Direttore: Fabio Marri

* Per accedere o registrarsi come nuovo utente vai in fondo alla pagina *

Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Mercoledì, 07 Giugno 2023 18:10

Modena: Corricharitas feriale ma per settecento

6 giugno – Non ricordo da quanti anni si svolga il Corricharitas, presumibilmente dai primi Duemila. Di certo resta che è un gioioso incontro tra noi “normodotati” e i nostri fratelli meno fortunati, oltre che coi loro assistenti, di questa benemerita “Azienda di Servizi alla Persona dedicata alla cura e assistenza delle persone con disabilità psico-fisica grave e gravissima, rispondendo ai bisogni di tipo assistenziale, educativo, riabilitativo, sanitario, psicologico, spirituale. L’opera fu fondata nel 1942 da un santo prete già impegnato nella riabilitazione dei sordomuti, e dal 1954 si trova nella sede attuale, tra via Rosselli e via Panni a sud di Modena, enormemente ingrandita e dotata di nuovi servizi.

Insieme a noi (734 paganti, cifra più o meno uguale alla camminata modenese della domenica precedente) in questo tardo pomeriggio di martedì corrono o camminano gli ospiti che possono farlo, a piedi o in carrozzella, coi loro accompagnatori (145 in tutto). All’iscrizione minima di 2 euro (cui corrisponde un barattolo di pomodori conservati) se ne è aggiunta una da 5 che dà diritto non solo alla maglietta ma anche al pasta-party che, quando era gratuito, generava indecorose resse per pluriabbuffate da morti di fame. Per fortuna, stavolta la decenza ha ritrovato il suo spazio, sebbene più per obbligo che per convinzione.

Corsa non competitiva sul solito tracciato da 8,5 km lungo piste ciclopedonali nei quartieri Buon Pastore e Sant’Agnese (ormai congiunti dalla speculazione edilizia spacciata per “consumo zero di suolo”, come si vede quando si passa dalla neonata via Nilde Iotti); partenza abbastanza unitaria (fatto salvo il solito centinaio che proprio non ce la fa a mescolarsi col nostro gruppo disciplinato e maleodorante), e arrivi che si sono aspettati anche oltre l’ora e mezzo (stavo già tornando verso casa quando ho visto Giangi a un km dal traguardo), grazie alla giusta accoglienza anche per i camminatori che non si accontentavano del giretto truffaldino attorno all’edificio per poi tuffarsi sul tavolo del ristoro. Comunque preferisco un Giangi che parte giusto, a X e Y che partono prima e davanti al fotografo fanno le smorfiette da pride col segno V (hai vinto su chi?).

Ho notato in grande spolvero Paolino Malavasi nonostante avesse finito da due giorni la sua trecentesima maratona all’interno delle 4-maratone-in 4 giorni di Orta; il sottoscritto e Giaroli, che (con Margherita appena dietro) incorniciavamo il quadrifoglio della sua maglietta nel primo km, come appare dalla foto di Teida inglobata nel raffinato collage di Mandelli, l’abbiamo tallonato fino alla fine, ma raggiunto mai. Eppure un altro reduce da Orta, Gelati-150, l’ha fatta tutta di passo… Evidentemente Paolino ha raggiunto un equilibrio fisico che gli permetterebbe di fare 365 maratone l’anno… a patto di non fare la fine di quello di Albinea, e neanche di gasarsi come se fosse il campione olimpico.

Manca la bellissima vignolese che anni fa mi suscitò un commento ironico circa il suo fidanzato di allora che ci intralciava coi suoi ghirigori ciclistici da gelosia; Mastrolia se ne fa una ragione e si fa fotografare in compagnia della Teidina che sciorina un ammaliante sorriso. Per il resto, siamo i soliti: Margherita vincitrice domenica a Vezzano, i coniugi Rossetto, i fratelli Baldini, Lorena Ilva e Vanna le carpigiane, padre e figlio Bandieri, Reginato il formiginese che ci esorta al prossimo appuntamento, posdomani, nel suo territorio, diramazione Magreta. (Ma se dici a Giangi che a Magreta c’è un distributore di metano, lui si arrabbia e urla che è a Sassuolo; come quello di Casalgrande, venerdì scorso, sarebbe a Scandiano).

Tutti i salmi finiscono in gloria, e nei tanti spicchi di limone che ingentiliscono l’acqua freschissima del ristoro finale. Con poca spesa, e un barattolo di pomodori in borsa, ci sentiamo tutti caritatevoli.

4 giugno – Un’occasione, al momento riservata a pochi, ma preziosa, nella sua semplicità e nel fascino della scoperta di un piccolo paradiso per le famiglie e gli escursionisti. Ora anche per i trailer, grazie a questa invenzione di Paolo Manelli da Scandiano (un maestro elementare con 19 Passatori all’attivo, e “padre” della maratona di Reggio, per citare solo questo).

Il luogo è appunto Vezzano sul Crostolo, sulla strada statale che porta (continuando a citare località ben note ai podisti) a Casina, Castelnovo Monti, Busana-Ventasso e Cerreto Laghi. La stessa Vezzano era una delle mete più ambite del nostro sport, per la mitica salita serale a Canossa che purtroppo non si fa più da anni: ma intanto, Manelli ha approfittato della “Pinetina”, un’oasi naturalistica (caprioli, pavoni, tartarughe e chissà quant’altro: foto 2-6, 22-23) 4 km a sud del paese, in gestione all’Uisp, per proporre una versione trail delle gare a tempo su circuito che pure hanno caratterizzato la reggianità sportiva e che adesso forse rinascono (due giorni fa ce n’era una a Cavriago).

Certamente non c’è stato il bagno di folla che si era visto due giorni prima una quindicina di km sotto, a San Ruffino, forse anche perché il volantino e il sito non precisavano le modalità della sezione non competitiva (nemmeno il costo dell’iscrizione, che invece era di 15/20 euro per ogni staffetta e di 7/10 euro per gli individuali). Poi c’era l’allerta gialla, il giorno prima era piovuto e il percorso presentava tratti argillosi con rischio di scivolare.

Risultato, eravamo in 18, più un giudice, due fotografi e 4-5 organizzatori: come diceva Nerino Carri (le cui foto delle due partenze figurano nel collage di copertina realizzato da Mandelli) che ha redatto anche la classifica qui in fondo, non essendoci prosciutti in palio, i cacciatori di tali mercanzie sono andati altrove.

Percorso profumato di ginestre e segnato “il giusto” (definizione di due colleghi arrivati poco davanti, e che mi hanno sorpassato dopo aver recuperato un errore di percorso a un km dal traguardo), ma meticolosamente descritto prima della partenza da Manelli (che poi l’ha girato e rigirato, risultando utile anche a me che stavo per fare lo stesso errore dei due suddetti): spettacolare e minimamente scivoloso, nonché solcato da autentici crepacci, il tratto dei calanchi, circa a metà del tracciato, dopo un bellissimo passaggio di crinale da cui si ammiravano la rupe e il castello di Canossa (foto 13-20).

Il giro era quantificato in 4,2 km (un decimo di maratona! Chissà se Manelli si sta facendo delle idee) con 235 metri di dislivello per ogni giro, il punto più basso in zona partenza a circa 210 metri slm, e altitudine massima intorno ai 430 metri dopo 1,5 km; il tempo concesso erano 90 minuti, con l’ovvio avvertimento che se si tagliava il traguardo/passaggio prima di tale orario, si poteva proseguire per l’ultimo giro anche se ciò comportava l’inevitabile sforamento del tempo.

La classifica è basata sui giri, cioè sui km percorsi, e solo subordinatamente sul tempo impiegato. Tra gli individuali, solo 7 maschi sono riusciti a completare 3 giri, tutti oltre i 90 minuti, con successo finale di due provenienti dalla Bassa che più bassa non si può (Novellara, “io vagabondo che non sono altro…”), Simone Ferrari con 50 secondi su Massimo Crotti.

Le due donne partite e andate a premio (foto 24)  hanno dovuto accontentarsi di due giri (la seconda addirittura sforando i 90’); la vincitrice Margherita Gandolfi (alias cognata di Italo Spina) alla premiazione ha ringraziato le Morlini e le Ricci che non sono venute… e aggiungo Francesca Boschini, che accoppiata al compagno di 1. squadra Atletica Reggio Daniele Sidoli ha vinto la staffetta completando ben 5 giri seppure oltre un’ora dopo lo scadere del tempo, cioè stando sui 32 minuti di media a giro (ma Sidoli pare andasse sui 25, e verosimilmente avrà tirato nella prima parte lasciando alla compagna il completamento dell’impresa). Misteri gaudiosi: la seconda staffetta è arrivata 8 minuti prima, ma con un giro in meno.

2. Tra i partecipanti, l’ultimo è però il più glorioso: Raffaele Carli, toscano, tra gli organizzatori del Trail dei Malandrini che si concludeva all’Abetone; come atleta, nel 2010 varcò il traguardo delle 100 maratone ultimate (all’epoca esistevano solo le maratone vere, non le tristi kermesse attuali), e col quale arrivammo insieme a Bobbio al termine di una Abbots way (sempre per parlare di corse vere).

Ricco il ristoro nella zona traguardo (magari il tè poteva essere più carico), cui si aggiungeva un discreto pacco gara alimentare, e il gnocco fritto gratuito nell’attiguo bar “Al Pan brusèe” (che peraltro lo vendeva a prezzo stracciato, 5 pezzi per tre euro, vedi foto 28). Ci ho aggiunto l’erbazzone e una bottiglia di bianco locale, chiedendo a Nerino di aiutarmi a scolarla tutta (foto 29), e dicendoci altre cose che il tacere è bello a proposito di fotografi e fotografe con la presunta esclusiva.

Il tempo su Vezzano tiene, stiamo sui 25 gradi. L’allerta gialla può presentarsi al prossimo turno.

 

                                                            Classifica (curata da Nerino Carri)

 

Maschile

1. Ferrari Simone gruppo podistico AVIS Novellara con 3 giri in 1h39’40   

2. Crotti Massimo gruppo podistico AVIS Novellara con 3 giri in 1h40’30

  • Seidenari Davide Joy Runners con 3 giri in 1h45’00
  • Baccarani Gian Paolo Polisportiva Castelfranco Emilia con 3 giri in 1h45’50
  • Sgrò Alberto con 3 giri in 1h53’10
  • Vitale Rocco con 3 giri in 2h01’50
  • Marri Fabio Modena Runners Club con 3 giri in 2h11’10
  • Gualino Antonio Polisportiva Maranello con 2 giri in 1h12’20
  • Fornigoni Massimo Polisportiva Maranello con 2 giri in 1h17’55
  • Zanasi Paolo Polisportiva Maranello con 2 giri in 1h17’55
  • Predolini PierLuigi Lupi dell’Appennino con 2 giri in 1h19’00
  • Carli Raffaele La Banda dei Malandrini con 2 giri in 1h31’40

  

Femminile

1. Gandolfi Margherita 3,30 Team     con 2 giri in 1h27’40

2. Bertolini Laura Pico Runners con 2 giri in 1h31’40

 

Staffetta a coppie

1. Sidoli Daniele (Atletica Reggio) Boschini Francesca (Atletica Reggio) con 5 giri in 2h38’50

2. Foligno Roberto (Joy Runners) Malavasi Linda (Joy Runners)                con 4 giri in 2h31’10  

2 giugno – La gara di oggi era prevista il 21 maggio e saltò in previsione di quel gran maltempo che qui poi non c’è stato: d’altra parte siamo a 140 metri di altitudine, ha voglia il Tresinaro di straripare fin quassù. Comunque è stato un rinvio fortunato perché è incappato in una giornata splendida, con temperatura già sui 25 gradi,  e la mancanza di concorrenza perché la camminata partitica in provincia di Modena non si è fatta: dunque sono confluiti anche i modenesi, come si faceva una trentina di anni fa per il Furnasoun e si è continuato a fare per la camminata di Santa Caterina con partenza poco sotto, da Scandiano.

A occhio direi anzi che ci sono più modenesi che reggiani, e lo confermerà la classifica finale per società, coi primi due posti aggiudicati al Cittanova (che nelle foto 7-8 del servizio di Teida Seghedoni mostra la sua tenda invitante) con 63 e a Sport Insieme Formigine con 54. E questa camminata è stata prescelta anche dal nostro cofondatore Tommaso Minerva per la sua rentrée agonistica, dove ovviamente lo sforzo maggiore lo compirà la consorte Piera, medico all’ospedale di Reggio con turni quotidiani da 10 ore, ma per fortuna con energie residue per andare oggi in agilità.

Adesso l’iscrizione costa 3 euro secondo la tariffa reggiana (a Modena si riescono a spuntare ancora i 2, a Bologna i 2,50), ma in compenso il pacco gara regala tre confezioni di biscotti, e perfino quei modenesi di stretta osservanza roncaratiana che un quarto di secolo fa polemizzarono con Scandiano quando portò l’iscrizione a 1500 lire dalle 1000 che erano, adesso sono felici e contenti. Presenti anche tutti i fotografi istituzionali e perfino qualcuno in più, come Micio Cenci che per essere qua si è fatto un centinaio di km: dal lato nostro si raccomanda il servizio di Teida https://podisti.net/index.php/component/k2/item/10312-01-06-2023-san-ruffino-scandiano-re-26-camminata-dei-colli.html 
ma per la copertina ci siamo avvalsi di qualche scatto di Italo, presente con tutta la famiglia presente e futura e persino il consuocero in pectore, “comunista ciellino” come lo chiamavo quando competevamo ai 4:59 a km.

Il tracciato è un su e giù per le colline, una specie di abbozzo della Scandiano-Castellarano, con i limiti altimetrici dai 175 m del km 1,6 (dove c’è un giro di boa al limite dell’assurdo) ai 90 m del km 7-8; almeno 3 o 4 km sono sterrati, su pratoni accuratamente rasati come lo è il campo sportivo del parcheggio, tutto profumato di menta tagliata.

Tra i vari passaggi, mi colpisce una targa all’esterno del cimitero di San Ruffino, che commemora un don Carlo Terenziani parroco della vicina Ventoso, “scomparso tragicamente il 29 aprile 1945”. Scomparso? Scappato con la Perpetua verso il Paradiso terrestre del convento di Monza? No, quel “tragicamente” lascia capire quello che il guardiano del parcheggio mi dice sinteticamente (“i l’han masèe i partigian”) e che si impara dalla cronaca della commemorazione avvenuta nell’anniversario dell’assassinio, il 29 aprile scorso

https://www.24emilia.com/commemorato-a-san-ruffino-di-scandiano-don-carlo-terenziani/

Rapito a Reggio dopo la messa, “lo portarono legato nella sua parrocchia, Ventoso, lo fecero girare per le strade fra scherni e dileggi. In una nota osteria lo costrinsero a trangugiare del vino. Don Carlo non mosse ciglio e non disse una parola. La sera lo portarono vicino al muro della chiesa di San Ruffino per fucilarlo. Prima di morire, davanti ai partigiani, gridò: Viva Cristo Re!”.

Cerchiamo di non pensarci per non incorrere nell’accusa di “revisionismo storico” (che è un po’ quella di “no vax”: se uno ti sta antipatico, lo chiami no vax o revisionista e sei a posto).

La strada procede, circumnaviga lo storico Furnasoun (nato nei tempi in cui le ciminiere erano motivo di orgoglio e di prosperità, non i babau delle gretine) con sguardo in verticale sulla vicina Scandiano, scende a livello della statale dove c’è un ristoro, poi prosegue per un lungo filare di viti in leggera salita che (si diceva con Angelo Giaroli, prima che si involasse nella foto 356) ricorda un po’ il trail di Zola e potete rivedere nelle foto di Teida dalla 180 in avanti.

Poi di nuovo sull’asfalto e in prossimità dell’avant-indree di cui sopra (Mastrolia, a torso nudo nella foto 366, lo imbocca volontariamente un’altra volta per arrivare a 14 km, il suo ex collega indiano Rambo della foto 344 si accontenta invece degli 11 scarsi prescritti). Ultimo km in su, e cento metri finali in giù verso il traguardo tra le case, il banchetto di Boniburini (trionfatore di una Salso-Cavriago di anta anni fa: foto 3-4), il ricco premio e l’impeccabile ristoro reggiano.

Christian Mainini dà appuntamento per la staffetta di Cavriago stasera e il cross a circuito di Vezzano domenica (se si vuole, a staffetta pure esso): questi reggiani, i gh’avran la testa quedra, come dice Bellentani guardando la foto di Prodi, ma ne pensano sempre di nuove. Si scende, al distributore poco sotto due cartelli: cercasi benzinaio; Si ricerca elettricista/cablatore (il mestiere di Mastrolia). Ci mando Giangi, reduce da un primo piano di Teida (foto 419), per controllare se pagano più del Reddito.

29 maggio – È quasi estate ma il clima è ancora gradevole, con l’ora legale le giornate sembrano non finire mai, dunque è tempo di ricominciare con le camminate delle 19/19,30, quando chi lavora ha tempo di smontare e indossare le scarpette, e chi non ha voglia di cucinare ma nemmeno di essere spennato al ristorante può approfittare degli stand gastronomici allestiti dopo la corsa.

Anche l’area bolognese, seppure con un programma ridimensionato rispetto ai tempi d’oro, e che le recenti vicende climatiche hanno messo in ulteriore sofferenza, offre i suoi prodotti, con partecipazioni certamente più modeste (anche il Covid e la cosiddetta dittatura sanitaria hanno fatto molti danni allo sport), ma con soddisfazione di chi, ostinatamente, ci va ancora. Riecco dunque i venerdì di corsa, come quello del 26 maggio a Calcara, paese di 2300 abitanti sul torrente Samoggia, cioè praticamente al confine tra Modena e Bologna, e assorbito nel comune “allargato” che dal 2014 si chiama Valsamoggia con sede a Bazzano e perfino un casello autostradale a beneficio dei fabbricanti di fumo. Anche il nome della camminata, ovvero del suo comitato organizzatore, è un po’ arzigogolato rispetto alla denominazione classica, che tutti usiamo nel parlato, di “Festival dell’Unità”. Già, ma l’Unità non c’è più, oppure ri-c’è da poche settimane, ma non si sa se rispecchia il Pensiero del Partito, e anche il glorioso Partito non c’è più e guai a rinfacciargli l’aggettivo che vigeva fino al 1990: insomma, adesso siamo (come documenta la foto numero 10 del servizio, come sempre “itinerante” e completo di Teida Seghedoni, ottimamente anticipato dal collage di Roberto Mandelli qui sopra) a “Calcara in festa de L’Unità del Partito Democratico”. https://podistinet.zenfolio.com/f877350836

La sede è sempre la stessa, un po’ nascosta ma si fa con quello che si ha; anche la camminata vorrebbe seguire il percorso tradizionale, dei più belli della stagione tra quelli non collinari, se non che i recenti allagamenti pare abbiano reso impraticabile una parte del greto del Samoggia (foto 21), costringendo ad allungare il giro e allontanarlo dal corso del torrente dopo l’attraversamento su uno dei due oscillanti ponticelli metallici (foto 39 o 68 e seguenti), portandolo a 9 km rispetto agli 8 di un tempo.
Qualcuno maligna sulla ragione reale, che sarebbe stata quella di allontanare certi podisti dalla tentazione di piluccare dai frutteti in produzione (foto 212-214), come faceva Broccoli (oggi non visto). C’è invece Assantun Fregni, quasi nonagenario Bertoldino di Persiceto, e c’è lo squadrone del Cittanova di Modena con la sua invitante tenda (foto 1-3) che accoglie, tra gli altri, l’immancabile Lucio (foto 168), Rambo (foto 209; e riesce pure a inciampare) e perfino Giangi, attratto non si sa se dal percorso o dalla magnazza. Chiedere se c'è Cuoghi è come chiedere se la terra è rotonda; oltretutto lui è di queste parti del "triangolo della morte". 

Del greto vero e proprio percorriamo, su un bel sentiero ombreggiato (foto 126-188), sì e no un km, fino a sbucare sul ponte stradale al centro di Calcara, dove il solito cartello dice “Arrivo”, in mancanza da lì in poi di segnalazioni su come raggiungere il ristoro, il premio (eccellente bottiglia di bianco locale) e le tende. Io sto quasi per finire nelle cucine, dove mi chiedono se voglio lavare i piatti (ah, non ci sono più i volontari di una volta… neanche Liccardi si fa vedere…), poi con indicazioni stile Google-Pd-Maps ritrovo sia le signore del tè (foto 189-193) sia la tenda del Cittanova. Cenare, anche no: c’è da vedere il Sassuolo che regalerà due gol a una squadra già retrocessa.

Ma lunedì 29 si torna da quelle parti (quasi di fronte a Calcara e di fianco all’altra località podistica di S. Maria in Strada, sempre in zona-Samoggia) per la 15^ Camminata delle spighe a Le Budrie, sperduto paesello, un tempo frazione San Bartolo in comune di Persiceto (comune che malgrado l’orientamento politico mette tutti i nomi dei luoghi in dialetto, al contrario di Sassuolo old-style) reso famoso dalla sua santa Clelia Barbieri, davvero una santa, morta di tubercolosi a 23 anni dopo un’esistenza spesa in una carità eroica, protrattasi anche dopo la morte: la sua voce fu udita distintamente, anche da increduli e atei, anni dopo il decesso. Qui santa Clelia ha il suo raccolto e riposante santuario: non poteva mancare Teida, che lo ritrae nelle foto del suo servizio da 280 alla fine. https://podistinet.zenfolio.com/p995774109

A differenza di Calcara, l’accoglienza degli ospiti è gestita meglio, con un ampio prato regolamentato a disposizione per le auto da parcheggiare; la via del ritrovo (appunto dedicata alla Santa) e del successivo tendone per la cena è chiusa al traffico, che per la verità è costituito più dai cenanti che dai corridori. Non c’è nemmeno il Cittanova, eppure Lucio (foto 194) e Giangi sono venuti ugualmente (Giangi addirittura per bissare la cena della sera prima, 70 km a/r per risparmiare qualcosa rispetto a una cena da Bottura); discreto il gruppo giallo del Finale di Ottavio e Antonella, come quello del Pontelungo dell’immortale Righi, anche lui più 90 che 80 (a destra nella foto 279).
Temperatura gradevole tendente al caldo, e non manca la signorina in due pezzi nero (foto 60), lungo un percorso esattamente quotato 8,2 km, che ci porta tra fattorie biologiche e belle chiesette storiche giustamente ritratte (50, 59, 86, di sbieco in 116), con un paio di pezzi erbosi e approdo davanti al ristorante: già affollatissimo ma il cui efficiente servizio d’ordine permette a tutti di trovare posto, mentre gli aerei diretti a Bologna volteggiano su noi e lo stupendo tramonto delle foto 290 e 291 suona al pio colono augurio di più sereno dì.

Domenica, 28 Maggio 2023 19:53

Carpi, 7^ Corsa dei Leoni

28 maggio - Era il 6 giugno 2021, in provincia di Modena non si correva da più di un anno, salvo pochissimi tentativi a livello o di passeggiata o di gara super-agonistica; e noi podistae vulgares scoprimmo che questa oasi di verde e di sport, tra Carpi/Cibeno, i Ponticelli e Rovereto, era disponibile anche per la corsa: https://podisti.net/index.php/cronache/item/7306-carpi-5-corsa-dei-leoni-davvero-si-ricomincia.html. Secondo modalità compatibili coi “protocolli” di allora, che oggi sono per fortuna dimenticati: dunque in questo 2023 si è partiti in orario unico, premessa la partenza anticipata per quelli che proprio non ce la fanno a rispettare gli orari, cosicché al via con sparo eravamo sì e no in 200 (poi sono seguiti i “giovani leoni” su percorsi minori). Va aggiunto che la gara era stata rimandata dalla settimana scorsa, e oggi veniva a collidere con un Cinquemila nella stessa Carpi, una corsa nella limitrofa Concordia e, per i più ardimentosi, con il trail di Fanano/Capanna Tassoni.

Percorso più o meno uguale a due anni fa, quantificato in 9 e 12 km, forse per metà campestri; il mio Gps dà 12,5, di cui il tratto più discutibile sono gli 800+800 metri lungo un canale per arrivare e ripartire dall’altro luogo gemellato, il Club 33. Quasi un single track, che ha reso problematici gli incroci con chi aveva già doppiato il giro di boa, e magari doveva anche fare dei sorpassi. Va bene evitare le strade asfaltate, ma forse si è esagerato e si poteva trovare una via d’uscita diversa.

Gara in veste non competitiva, sebbene lo speaker in partenza avesse avvisato che al Club 33 c’erano giudici che avrebbero preso i numeri e cronometrato (?): in effetti un personaggio con taccuino era in cima all’argine, ma non abbiamo capito bene cosa facesse, o forse si è accontentato di prendere i primi, e gli altri vadano pure con Dio.

Ce la siamo cavata (i cugini Giaroli, Rambo e Mastrolia, Giorgio Diazzi e Mac Macchitelli, insomma la solita clientela di appassionati che non puntano alla salamella di premio); nei limiti del possibile, e di quanto ci consentiva la temperatura sui 25 gradi, ci siamo goduti il tracciato, ai cui margini sta anche la colonna con l’immagine della Madonna dei Ponticelli, nel luogo dove sorgeva la casa della bambina miracolata dalla Madonna nel Quattrocento (cinque secoli dopo, anche nella mia famiglia ci fu un miracolato allo stesso modo: lo zio Remo che, muto dalla nascita, tornò dal santuario e disse Cavès Piòpa, e da allora divenne guida e memoria infallibile di tutti i funerali roveretani, compresa quella Cooperativa agraria di cui però disse “mo an n’ho mia vista al mortòri”). A proposito di Rovereto, oggi a Carpi c’era anche Canèin a correre, e come guardiano del percorso Ermanno Martinelli, leggendaria spalla di Ivano Barbolini nella maratona e soprattutto nelle rimpiante “Tre sere di Carpi”.

Tre euro l’iscrizione, col corrispettivo (oltre dei ricchi ristori a base anche di torte, e di docce eccezionali) di un asciugamano, e l’impegno degli organizzatori (il Lions club di Carpi) di devolvere una cifra a una comunità per minori disagiati.

Il solito Peppino Valentini, grande raccoglitore di podisti sperduti senza collare, distribuisce un calendario delle “sue” gare da cui sembriamo tornati a quei giugni di un tempo, quando si correva quasi tutte le sere: e se il 2 giugno Spilamberto salta (non è una novità, e piangeremo in pochi), per la festa della Repubblica potremo accoppiare San Ruffino di Scandiano la mattina e Cavriago la sera, ma anche andare a Comacchio per la rituale mangiata di pesce: e speriamo che nessun socio-psico-vecchion-qualunquologo se la prenda,  come se l’è presa con Bruce Springsteen, con chi vorrà passare qualche ora all’aria aperta da quelle parti.

 

SERVIZIO FOTOGRAFICO
25 maggio – La decima edizione del “5000 del NoviSad”, tornata nella sua originaria collocazione della tarda primavera (quando era nata come “Trofeo Modenacorre”), ha riportato numeri consistenti di agonisti nella cornice dell’ex ippodromo modenese (area decisamente degradata, malgrado gli sforzi del Comune per riqualificarla: se le cambiassero anche nome, sarebbe un buon inizio).

Il 6 giugno 2021 questa era stata la prima gara dell’anno a Modena, dopo le clausure del Covid o del fanatismo anticovid, e aveva classificato 228 atleti. L’anno scorso invece, spostata alla domenica 4 settembre (dunque in concorrenza con la rituale camminata non competitiva), ne aveva raggranellati solo 83; ma quest’anno, tornata in una sera feriale con tre partenze tra le 19,15 e le 20,45 (precedute da gare giovanili), la corsa ha attratto 235 podisti, anche da altre province e regioni, segnando pure un buon inizio per la combinata “Five road race” https://podisti.net/index.php/notizie/item/9815-dal-25-maggio-riparte-il-circuito-five-road-race.html che si ripresenterà tra un mese esatto nella casa madre dell’organizzazione, Campogalliano, per i “10mila della bilancia”.

Due batterie maschili (over e under 55) intervallate da una femminile, e classifica finale unitaria anche se ovviamente nei primi posti ci stanno gli “assoluti” della terza serie, e all’ultimo ci sta (come da collage di copertina) il glorioso Cuoghi della Cavazzona, che ha corso nella prima, lambendo quella pista da hockey dove fu protagonista negli anni Sessanta, con “Puccio” Moncalieri e “Renna” Artioli, vedendo crescere un ragazzino come Ercole Soragni che poi è diventato docente di ingegneria all’Università.


Quasi uno sprint (accuratamente seguito da Brighenti come speaker e da Teida Seghedoni -e non solo- come fotografa) per il successo finale, coi primi quattro in 6 secondi: Alessandro Pasquinucci della Fratellanza prevale in 14:47 su Marco Casini (Delta Sassuolo a 3”), su Federico Rondoni (Corradini Rubiera, a 5”) e Rida El Khalyly (Valdalpone) a 6”.

Al 25° posto assoluto si piazza la prima donna, Federica Frigerio (MDS) in 17:06, davanti 10” a Fiorenza Pierli, oriunda nonantolana ora tesserata Faenza, e 13” su Francesca Cocchi (Corradini). Ma se posso dare un voto con lode, lo assegnerò al “sindaco” Luca Gozzoli, M 55 dei Modena Runners, che ha stravinto in 18:17 la batteria degli anziani (quella appunto al cui capo opposto c’era Cuoghi), seminando tutti tranne Andrea Baruffi (Formiginese, 18:23) che era appena tornato dallo spalare fango in Romagna, e Paolo Mattioli (Sessantal, 18:28).


Menzione d’onore infine per Ettore Marmiroli, M 75 da 22:09, che ha tolto a Cuoghi, addirittura doppiandolo, il primato di categoria: però mancava il rotondetto Vassalli ferrarese, chissà come sarebbe finita.

Ottima, come al solito, l’organizzazione, a cominciare dalla custodia dei bagagli a cura della Guardia di Finanza (a uno dei “guardiani” ho ricordato il proverbio modenese, caro anche al finanziere che fu mio testimone di nozze: a ognun al so mister, i piò caioun in di carabiner, e s’a gh’in vanza, in dla Finanza: ha detto che lo conosce).

Meticolosa la misurazione by Emilio Mori con rotella del percorso, risultato di 816 metri quindi con una eccedenza, rispetto ai 6 giri, di 104 metri recuperati in partenza; e grazie alla collaborazione dello staff di Interforze, Campogalliano, Correggio e della Formiginese, con Giorgio Reginato in veste stavolta di giudice, e Maurizio Pivetti in pista a conseguire il terzo posto M 65 con un 23:10 che coincide con quello registrato dal sottoscritto nei tempi migliori (2014).

Come ha scritto il padre Castrilli, bisogna adattarsi al fluire dell’età e ammirare chi lo patisce meno.

21 maggio – Tra un allagamento e l’altro, Formigine resta un’isola in senso letterale e traslato: confermata la competitiva di giovedì scorso in piazza (https://podisti.net/index.php/cronache/item/10226-formigine-mo-il-miglio-delle-stelle-al-tin-bota.html), e confermata pure la non competitiva di domenica nella frazione della Bertola, giusto al confine con Modena, davanti a un circolo che fu storico organizzatore di una 21 competitiva negli anni Novanta.

Questa volta, la 18^ Corriformigine, organizzata dalla società che ora si chiama Sportinsieme, e col supporto delle altre associazioni del territorio, era non competitiva, ma con una appendice molto apprezzabile dedicata alle scuole: secondo le statistiche ufficiali, risultano 1036 scolari iscritti, più 906 podisti, diciamo, tradizionali, convenuti qui anche dal carpigiano, dal reggiano e dal bolognese data la moria delle altre corse (e voglio vedere cosa accadrà domenica prossima, quando a Carpi si contrapporranno la corsa “dei leoni” e la corsa Avis, mentre il Cai di Carpi organizzerà il trail di Ospitale-Capanna Tassoni; poi, soppressa in extremis a Campogallianola Verdelaghi, 10 km a nord è prevista la camminata di Concordia). Un po’ di coordinamento non sarebbe male, e anche il Coordinamento con la maiuscola dovrebbe battere qualche colpo: ma ho l’impressione che il Coordinamento (o come lo si voglia chiamare adesso) sia un po’ come la Chiesa cattolica di papa Francesco, che accetta lusco e brusco purché ci sia qualcuno che si faccia vivo sottraendo alle meste tombolate o ai dancing tipo Isola Verde qualche centinaio di anziani (adesso non si gioca nemmeno più a bocce).

Comunque, eccoci alla Bertola, in una mattinata di sole con temperatura che dai 15 sale ai 22 (una non dispiacente signora corre addirittura in due pezzi nero), distribuito su due percorsi principali di 8 e 14 km che lambiscono gli abitati di Montale, Formigine e Casinalbo attraverso gradevoli stradette ‘basse’ dalle dolci curve tra i campi, in totale assenza di traffico, e il passaggio attraverso un paio di aziende-agriturismi che se ricordo bene avveniva anche nella locale camminata della fu-Unità.

I miserabili due euro chiesti per l’iscrizione danno diritto (oltre a due ristori intermedi e quello finale) a un pacco gara contenente fra l’altro una confezione di prosciutto cotto; e nonostante questo gli organizzatori annunciano di devolvere 1000 euro a supporto delle popolazioni alluvionate. Spero (ma non garantisco, viste certe facce) che tutti i partecipanti abbiano regolarmente acquistato il pettorale: cosa che giurerei per i cugini Giaroli, per Rambo Benassi (“capitano”, in un certo senso, del Cittanova che con 143 pettorali ha surclassato i validissimi secondi dei Runner & Friends di Mohammed Moro), Paolino e Maurito (nonché Simona) Malavasi, l’indefettibile coppia Alle-Simo, i bassaioli Claudio Morselli e Manuel Guerzoni, tutte persone con cui i 14 km sono stati occasione di raccontarsi eventi passati e progetti imminenti: gli orfani del Passatore possono consolarsi, come la famiglia Malavasi, con le 4 maratone in 4 giorni di Orta; chi predilige le montagne punterà sulla Marcia dei Tori, se nel frattempo lo Spigolino non viene giù o qualche amministratore troppo zelante imporrà lo stop.

Intanto, la Bertola e la sua CorriFormigine l’abbiamo portata a casa, e siamo perfino riusciti, volenti o nolenti, a fare del bene.

18 maggio – Nella moria di corse di questa settimana, per le note ragioni climatiche ma anche per cautele a mio parere eccessive e rivestite di pelosi contenuti moralistici (“come osa Springsteen cantare mentre a 40 km sono sott’acqua?” – ritornello già sentito eruttare dal Vesuvio ai tempi del Covid), Formigine, una delle realtà podisticamente più vive dell’area modenese, “tiene botta”, promettendo anzi un raddoppio domenica prossima nella vicina frazione Bertola-Casinalbo: gara che devolverà l’incasso al sostegno delle popolazioni colpite. Così si fa!

È dunque andata in onda, con partenze dalle 20 alle 22,30 (le categorie giovanili ad aprire il ballo), la 29^ edizione del “Miglio delle stelle”, stavolta non precisamente accompagnato dalle stelle astronomiche (però non è mai piovuto, e si è corso con 15 gradi), ma con stars atletiche di tutto rispetto. Hanno concluso la gara 58 terzetti, 32 maschili, 17 femminili e 9 misti (che hanno goduto essi pure di una classifica apposita, sebbene il regolamento dicesse che sarebbero stati intruppati tra i maschi). Spiace solo per la mancata presenza di alcune staffette bolognesi, in particolare due di Castenaso che avevano titoli per primeggiare; però qualcuno dalla Romagna e dalla provincia di Bologna è arrivato, addirittura da Imola e Faenza, con l’aggiunta della gloriosa veterana Monica Barchetti che oltretutto fa la spola tra l’Emilia e il West (inteso come Canaria).

Vittoria assoluta per la squadra maschile Corradini/Fratellanza, Agazzotti-Bettuzzi-Pasquinucci, con 13:39, otto secondi meglio di una tutta-Corradini, Rondoni-Catelani-Marazzoli, e 27” meglio della terza, tutta Fratellanza, Diniso-Costa-Taglini. Solo quarta la staffetta comprendente Claudio Bacchelli, miglior tempo individuale con 4.21:9; dietro lui, Pasquinucci con 4.24:1 (non dimentichiamo che il tracciato era stradale, con dieci curve a 90 gradi e vari tratti lastricati), 7 secondi meglio di Rondoni, terzo individuale; dunque la differenza tra le due prime staffette è dovuta in pratica al distacco tra i due big.

Cinque soli sono stati i secondi di distacco tra le due prime staffette femminili: una assortita tra Frignano/Formiginese/Corradini (Giacobazzi-Ricci-Cocchi, 16:08), l’altra tutta Atletica Faenza (auguri, e tgnii bòta), Venturelli-Ciubak-Pierli. Da notare la parità assoluta tra le due Francesca, Cocchi e Pierli, nel miglior tempo individuale sul miglio di 5:06. Terza squadra, una mista tra Fratellanza e Modena Runners (società il cui presidente Cattini, seppur sofferente per la concomitanza con la Juventus, ha privilegiato lo sport attivo portando sotto il Castello una trentina di atleti), Imperiale-Cornia-Badiali.

Il platonico titolo per le squadre miste (tutte con due maschi, tranne una con due donne delle 3’30” capitanata dalla farmacista Rossana Vecchi) è andato alla mista Rocca/3’30” Moccia-Vittoria Vandelli-Bianconi, vincitori della prima serie davanti al terzetto che si è aggiudicato il successo femminile.

Tracciato collaudato e “artistico”, in sostanza una aggrovigliata circonvallazione del castello, quasi sempre ben illuminata, con decine di sbandieratori disposti ai tanti incroci, e addetti in bicicletta a precedere i primi e seguire gli ultimi. Impeccabile servizio microfonico di quel Reginato che già animava il passaggio qui della fu-maratona d’Italia, encomiabile il cronometraggio rilevato in assenza di chip; e bentornata a Teida, fotografa-principe del podismo modenese, dalle cui foto Mandelli si è sbizzarrito a ricavare la copertina di questo pezzo, minacciando il direttore di metterci anche l’immagine di Giangi (spettatore non pagante) se non avesse avallato il suo collage. Bisogna venire a patti…

 

14 maggio – In una giornata nella quale mezza Padània stava in allerta rossa (questi amministratori pubblici sempre pronti a pararsi il ** da eventuali guai, memori del comodo proibizionismo dell’epoca Covid), e nella confinante provincia di Modena – ad esempio – tutti i podisti sono stati costretti al lockdown in previsione di chissà quali cataclismi e straripamenti di fiumi, persino sulle alture di Maranello dove fiumi proprio non ce ne sono: invece sulla sponda sinistra del Po, alle 8 di domenica mattina è smesso di piovere, e nelle ore successive ci sono stati solo sprazzi di pioggerellina di marzo, che i più intrepidi come Paolino Malavasi hanno affrontato senza nessuna protezione, mentre altri si sono accontentati di impermeabili leggeri che alla fine facevano fin troppo caldo.

Alla faccia dei gufi e degli amministratori di cui sopra: Rinaldo “Bubu” Furlan ricorda di quella volta che, in una mattinata di pieno sole, il suo trail fu ridotto per un 20% di previsione di temporale, e io ribatto con la maratona di Messina annullata perché tirava un vento forte da farci cadere in mare… E purtroppo (postilla del lunedì pomeriggio) dalle parti di Bonaccini si insiste: in previsione di una nuova allerta, scuole chiuse al martedì e forse mercoledì. E i bambini a chi li lasciamo? Alla Schlein, s’intende.

E forse il terrorismo mediatico ha tenuto a casa molti, cosicché alla fine sul traguardo della maratona si sono presentati in 251, e solo 89 nella mezza maratona (secondo stime ottimistiche, i partecipanti alla 10 km non comp erano un centinaio). Mi permetto di aggiungere tra i “dissuasori” anche i costi non a buonissimo mercato (dai 40/50 euro per la maratona annunciati sul sito del Club Supermarathon, nella pratica il sito che gestiva le iscrizioni ne voleva 10 in più, con l’aggiunta dell’odiosa cresta di 2/5 euro), e una certa confusione informativa per cui pareva che le iscrizioni fossero chiuse il venerdì mentre sono rimaste aperte sino all’ora di partenza.

Infine, certo, la rinomanza dei luoghi non aiuta: degli eroici studenti, soprattutto toscani, che a Curtatone e Montanara nel maggio 1848 resistettero alle truppe di Radetzky permettendo poi la “prima italica vittoria” (Carducci, in quel “Piemonte” che studiavamo a memoria) del nostro Risorgimento, a Goito, e la conquista di Peschiera, sappiamo ormai solo noi avanzati negli anta. Gli studenti di oggi piantano le tende per ragioni folcloristiche e social, non certo per difendere la patria; il Risorgimento è stato svalutato e quasi cancellato da una certa tendenza “educativa” che privilegia le leggende resistenziali; e insomma non si poteva sperare che il nome di Curtatone attirasse mara-turisti, come l’avrebbe forse ottenuto il passaggio per Mantova, che a gennaio era annunciato ma poi è stato cancellato per l’inerzia dell’amministrazione del capoluogo (ah, se avessero eletto sindaco Marco Simonazzi…!), riducendo il nostro percorso a una escursione per stradette basse e attraverso villaggi dai nomi talora bizzarri come Ponte Ventuno o Scorzarolo. Il passaggio sopra Scorzarolo, sull’argine del Po tra i km 15 e 20 circa (ricalcando il tracciato di una simpatica fiaspata locale), è stato anzi il momento più pittoresco del giro; cui personalmente aggiungerei la vista da (non troppo) lontano del profilo di Mantova, con la cupola di S. Andrea in evidenza, intorno al km 35.

Niente da dire sotto l’aspetto tecnico: chiusura al traffico pressoché assoluta, con notevole presenza di vigili e volontari; omologazione Fidal del percorso in piena regola (e questo sicuramente ha fatto lievitare i costi, data l’esosità federale), misurazione inattaccabile anche se pagata con gli ultimi cinque o sei km in spirali tortuose tra Montanara e Curtatone, nell’impossibilità di visitare il monumento alla battaglia perché ‘coperto’ da un trenino locale (credo sia quello su cui salivano Peppone e don Camillo) che ogni tanto faceva abbassare le sbarre.

Ottima la collocazione del centro maratona negli impianti sportivi del “Boschetto”, con spogliatoi, docce caldissime (sebbene allagate) e un bar-ristorante a disposizione. Va detto che a un pacco gara decisamente povero si sommava un riso-party di eccellenza assoluta (foto 7 del servizio messo insieme dal paziente Mandelli), tanto più che abbiamo beneficiato anche del buono di Alle-Simo, sanamente vegetariani, e che già durante la corsa mi avevano offerto un loro k-way nel caso la pioggia si fosse infittita. In più, complesso rock dal vivo per ore e ore (foto 10-13): insomma, nulla si può imputare al Club Supermarathon di Paolo Gino, che ha trasferito qui la sua collaudata capacità organizzatrice, col tocco in più dell’omologazione che garantiva l’ufficialità dei tempi cronometrici (gestiti da Icron, con un rilevamento al giro di boa del km 17,5 che ha dissuaso eventuali accorciatori).

Ristori ottimi e abbondanti, e si sono rivisti, per la prima volta dopo il Covid, le spugne ai regolari intervalli: per questo, Curtatone über alles!

Usuale ormai il servizio fotografico, abbondante e gratuito, garantito da Filippo (foto 6) e Sergino: il quale è stata la prima apparizione, all’ingresso del centro maratona (foto 2 e 3), con le funzioni di parcheggiatore a suon di fischi trapattoniani con sfumatura erotica.

Poi, molte facce note tra gli aficionados delle 42 (molte, devo dire, ma non moltissime): con “Bubu” (foto 4) ci siamo fatti compagnia nella fila per il ritiro pettorale, ripassando le guerre d’indipendenza, tra le Cinque Giornate e la fatal Novara, e poi la rivincita di Montebello-Palestro-Magenta, e le tre S di Solferino-Sadowa-Sedan che hanno in pratica creato l’Italia piemontese. Con l’aggiunta di “Curtatone e Montanara”, nomignoli non troppo affettuosi dati a re Vittorio Emanuele III e la regina Elena del Montenegro, chiamata a rafforzare la razza-Savoia alquanto degradata (e infatti nacque Umberto, il bel re di maggio, che dettò la moda perfino nel modo di pettinarsi).

Si parte, nu poco chiove e nu poco stracqua, sull’argine tira un gran vento freddo (e qui il k-way di Alle-Simo mi viene buono), al giro di boa ci si saluta tutti: Paolo Solfrizzo da Concorezzo ha fretta di vedere il Monza sconfiggere o’ Cambione scudettate, e in 3.44 sbriga la sua partita finendo terzo di categoria; come terza nella sua è la bella segretaria del Club Anna Cordero (3.57). Ma passa poco tempo e arriva in 4.03 il primo M 75, il solito grande Leandro Pelagalli, che dà dieci minuti a Maurito Malavasi e più di venti al fananese Mauro Gambaiani, venuto qui (mi dicono) all’ultimo istante dopo la soppressione della gara cui era iscritto.

E Paolino, chi lo ferma più? Al giro di boa mi è poco dietro, mi supera al 22 (“a vòi vàdder sag matt du or e desnov anch in dla secànda metè”), e alla fine arriva in 4.45, tre minuti davanti alla coppia benefica Alle-Simo (Simo alla fine sfoggia una stupenda chioma leggermente arricciata, da splendida trentenne). Personalmente, mi sto quasi addormentando, con qualche km fatto in 8 minuti (bè, è già un progresso non camminare, come accaduto nelle ultime tre quarantadue), quando al ristoro del km 40 vedo il collega Fabio Rossi, che abita qui, mi fotografa (un paio di immagini della collezione sono sue) e sprona: da quel momento, scendo addirittura sotto i 7’, e vorrà dire che nella prossima maratona Fabio verrà al 35 così mi sveglio prima.

Al traguardo (dopo aver superato lo sfottò di Nunzio, ultimo della 21, che dal suo pulpito mi rinfaccia il distacco da Paolino), ricevo una bella medaglia, finalmente di forma circolare e leggermente monarchica (ah, quel re bestemmiato e pianto che passava con la spada in pugno ed il cilicio al cristian petto!); è addirittura il presidente Gino (foto 5) a snocciolare microfonicamente tempi e prestazioni, Sergino a fotografarci tra soldati austriaci o piemontesi (foto 25); questo fino all’arrivo dei nomi storici dei supermaratoneti: ol Sindic mancato Simonazzi (foto 14), Alfio Polidori che a Santarcangelo vuole creare un museo del maratoneta (ma anche lui deve scontrarsi con sindaci ignavi per non dire ignoranti del fenomeno); la grande fornaia di Cernusco Rita Zanaboni (foto 9, col mitico Paolino), fino all’ultima, la bolognese targata BG Marina Mocellin.

Doccia, pranzo con musical come a Nashville, e siccome manifesto il desiderio di visitare i luoghi dell’eroismo, sono indirizzato alle due massime autorità in materia, Righi e Tòtaro, che in una amabile conversazione mi istruiscono, non solo sui meriti sportivi recenti di Bruno Migliorini cui è dedicata un’ala dell’edificio (foto 8), ma sull’eroismo antico del docente Leopoldo Pilla, sulla resistenza alla Corte spagnola e alla Rocca di Montanara, e la disposizione “alla bersagliera” degli studenti davanti all’odierno municipio di Curtatone. E alla fine mi promettono che l’anno prossimo Mantova potrebbe entrare anche in questa maratona.

Ce ne andiamo appagati, ma non si può partire senza un’escursione, di un paio di km di raggio, nei luoghi storici. E ci salutiamo col Poeta: “arse di gloria, rossa nel tramonto – l’ampia distesa del lombardo piano… A quella polve eroica fremente, - a questa luce angelica esultante – rendi la patria, Dio; rendi l’Italia – a gl’Italiani”.

 

https://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/10197-curtatone-mn-1-maratona-della-battaglia-successi-per-britton-e-pizza.html

 

23 aprile – L’edizione numero 23 che si disputa nel giorno 23 dell’anno 23…; bé, chi crede nella numerologia, troverà spunti di meditazione. È la terza volta che torno a Padova per la 42 che si chiude a Prato della Valle: la prima fu addirittura nel 2001, per la seconda edizione (purtroppo quando si corse la prima ero ad Amburgo, concomitante allora come oggi); la corsa allora partiva da Vedelago (ereditando il sito di una pionieristica maratona locale, corsa pure quella negli anni Novanta) e attraversando Camposampiero ripercorreva quello che sarebbe stato l’ultimo viaggio di Sant’Antonio. I “senatori” dovrebbero averle fatte tutte (salvo – mi dicono i presenti, come l’Apache Mastrolia e Sir Marathon Dellapiana – l’esenzione dalla primissima); l’ultima volta c’ero stato nel 2021, quando però a causa del Covid si corse solo la mezza.
Dunque le mie Padova sono tre e mezzo, mentre il nove e mezzo del titolo è il voto che mi sento di assegnare all’organizzazione. Chi mi legge da sempre, come il grande onorevole Paolo Cova (Libertas Sesto, 3.19 in maratona secondo il database Fidal, ma come antefatto c'è un 2.58, sempre a Padova, nel 2005; veterinario da Caronno Pertusella, e rappresentante di un partito per il quale avrei votato anch’io, se l’avessero candidato nella mia circoscrizione invece di paracadutarci Soumahoro), sa che nelle personali classifiche il 10 lo do solo a Interlaken e Berlino, e in Italia forse il 9 lo do a Venezia (parlo di organizzazione: quando a paesaggio, Venezia è fuori classe), scendendo poi a 8 e 7 per le altre più celebrate italiche.

Ma a questa Padova, mi comprometto dando 9 e mezzo, cioè il meglio del Belpaese; e a quanto pare sembra parere condiviso dai colleghi maratoneti e mezzimaratoneti, se è vero che qualche settimana prima hanno esaurito tutti i posti disponibili, arrivando al traguardo in 1244 per la 42 (col calo fisiologico dei ritirati, anche per il caldo umido che si faceva sentire fin dai primi km), e 2150 per la mezza, partita da Abano e che in comune con noi avevano grossomodo gli ultimi 15 km. Le statistiche del 2022 dicevano di 1045 maratoneti e 1398 nella mezza, dunque siamo ad una crescita assolutamente unica nel panorama italiano che registra invariabilmente segni meno.

Il primo segnale di una buona accoglienza, users friendly, sta nella possibilità di ritirare il pettorale la domenica mattina: cosa generalmente negata dagli organizzatori delle majors italiche, con l’eccezione (per quanto risulta alla mia esperienza) di Ravenna: majors che dunque impongono a chi corre una tassa supplementare (vero Bologna? Poi non lamentarti se da un anno all’altro perdi centinaia di iscritti).

Una seconda cosa, che in Italia è una norma tollerante molte eccezioni, è la chiusura ASSOLUTA alle auto, non solo del nostro percorso, ma anche di tutta Padova, circondata da cartelli di divieto di transito (ampiamente preavvisati da tabelloni luminosi) addirittura fino alle 8 di sera. A un vigile che, in periferia della città, spiegava a una signora che fino alle 8 non poteva entrare, mi sono permesso di dire che aprissero prima, dopo le 15 nessuno di noi era più per strada… A proposito di vigili: non ne ho mai visti tanti a presidiare gli incroci. Di solito, quando va bene, c’è un vigile e due volontari con pettorina gialla: a Padova semmai era il contrario, segno che le autorità comunali hanno perfettamente capito e collaborato (viene in mente ancora Bologna, dove l’assessora ci ha accolto a denti stretti mandandoci immediatamente fuori città). A Sarmeola di Rubàno mi è anche capitato di ricevere il cinque dalla giovane sindaca, in mezzo a un festoso gruppetto di bambini.

Perfezione anche nella logistica: comodissimo il ritrovo allo stadio Euganeo, a un passo dalla magnifica tangenziale (basta, non voglio più fare il confronto con Bologna!), parcheggio gratuito, e trasporti in bus da qui all’arrivo e alla stazione e all’altro parcheggio di Guizza (un euro per un giorno intero… ho detto che non faccio più confronti!). Segnalazioni eccellenti, anche se magari i cartelli che indicavano i bus-stop potevano essere meno… simbolici: ma nella piantina scaricabile dal sito era ultrachiarissimo tutto.

In quantità mai viste anche gli scaglioni dei pacer: durante il mio incedere, sempre più penoso, ho tentato di seguire prima quelli delle 4.10, poi 4.20, poi 4.30 (capitanati dall’Onorevole), poi 4.45, arrancando infine dietro a quelli delle 5; e per fortuna che è arrivato il traguardo, se no chissà quanti altri palloncini avrei dovuto rimirare…

Il mezzo voto in meno lo do per l’assenza di spugnaggi: nelle istruzioni erano previste solo due docce nebulizzate, non c’erano nemmeno quelle; né il pacco gara comprendeva (come fanno alcuni) la spugna unica da portare con te e bagnare quando capita. Nel dubbio, ero partito con una mia, e appunto ai ristori (ottimi, ricchi, gestiti dagli Alpini) ci versavo sopra l’acqua delle bottigliette. Ma signori miei, il covid sopravvive soltanto nel terrorismo interessato delle virostar, niente ormai ostacola il ripristino degli spugnaggi a intervalli regolari: specie adesso che comincia a far caldo.

Il percorso è veloce (due soli mini-sottopassi, nessun cavalcavia, dislivello totale 75 metri), ma paesaggisticamente abbastanza anonimo; rettilinei anche di 3 km (da Caselle a Selvazzano, da Feriole a Bresseo dove c’era anche un paio abbondante di km in doppio senso, poi dopo Abano dal 32 al 38), raramente punteggiato da emergenze architettoniche, come l’abbazia di Praglia verso il 21, che però abbiamo solo sfiorato.

C’è tempo per raccontarsi storie: da Giulia di Torino, ex pallavolista, che qui esordisce in maratona istruita da Andrea Schiavon; a Debora da Trento, 3.17 in maratona, che corre con una gamba “nuova” dopo una delicata operazione, e si sta preparando al Passatore; a quel signore che negli ultimi km racconta la sua storia (non a me, che però sono nei pressi): 47 anni, insieme da 26 con una ragazza di 41, nell’autunno scorso si decidono per un figlio, ma a lei è diagnosticato un tumore. Operazione, biopsia, il tumore è benigno; usciti dall’ospedale, “fan*** a tutto, adesso il figlio lo facciamo”. Vi voglio bene, di cuore, che il Santo vi prenda sotto le sue ali.

E chi porta pazienza sul percorso è alla fine premiato: dal 38 si cominciano a costeggiare e oltrepassare i canali del capoluogo, e dopo il 39 si presenta uno degli scenari più favolosi di tutta Italia: porta S. Giovanni, via del Vescovado, Duomo, Torre dell’Orologio, Piazza dei Signori (dove meriterebbe di fermarsi a godere della Grande Bellezza), piazza della Frutta, tomba di Antenore, Basilica del Santo (purtroppo la statua di Donatello è ingabbiata), e infine verso lo scenografico Prato della Valle, dove la sofferenza e insieme il godimento hanno termine.

Medaglia, che riproduce appunto Prato e il Santo, guastata solo dalla scritta “In the city of sport”, dove avrei preferito un motto in padovano, ostregassa de na beverassa, ghe l‘avemo fata, viva la siora Nadaìna, o come diceva Nereo Rocco, “gh’avemo batù le croste”. Ritiro borse, ritiro pacco gara, pasta party o (come preferisco io) sdraiarsi sul prato in attesa dei pochi amici che devono arrivare, dal marò Adriano Boldrin (qui, una tantum, nella mezza) fino a Luca Gelati che vorrebbe chiudere nel tempo massimo delle 6h30 e qualche rotto, ma non è ultimo perché dopo 2 secondi è classificata la formosa supermaratoneta Barbara Cosma.
Peccato che solo dopo 28 ore (circa) dalla conclusione Endu abbia saputo pubblicare la classifica completa, anche dopo le 5h30 come era stato fin verso le 18 di lunedì. E così vediamo che Ol Sindic Simonazzi (a m’arcmand, fra 3 settimane si va alla sua maratona di Curtatone) con 6.08:55 ne tiene ben 7 dietro, gente che di maratone ne corre a centinaia, come ne ha corse anche la fornaia cernuschese Rita Zanaboni (oggi 6h01; nel 1994 3.19 "tirando" il sottoscritto al suo record).

https://www.endu.net/it/events/padovamarathon/results

https://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/10085-padova-padova-marathon-successi-per-chumba-e-bikila-nella-mezza-per-kipyeko-e-jemutai.html

Poi, non so rinunciare ad altri 300 metri fino alle docce (belle calde) nello stadio Appiani, quello appunto dove si esibivano Pin e Blason, Scagnellato e Zannier, Tortul  e Pison; dove il Paròn, se un suo pupillo sbagliava un pallone, gli diceva “tì xe tanto mona che na volta al mese te vien fora el sangue dal naso”. Lo sport era quello, non di questi mercenari tatuati che mettono per vezzo la mascherina sul naso e quando fanno gol inscenano balletti intorno alla bandierina del corner o si mettono il pallone sulla pancia.

Lo sport autentico è anche il nostro (negli spogliatoi rivedo il concittadino Vanni Casarini, che in un arrivo sul lago di Garda mi batté allo sprint, oggi invece mi ha dato mezz'ora); e questa Padova ci aiuta a realizzarlo.

Ultimi commenti dei lettori

Vai a inizio pagina