Fabio Marri
Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua.
Polinago (MO), 4° Panoramica Trail: piccolo e bello
30 settembre - Non era facile radunare molti partecipanti ad una gara sull’appennino modenese, quando in provincia si svolgevano due camminate ufficializzate dai Coordinamenti (a Finale Emilia, che dichiara 1500 partecipanti, e nella vicina Sassuolo, con 1100), e a Taneto nel reggiano un’altra classica (altri 1150 presenti, e la cifra decisamente alta di 326 nella competitiva); mentre gli appassionati di fuoristrada avevano a disposizione la ecomaratona bolognese di Monte Sole (146 arrivati nei tre percorsi).
Si aggiunga che Polinago, 810 metri d’altezza, ha una fama certamente inferiore alle principali località appenniniche, non è nemmeno citata nella Guida rapida d’Italia del TCI (che tributa i suoi onori invece a Zocca, Sestola, Pievepelago, Fiumalbo e Frassinoro): è insomma una località tranquilla, per intenditori amanti della quiete, abbastanza fuori dal traffico automobilistico.
Non bisogna dunque sorprendersi se la partecipazione a questa corsa, sebbene inserita nel campionato regionale Uisp, è stata più modesta rispetto ad altri trail modenesi: 80 competitivi classificati e quasi altrettanti non competitivi, questi ultimi che per soli 3 euro potevano cimentarsi su tre percorsi, incluso quello massimo dichiarato di circa 21 km con un dislivello di 900 m (il mio Gps dichiara 20 km e 800 D): un percorso solo, dunque, rispetto ai due di 26 km con 1050 m D e di 16 km con 620 m D esibiti due anni fa (quando assommarono, fra tutti e due, 133 classificati).
Ripensandoci, credo di essere stato a Polinago (cioè a un’ora d’auto da casa) in vita mia quattro sole volte: una antichissima per una partita di calcio del Torneo della Montagna (un’altra delle cose che non si fanno più), una medio-antica per una podistica mista strada-sterrato (pure abolita da anni annorum), e due volte per queste edizioni 2016 e 2018 del trail. E quest’anno devo essere grato al nuovo giro che ci ha portati sulle due ‘emergenze’ turistiche più interessanti della zona, il castello di Brandola (sfiorato dopo pochi km e attraversato verso il 14°) e il Ponte Ercole o “del Diavolo”, sotto il quale siamo passati intorno a metà gara.
La ProLoco e il comune di Polinago hanno insomma seminato bene per la promozione territoriale, e il gestore principe della manifestazione, Ercole Grandi, si è comportato in maniera impeccabile, trovando peraltro valido aiuto nei molti sbandieratori collocati con grande frequenza (c’era anche il vecchio presidente di CasaModena Atletica, Tiziano Franchini, a suo tempo ‘licenziato’ perché aveva troppo successo rispetto agli altri sport sponsorizzati dai salumieri); di lusso i tre ristori distribuiti a intervalli regolari, oltre che quello della partenza-arrivo, dove prima di partire non ho resistito ad una frittatina fredda distribuita dalla coetanea collega prof Andreina Mattioli, rivista forse dopo trent’anni ma sempre uguale.
Tutto il tracciato era ben percorribile, senza ostacoli o difficoltà particolari (due salite principali, a sfiorare quota 1000, e due discese verso i 550 metri) e segnalato in maniera inappuntabile (e quando i segnali sono così frequenti, hanno un bel da fare i rituali boicottatori o burloni che li tolgono: come l’Italia con la riduzione del deficit, non ce la faranno mai); e sono convinto che almeno una metà dei partecipanti sia riuscito a correre sempre, come dimostra il tempo del vincitore, il ventitrenne Roberto Gheduzzi (Mud & Snow), primo in 1.36:52, due minuti abbondanti prima del secondo, il reggiano Massimo Gazzotti (1.39:10). Decisamente più lontani gli altri, eppure in 12 sono stati sotto le due ore. Il che non è accaduto per le donne, 21 in totale, regolate dalla reggiana quarantenne di S. Polo d’Enza Rossella Munari in 2.06:51, mezzo minuto scarso davanti alla compagna di squadra Monia Fontana.
Le ultime se la sono cavata appena sopra le 3 ore e mezzo (cioè con un’ora di anticipo sul generoso tmax), e si trattava di una coppia sassolese abbastanza fissa in questo tipo di gare, la minutissima Cecilia Gandolfi (moglie di Italo il fotografo) e la longilinea Ginetta Palandri, giunte in compagnia del formiginese Alberto Bonvicini (che forse da solo pesa come le due signore messe insieme). Poco prima era arrivata la leggendaria Ketty, al secolo Lucia Zanetti da Bologna, classe 1955, già autista di corriera e dotata di un lato B sogno di molti podisti; mentre in 2.56 aveva concluso, in pieno relax, la frignanese Ermanna Boilini, reduce da una novantina di km della UTMB e (l’anno scorso) dal massacrante Tor des Géants stoicamente concluso.
Tra gli uomini più affezionati, in pieno spirito dilettantistico nel senso migliore, non potevano mancare Massimo Muratori (2.38) e Ideo Fantini, reduce dall’infame esperienza (non per colpa sua) del pazzesco trail da 501 km sui crinali appenninici, qui il più anziano in gara, ma anche oggi capace di lasciarsi dietro una trentina di rivali (incluso, ovviamente, il sottoscritto).
Ci siamo ritrovati insieme, dopo una doccia calda anche per gli ultimi e un nuovo assaggio dei ristori della prof Andreina (questa volta ho puntato sulle torte), al pasta party, forse meglio definibile salsiccia party data l’abbondanza di questo elemento all’interno del piatto di maccheroni.
La bella giornata di sole, fresca e limpida, ultima del fine-estate, ci ha reso tutti più allegri.
San Michele dei Mucchietti (Sassuolo, MO), 1° Happy Heap
29 settembre - “Felice Mucchietto”, si potrebbe tradurre (ora che anche nella Chiesa la lingua ufficiale non è più il latino ma sta diventando l’inglese) il nome di questa corsa organizzata per la sagra della frazione sassolese di S. Michele, che in effetti cadeva proprio sabato 29 (S. Michele, Gabriele e Raffaele): non era insomma una di quelle sagre inventate quasi sempre in settembre, quando la stagione sembra la più opportuna per radunare il popolo.
Gara messa su all’ultimo momento, in un giorno e ora nei quali il potente Coordinamento modenese aveva programmato la sua gara ufficiale a una ventina di km di distanza, e per giunta il giorno prima di quando le stesse strade (già servite a una corsa di poche settimane fa) sarebbero state sfruttate per una nuova corsa ufficiale. Dunque non c’era da aspettarsi una grande frequentazione, e in effetti gli sforzi della Guglia di Sassuolo, diretti in prima persona dalla presidente Emilia Neviani, sono riusciti ad attirare meno di un centinaio di persone, più qualche decina di camminatori e di partenti anticipati (dalle foto allegate sembra di capire che il primo partente regolare appaia dalla numero 54).
C’erano tuttavia, attratti dalla novità, i due principali fotografi modenesi, e dalle immagini che Teida Seghedoni ci ha regalato vediamo che il percorso era gradevole, specie nella seconda metà, con dolci saliscendi tra le prime colline sulla riva destra del Secchia, che noi corridori del percorso lungo di 10 km abbiamo superato su un ponte verso il 7° km (vedere le foto 204 e seguenti), dirigendoci poi a una chiesetta specializzata in matrimoni (ma al momento c’erano solo tre pinzochere che recitavano il rosario), chiesetta che è stato il nostro giro di boa prima del ritorno allo stesso ponte e il rientro a S. Michele per una piacevole pista lungo il fiume.
Percorso ottimamente provvisto di segnalatori umani, che facevano chiarezza sulle tante frecce relative alle tante corse sopra accennate: l’unico punto meno chiaro era il rientro verso la chiesa, tra i meandri di un paesino sorto senza troppi piani regolatori.
Prezzo di iscrizione ridotto a un solo euro, con l’aggiunta che il biglietto ricevuto valeva non per il solito pacchetto-premio ma per la lotteria parrocchiale conclusiva della sagra. Gara non competitiva, eppure Emilia e il reverendo parroco hanno trovato il modo di premiare simbolicamente i primi classificati, come appare verso la fine del servizio fotografico.
Cavriago (RE), 37° Tre Torri: Morlini compie gli anni al solito modo
28 settembre - 37 arrivati competitivi per la 37° edizione del “Giro delle Tre Torri”, classica notturna reggiana in occasione della sagra parrocchiale di S. Nicolò. In realtà i partecipanti, a occhio, erano un paio di centinaia, ma la maggior parte ha preferito correre in maniera non competitiva, spesso scegliendo anche di non fare tutti i tre giri (di circa 2,700 km l’uno), ma limitarsi a uno o due. È un peccato visto l’ingente spiegamento di giudici d’arrivo e cronometristi Uisp, e l’abituale presenza dello speaker d’eccezione Roberto Brighenti: ma se tu organizzatore offri la scelta tra fare le stesse cose pagando un tot (e rischiando di vincere un materasso) oppure pagando due euro che comunque ti garantiscono un barattolo di marmellata e lo stesso divertimento, è abbastanza probabile che chi non ha chances di piazzamento scelga la seconda ipotesi, e i soldini risparmiati li impieghi a comprare l’appetitoso gnocco fritto sfornato in canonica.
In effetti, i primi posti erano abbastanza scontati: tra gli uomini ha vinto il solito Abderrahim Karim, over 40 tesserato Traversetolo, con mezzo minuto netto sul secondo, il reggiano Daniele Simoncelli, e quasi un minuto sulla coppia dei terzi arrivati (dove il ‘nostro’ Gianmatteo Reverberi ha perso la volata per il cosiddetto terzo gradino del podio, ma ha ugualmente regolato il quinto, Eros ultimo della dinastia dei Baldini).
Ancor meno in dubbio la vittoria tra le donne (9 in tutto): Isabella Morlini ha dato il suo solito minuto e fischia di distacco alla seconda, Ralitsa Mihailova della Corradini, poi è corsa a casa a mangiare la torta di compleanno: il 28 settembre non è infatti solo la ricorrenza convenzionale delle 4 giornate di Napoli (su cui qualche storico revisionista avanza dubbi), ma è anche il giorno in cui la docente dell’università di Modena e Reggio (come la chiama comunemente Nerino) ha raggiunto quell’età che lo stesso nostro fotografo le attribuisce dall’inizio dell’anno solare, età che – per quanto atleticamente ragguardevole – non le impedisce di sbaragliare le trentenni che via via le si oppongono. L'unica cosa che non le è riuscita è stata di doppiare il sottoscritto, che è riuscito a finire il secondo giro prima che lei finisse il suo terzo e ultimo. Ma non mancheranno altre occasioni...
Fra gli altri, menzione d’onore al correggese Guido Menozzi, già sul podio in una maratona di Tromso (la gara acchiappaturisti per eccellenza) sebbene gli avessero fatto sbagliare strada, e stasera primo degli over 50.
Da elogiare l’allestimento di una gara per bambini, con 15 partecipanti, tre dei quali addirittura nati nel 2013.
Classifiche:
http://www.podisti.net/images/icagenda/files/20180928-cavriago-pdf-compr.pdf
Servizio fotografico di Nerino Carri:
Ridotta la squalifica di Federica Poletti
Sul sito dell'agenzia antidoping (NADO) Italia appare il seguente comunicato, con data 14 Settembre 2018
"La Seconda Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping accoglie parzialmente il ricorso proposto il 17 luglio 2018 dall'atleta Federica Poletti (tesserata FIDAL), avverso la decisione adottata dalla Prima Sezione del TNA il 6 giugno 2018, depositata con motivazione il 3 luglio 2018, nel procedimento a carico della stessa e, per l'effetto, le infligge la squalifica di 1 anno e 3 mesi con decorrenza dal 6 giugno 2018 e, detratto il presofferto, con scadenza al 7 luglio 2019".
Dovrebbe essere stata riconosciuta la non intenzionalità dell'assunzione di una crema per la pelle, di cui l'atleta non conosceva i poteri dopanti.
Più pesante, ovvero alquanto clamorosa, la squalifica (chiamiamolo pure ergastolo!) di cui dice il comunicato di oggi 17 settembre:
"La Prima Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping, nel procedimento disciplinare a carico del sig. Carmine Galletta (tesserato FIDAL – CSEN – FIGC), visti gli artt. 8 e 4.12.3 delle NSA, gli infligge la squalifica di 25 anni, a decorrere dal 14 gennaio 2040 e con scadenza al 14 gennaio 2065. Condanna il sig. Galletta al pagamento delle spese del procedimento quantificate forfettariamente in euro 378,00".
Il galantuomo è un massaggiatore, attivo soprattutto nel ramo del ciclismo (due suoi 'clienti' si sono beccati 15 e 20 anni) ma non solo, già squalificato nel 2015 fino al 14 gennaio 2040 per "possesso di sostanze vietate e metodi proibiti , traffico e somministrazione di doping": 25 anni di squalifica! Avendo continuato nella sua attività si è beccato altri 25 anni, ora è squalificato fino 14 gennaio 2065, un record.
In 534 chiudono il percorso lungo del Tor des Géants
15 settembre –“ Folli, stravolti e felici”. Così un giornale straniero ha titolato, nella sua versione on line, uno dei suoi reportage sul Tor des Géants 2018, riferendosi naturalmente ai 534 concorrenti arrivati al traguardo di Courmayeur, dopo 330 km, sabato 15 settembre. L’ultimo “Gigante”, anzi due, perché arrivati a pari merito in 151 h 37 min. (un’ora e mezzo abbondante oltre il tempo massimo ufficiale), sono stati la trentenne cinese Yuan Jia, proprietaria di un autosalone in una città del sud della Cina, e il trentacinquenne poliziotto di Chiavari Riccardo Landi. Accolti, come da tradizione, dal vincitore del TOR, Franco Collé.
Sabato, al di là dei singoli ed esaltanti arrivi, è stato il giorno della gran festa di piazza. Il parterre di Courmayeur è stato un miscuglio di lingue, brindisi, fotografie, abbracci, commozione, musiche, bandiere, colori. Per ogni runner applausi e spesso lacrime.
E qualche curiosità. Come i neosposi arrivati sulla linea del traguardo in abiti nuziali, subito dopo il matrimonio celebrato un centinaio di metri più in là. Lui aveva chiesto la mano di lei proprio all’arrivo del Tor lo scorso anno. Oppure come la super trailer Federica Boifava, giunta 332° assoluta in 141 ore e 10 minuti, che sulla linea d’arrivo ha tirato fuori dallo zaino il suo flauto traverso e ha suonato un pezzo classico. Così come aveva fatto nei giorni precedenti in cima ad ogni colle attraversato. O anche come tutti i cerimoniali dei concorrenti giapponesi, prodighi di compassati sorrisi, di inchini ad ogni complimento e di mille ringraziamenti. Soprattutto ai volontari che li hanno coccolati nelle basi vita, superando con i gesti e i sorrisi le difficoltà della lingua.
Domenica 16 al Courmayeur Mountain Sport Center di Dolonne si sono svolte la premiazione di tutti i finisher e il brindisi finale.
Curiosando nella classifica ufficiosa, scopriamo la buona prestazione del collega giornalista e scrittore Leonardo Soresi (350°, appena sotto le 142 ore); e prima, la brillante conclusione dell’amico Olivier Samain, belga di Mirandola, 268° in 133 ore e mezzo. Ma siamo convinti che si potrebbero raccontare le storie di tanti altri finisher, e anche dei 359 che non ce l’hanno fatta a concludere (un po’ meno, l’unica squalificata).
Nel Tot Dre di “soli” 134 km, gli arrivati sono 119 contro i 139 ritirati. Gli ultimi, denominatisi “Gambe in spalla”, sono cinque ragazzi amputati a una gamba, e hanno impiegato 55 ore, vale a dire mezza giornata in più del penultimo, che è una donna, Annalisa Canton, di poco sotto le 44 ore (sulle 40 ‘concesse’).
Il prossimo anno sarà quello del decennale del Tor, e sono annunciate numerose novità.
Alta Via dei Parchi 501: un Titanic affondato senza bisogno di iceberg
Il 9 settembre, domenica scorsa, doveva in teoria chiudersi la prima edizione della “Alta Via dei Parchi 501”, il super-ultra-mega-galattico-trail (non sapremmo come altrimenti definirlo) che aveva l’ambizione di superare il Tor des Géants nella lista delle gare di montagna più lunghe e massacranti.
Il massacro sicuramente c’è stato, ma la lunghezza del Tor non è stata proprio raggiunta, come pure l'altimetria, qui quantificata in 30mila metri verticali. Come mai? Cercando su internet, appaiono circa 6000 links alla gara; ma di questi, non più di 4 o 5 descrivono lo svolgimento della corsa, partita il 1° settembre. La pagina apposita sul sito degli organizzatori (i benemeriti “Lupi dell’Appennino” piacentini, cui si deve la Abbotts way come punto culminante di una stagione ricca di eventi) continua a pubblicare solo le pubblicità anteriori, che erano filtrate sulla stampa compiacente o bisognosa di riempire delle pagine con poca fatica. Troviamo ad esempio, sul sito di “Repubblica Bologna”, una prima e unica pagina, pubblicata nel giugno 2018:
L'organizzazione. Un tragitto che gli atleti affronteranno in maniera autonoma, ma con una formula che non trascura la sicurezza: 38 i punti ristoro che si snodano lungo il percorso (mediamente ogni 10-15 km), sette i punti vita, una mobilitazione del 118, associazioni di volontariato, il Soccorso alpino pronti a intervenire appena i partecipanti - che saranno dotati di Gps - ne abbiano necessità. Fondamentali anche le previsioni meteorologiche di Arpae, per poter affrontare adeguatamente un territorio le cui condizioni possono mutare improvvisamente.
Il test. Il sogno di lanciare un'Avp501 parte da lontano. Forse già dal 2009, quando si iniziò a pensare a un itinerario escursionistico che attraversasse l'Emilia-Romagna e i suoi rilievi. E che si è concretizzato nel 2016, quando un gruppo di atleti ha effettuato un test, percorrendo quelle centinaia di km di sentieri per la prima volta; da Pennabilli a Berceto, e dunque in senso contrario rispetto al tragitto a piedi, per rendere la partenza più morbida: il gioco comincia a farsi duro quando si arriva al Corno alle scale. Lo racconta l'atleta Cristina Tasselli, campionessa e preparatrice atletica di trail running: "Nella prima parte si correrà tanto, verso la fine del trail si ha invece a che fare con un percorso simile all'alta montagna". Correre l'Avp501 significa "entrare a stretto contatto con la natura: non è solo una gara, ma una sfida con sé stessi".
Fra natura e turismo. Ecco, volendo sintetizzare l'esperienza dell'Avp501 occorre parlare essenzialmente di natura, sport, e turismo. Sport, ovviamente: c'è chi partecipa per vincere, e chi per dimostrare a sé stesso di poter arrivare fino al traguardo. Natura, per la bellezza e la diversità di un territorio unico nel suo genere: non soltanto i parchi naturali attraversati, ma anche i borghi, pievi, eremi (San Bendetto in Alpe, il Santuario della Verna, Carpegna e Camaldoli per nominarne solo alcuni) che sono perle dell'Appennino, che con la frequentazione dell'Alta via dei Parchi possono scrivere nuove pagine di un turismo lento o sostenibile, rispettoso dell'ambiente: "Perché l'Appennino merita di essere vissuto 365 giorni all'anno puntando su open air, biking e trekking, e non solo nei mesi invernali", sottolinea il presidente della Regione Stefano Bonaccini.
Già 100 iscritti. Presentando la gara il presidente di Apt Emilia-Romagna, il ct della nazionale maschile di ciclismo su strada Davide Cassani, a un certo punto se lo lascia scappar detto: "Per fare una cosa del genere bisogna essere anche un po' matti". Parla degli atleti, ma anche della mole organizzativa di cui ha bisogno un appuntamento del genere. Già un centinaio gli iscritti, l'obiettivo è sfiorare i 150: alcuni di loro, per concludere la gara in soli quattro giorni, sono pronti a riposare appena un'ora al giorno.
Se la partenza è fissata il 1° settembre alle 9 a Pennabilli, a Berceto si organizzano quattro giorni di festa e sport attendendo gli atleti. A fianco alla gara principale, anche due percorsi alternativi e decisamente più alla portata di tutti: un tracciato di 21 km da Pennabilli a Carpegna e ritorno, con dislivello di oltre mille metri (il 1° settembre), e uno di 53 km dal passo del Cerreto a Berceto, di 3400 metri di dislivello (l'8 settembre).
Vi siete fatta un’idea? Curioso il numero di cento iscritti già tre mesi prima, con la prospettiva di arrivare a 150, quando in realtà i partenti del 1° settembre pare fossero 76… Vabbè, la nostra amica Rosanna Bandieri, che confeziona abiti da sposa a Correggio, si è infortunata e non ha preso il via, e sembra che non riuscirà ad avere indietro i 500 euro sborsati per l’iscrizione. Ma gli altri?
Sul sito della Uisp Parma, sottopagina trail, dell’AVP non c’è traccia; eppure la stessa Uisp Parma il 3 settembre aveva diramato un proprio comunicato che annunciava…:
AVP501: Domenica 9 Settembre eventi aperti a tutti
Prove di trail, yoga, trekking, incontri e la premiazione degli atleti a Berceto
L’"AVP501 Endurance Trail" non è solo un'evento dedicato agli atleti partecipanti, ma è stato concepito dai vari soggetti organizzatori anche come occasione per conoscere le Aree Protette, l'Appennino, la natura e le attività sportive in ambiente.
Per questo Domenica 9 Settembre a Berceto (PR), punto di arrivo della gara, prenderanno vita diverse iniziative aperte al pubblico, che avranno come punto di riferimento Piazza San Moderanno
Alle ore 10.00 UISP Comitato territoriale di Parma, organizza (ecc. ecc.)
Qualcosa di più si capisce dalle classifiche, sul sito di Wedosport e rimbalzate sul sito dei Lupi solo da poche ore, dove gli arrivati dell’AVP 501 sono 48, più 27 ritirati, ed è premesso un avvertimento:
“Gli atleti fermati dopo Marradi e riaccompagnati in auto alla base vita del Rifugio le Selve in auto sono stati inseriti in fondo alla classifica con un tempo fittizio”.
Infatti ci sono 22 atleti tra le 52 e le 74 ore, dal primo, il sessantenne bergamasco Paolo Pajaro, 52h 11min, e dalla prima donna, Cristina Tasselli (età 51), che in stretta compagnia di Marco Mori ha chiuso in 68h 10 ; fino al 22° Alberto Furlan, 74h 54. Seguono le 26 persone col “tempo fittizio”, quantificato in 79h30. Più i ritirati, gli ultimi cinque dei quali non erano arrivati nemmeno al primo traguardo di tappa ovvero “base vita”.
In mancanza di altre fonti ufficiali, cerchiamo ancora nel web, e ci appare IlParmense.net:
Interrotta dopo 250 km l’Avp501, la corsa da Rimini a Berceto sui crinale dell’Appennino: tra le cause anche la manomissione del percorso.
È arrivata nella giornata di ieri la notizia che l’Avp 2018 è stata sospesa. Le cause, secondo quando riportato nel comunicato ufficiale degli organizzatori, sono da ricercare in alcune manomissioni del percorso oltre che per il maltempo previsto nel fine settimana.
È stata interrotta al 253 chilometro la AVP501, la gara di endurance trial che nel fine settimana avrebbe dovuto fare tappa anche a Berceto. L’annuncio è arrivato direttamente dagli organizzatori e la motivazione è legata a “problemi di manomissioni della tracciatura di percorso” .
Inoltre dalla giornata di oggi le previsioni meteo saranno in netto peggioramento e l’organizzazione non era più in grado di garantire la sicurezza dei partecipanti, in particolare nella parte di gara che attraversava il crinale.
E i politici, che prima della corsa avevano esternato i loro evviva, adesso prendono le distanze: così su Altarimini.it:
“Ci dispiace che, per decisione degli organizzatori, da cui dipendono le eventuali responsabilità, la competizione sia stata interrotta. In primo luogo per gli atleti e per tutti coloro che avevano aderito. Deve essere altrettanto chiaro che non un euro di fondi regionali è stato dato, né sarà erogato. Con i nostri uffici verificheremo tutto quanto accaduto e valuteremo ogni altra possibile azione quando saremo in possesso di dati certi”. Così l’assessore regionale al Turismo, Andrea Corsini, dopo la decisione assunta dagli organizzatori - l’ASD Lupi d’Appennino - di chiudere l’Endurance trail AVP501, competizione di resistenza podistica che si doveva svolgere lungo l'Alta Via dei Parchi, per “problemi legati a manomissioni della tracciatura di percorso”, come si legge dalla loro pagina Facebook.
Adesso ne sappiamo di più, e lo possiamo arricchire grazie a vari amici che hanno partecipato alla gara: in primis, il grande Ideo Fantini, reggiano che viaggia verso i 70, e appare tra i 26 “a pari merito” con 79h 30, e altri che si apprestavano a fare servizio nel passaggio della carovana sull’Appennino modenese.
Dunque, la gara è partita più o meno regolarmente, salvo che ha beccato il maltempo, con conseguente obbligo per tutti di passare la prima notte, tra sabato 1 e domenica 2, nella prima base-vita. A cui non tutti erano arrivati regolarmente, non tanto per il maltempo, quanto per la tracciatura assolutamente deficitaria (altrocché “manomissioni”, la scusa cui si appigliano tutti gli organizzatori che risparmiano sulle fettucce e sulla vernice) e la mancanza di personale di servizio. Prova a dipingere i sassi con la vernice, poi vediamo se i soliti ‘cacciatori’ li spostano…
L’intesa era di ripartire tutti alle 6 di domenica, ma Ideo attesta che alcuni sono sgattaiolati via alle 4 o alle 5, approfittando del tempo tornato bello. La moda dei “partenti anticipati” si diffonde anche nei trail, laddove l’organizzazione non funziona?
Si continua, con percorso poco o niente segnato (“sbandellato”, in gergo), chilometraggi molto dubbi, nell’assenza pressoché assoluta di catarifrangenti, con ristori consistenti in tavoli su cui era appoggiato qualcosa, ma senza addetti; con basi-vita (cioè rifugi) che erano stati preavvisati solo due giorni prima e non avevano posti a sufficienza per riposare: al correggese Marco Narcisi che cercava un giaciglio hanno risposto che la cuccetta si liberava alle 4,30…
Anarchia totale, che secondo Ideo ha anche agevolato dei sorpassi sospetti, portando dunque alla inattendibilità totale della classifica: compilata, dice lui, “alla viva il parroco” (o alla boia d’un Giuda, come direbbe Guccini), non solo per i 26 a pari merito.
Il tempo si era messo al bello, ma le previsioni davano brutto e così, durante la quarta tappa che avrebbe dovuto passare per il rifugio Le Selve, gli organizzatori hanno deciso di fermare tutti, al rifugio Carné in territorio bolognese, dopo circa 258 km (il “circa” è d’obbligo). Il primo era già transitato, lo sono andati a riprendere e portare indietro (pare che Lisa Borzani, la celeberrima ultrarunner che assisteva, abbia detto cose piuttosto pepate al riguardo).
È rimasta in piedi l’ultima tappa, annunciata dall’Uisp Parma e programmata, dopo un salto di 200 km, tra Cerreto nel reggiano e Berceto, dove la AVP doveva concludersi, per gli ultimi 56 km. “Ci vediamo là?”, è stata la proposta dei “Lupi”. Tra urla e invettive, e vane richieste di rimborso delle quote, a Cerreto si sono ritrovati in 27, di cui arrivati a Berceto in 24. Pochini i reduci dalle precedenti tappe: fra loro, l’olandese Ingo Van den Bergh e la inglese Jane Williams (già che erano venuti fin qua e il loro aereo era prenotato per dopo…), che alle 79h 30 “fittizie” ne hanno aggiunte rispettivamente altre 12h00 e 12. 42 (che però non si sommano alle precedenti).
Insomma: fallimento totale, da nascondere, se è vero che (Facebook a parte) tutto tace. Grazie a Ideo e altri amici, abbiamo cercato almeno noi di squarciare il velo di vergogna su questo Titanic dei trail, che ha fatto appunto la fine del Titanic, ma senza che qualsiasi partecipante si unisse a Celine Dion nel cantare My heart will go on...
Tor des Géants vinto da Franco Collé e Silvia Trigueros Garrote: sabato 15 si chiude
Courmayeur, 13 settembre - Avrebbe dovuto essere un arrivo a braccia abbassate, in tutto relax, visto le circa 4 ore di vantaggio che Franco Collé aveva accantonato fino all’ultima base vita, quella di Ollomont, su Galen Reynods, il suo inseguitore più prossimo. Invece è stato un arrivo quasi al fotofinish, perché i 37 minuti di distacco tra i due, su una distanza di 330 chilometri, sono davvero un’inezia. Fatto sta che il quarantenne ingegnere valdostano ha messo a segno la sua seconda vittoria al Tor des Géants 2018, dopo quella ottenuta nel 2014, quando archiviò la gara con il tempo di 71 ore e 49 minuti. Questa volta il suo tempo complessivo ha superato di soli 3 minuti le 74 ore.
“Ero convinto di farcela fino all’ultimo colle, quello del Malatrà, poi ho cominciato ad avere dubbi quando mi hanno detto che il mio vantaggio era di soli 15 minuti. Così non mi è rimasto altro da fare che dare fondo a tutto”, ha detto Collé subito dopo il traguardo. In realtà il suo vantaggio al Malatrà era di 35 minuti e quello di segnalare tempi inferiori, proprio per suscitare reazioni nel corridore, è un vecchio trucco che viene da mondo del ciclismo.
Collé ha faticato assai negli ultimi 40 chilometri, ma ha tenuto duro, il carattere ha prevalso sul fisico; la voglia di rifarsi dalla delusione dello scorso anno, quando fu costretto al ritiro dopo aver condotto la gara, è stata più forte della stanchezza sempre più avvolgente.
Onore e applausi al trentaquattrenne canadese Galen Reynolds, che ci ha provato fino all’ultimo chilometro. Un secondo posto strepitoso, con il tempo di 74 ore e 40, che ha migliorato la settima posizione dello scorso anno.
Al terzo posto del Tor, con il tempo di 77 ore e 31 minuti, l’altoatesino Peter Kienzl, che ha all’attivo numerosi ultra trail internazionali. II quarantatreenne atleta di Avelengo, borgo sopra Merano, rappresentante di una azienda che produce speck, si era posto una serie di obiettivi: “Il primo”, ha detto tra i sorrisi e le lacrime di commozione, “era arrivare sano e salvo in fondo, perché una gara così lunga è ricca di incognite”. Il secondo: “entrare nei primi dieci”. Il terzo “avere un po’ di fortuna e salire sul podio”.
Silvia Ainhoa Trigueros Garrote ha il carattere indomito, tipico dei baschi, di chi il Tor lo voleva vincere. E così è stato, naturalmente, dal primo all’ultimo dei 330 km del percorso. Silvia infatti l’ha condotto sempre in testa, sempre tenendo a distanza le più dirette inseguitrici, che pian piano si sono diluite nella stanchezza e nel caldo.
La ultrarunner basca ha chiuso il suo TOR all’attacco con il tempo di 87 ore e 50 minuti, ben 10 ore in meno rispetto al tempo dello scorso anno, che era stato di 97 ore e 43 minuti e che le era valso il secondo posto. Oltretutto quest’anno è arrivata anche dodicesima assoluta. La seconda e la terza classificata, l’italiana Scilla Tonetti e la britannica Jamie Aarons, sono arrivate al traguardo di Courmayeur otto ore dopo, con il tempo di 95 ore e 54 minuti.
Per l’atleta italiana di Samarate (Varese) un bel passo avanti rispetto alle 108 ore dello scorso anno e anche un passo più in alto sul podio rispetto al terzo posto conquistato nel 2013.
Jamie ha mostrato una grande energia, che le deriva dal carattere brillante e da una lunga esperienza internazionale. Il suo curriculum parla chiaro.
Il tempo cronometrico registrato di 95 ore e 54 minuti vale per entrambe (quindi un secondo posto a pari merito), perché le due ultrarunner hanno tagliato il traguardo insieme, mano nella mano.
“Fino al Malatrà, l’ultimo colle prima della lunga discesa verso il traguardo, ci eravamo più volte alternate in testa, distanziate davvero di un paio di minuti o poco più”, ha detto Scilla dopo la linea d’arrivo; “poi una volta arrivate lassù, a 3mila metri e con una bella giornata di sole davanti, ci siamo dette: perché non la smettiamo di inseguirci a vicenda e arriviamo insieme?”
Tot Dret
Marco Mangaretto, origini valdostane con influenze piemontesi, abitante nel Canavese - terra di confine proprio con la Valle d’Aosta - ha vinto la seconda edizione della gara di 130 km e 12.000 metri di salite, partita da Gressoney-Saint-Jean.
Al traguardo di Courmayeur l’atleta canavesano è arrivato alle 21.01, dunque un minuto in più oltre le 24 ore. Un tempo che comunque abbassa di 14 minuti il tempo del vincitore dello scorso anno. Il quarantasettenne atleta, che nella quotidianità lavora in una azienda metalmeccanica, ha “giustificato” la sua vittoria con il ritiro di ultra runners più accreditati al successo, almeno sulla carta. Ma il fatto di essere andato forte fin dall’inizio e di aver condotto la gara sempre nelle prime posizioni, alternandosi spesso in testa, annulla di fatto la sua sportiva giustificazione. Un successo dunque per niente occasionale.
Dopo 30 minuti esatti ha tagliato il traguardo il valdostano Ruben Bovet, che a sua volta ha precedutoGeoffrey Radeka, francese di Chamonix, che ha portato a termine la sua impresa sportiva e personale facendo fermare il cronometro su 24 ore e 58 minuti.
Pure le ragazze dal piede veloce e dal cuore forte hanno riempito nella notte tra il 12 e il 13 settembre anche il podio del Tot Dret. Sul gradino più alto è salita la veneta Francesca Pretto, già vincitrice della Trans d’Havet, al traguardo in 26 ore e 38 minuti. Francesca ha chiuso anche al quarto posto assoluto. Seguono Maria Elisabetta Lastri (12ª assoluta in 30h59’33”), ultrarunner senese, e, al terzo posto, Alessandra Boifava (14ª in 31h38’56”), veneta come la vincitrice.
Sono 130 i chilometri percorsi (movimentati dai 12 mila metri di dislivello positivo), 319 gli iscritti, 258 quelli che hanno effettivamente preso il via l’11 settembre da Gressoney-Saint-Jean, 119 quelli che hanno chiuso la gara nel tempo massimo previsto, 44 ore, sei in più che nella passata edizione. La chiusura dei cancelli non ferma però il team “Gamba in Spalla”, composto da Francis Desandré, Fabienne Sava Pelosse, Lino Cianciotto , Massimo Cavenago e Moreno Pesce: una squadra di cinque amputati che stanno affrontando il Tot Dret, a staffetta. I cinque si stanno dando il cambio sui colli dell’alta via n° 1 combattendo contro i propri limiti, ma anche per aiutare a combattere, tramite la pratica dello sport, i pregiudizi nei confronti della disabilità e agevolare il recupero psico-fisico delle persone affette da disabilità. Tutto questo sarà raccolto in un documentario che diventerà un prezioso strumento di divulgazione da proiettare all'interno di festival tematici sullo sport, sulla montagna, sull'inclusione sociale.
Mentre gli atleti del Tot Dret passeggiano per Courmayeur indossando con orgoglio la loro maglia di finisher, il cuore del Tor des Gèants® pulsa a ritmo sostenuto nella seconda parte del percorso, in vista dell’ambito traguardo di Courmayeur, che dovrà essere superato entro il limite delle 150 ore, dunque sabato pomeriggio. Chi fino ad ora si è lagnato per il caldo eccessivo, da oggi pomeriggio fino a domani dovrà tirar fuori dallo zaino le protezioni antipioggia, perché il servizio meteo della Regione Valle d’Aosta prevede il passaggio - fortunatamente rapido - di nuvole temporalesche e un consistente abbassamento della temperatura in quota. Perciò coperti e ben caldi nell’affrontare le alte cime e macchina fotografica a portata di mano (insieme ai ramponcini). Chissà se il colle più alto della parte finale, il mitico Malatrà, che sfiora i 3000 metri, non voglia presentarsi, ormai quasi una tradizione, con un sottile velo di neve addosso.
Purtroppo, da segnalare un incidente grave, nella stessa zona dove nel 2013 era caduto e morto un concorrente cinese. Sul versante di Avise del Col de la Crosatie, poco dopo la mezzanotte del 12, mentre scendeva verso il Lac du Fond, è caduto il concorrente valdostano Narciso Dagnes, 66enne già al via in diverse edizioni del Tor. Dagnes, che subito dopo la caduta era stato soccorso dalle guide alpine presenti sul Colle e da un medico della base di Valgrisenche con il supporto di un medico rianimatore coordinati dal dr. Luca Cavoretto - responsabile del 118 della valle d’Aosta - è stato recuperato alle 6,42 e trasportato all’ospedale Parini di Aosta, dove era già stata attivata la procedura prevista per i politraumi. Dopo l’esito della fase diagnostica e visti i traumi riportati, il valdostano è stato trasferito nel reparto Rianimazione in prognosi riservata.
Presentato il Salomon Running Milano
Domenica 23 settembre l’Urban trail ambrosiano calcherà alcuni luoghi finora inaccessibili al movimento running. Tre le distanze e altrettante le opportunità di mettersi alla prova tra monumenti, parchi, spazi al chiuso e all’aperto:
Allianz TOP Cup 25 km competitiva valida come Campionato Italiano di Trail Corto – Assoluto e Master
Allianz FAST Cup 15 km non competitiva
Trofeo CityLife Shopping District SMART Cup 9,9km non competitiva
"Una manifestazione sportiva bella e interessante, una corsa che unisce la passione per lo sport a quella per la nostra città, offrendo percorsi nuovi e innovativi sia per chi ama tenersi in allenamento sia per i professionisti – ha commentato Roberta Guaineri, Assessore allo Sport del Comune di Milano -. In particolare, la gara restituisce un'immagine della città diversa dal solito, di una Milano da percorrere non solo in pianura ma anche in salita, e da ammirare dall'alto. ".
La speciale vertical run competitiva si sviluppa sui primi 23 piani della Torre Allianz con un dislivello di 100 metri (644 scalini). I runner più veloci a scalare il grattacielo più alto d’Italia per numero di piani si aggiudicheranno il Trofeo Allianz Tower giunto quest’anno alla sua quarta edizione.
Tutti e tre i percorsi di Salomon Running Milano transiteranno sull’elegante parquet di CityLife Shopping District per una prima assoluta che combina il running allo shopping, con tanto di scala mobile (ferma durante il passaggio della corsa) come ostacolo da valicare.
In più, i partecipanti della prova Allianz Top Cup andranno dove mai nessuna manifestazione di running è transitata: all’interno della stazione metropolitana Cairoli percorreranno un corridoio (alternativo rispetto al normale flusso dei passeggeri senza così interferire con il regolare servizio di trasporto pubblico).
“Dopo la bella edizione del 2017 a Gavirate, il Campionato Italiano di Trail Corto resta ancora in Lombardia, grazie a questa edizione di uno degli eventi più innovativi e spettacolari del panorama internazionale del running – commenta il Presidente di Fidal Lombardia Gianni Mauri - Un evento che si sposa al meglio con una Milano tutta da scoprire e da correre tra storia, tradizione e innovazione! Il tutto nella grande bellezza della nostra città e della sua storia millenaria".
Le medaglie che verranno consegnate ai finisher sono in legno intagliato, in vero spirito trail.
I PERCORSI DI GARA IN DETTAGLIO
Allianz TOP Cup - 25 km gara competitiva valida come Campionato Italiano di Trail Corto Assoluto e Master
Partenza ore 9:00 Arena di Milano.
Allianz FAST Cup – 15 km corsa non competitiva aperta a tutti.
Partenza ore 10:00 Arena Civica.
Trofeo “CityLife Shopping District” SMART Cup- 9.9. km corsa non competitiva aperta a tutti
Partenza ore 10:20 Arena Civica
IL PROGRAMMA DEL WEEKEND
Venerdì 21 Settembre - CityLife Shopping District – Piazza Tre Torri
Dalle 14:00 alle 20:00 - segreteria per ritiro pettorali, villaggio con musica e attività sponsor
Sabato 22 Settembre - CityLife Shopping District – Piazza Tre Torri
Dalle 10:00 alle 19:00 segreteria per ritiro pettorali, villaggio con musica e attività sponsor
Domenica 23 Settembre - Arena Civica
Ore 8:00: apertura villaggio gara
Ore 9:00: Partenza Allianz Top Cup (25 km)
Ore 10:00: Partenza Allianz Fast Cup (15 km)
Ore 10:20: Partenza Trofeo CityLife Shopping District Smart Cup
Ore 11:30: Premiazioni
Ore 13:00: Chiusura manifestazione
Dolomiti di Brenta, ecco la nostra Montagna Incantata
8 settembre - Già abbiamo riportato il comunicato ufficiale del 3° Dolomiti di Brenta Trail, l’ultramaratona di 64 e 45 km, con rispettivi 4200 e 2850 metri da superare, in massima parte su sterrato, che ha fatto segnare nuovi record di partecipazione (iscrizioni chiuse da settimane dopo il superamento del tetto dei 600 iscritti) e come tempi cronometrici.
http://www.podisti.net/index.php/cronache/item/2338-molveno-tn-dolomiti-di-brenta-trail-2018.html
Devo dire, avendo partecipato ai 45 km, che quanto raccontato non sono vanterie: si tratta di una delle corse negli ambienti più belli dell’arco alpino, e gestita in modo molto ‘umano’: intendo dire che non ci sono tempi massimi-capestro, che costringono le persone appena sotto della media a correre con lo spettro del 'cancello' (mi era capitato a Forno di Zoldo in giugno), senza poter rifiatare un attimo per ammirare un panorama che invece merita soste e contemplazioni.
Le bellezze naturali (l’ho già scritto) non sono merito degli organizzatori: da quelle parti, basta far scorrere il dito sulla carta geografica per inventarsi tracciati favolosi. In più, chi organizza ci deve mettere la scelta dei sentieri e dei punti d’appoggio, di ‘cancelli’ adeguati, la tracciatura, il controllo sul percorso. Doti tutte completamente rispettate a Molveno e dintorni (naturalmente si può sempre migliorare, e per dimostrarvi che non mi hanno pagato troverò qualche pelino nell’uovo).
Personalmente non conoscevo la zona delle Dolomiti di Brenta (‘strane’ Dolomiti, staccate da tutte le altre veneto-tirolesi, e spesso ignorate dalle pubblicazioni complessive), salvo un ricordo primordiale di cui dirò alla fine… Leggendo sul sito la dettagliatissima descrizione del percorso, coi suoi sentieri panoramici e non insormontabili (tranne uno), coi cinque rifugi toccati e i passi alpini tra i 2200 e i 2600 metri (con partenza da quota 850), mi sono convinto ad andarci, sicuro che ci avrei trovato le mie soddisfazioni, forse tra le ultime di una stagione atleticamente declinante.
Si parte da una tariffa di iscrizione decisamente abbordabile (ancora al penultimo scaglione stiamo intorno, o sotto, alla quota simbolica di un euro a km), e facilitazioni per la prenotazione alberghiera nelle strutture convenzionate: riesco a trovarne una a 200 metri sia dal ritrovo- partenza sia dall’arrivo (collocato in un meraviglioso prato sul lungolago), ad un prezzo decisamente basso, e tale che la mattina della gara esco dall’albergo già in tenuta da gara senza borsoni da lasciare in giro (obiezione 1: non esisteva la custodia borse, con giustificazione che i podisti potevano parcheggiare davanti alla partenza e dunque lasciare la roba in auto: evidentemente nella civilissima Molveno non sono ancora arrivati gli habitués della spaccata alle auto podistiche).
Alla vigilia, ottimo briefing, con insistenza particolare sul materiale obbligatorio: incontra una certa resistenza l’obbligo di pantaloni/collant lunghi di scorta: “se volete, potete correre anche in slip, ma nello zaino dovete avere tutto quanto serve per il maltempo”. Infatti i soliti meteoastrologi, come fanno da tutta questa estate, prevedono che nel pomeriggio pioverà (invece non scenderà una goccia che è una, e il cielo non si coprirà mai, e gli astrologi resteranno impuniti a spacciare la loro pseudoscienza).
Al mattino, calzando delle NB da 65 euro (by Boniburini) che mi hanno già accompagnato in tutti i trail più lunghi dell’ultimo anno (quasi 250 km), faccio l’inventario dei malanni: su una scala di dolore da 1 a 10, il polso sinistro sta a 5 (a che serve il polso per correre? per i bastoncini!); le anche a 2; il tallone sinistro a 2; il metatarso del piede destro a 5, i tendini d’Achille a 1. Abile arruolato, anche senza prendere il diclofenac nello zaino. Quanto ad allenamento, nell’ultimo mese il Polar registra tre allenamenti da 7 km l’uno, e 60 km di corse ufficiali (di cui solo 13 di trail). Vabbè, mi dico, se sarò sbattuto fuori a qualcuno dei posti di blocco me la sarò meritata.
I numeri rossi dei 64 km sono partiti alle 6, e ne arriveranno 230; a noi 353 numeri blu tocca alle 7,30, su prati coperti da rugiada, col sole che illumina le cime più alte del Gruppo Brenta, e il lago sotto che tremola appena. Data la mia stima nei confronti dei suddetti meteoastrologi, parto con maniche corte ereditate da Brixen, e pantaloni a mezza coscia (sono un omaggio di Lorenzini, sebbene lui non approvi queste mie follie senili): impermeabile, guanti, berretto e tutto il resto (perfino una lampada frontale e 2-3 etti di nutrimento) sta nello zaino e non sarà mai toccato.
Chip nel pettorale: dei sette punti di controllo, il primo dopo 5,5 km proprio non esiste (Andalo: solo Mandelli saprebbe dire chi era Andalù); in due avremo la spunta manuale, negli altri il controllo con scanner (gli ultimi due però esauriscono le batterie e, sia pur segnandoci, non trasmetteranno a valle i loro dati per una metà dei concorrenti circa).
Difficile peraltro ‘tagliare’: l’unico punto in cui teoricamente lo si poteva fare, cioè tra il passo Grosté e il Graffer e poi di nuovo al Grostè, ci ‘fregava’ lo scanner, oltre al primo ristoro davvero abbondante, messo al Graffer (sulla verticale di Madonna di Campiglio): dunque nessuno ha risparmiato quel paio di chilometri. Invece le scorciatoie saranno autorizzate, e spesso suggerite dalla collocazione delle bandelle, nella lunga discesa dal rifugio Pedrotti al Croz dell’Altissimo, 7 km di un sentiero sassoso con infinite varianti.
Bandelle: ottime e abbondanti per tutto il tratto comune ai percorsi di 64 e 45; assenti invece (obiezione 2) nella risalita dal Graffer verso il Tuckett, 4 km in cui noi del ‘corto’, orfani dei lunghisti che la stanno prendendo più larga, ci confortiamo vicendevolmente sulla ‘validità’ dei segni CAI sui massi.
Ristori: 4 completi e pluri-gustosi (l’unica cosa che non oso ingollare sono i panini con mortadella), altri tre con sole bevande (in realtà anche frutta).
Percorso: fa-vo-lo-so. L’unico tratto che ci dà problemi è il ghiaione per salire dal rifugio Brentei alla Bocca di Brenta, 300 e passa metri da scalare in mezz’ora. Ma i nostri occhi sono pieni della bellezza suprema dei luoghi che stiamo attraversando: arrivando al Tuckett dopo 23 km, mi dicono che ho 4 ore di margine sul tmax, allora mi lascio andare: foto, chiacchiere, spiritosaggini. A un collega dico che questo mi sembra il posto più bello di tutte le Dolomiti (è il parere anche di Isabella Morlini), ma lui nega: no, adesso vedrai andando al Brentei, che lì è ancora più bello. – Impossibile, gli replico. – Vedrai, mi fa. E ripartiamo.
In effetti il sentiero “del Fridolin” dal Tuckett al Brentei (con apice la Sella del Fridolin, il luogo dell'anima di Lorenzini) è la sommatoria delle bellezze di tutti i sentieri più belli delle Dolomiti: mettete la salita dal passo Gardena al Pissadù, la strada degli Alpini dietro le cime di Lavaredo verso il Comici, la valle di Travenanzes sotto la terza Tofana. Sommate il tutto e avrete la bellezza suprema del sentiero di questa Alta Via 10, tra rocce dritte che ti appaiono come tanti Duomi di Milano dal colore rossiccio, gallerie, strettoie, e in fondo la Bocca di Brenta che è una specie di Tre Cime, ma più raccolta e compatta. Tantissimi i turisti, generalmente in senso inverso, lungo il percorso; dalla Natascia modenese di Castelvetro al Davide ventunenne primo di tanti fratelli (tutti qui con genitori, e piccoli), ci cedono rispettosamente il passo (bè, qualche volta su certe cenge ‘incatenate’ è meglio aspettare che ne siano venuti fuori), si complimentano, scambiano due impressioni: a una bionda elegante che si appiattisce contro la roccia dico “Grazie, lei è una bella signora”. Risposta stile anni Cinquanta: “Sono signorina”.
Arriva il Brentei, e dopo uno zigzagare tra ghiaie arriva la sospirata ultima forcella: due alpini controllano e fanno foto a richiesta, indicandoci il Pedrotti dieci minuti sotto. Da lì è quasi tutta discesa, una picchiata di 1600 metri in 13-14 km: peccato che le piante dei miei piedi dichiarino di essere in fiamme, comunque il margine sul tempo massimo scenderà poco sotto le tre ore e ci sarà tempo per altre dispersioni extrasportive.
Altro tratto di sentiero meraviglioso scavato nella roccia, verso il Croz dell’Altissimo dove avremo l’ultimo controllo e ristoro. Comincia ad apparire il lago di Molveno, luccicante sotto il sole non previsto dagli astrologi; la stanchezza fa affiorare ricordi del 1954, la prima vacanza montana, senza mamma, di un bimbo della bassa modenese, con un orso a uso fotografico che mi faceva paura, una piscina in riva al lago il cui riempimento era per me più affascinante del lago stesso, un’altalena che mi colpì in testa col primo avviamento, dopo vari punti di sutura, alla chierica fratesca che si allarga sempre più. E il ricordo più fresco dei miei nipotini Davide e Paolo, portati a Molveno dalla loro mamma, e che fra tutto prediligevano la caravella in riva al lago (ora mi informano che quel geniaccio di Paolo, seconda elementare, ha preso una nota perché mentre la maestra spiegava… leggeva sottobanco il Corriere della sera. A 7 anni: per fortuna della maestra non ho dovuto firmare io la nota).
Qui, di fianco alla caravella, è il nostro traguardo, dopo aver attraversato tutta Molveno, quando pure per me rimane un dito di giorno (il campanile suonava giusto le 7 mentre gli passavo sotto 2 km prima). Un berretto di lana e una birra come premio, un pasta party con morbidissimo arrosto e altra birra, commenti tutti entusiasti fra reduci di questa meravigliosa scoperta di un posto da favola.
https://foto.podisti.net/p819083453
Bologna, Sassuolo, Parma: la regola del minuto, e altro by Morlini
Settimana di successi emiliani per Isabella Morlini, tutti caratterizzati dal distacco di un minuto e passa sulla seconda: a concludere il trittico è stata la vittoria nella 10 km del 21° Cariparma Running, domenica 9, in 38:07, appunto un minuto davanti a Veronica Paterlini (reggiana residente a Verona e tesserata Cariparma), e su un lotto di ben 99 donne partecipanti; tre giorni dopo aver vinto la Sassuolissima by night, altri 10 km (abbondanti), giovedì 6, con 38:06, oltre un minuto sull’altra reggiana Francesca Cocchi (forse la più forte delle tesserate Corradini, vicecampione regionale 2017 dei 10000 in pista).
Il tutto era stato inaugurato, martedi 4 settembre, colla vittoria nella prima edizione del 5000 “in Fiera”, gara podistica competitiva sulla distanza di 5 km organizzata dalla Uisp (sesta prova della “Coppa Uisp”).
“Prima” edizione dovuta al cambio di location della gara di 5 km settembrina che dal Parco Nord si sposta alla Fiera di Bologna. Lo scorso anno si era disputata la tredicesima edizione dei “5000 del Parco Nord”: una gara divenuta nel tempo un appuntamento partecipato ed apprezzato dal podismo locale, sia per la presenza delle gare giovanili prima della competitiva riservata agli adulti, sia per la partenza di due batterie separate, sia per la voglia di misurarsi in una gara breve e testare lo stato di forma al rientro dalle ferie estive. Al Parco Nord la gara consisteva in due giri di un percorso misto asfalto e sterrato, interamente chiuso al traffico. Il cambio di sede quest’anno segue l’analogo cambio del festival del Pd che dal Parco Nord è stato dirottato sulla Fiera.
Rimangono tutti gli aspetti positivi della gara prima citati: presenza di gare giovanili (dalle 18,15 in avanti), due batterie (19.00 femminile e M over 55; 19,30 gli altri uomini), e distanza invariata di 5000 metri.
Senza storia la corsa femminile: come c’informa Nerino Carri, Isabella ha dominato col tempo di 17’33”, un minutino davanti alla seconda classificata, Elisa Mezzadri dell’Atletica Blizzard di Bologna (18’30”), e Beverly Whitfield del Corriferrara (18’43”).
Tra gli uomini, vittoria del nordafricano Abdelhamid Ezzahdy (Blizzard) in 14’44”, appena davanti a Marco Fiorini (Castenaso, 14’46”) e all’altro Blizzard, Emanuele Generali, 15’08.
Tuttavia, abbiamo raccolto dalla Morlini osservazioni su quelle che diplomaticamente ha definito “importanti criticità”. Le iscrizioni sono all’interno della Fiera vicino ad un Padiglione adibito a concerti. In parecchie entrate i cancelli aprono alle 18, o alle 17:30, quando sul volantino viene scritto che le iscrizioni il giorno della gara chiudono alle 17:30. Gran parte dei podisti si perde all’interno della Fiera. Nessuno dei guardiani ai cancelli sa dell’esistenza della gara ed è in grado di dare indicazioni. Sembra una vera e propria “gara fantasma”. Una volta trovato il banco delle iscrizioni, la ricerca prosegue con la partenza (a circa 300 metri ed immediatamente all’esterno di uno dei cancelli di entrata).
Altra, più importante, criticità: il percorso, partendo e finendo alla Fiera, non può che essere per almeno 3 o 4 km in mezzo al traffico e alle macchine. Non è bello correre respirando a pieni polmoni il gas di scarico delle macchine e cercando di evitare di scontrarsi con le auto nelle varie rotonde. Vedere per credere il filmato online https://it-it.facebook.com/AtleticaUispBologna/, nell’ultima parte.
Ma l’amica docente reggiana sottolinea la grande gentilezza e disponibilità degli organizzatori, probabilmente impreparati ad affrontare questo cambio di area e di percorso della gara. Penso che gli stessi organizzatori e i podisti si meritino, il prossimo anno, una gara migliore.