alle 14.30 con le categorie master M50 ed oltre; distanza di 6.000 metri articolati su tre giri quasi identici. Vince, per la terza volta su quattro gare, Orazio Bottura (Gamber de Cuncuress).

A seguire hanno corso in sequenza le categorie esordienti, ragazzi, cadetti e allievi, con distanze variabili da 300 a 2000 metri.

Invece erano 3.000 i metri da percorrere (un giro di lancio più breve ed uno completo) per tutte categorie femminili e allievi/junior maschili. Tra le donne primo posto per Chiara Fumagalli (i Bocia Verano B.za).

Infine è stata la volta della gara di tutte delle categorie promesse, senior ed i master fino ad M45, anche qui tre giri per complessivi 6.000 metri. Successo di misura per Filippo Ba (Gr. Alpinistico Vertovese).

Il campionato brianzolo si articola su sette prove, per concorrere alla classifica finale individuale è necessario correrne almeno sei, invece cinque per le categorie giovanili. Già disputate, nell’ordine, le gare di Cantù, Briosco, Oggiono, l’odierna Agrate Brianza, seguiranno Monza (22 febbraio), Desio (7 marzo) e Carate Brianza (14 marzo).

Per maggiori informazioni:

https://www.campionatobrianzolo.it/

Domenica, 09 Febbraio 2020 17:09

Vittuone (MI) - 16^ mezza del Castello

9 febbraio - Buoni riscontri tecnici a questa mezza maratona, negli anni sempre più amata dai podisti. In particolare nella gara maschile sono ben tre gli atleti che hanno chiuso sotto 1:10. Non accadeva dal 2016.

Gara maschile vinta da Michele Belluschi (Grottini Team) che ha prevalso (in 1:09:28) solo negli ultimi trecento metri grazie ad un attacco sferrato nel tratto in salita del cavalcavia. Secondo Arturo Ginosa (Lolliauto), suo il tempo di 1:09:39, che costituisce il suo personal best. Credo sia stato un ottimo test nella prospettiva della maratona che correrà l'1 marzo, a Bologna. Terzo in 1:09:55 Edward Young (Podistica Valchiusella), atleta che viene dalla corsa in montagna ma che dimostra di saper correre bene anche in pianura. Appena giù dal podio Loris Mandelli (tempo 1:10:40), aficionado di questa manifestazione, che aveva vinto nel 2016 e 2018.


Rivisto in gara Tito Tiberti (Free-Zone), atleta che al via possedeva il miglior tempo di accredito (1:06:32), ma che da un po’ di tempo si è dedicato a …. far correre forte altri atleti. E con ottimi risultati, basti pensare a Francesco Puppi, campione del mondo di corsa in montagna, solo per citare il nome più noto. Qui ha chiuso in 1:14:48, giusto per non perdere l’abitudine.

Gara femminile giocata tutta in famiglia, infatti primo e secondo posto sono occupati da due Urban Runners: prevale Emanuela Mazzei in 1:21:51, davanti a Lorenza Bianchetti (1:23:34). Terzo posto per Cinzia Cucchi (Castelraider, 1:27:20).

Percorso ormai consolidato e super collaudato negli anni: piatto, veloce, nel paesaggio tipico della pianura padana. Più precisamente si corre nel parco agricolo sud di Milano, tra cascine, fontanili e risorgive. Storicamente apprezzabile il passaggio a metà percorso davanti al Castello di Cusago (da cui il nome della manifestazione), la cui costruzione risale al 1360.

Ad ulteriore pregio di questa bella mezza, non ci sono gare collaterali a “fare numero”, si corre solo la competitiva, e i podisti ogni anno apprezzano questa scelta di una gara solo per loro. Oggi sono stati 861 i classificati, per la prima volta dal 2015 si è scesi sotto quota mille arrivati: lo leggo come un calo fisiologico che ha toccato in particolare le mezze maratone, distanza molto inflazionata (quasi 200 gare in Italia nel 2019). Nello scorso anno oltre il 70% di queste manifestazioni ha perso partecipanti rispetto al 2018.

Sempre ottimo il livello amatoriale: chi viene qui sa che troverà i più forti della propria categoria, e ci viene proprio per confrontarsi ai livelli più alti. Qualche esempio: Gaetano Genovese vince la categoria M60 in 1:20:46; Leonardo Sgrò (M65), chiude al primo posto in 1:28:52. I primi 10 della categoria M55 hanno corso tutti sotto 1:30 (media 4’15/km). Tra le donne, oltre alla vittoriosa Emanuela Mazzei (F40, tempo 1:21:51), da menzionare Luisa Magni, prima della categoria F55 in 1:40:14.

Dal punto di vista organizzativo mi è parso davvero ottimo il lavoro svolto da Pietro Guerrato e da tutto lo staff dell’Atletica Vittuone. Avanti così e arrivederci al 2020.

Il servizio fotografico è stato realizzato da Racephoto, per chi ha corso c'è la possibilità di trovare ed acquistare tutte le proprie foto su Endu cliccando QUI, per tutti trovate un estratto delle immagini nella gallery fotografica di Podisti.Net QUI


 

 

Giovedì, 06 Febbraio 2020 18:30

Qualche idea per correre meglio

Nel 2014 ho coronato un sogno, quello di mettere in un libro tutto ciò che avevo imparato nella corsa (E’ facile vincere una maratona se sai come farlo, editore New Compton, co-autore Riccardo Bruno). A distanza di anni le mie conoscenze ed esperienze sono aumentate, innanzitutto come runner, e poi come tecnico (Fidal). Ho seguito e seguo un certo numero di amatori ma anche atleti di buon livello, nel frattempo sono stato in Kenya, una fantastica esperienza umana e professionale; infine, sono appassionato di atletica, dalla quale sto imparando molto.

 E’ il momento si scrivere un altro libro? Non ci penso nemmeno, è stata una bella esperienza ma più faticosa delle maratone che ho corso. Invece ho deciso di pubblicare una serie di articoli sugli argomenti principali che riguardano la corsa, riprendendo e aggiornando sinteticamente quanto già scritto nel libro; non voglio andare eccessivamente in profondità, pertanto agli occhi degli esperti i contenuti potrebbero sembrare banali, ma un ripasso potrebbe non fare male. Invece ai principianti o comunque a coloro che non riescono a migliorare il proprio running (non solo in termini di prestazioni) la lettura potrebbe risultare utile. Impossibile toccare tutti gli argomenti che riguardano il running, per ora mi limito a quelli più significativi, poi si vedrà.

Questi articoli usciranno a cadenza settimanale (generalmente a metà settimana) e verranno pubblicati su questa rivista, www.podisti.net (di cui sono redattore) e sulla mia pagina face book. Comincerò parlando di scarpe, di cosa succede quando si corre, le superfici su cui correre e poi…molto altro, confidando che a qualcuno risulti utile il contenuto dei miei scritti.

Giovedì, 06 Febbraio 2020 12:30

Che cosa succede quando si corre

Non serve una laurea in scienze motorie per fare del buon running. Sapere però che cosa avviene nel nostro corpo quando ci muoviamo, quali meccanismi si susseguono passo dopo passo, è sicuramente utile non solo come bagaglio culturale personale ma anche per dare ancora più senso ai nostri allenamenti (e magari riuscire a migliorarsi). Ecco dunque alcune nozioni di base.

Prima di tutto è bene sapere che il corpo utilizza energie diverse e attinge da serbatoi differenti a seconda della velocità.

A velocità di corsa più basse l’organismo consuma più grassi e, in minor misura, carboidrati. Via via che la velocità aumenta, cresce anche il consumo di carboidrati (necessari proprio per effetto della maggiore velocità di corsa, che implica uno sforzo maggiore. Nelle gare brevi, fino a 3-5-10 chilometri, si consumeranno più zuccheri (carboidrati), per distanze dalla mezza maratona e oltre è quasi impossibile fare a meno dei grassi, a meno di non appartenere a categorie di atleti elite. A proposito di consumi: non è difficile calcolare con una discreta approssimazione il consumo calorico quando si corre; è ancora attuale e attendibile la teoria di Rodolfo Margaria, fisiologo aostano (1901-1983), che molto semplicemente indica di moltiplicare i chilometri percorsi x il peso corporeo x 0,9. Un soggetto del peso di 70 kg, che percorre 10 km, consumerà quindi circa 630 calorie. La velocità a cui si corre incide relativamente sul consumo, semmai cambierà il mix di carboidrati e grassi utilizzati dal punto di vista energetico.

Nella corsa più si accelera, più aumenta la spinta, minore è il tempo di appoggio sul tallone e maggiore risulta il lavoro della parte mediana e anteriore del piede. A seconda dell’andatura, vi è una diversa sollecitazione dei gruppi muscolari.

A velocità moderate nei muscoli lavorano le cosiddette fibre rosse, più legate alla resistenza. Più si accelera e più entrano in gioco le fibre bianche (chiamate anche veloci, tipo II, etc), legate appunto alla velocità, o più che altro all’intensità dello sforzo ad essa connesso.

Quando sottoponiamo il nostro organismo a determinati sforzi, come appunto nella corsa, produciamo una sostanza che si chiama acido lattico. Più intenso è lo sforzo, maggiore è l’acido lattico che si crea. Entro determinati limiti questa sostanza viene smaltita, raggiunta la soglia in cui la quantità prodotta supera quella che l’organismo riesce ad eliminare, non riusciamo più ad aumentare gli sforzi (la velocità) e riusciamo a mantenere quel ritmo solo per pochi minuti.

In questo caso siamo passati da un meccanismo aerobico (presenza di ossigeno) ad uno anaerobico (assenza di ossigeno). In pratica abbiamo raggiunto il nostro limite, la respirazione è affannosa, il disagio (anche mentale) è notevole, i nostri muscoli sono ormai privi di energia. Dobbiamo rallentare molto, se non addirittura fermarci.

La buona notizia è che si tratta di una situazione migliorabile: a parità di intensità (e di sforzo fisico) in un soggetto sedentario, o poco allenato, il meccanismo interviene molto prima rispetto a un soggetto allenato. Una delle (tante) funzioni dell’allenamento è «insegnare» al nostro organismo come migliorare la capacità di smaltimento dell’acido lattico, rendendoci capaci di correre più a lungo e più velocemente.

La corsa consiste in un’azione semplice e naturale. Eppure dal punto di vista biomeccanico succedono tante cose. Ad una prima fase di contatto col terreno, di norma con la parte esterna del tallone, ne segue una successiva di appoggio con una leggera rotazione verso l’interno (in condizioni normali), infine dopo la cosiddetta rullata si compie il movimento propulsivo, in pratica quello che ci fa avanzare.

Questa è la sequenza corretta, quella di un podista che abbia una biomeccanica efficiente ed appoggi sul terreno in modo sostanzialmente neutro.

Quasi tutti nella prima fase di contatto al terreno appoggiamo di tallone (questa è la ragione per la quale di norma il consumo è maggiore, nella parte esterna, senza che ciò indichi l’immediata necessità di cambiare le scarpe). Ben diverso il discorso relativamente ai velocisti e comunque per gli atleti in grado di correre più velocemente, tipo sotto 3’30” al chilometro o anche di più. Un esempio limite viene da Usain Bolt, a cui bastavano 41 passi per correre 100 metri, dando l’impressione di non appoggiare proprio i piedi a terra.

Per correre bene servono non solo le gambe ma anche le braccia. La loro azione è più importante di quanto si creda: provate a tenerle ferme e distese lungo il corpo in un tratto di salita, anche solo per qualche centinaio di metri, e vi renderete conto di quanto è importante la loro coordinazione, ma anche la spinta con gli arti inferiori.

Il movimento delle braccia dovrebbe risultare piuttosto naturale, avanza sempre il braccio in opposizione alla gamba libera (quella che resta dietro). La flessione dovrebbe corrispondere grosso modo ad un angolo di 90 gradi. Tale angolo varia, anche sensibilmente, in presenza di salite, così come il movimento risulta più o meno accelerato in relazione alla velocità di corsa.

I pugni non dovrebbero essere mai chiusi o troppo stretti: indirettamente ciò porterebbe ad un irrigidimento della parte superiore del nostro corpo, a tutto svantaggio della fluidità dell’azione di corsa (e, inoltre, favorisce il mal di schiena). Insomma, si possono stringere i denti per la fatica (in realtà nemmeno quelli), ma non i pugni.

Per chi comincia, o corre da poco, il consiglio è comunque quello di correre nel modo più naturale possibile, non preoccupandosi troppo del proprio stile. Poi si vedrà.

Molti iniziano a correre per dimagrire. Eppure spesso il primo impatto può risultare deludente. Ad esempio perché non è sempre così automatico iniziare a fare running e perdere subito peso. Se è vero che correndo piano consumiamo più grassi, perché la lancetta della bilancia resta ferma (più facilmente al femminile)? Sono domande frequenti tra chi ha iniziato a correre da poco e il suo obiettivo principale è eliminare i rotoli del girovita o snellire glutei e gambe.

Prima di tutto, le aspettative devono essere ragionevoli. Dimentichiamo i bombardamenti della pubblicità a suon di chili che si dovrebbero perdere in pochi giorni. Si tratta invece di un processo spesso lungo ma che per fortuna fornisce risultati consistenti e duraturi nel tempo.

In più correndo (in particolare a velocità elevate, quindi con sensibile impegno muscolare) sicuramente perderemo tessuto adiposo ma lo sostituiremo con un incremento della massa muscolare, e i muscoli pesano di più (ecco perché le lancette della bilancia, soprattutto nel breve termine, potrebbero addirittura tendere a salire piuttosto che a scendere).

Inoltre, semplificando al massimo, noi perdiamo peso in relazione alla quantità di massa grassa di cui disponiamo. Se, a prescindere dal nostro peso, ne abbiamo poca… ne perderemo poca. Questa è la ragione per la quale può capitare che una persona già magra perda ulteriormente peso ed una con un peso superiore fatichi a dimagrire. La certezza è che con la corsa acquisiremo una notevole efficienza fisica, un senso di benessere unico, anche a livello mentale; e aumenterà la velocità del nostro metabolismo, la chiave di molto, se non tutto. E, quando ci sederemo a tavola. potremo toglierci qualche soddisfazione in più, senza complessi di colpa. Insomma…correre per dimagrire? No, per stare meglio, ma anche togliersi qualche soddisfazione in più, una volta seduti a tavola.

Precedenti puntate:

Qualche-idea-per-correre-meglio

 

Secondo il prestigioso quotidiano inglese“The Guardian”, che in genere non scrive bufale, la World Athletics (ex IAAF) a breve comunicherà le sue decisioni in merito alla controversa questione di queste scarpe eccessivamente “tecnologiche”, vale a dire che darebbero (in realtà, danno) un vantaggio competitivo superiore al lecito.

I record ed i risultati ottenuti, in primis il primato ottenuto alla maratona di Chicago (2:14:04, nuovo record del mondo femminile) conseguito da Brigid Kosgei, sono tutti validi; il discorso riguarda anche prestazioni e vittorie ottenuti da diversi atleti in numerose manifestazioni. Giova ricordare che, a parte il fenomenale Eliud Kipchoge il cui 1:59:40 non è considerato valido come record del mondo per i noti motivi (ottenuto in prova non regolamentare), il 90% dei podi disponibili nelle maratone cosiddette Major negli ultimi 12 mesi (Chicago, New York, Tokyo, Berlino, Londra, Boston) è stato occupato da atleti che indossavano le ormai famose Nike Vaporfly Next%. Anche alla recente maratona di Dubai (leggi qui), addirittura i primi undici atleti classificati calzavano le stesse scarpe. E ci sarebbe ancora di più: atleti che sul podio a Dubai erano griffati Adidas… come a dire, sono un atleta Adidas, però preferisco correre con scarpe più “veloci”.  Uno smacco niente male per Adidas.

La seconda decisione presa da World Athletics pare essere quella che impedisce l’introduzione di nuovi prototipi sul mercato, almeno sino alle Olimpiadi di Tokio 2020. La motivazione ufficiale sarebbe quella di prendere tempo per poter continuare a lavorare sul progetto che definisce regole e norme su come devono essere fatte le scarpe per risultare regolamentari. Direi proprio un altro vantaggio non indifferente per Nike, per questo ho intitolato  “Nike segna un punto a suo favore”. Perché a me pare chiara la lettura: Nike le scarpe le ha già, gli altri (che immagino ci stiano sicuramente lavorando), devono fermarsi. E aspettare. In realtà sul mercato c'è almeno un altro modello che avrebbe una piastra in carbonio, si tratta delle Hoka M Carbon X, ma siccome sino ad ora nessuno ha vinto nulla con queste scarpe... non se ne parla.  

Nel frattempo mi risulta che le vendite delle Vaporfly vadano a tutta. E ci mancherebbe altro.

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