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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Soraga 30 giugno – I meteorologi avevano previsto, per ieri, tempo disastroso (si era distinto per toni apocalittici Giuliacci, una specie di prof. Locatelli sul versante epidemiologico): infatti … su Moena/Pozza è stata una giornata splendida, con sole velato ma ugualmente abbronzante fin oltre le 15, quando è piovuto un’oretta, per dare infine spazio a un tramonto favoloso e a una notte stellata. Se rinasco faccio il meteorologo, devo solo imparare le mossettine e la vocetta impostata, poi la mia attendibilità sarà agli stessi livelli. 
Comunque, il giorno di riposo è stato dedicato dai più (quelli cioè che non si sono chiusi in camera aspettando il cataclisma) a escursioni lungo gli stupendi altipiani fassani. Per quanto mi riguarda ho scelto la conca Gardeccia/Vajolet/Principe, forse la più “dolomitica” di tutte, e sicuramente tra i quindici/venti posti più belli mai visti in vita mia. 13,5 km con 1600 metri D, a dirla in termini podistici. Inevitabile un certo appannamento in questa quarta tappa, ma che importa? Lascio piuttosto lo spazio al comunicato di Pegaso Media, che giustamente rimarca il fatto del giorno, cioè il rovesciamento delle prime due posizioni femminili grazie al minuto e mezzo con cui Sarah l’Epée ha sopravanzato l’ex leader Monica Seraghiti: ma sono solo 11 secondi a dividere le due. Mentre non c’è bisogno di Giuliacci per predire che Dalmasso, che oggi (unico sotto l’ora) ha incrementato il vantaggio di altri due minuti su Zagato, ha già vinto in carrozza e domani potrà controllare gli altri, tra cui il terzo posto di don Torresani è insidiato a un solo minuto da Simone Viola che ha dimezzato il distacco di partenza.

Pegaso Media. C’è un colpo di scena nella quarta tappa della Val di Fassa Running per quanto riguarda la sfida femminile, mentre al maschile continua il dominio del piemontese Moreno Dalmasso. La torinese Sarah L’Epee, seconda nella graduatoria generale prima dello start, approfitta di un tracciato corribile di 13,7 km e 585 metri di dislivello sul versante basso di Punta Vallacia per sferrare l’attacco alla leader marchigiana Monica Seraghiti, guadagnando la vittoria di frazione sul traguardo di Soraga e scavalcando la rivale nella graduatoria assoluta.

Una prova superlativa per la L’Epee, con papà svizzero e madre italiana, che ha deciso di tentare il tutto per tutto in una frazione che conosceva bene, avendola già fatta in una delle precedenti edizioni visto che è un’affezionata alla Val di Fassa Running (seppure proprio in questa tappa in passato si era dovuta ritirare per infortunio). Spalleggiata dal suo compagno che le dava il ritmo gara ha concluso la prova con il tempo di 1h06’10”, riuscendo a staccare di 1’34” Monica Seraghiti e di diventare la nuova regina della competizione fassana. Tutto si deciderà nel tappone di sola ascesa di venerdì, nel quale le due avversarie si marcheranno strette, visto che fra le due c’è un divario di soli 11 secondi. Sempre nella sfida femminile si è confermata terza di tappa e sul traguardo la romagnola con passaporto rumeno Ana Nanu, mentre quarto è giunta la trentina Sara Baroni della Quercia di Rovereto e quinta Alice Colonetti.

Al maschile terza affermazione su quattro gare per il cuneese Moreno Dalmasso, che ha concluso la sua prova con il tempo di 59’03, l’unico a scendere sotto l’ora sul traguardo di Soraga. In seconda posizione è giunto il bergamasco Simone Viola, che ha sfruttato al meglio le sue doti di discesista, recuperando quattro posizioni nel tratto conclusivo della frazione e prendendosi la soddisfazione di salire sul podio di giornata. Terzo il piemontese della Pro Patria Milano Michael Zagato, che mantiene così il secondo posto nella generale, seguito dal trentino Damiano Fedel dell’Atletica Val di Cembra (atleta giornaliero) e da Franco Torresani.

Nella generale maschile i giochi sono praticamente fatti con Moreno Dalmasso sempre più leader, con oltre 10 minuti di vantaggio su Michael Zagato, mentre a 3’56” dall’argento troviamo Don Franco Torresani, specialista delle gare in salita e intenzionato a dare il tutto per tutto nel tappone finale. Seguono nella graduatoria Simone Viola, quindi quinto l’atleta di casa Damiano Nicolodi.

Nella generale di categoria, quando manca l’ultimo atto, troviamo Alice Colonetti prima nella AF 18-34, Sarah L’Epee nella BF 35-39, Marina Ruffini nella CF 40-44, Ana Nanu nella DF 45-49, Sara Baroni nella EF 50-54, Daniela Marangoni nella FF 55-59, Delfina Marenda nella GF 60-64, Rosina Sidoti nella HF 65-69.

In campo maschile Michael Zagato è primo nella AM 18-34, Davide Diotti nella BM 35-39, Federico Sama nella CM 40-44, Lorenzo Conterno nella Deafm, Moreno Dalmasso nella DM 45-49, Francesco Valentini nella DM 45-49, Achille Faranda nella EM 50-54, Daniele Baroni nella FM 55-59, Ademaro Bertolini nella HM 65-69, Luigi Luzi nella IM 70-74, Verardo Brodi nella LM75+ e Antonio Serra nella ZM17.

Domani mattina, con start alle 9,30 davanti alla cabinovia Buffaure si decideranno i vincitori della Val di Fassa Running numero 22, nel tappone di sola ascesa di 11.8 km e e 930 metri dislivello, già proposto nel 2017. Partenza da Pozza di Fassa, quindi un tratto pianeggiante fino alle Terme e l’inizio della salita nel bosco, con attraversamento della valle e ascesa in cima a località Buffaure, il cui traguardo per il pubblico sarà raggiungibile anche utilizzando l’omonima cabinovia.

Hanno detto

Sarah L’Epee: “Conoscevo molto bene la tappa di Soraga perché l’avevo già fatta in passato, seppure con il triste ricordo del ritiro per una distorsione. Avevo una voglia di riscatto ed ho attaccato, sfruttando le mie caratteristiche. Sono molto contenta della vittoria e del tempo. Ci giocheremo tutto con Monica nell’ultima tappa”.

Monica Seraghiti: “Queste sono le corse e devo dire brava a Sarah. Oggi è stata davvero forte. Ci separano solo 11 secondi, praticamente un nulla in una gara come questa. Io ce la metterò tutta come sempre”.

Moreno Dalmasso: “Oggi era importante restare davanti, sebbene non sia stata una tappa facile. Ho un bel vantaggio sugli inseguitori e cercherò di gestire la prova conclusiva senza esagerare, anche se quando si è in gara si dà sempre il tutto per tutto”.

 

[F. M.] Questa volta, anche il mitico Lupo telecronista di running avrebbe detto che il “percorso è secoramente ben mesorato”: sconto irrilevante, stando ai nostri Gps, rispetto ai 13,7 km dichiarati e i 585 metri di dislivello; dunque, quanto a lunghezza è risultato il “tappone”, circa 1,5 km più lungo della prima frazione. Il dislivello è stato tollerabile, e la prima metà del gruppone avrà potuto correre ininterrottamente sulla deliziosa carrareccia nel bosco che in 5 km portava di 1220 della partenza a quota 1650, per poi spianare decisamente in un delizioso falsopiano attorno a quota 1730, fino alla discesa altrettanto gradevole che a un km dal traguardo ci riportava a quota 1230 e sul tratto iniziale dopo il via.

Tempo favoloso, alla faccia dei menagramo, e tuffo nell’Avisio per i più ardimentosi, mentre noi peones proseguiamo a sfilare sotto l’obiettivo della carinissima fotografa ufficiale. Solita superprestazione del lecchese Giovanni Civillini, un M 70 che dà la polvere a tanti più giovani di lui e fa 1:25, quasi un minuto meno del pur ottimo Solerte Righini; mentre Maurizio Pivetti in prodigioso crescendo di forma si invola in discesa dandomi alla fine 3 minuti abbondanti: sarà che lui era dopato a inalazioni di Vicks mentre io lo sono a gargarismi di Froben? Chiedo l’intervento delle spie sotto la torre degli Asinelli, al servizio d’o paese d’o sole: denunciate, denunciate, qualche cosa resterà, e se squalificano pure voi fate nubbello webinarre dandovi ragione da soli.

Intanto Frau Kordula da Bellinzona ci sorpassa, stavolta in salita, e chi la vedrà più? Ma la Delfina di Gussago, unica a precederla nella sua categoria, non è raggiungibile.
E’ tornato con 2.31:50, dopo due giorni di cattiva salute (gli proporremo il nostro doping curativo?) Giuseppe Cuoghi, che avendole fatte tutte o quasi, cortesemente mi segnala che le antiche Traslaval furono 13 e lui fu scelto, insieme alla Lucia “Voltan”, come persona-immagine appunto della tredicesima. Per fortuna non ha avuto la cattiva idea di Berrettini, di auto-farsi un tampone-Covid che nessuno gli aveva chiesto; a meno che – come dice mia figlia, regolarmente plurivaccinata – non ci facciamo tutti ‘tamponare’ quotidianamente alla ricerca dei virus dell’influenza, del raffreddore, dell’abbassamento di voce, del non mi sento tanto bene e del non ho voglia di uscire, e tamponate Pivetti così non mi batte… Helenio Herrera faceva giocare quelli con la febbre dicendo che rendevano di più, adesso invece sembra che il nostro agonizzante governo voglia reintrodurre la misurazione della febbre… O’ soldato ‘nnamorato si sfregava le ascelle col tabacco, in modo da evitare le marce: potrebbe essere un’idea per ottenere lo smart-working autunnale.

Prima, però, finiamo questa inebriante Fassa Running riempiendoci gli occhi dei panorami benedetti dall’Unesco (che mi ostino a non definire "mozzafiato" come fanno gli scribi di serie B/C, ad esempio tal Paola Di Caro, "7" del Corriere della sera, 10 giugno pag. 32: "vista sui tetti mozzafiato di una Roma già afosa") ed elettrizzandoci a polmoni pieni con le sfide reciproche, da riprendere e amplificare poi coi piedi sotto le tavolate dei prossimi pasta-party.

Moena 28 giugno – Comunicato Pegaso Media - Tutto secondo copione nella terza tappa della Val di Fassa Running, con partenza e arrivo nella zona sportiva di Moena. A trionfare sono stati sempre il piemontese della Podistica Buschese Moreno Dalmasso e la marchigiana del Club Rimini Nord-Brescia Sud Monica Seraghiti. Per entrambi vittoria di tappa a consolidamento della classifica generale, ipotecando più che mai la vittoria finale. (per le prime due tappe: .:Podisti.Net:. - Fontanazzo / Vigo di Fassa (TN) – Prime due tappe della Val di Fassa Running )
Dalmasso ha chiuso l’impegnativa frazione di 13,7 km, ma con ben 628 metri di dislivello e con la salita "spaccagambe" fino a Malga Peniola, fermando il cronometro sulla prestazione di 56’17”, davanti 2’03” a don Franco Torresani, che si è pienamente riscattato dopo la giornata negativa di lunedì. Dopo aver gestito le energie nel gruppo, il prete della val di Non nella salita verso Malga Peniola, da specialista delle sfide verticali, ha incrementato il ritmo, guadagnando la seconda piazza, che ha poi difeso fino al traguardo, riagguantando anche il terzo posto nella generale. In terza posizione di tappa, con un ritardo di 3’10”, è giunto Michael Zagato del Cus Pro Patria Milano, quindi Simone Viola del Speedy Runners, Daniele Scarpellini del Runcard, il fassano di Canazei Damiano Nicolodi della Dolomitica e il clesiano Diego Zanoni dell’Atletica Valli di Non e Sole. In chiave trentina Marcello Avi ha concluso decimo.
Nella gara femminile Monica Seraghiti ha confermato di tenere un passo superiore alle avversarie. Sul traguardo di Moena ha concluso la sua prova dopo 1h03’04”, riuscendo a precedere di 38 secondi la torinese Sarah L’Epee, quindi l’intramontabile Ana Nanu ha chiuso dopo 2’36”. Ancora fuori dal podio Sara Baroni dell’Atletica Quercia, seguita da Valeria Poltronieri ed Elisa Viora.
Dopo il giro di boa, con la disputa di tre delle cinque tappe in programma, la generale della Val di Fassa Running ha già emesso significativi responsi per la leadership, mentre per le altre posizioni del podio maschile si annuncia bagarre nelle due ultime frazioni. Moreno Dalmasso conduce con il tempo complessivo di 2h33’38” e con un vantaggio di 8 minuti e 12 secondi sul piemontese di Cugeglio Michael Zagato, che deve ben guardarsi da Franco Torresani, staccato di 2’48”, ma che è uno specialista delle salite. Quarto nella generale è Simone Viola, seguito da Damiano Nicolodi e da Daniele Scarpellini.
In campo femminile Monica Seraghiti vanta un tempo complessivo di 1h52’29” e può gestire un vantaggio non incolmabile di 1’23” sulla torinese Sara L’Epee, che tenterà in tutti i modi di recuperare il gap nelle ultime due frazioni. Terza incontrastata la veterana Ana Nanu e quarta la trentina Sara Baroni. Subito dietro Alice Colonetti e Valeria Poltronieri.
Nella classifica generale di categoria i leader dopo le prime tappe sono Alice Colonetti nella AF 18-34, Monica Seraghiti nella BF 35-39, Marina Ruffini nella CF 40-44, Ana Nanu nella DF 45-49, Sara Baroni nella EF 50-54, Daniela Marangoni nella FF 55-59, Carla Bolis nella GF 60-64, Rosina Sidoti nella HF 65-69 e Maria Grazia Nardini nella IF 70-74. In campo maschile nella AM 18-34 comanda Michael Zagato, nella BM 35-39 Davide Diotti, nella CM 40-44 Federico Sama, nella DeAFM Lorenzo Conterno, nella DM 45-49 Moreno Dalmasso, nella EM 50-54 Diego Zanoni, nella FM 55-59 Daniele Baroni, nella GM 60-64 Franco Torresani, nella HM 65-69 Ademaro Bertolini, nella IM 70-74 Luigi Luzi, nella LM 75+ Sergio Dattrino, nella ZM 17 Antonio Serra.
Domani giornata di riposo alla Val di Fassa Running. I concorrenti torneranno a gareggiare giovedì mattina con la tappa di Soraga di 13,7 km e 585 metri di dislivello, con la salita sul versante basso di Punta Vallacia, il tratto centrale in quota e a seguire la discesa che riporta a Soraga.

Hanno detto

Moreno Dalmasso: «Oggi ho faticato tantissimo in salita. Si è fatta sentire la stanchezza delle precedenti due prove, ma la verticalità fino alla malga era di grande intensità. Fortunatamente ho un buon margine sugli avversari ed ho gestito abbassando il ritmo. Adesso il meritato riposo».
Franco Torresani: «Ci tenevo tanto a riscattarmi, dopo le fatiche della seconda tappa. Nei primi chilometri sono rimasto un po' dietro per capire le reazioni del mio corpo, poi ho sentito che potevo aumentare il ritmo in salita dove so di avere qualcosa in più degli avversari ed ho agguantato la seconda posizione. Contento anche di come ho gestito sul falsopiano. Ora proverò a recuperare ancora nelle prossime frazioni, anche se non sarà facile».

 

[F. M.] Anche oggi i Gps ci addolciscono la fatica, accorciando di parecchio la lunghezza di quella che doveva essere la tappa più lunga del Giro e invece risulta preceduta di qualche centinaio di metri dalla prima tappa: abbiamo corso per km 11,750, con un dislivello di 545 metri cioè un centinaio in meno dell’annunciato. Ma nessuno si lamenta, specialmente data l’ascesa dei primi 3,5 km che ci ha portato dai 1145 metri della partenza (nell’impianto sportivo che vede anche il via della Marcialonga sciistica) ai 1605 del belvedere sopra Penìola, quasi tutti su sentiero monotraccia (oltretutto ufficialmente “inagibile”) dove noi del gruppone ci siamo trovati intruppati in fila indiana con scarse possibilità di sorpasso, sotto un sole afoso tra le sterpaglie (dicono che sia un’anticipazione dell’ultima tappa…).

Poi è cominciato un tratto godibile, con una deliziosa discesina fino ai 1360 metri della leggendaria Malga Panna a metà gara (leggendaria per chi scrive, che ci salì nel 1955 per sentieri su cui passeggiavano il baritono lirico Gino Bechi e un giovanotto appena entrato in politica ma destinato a un po’ di carriera, tale Giulio Andreotti). Ultima lieve ascesa quasi-corribile (parlo per noi peones che non pensiamo ai trofei) fino ai 1430 metri del km 7,5, e poi giù per deliziose carraie, con un tratto di bosco al km 9, e poi lambendo il centro di Moena e a monte l’abitato di Sorte, di nuovo verso la zona arrivo, dove era allestito il solito ristoro di lusso (anzi, gli yogurt alla frutta li ho visti oggi per la prima volta), e dove - come sempre – Urbano Fontana, dopo aver corso brillantemente, e aver atteso l’arrivo della sua Lucia “Voltan” Tagliapietra, imbracciata una fotocamera ci riprendeva tutti prestandosi anche a una “istantanea” (come le chiamavano una volta) in compagnia dell’inossidabile e velocissima coppia Righini-Nanu.

Giro a mezzaluna, stavolta era impossibile sbagliare, e udite udite! c’era perfino una freccia, sia pur “montata” sul petto di una addetta. Da notare che mentre il sottoscritto e l’abituale compagno di corsa Maurizio Pivetti (veterano di quasi tutte le marcelonghe sia a piedi sia sugli sci) stavamo sopra Penìola, sulla verticale del traguardo, abbiamo potuto seguire visio-auditivamente l’arrivo del vincitore, che insomma ci ha inflitto tre quarti d’ora buoni!

E al km conclusivo, l’ultimo segnalatore umano era nientemeno che Stefano Benatti, patron della manifestazione ai tempi della "Traslaval", nonché eccellente maratoneta (la mezza in 1.19, la 42 intera in 2.50 a Reggio nel 2007, sempre sotto le 3 ore fino al 2015, e 3.38 a Rimini due mesi fa, da M 60), che ricordava perfino le mie sottolineature del maltempo quotidiano e le obiezioni linguistiche ladine del 2005 (che volete farci, sono scolaro del grande glottologo Luigi Heilmann cui è intitolata la passeggiata lungo Avisio di Moena, e quanto ai climi di montagna, ero abituato ‘male’ dalla Val d’Aosta dove in estate non pioveva mai!).

Anche oggi, Teida a fotografare, il masterchef dei poliziotti modenesi Eugenio Di Prinzio a chiudere il gruppo (mentre il veterano Giuseppe Cuoghi ha abbandonato), dopo aver lanciato i due meravigliosi undicenni Emanuele Amoresano e Raffaele Romano che – ovviamente in forma non competitiva – hanno terminato la loro fatica intorno alle 2h50 e si trovano, dopo aver percorso tutte le tappe, con un tempo complessivo sotto le 7h30.

Domani riposo, poi una tappa non proibitiva a Soraga (frazione di Moena) per rimettersi in carreggiata nell’ultima frazione di venerdì. Nel frattempo l’afa si è risolta in pioggia leggera pomeridiana (come nelle usanze classiche delle Dolomiti), stasera potremo scaldarci senza rimorsi con una cena ladina e qualche sgnapa in più.

 

27 giugno - La Val di Fassa Running è ripartita dopo due anni di stop; 13, dal 1999 al 2011, erano state le edizioni targate “Traslaval”; 8 quelle con l’etichetta attuale. Nell’ultima del 2019 erano arrivati in 284 (con 83 donne) al termine delle 5 tappe; quest’anno, dopo due tappe sono in 168 nella classifica dei competitivi (cui si aggiungono alcune decine di atleti che hanno preso parte solo a una tappa, e altri che gareggiano come non competitivi e sono inclusi in una classifica a parte, secondo ordine alfabetico come vogliono i bizantini regolamenti imposti dalla politica).

Riportiamo gran parte più significative dei primi due comunicati di Pegaso Media.

1. Due volti nuovi al termine della prima impegnativa tappa con partenza e arrivo a Fontanazzo. Si tratta di Moreno Dalmasso, cuneese di Costigliole Saluzzo e della marchigiana di Urbino, con passaporto bresciano, Monica Seraghiti.
Gare simili per i due trionfatori e subito leader della generale, capaci di allungare già al primo dei 12,9 chilometri [NdR: il Gps personale supera di poco i 12 km] e di mantenere la testa senza troppi patemi, chiarendo subito che i favoriti per la vittoria finale sono loro.
Sul traguardo di Fontanazzo, nel pratone che costeggia il torrente Avisio, l’alfiere della Podistica Buschese è giunto con il tempo di 55’04”, dimostrando un buon passo e capacità di gestire anche un tracciato nervoso, che ha previsto due impegnative salite per un dislivello complessivo di 607 metri [550 secondo il solito Gps]. Alla terza partecipazione a questo evento Moreno Dalmasso si è preso subito una grande soddisfazione ed ora punta senza mezzi termini alla vittoria assoluta, dopo il terzo posto nella generale ottenuto del 2019.
Alle spalle del piemontese tanta bagarre per la seconda piazza. Nella prima impegnativa salita erano ben in nove in pochi secondi, con l’atleta di casa Damiano Nicolodi che si è messo a tirare il gruppo guadagnando qualche secondo sui rivali. Poi nella seconda salita il colpo di scena, con l’atleta di Canazei che sbaglia percorso, e così recupera posizioni su posizioni il prete trentino Franco Torresani (Atletica Paratico), che agguanto così la seconda piazza, mantenendola anche in discesa e sul tratto pianeggiante. Sul traguardo Don Torresani giunge con un ritardo di 2’42” dal vincitore; terzo è il lombardo Michael Zagato del Cus Pro Patria Milano, a 3’23”. Appena fuori dal podio, con un gap dal leader di 5’16”, giunge con tanta delusione Damiano Nicolodi dell’Us Dolomitica. Dietro di lui ecco Giacomo Marchesi, Federico Sama, Simone Viola, Daniele Scarpellini, il fassano Massimo Leonardi e il noneso Diego Zanoni.
Straordinaria la prestazione cronometrica della vincitrice della gara femminile Monica Seraghiti, capace di stabilire la decima prestazione assoluta con il tempo di 1h02’29”. La forte podista, che difende i colori dell’Atletica Brescia Marathon e che vanta un passato su pista di buon livello, ha gestito le energie ed è riuscita a precedere sul traguardo di 28 secondi la grintosa torinese Sarah L’Epee, fedelissima della Val di Fassa Running, dove è salita più volte sul podio. Sul terzo gradino troviamo la runner che più ha vinto nella corsa a tappe fassane, ovvero la rumena con passaporto romagnolo Ana Nanu dell’Atletica Rimini Nord Santarcangelo, a 3’08”. Seguono in classifica la roveretana dell’Us Quercia Sara Baroni, quindi Alice Colonetti e Valeria Poltronieri..

Classifiche di categoria

Nella AF18-34 prima è Alice Colonetti, nella BF35-39 Monica Seraghiti, nella CF40-44 Marina Ruffini, nella DF45-49 Ana Nanu, nella EF50-54 Sara Baroni, nella FF55-59 Daniela Marangoni, nella GF60-64 Carla Bolis, nella HF65-69 Rosina Sidoti e nella IF70-74 Maria Grazia Nardini. 
In campo maschile leader della AM18-34 è Michael Zagato, nella BM35-39 Alberto Meneghello, nella CM40-44 Federico Sama, nella AFM Lorenzo Conterno, nella DM45-49 Moreno Dalmasso, nella EM50-54 Diego Zanoni, nella FM55-59 Daniele Baroni, nella GM60-64 Franco Torresani, nella HM65-69 Ademaro Bertolini, nella IM70-74 Luigi Luzi, nella LM 75+ Sergio Dattrino, nella ZM17 Antonio Serra.

Hanno detto

Moreno Dalmasso (vincitore): «È la mia terza partecipazione alla Val di Fassa Running, una gara straordinaria con un contesto paesaggistico emozionante. Ho deciso di fare subito la mia gara, riuscendo a staccare gli avversari. La prima salita l’ho affrontata bene, sulla seconda ho sofferto e faticato anche perché non ho molti chilometri nelle gambe in salita. Invece in discesa ho gestito bene trovando un buon ritmo. Obiettivo è quello di vincere la generale venerdì».
Don Franco Torresani (secondo classificato): «Solitamente prendevo parte solo al tappone finale, ma quest’anno ho provato a mettermi in gioco e parteciperò a tutte cinque le prove. Oggi ho gestito le energie nella prima salita, dove avevo un gruppetto di atleti davanti, e da buon scalatore nella seconda ascesa ho aumentato il ritmo, recuperando fino al secondo posto, che ho mantenuto fino al traguardo. Sono molto contento».
Monica Seraghiti (prima classificata): «È la mia prima partecipazione alla Val di Fassa Running e il prologo è stato bellissimo. Sono qui perché mio padre mi ha sempre parlato bene di quest’evento, che ha vissuto da atleta per due edizioni. Dopo uno stop per un problema fisico e la nascita di un bambino ho deciso di rimettermi in gioco Non sono abituata ai saliscendi, ma il percorso è bellissimo».

2. Parla trentino la seconda tappa della Val di Fassa Running con partenza e arrivo a Vigo. A tagliare per primo il traguardo, dopo aver affrontato 10,7 km di sviluppo per un dislivello di 438 metri, è stato Matteo Vecchietti dell’Atletica Val di Cembra, dopo soli 41 minuti e 32 secondi di fatiche.
Il polivalente atleta di Sopramonte, che non aveva corso il primo giorno, ha infatti deciso di presentarsi al via della frazione del lunedì con il doppio scopo di ossigenarsi e di affrontare un allenamento intensivo in vista dei prossimi appuntamenti. E lo ha fatto in grande stile, aggiudicandosi la frazione dopo essere stato fianco a fianco del leader della classifica Moreno Dalmasso, che da parte sua doveva badare anche a gestire le energie in vista dei prossimi appuntamenti. Nei tratti di sola salita il piemontese sembrava avere qualcosa in più nelle gambe, ma nel complesso Vecchietti è stato più completo ed ha tagliato il traguardo a braccia alzate. Non sarà però presente alle prossime tappe.
Il capo classifica Dalmasso ha accusato un ritardo (del tutto ininfluente) di 44 secondi, incrementando il vantaggio sugli inseguitori. Terzo, a 2 minuti e 23 secondi dal vincitore, è giunto il lombardo Michael Zagato della Cus Pro Patria Milano, che si issa in seconda posizione nella generale, mentre è andato fuori giri l’esperto Don Franco Torresani, incappato in una giornata negativa. Il dovere liturgico l’ha costretto a dormire poche ore, ma soprattutto nella prima salita verso Vallunga gli si è riacutizzato un dolore muscolare alla coscia che lo ha costretto a limitare lo sforzo e le energie fino al traguardo, dove è giunto addirittura quindicesimo ad oltre 6 minuti dal vincitore.
Appena fuori dal podio di giornata troviamo poi Simone Viola del Speedy Runners, dopo 3’16”, seguito dall’atleta di casa Damiano Nicolodi dell’Us Dolomitica a 3’39”, quindi Giacomo Marchesi (Runcard) a 5’, Federico Sama del Cesena Triathlon a 5’27” e il trentino Diego Zanoni dell’Atletica Val di Non e Sole a 5’28”.
In campo femminile identico podio della prima tappa, con Monica Seraghiti prima e addirittura ottava assoluta, ma con soli 16 secondi di vantaggio sulla torinese Sarah L’Epee; ancora terza l’esperta Ana Nanu a 3’05”. La Seraghiti ha gettato al vento alcuni secondi per un errore di direzione ad un bivio, ma ha confermato di avere qualcosina in più rispetto alla L’Epee, che però attende con serenità le prossime tappe che più si addicono alle sue caratteristiche. Quarto posto per la roveretana Sara Baroni, seguita da Alice Colonetti, Valeria Poltronieri e Sofia Scanziani.
Nella generale femminile Monica Seraghiti vanta un tempo di 1h49’25”, di 45 secondi migliore rispetto a quello di Sara L’Epee, con Ana Nanu terza ad oltre 6 minuti.
Per quanto riguarda la classifica di categoria dopo le prime due tappe nella AF 18-34 è in testa Alice Colonetti, nella BF 35-39 Monica Seraghiti, nella CF 40-44 Marina Ruffini, nella DF 45-49 Ana Nanu, nella EF 50-54 Sara Baroni, nella FF 55-59 Daniela Marangoni, nela GF 60-64 Carla Bolis, nella HF 65-69 Rosina Sidoti, nella IF 70-74 Maria Grazia Nardini.
In campo maschile Michael Zagato comanda la AM 18-34, Davide Diotti la BM 35-39, Federico Sama la CM 40-44, Lorenzo Conterno la DeaFM, Moreno Dalmasso la DM 45-49, Diego Zanoni la EM 50-54, Daniele Baroni la FM 55-59, Franco Torresani la GM 60-64, Luigi Luzi la IM 70-74, Sergio Dattrino la LM + 75 e Antonio Serra la ZM 17.
Domani terza tappa a Moena, dove i concorrenti affronteranno 13,7 km e 628 metri di dislivello con una salita impegnativa già al terzo chilometro, giungendo poi alle località di Penia, Sorte e discesa verso la Perla delle Dolomiti. 

Hanno detto:

Matteo Vecchietti: «Il lavoro mi ha concesso una finestra mattutina e ne ho approfittato per mettermi subito in gioco. E’ stata una gara molto bella, condotta con Dalmasso dal primo all’ultimo chilometro, poi lui doveva pensare a gestire le energie in vista delle prossime tappe e io ho allungato e sono andato a vincere. Davvero forte Moreno, ha già la Val di Fassa Running in tasca. Parteciperò solo a questa tappa, perché poi lavoro, ma un pensiero per le prossime edizioni lo farò sicuramente».
Moreno Dalmasso: «Nella seconda salita devo ammettere che ho faticato un po’ troppo ed ho deciso di non forzare. Davvero forte Vecchietti. Sono in buona forma e mi sto divertendo».
Monica Seraghiti: «Ad un certo punto del percorso mi sono sentita urlare dietro dai tifosi e mi sono accorta di aver sbagliato tragitto. Ho fatto dietro front ed ho perso qualche secondo. Ogni giorno corriamo in un paesaggio straordinario. La gara è fantastica».

 

[F. M.] Il giro è ancora lungo e in chiusura, come da tradizione, a preoccupare molti ci sta la tappa di sola salita con 900 metri di dislivello da scalare in meno di 10 km. Ma intanto, se i due primi sembrano in grado di aumentare progressivamente il loro vantaggio, e in campo femminile le posizioni restano pressoché invariate addirittura fin verso la decima piazza (ma il margine tra le prime due è esiguo), le posizioni maschili di rincalzo al capolista hanno subito già un rimescolamento notevole, con Nicolodi, lo sfortunato o distratto protagonista di un errore di percorso il primo giorno, quando era secondo, che oggi ha guadagnato il terzo posto sia nella tappa (prescindendo dalla occasionale presenza di Vecchietti) sia nella classifica generale, approfittando della crisi di don Franco Torresani, debilitato da problemi fisici ma che si è presentato alla partenza dopo aver celebrato tre messe in mattinata, e in attesa di condurre un funerale nel pomeriggio: il benemerito “prete sempre di corsa” si trova ora al quinto posto, in una graduatoria che (si badi bene) vede lui, over 60, dietro a Dalmasso M 45 e a ben tre under 35.

Ma lascio le considerazioni tecniche per dare qualche prima impressione, di una gara che avevo corso addirittura nel 2005 (arrivando 151° su 298, col gruppo capeggiato da due africani e con lo stakanovista maratoneta Emanuele Zenucchi terzo assoluto). Superfluo parlare della bellezza dei panorami, anche se non mi varrò dell’abusato e improprio aggettivo “mozzafiato” caro ai giornalisti dilettanti. Certo, sbucando oggi dal villaggio di Tamion, punto più alto del percorso coi suoi 1544 metri (secondo Gps, che rileva una partenza da quota 1405), la val di Fassa si presentava longitudinalmente fino ai massicci di Sella e Pordoi, e anche i corridori più competitivi non potevano fare a meno di guardare a 180 gradi. E i lettori di Podisti.net sono fortunati a trovarsi da oggi le foto di Teida Seghedoni https://podistinet.zenfolio.com/p450269219 .

Mi permetto però due osservazioni critiche: sulla prima, nessuno protesterà perché riguarda le lunghezze e i dislivelli dichiarati, che risultano sempre più alti di quando indicano i nostri Gps: anche confrontando con altri colleghi, trovo che la prima tappa offriva forse 800 metri lineari e 100 verticali in meno rispetto al dichiarato; nella seconda, a prescindere da quello che dirò sotto, la distanza sembra fosse più corta di 1300 metri e più ‘bassa’ di un’ottantina.

La seconda: gli stessi comunicati ufficiali riferiscono di sbagli di percorso, ieri del secondo in classifica, oggi della prima donna; e ovviamente non sanno degli sbagli all’interno o in coda al plotone. Purtroppo mancano del tutto le frecce segnaletiche, sia orizzontali (sul terreno) sia verticali; al loro posto, bandelle bianche dunque poco visibili, e non molto frequenti; qualche bandella biancorossa a delimitare bivii, e per il resto segnalatori umani, che non sono dappertutto.

Oggi il gruppetto di cui facevo parte, intorno al km 8, arrivato in vista di Vigo al passaggio della statale di Costalunga (occupata da un km o poco meno di auto ferme), ha visto una vigilessa in mezzo alla strada, che aveva fermato le auto, ma non fatto aprire un varco visibile per noi, che istintivamente ci siamo diretti a destra, in discesa, senza che nessuno ci avvertisse. Arrivati a una rotonda, non c’era nessun segnale, abbiamo cominciato a chiedere in giro, ricavandone l’informazione che dovevamo girare attorno alla chiesa di Vigo e poi puntare in su per ritrovare i colleghi ‘giusti’. I gps dei quali, una volta intercettati, segnavano dai 200 ai 400 metri in meno (senza contare le nostre soste ‘informative’). Qualche collega danneggiato è sceso, dopo l’arrivo, a dirne 4 alla vigilessa, che mi sono invece permesso di scolpare perché il suo compito è quello di bloccare le auto (e lo stava facendo), non di indicare la direzione ai podisti. Questo spetta all’organizzazione.

Non credo che alla tappa di domani vedremo le frecce; speriamo dopo la sosta, per le due tappe decisive. Non sto a piangere sulle eventuali posizioni perdute (sono qua per godermi la Fassa, non per collezionare prosciuttini); ma se vedo che un concorrente cui ieri avevo rifilato 16 minuti e oggi mi è arrivato 50 secondi davanti, dovrò concludere che la benedizione di don Torresani mi ha portato male?

 

19 giugno 2022– A tre anni esatti dalla prima edizione

https://www.podisti.net/index.php/cronache/item/4294-pont-saint-martin-ao-valle-d-aosta-marathon.html

https://www.podisti.net/index.php/commenti/item/4322-pont-saint-martin-una-maratona-nella-pace-della-vallee.html

dopo i blocchi che sappiamo, è tornata la maratona nella porta d’ingresso della Vallée, dove il mirabile ponte romano segna l’inizio della Strada delle Gallie, e dove il Club Supermarathon continua nella sua opera di moderno colonizzatore portando le sue maratone, a un ritmo pressoché settimanale, là dove nessuno era finora arrivato. Dopo Orta e Campi di Norcia, l’appuntamento è stato in Val d’Aosta, dove di maratona non avevano più sentito parlare dai tempi in cui (7 luglio 2013) l’allora presidente del Club, il compianto Gianfranco Gozzi, cogestì l’”Alpemarathon dello Zerbion”, attorno a Chatillon, con dislivelli ben più notevoli e circa 200 arrivati.

Nel 2019 erano stati 186 i classificati della 42 km, cui si erano aggiunti quasi 150 sulle distanze minori di 10 e 21 km: il tutto replicato quest’anno, con un esito numericamente alquanto minore (68 classificati) anche per il disinteresse di vari big o vecchie glorie che, più o meno foraggiate, si erano mosse per la prima edizione. Eppure le prime posizioni dell’ordine d’arrivo 2022 presentano nomi di spicco, con la plurimedagliata ultratrailer aostana Francesca Canepa che, da F 50, ha dominato la prova femminile con 4.01:22, un quarto d’ora sulla seconda Silvia Luisa Corti (F 45) e oltre 20 minuti sulla terza, Mirela Hilaj (F 40), che aveva vinto nel 2019.

Uguale distacco tra primo e secondo nella prova maschile, vinta da Stefano Velatta con oltre 13 minuti su Marco Rossi e quasi tre quarti d’ora su Christian Balzaretti: tutti e tre M 45. Il percorso è risultato un po’ eccedente la misura canonica (42,800, con dislivello di 365 metri), sostanzialmente perché si è inserito un doppio passaggio per il Ponte Romano, le cui rampe in salita e discesa hanno portato alla sorpresa di trovare un cartello del km 22 dove tutti ci aspettavamo il 23, e così fino alla fine con piccolo sconto dal 39.

La temperatura, che in partenza stava intorno ai 25 gradi, è salita fin verso i 32, solo in minima parte mitigati dal solito venticello est/ovest che caratterizza la valle della Dora. Percorso appena meno ingarbugliato dell’edizione 2019, e questa volta ottimamente segnalato (anche se qualcuno lamenta di essersi sbagliato ugualmente). Proprio la parte più gradevole, quella sulla destra della Dora tra Outrefer e Pramotton, nello snodo di Clapey presentava, oltre a continui saliscendi, anche degli incroci dove ci si incontrava (lasciando il dubbio: sono io o è lui a sbagliare?); e se non si stava attenti si poteva finire anche in territorio vietato. Controlli con doppio chip (come nello stile del Club) un po’ a sorpresa, presso i ristori (fornitissimi, e quasi sempre con bevande ben fresche). Diciamo che, in mancanza di guardiani, qualcuno un po’ ‘opportunista’ poteva tagliare due volte quei circa 3 km di campi e pascoli verso Pramotton; a quanto ho visto io, direi che nessuno l’ha fatto, malgrado la constatazione dolorosa del km in più da trangugiarsi.

Ugualmente secondo le usanze del Club, la serata precedente è stata occupata da una gioiosa cena in uno dei ristoranti più rinomati di Donnas (dove, udite udite, ero passato nel 1977 con una comitiva in gita enologica), a un prezzo davvero amatoriale (ci pensa Faleo a incassare), la consueta animazione di un Sergino sempre fuori giri, e i discorsi di diritto amministrativo europeo tenuti dal dott. avv. Marco Simonazzi, ol sindic che a Mantova inventò i comitati cittadini (poi copiati dai 5 stelle) e rinunciò a un sicuro seggio parlamentare per non essere intruppato con dilettanti allo sbaraglio (“L’Europa ce lo chiede è solo una scusa!”).

L’indomani, prima della partenza, c’è tempo di leggere i giornaloni: qui in zona, Chiambretti annuncia di essersi impoverito fino a un mensile di soli 26mila (ma che miseria, poaro nano!) e di non poter più versare 3000 mensili alla sua ex. Ma poareto, a 55 anni ha cosato con una di 26 e pretende di averlo fatto gratis; come è ingiusto il mondo. Invece Balotelli ce la fa, e quella che pretendeva 500mila per aver cosato con lui adesso risulta essere una ricattatrice; mentre la Canalis si dà al kick boxing e mena: a questo si riduce lo sport dei nostri tempi covidioti.

Nel nostro minimo, Simonazzi (debilitato da un esame appena passato con 30, per l’imminente laurea in Scienze Politiche) parte per la consueta 42 (anzi 43), mentre all’aspetto tecnico sovraintende il collaudato staff con Filippo ai droni, Faleo alla distribuzione pettorali, Vittorio al ristoro finale (cogestito con una graziosa addetta di Aymaville), Paolo Gino al microfono e Sergino (quando non si distrae col Garzellino del pacco gara), alle foto d’arrivo e alle premiazioni.

Solita esposizione su schermo in tempo reale delle classifiche, bilanciata in negativo dalla pubblicazione, avvenuta solo a distanza di 24 ore, delle graduatorie complete su Icron. A proposito: il tracciato ‘alternativo’, che da Donnas alla stazione di Pont nel 2019 era servito ad alcuni per rimediare alle segnalazioni erronee, ma non aveva evitato la loro estromissione dall’ordine d’arrivo, quest’anno era stato promosso a percorso ufficiale, esentando dal servizio i due sbandieratori che davanti alla stazione di Pont avevano mandato i tapini lontano dal tappetino del chip.

Acqua passata; nel presente c’è il suggestivo transito sul lastricato bimillenario del Ponte, ci sono i saluti d’incoraggiamento lanciati da chi si avvia verso il traguardo all’indirizzo di chi è ancora nel tratto ascendente; ci sono i dibattiti sindacal-informatici con Paolo Saviello (sono di più i morti delle stragi negli Usa o dei femminicidi-bambinicidi in Italia?), i commenti referendari dell’avvocato cassazionista Tundo, il pacato andare di Carlotta, il mio vano inseguimento ad Albarosa la torinese, la cui maglietta rossiccia per almeno 30 km mi sta appena davanti senza mai farsi agguantare; il do you remember? di Faleo che, citando un nostro arrivo mano nella mano a Ragusa, anticipa quanto sta per accadere a Pont, dove arrivato pure mano nella mano con Luigi Ploner, me ne vedrò distanziato di un secondo dall’ordine d’arrivo.

La 21 km ha visto il successo, su 23 partecipanti in tutto, di Alberto Monasterolo in 1.17:43 e di Elena Cristina Masili con 1.49:23; la 10 km (con 8 partecipanti) è stata dominata da Paolo Boggio in 36:39.

Al di là dell'esito quantitativamente deludente della gara regina, resta il cameratismo, la mutua complicità di un gruppo di faticatori senza velleità di tempi (mo che shkennndalo, diranno gli Asinelli e i suinofili), quelli che hanno la forza mentale di non ritirarsi e anzi vanno in progressione, come la Carlotta Gavazzeni che pur non schiodandosi dall'ultimo posto femminile (Carla Ciscato e la gloriosa Rita Zanaboni mantengono un certo vantaggio), negli ultimi 15 km rimonta vari maschietti, quasi acchiappando l'avv. Tundo che la precede di 50 secondi. Davanti le resta anche Rinaldo "Bubu" Furlan (tra i castigati dal giudice d'arrivo 2019), ma non il trio Manferdini-Faleo-Gelati che finisce in 7.49:23. 

Tutti o quasi, nel concludere la loro fatica, si danno appuntamento alla prossima puntata, o meglio, a un grappolo di puntate maratoniche, questa volta 3 in 3 a quota Duemila, così riusciremo a non farci prosciugare dal caldo, e la benzina la pagheremo a prezzi meno che putiniani. Da segnalare anche a Chiambretti, nel caso che i suoi redditi calino ancora a livelli da Reddito di Cittadinanza.

12 giugno - Dopo tre anni, quel 19 giugno 2019 in cui si era svolta l’ultima edizione http://podisti.net/index.php/cronache/item/4184-castellarano-re-39-le-colline-del-secchia-ventiseienni-fanno-il-vuoto.html 
torna questa classica, su un percorso rinnovato stante il divieto di usufruire dello stadio (pare, causa elezioni e vicinanza a un seggio), ma che ha ritrovato buona parte dei frequentatori dei tempi belli. Basti dire che, nelle classifiche per società (con 4 gruppi modenesi ai primi 4 posti) ha prevalso il Cittanova con 72 iscritti, beninteso inclusi i non competitivi che di questa società costituiscono la stragrande maggioranza; davanti alla Guglia della presidente-atleta Emilia Neviani, con 42. E, malgrado ai non comp fosse concessa una partenza libera dalle 8,30 in poi, allo sparo ufficiale delle 9,00 il colpo d’occhio mi ha fatto pensare a quasi un migliaio di podisti che avevano atteso con pazienza sotto il sole: scene di cui non avevo visto l’uguale da Rubiera febbraio 2020 (pensate che venerdì ho corso in una località molto simile, ai piedi delle colline bolognesi, e alla partenza non comp eravamo al massimo venti-diconsi 20).

Partiti questi, nel parco del ritrovo si sono svolte le tradizionali gare per bambini; ed è stato uno spettacolo vedere la campionessa Monica Bondioli, vincitrice di due edizioni della maratona di Pisa, allenare e ‘riscaldare’, poi seguire in corsa, una dozzina di bimbetti attorno ai dieci anni o forse meno.

Alle 9,30 siamo partiti noi competitivi, circa 120; passero solitario nel recinto, un M 70 con mascherina, addirittura Fp2: lo proporremo al ministro Speranza e a chillo d’o paese d’o sole per una menzione d’onore su Fecciabucco, insieme agli zelanti tenutari del seggio dove poi ho votato: che all’ingresso esponevano il cartello “E’ obbligatorio usare la mascherina”, e per risultare più convincenti mettevano a disposizione uno scatolone di Fp1 (altrimenti destinate allo stesso luogo dove sono da tempo confluite, anzi defluite, le dosi di Astra-Zeneca).

Torniamo al plein-air della gara, su giro unico e non i tre stucchevoli giri del passato, esattamente misurato in 10,400 sebbene i cartelli intermedi anticipassero di 150 metri ogni volta: salita abbastanza ripida, ma corribilissima e corrispondente in senso inverso al finale della Scandiano-Castellarano, nei primi 2,5 km (il dislivello totale risulterà di 170 metri); poi ingresso nel percorso della storica non competitiva, con circa 3 km sterrati, discesa precipite e un po’ sconnessa all’abitato di Tressano, da dove poi ci si porta (km 7) nella pista ciclopedonale del Secchia ben nota ai podisti, fino alla caratteristica chiesetta sul fiume (dove la corsa di San Michele faceva il giro di boa), per risalire verso il traguardo in dolce salita (con le debite proporzioni, ho pensato agli ultimi km della Marcialonga verso Cavalese).

Parcheggi ben gestiti in un raggio di 300 metri max, malgrado l’ubicazione decisamente urbana; percorso ottimamente contrassegnato da frecce per terra, oltre a numerosi sbandieratori (tra cui Giancarlo, tifoso un po’ deluso dello Scansuolo); due ristori (nell’ultimo c’era addirittura la Soraya, quando però i non comp avevano già spazzato via le torte di cui si favoleggiava), e un ristoro finale come ai vecchi tempi, con le addette a versare acqua e tè (meno saporito di quello della Guglia, però) nei bicchieri: mentre Giangi mi scrive sdegnato dalla odierna gara bolognese, 31^ edizione – dunque non dei principianti - dove hanno somministrato “solo acqua presa dai rubinetti” (ma a Bologna sono impegnati a correre dietro, sindaco e presidente di regione compresi, al loro idolo Bono Vox in visita, salvo scoprire dai giornali che era un burlone che gli somiglia). In più, il parco del ritrovo di Castellarano offre anche “acqua del sindaco”, refrigerata e pure gassata, del tutto gratis (nel modenese invece si paga).

Quanto all’aspetto agonistico, la MDS di Sassuolo ha primeggiato negli uomini come nelle donne. Tra i primi ha prevalso per un soffio Simone Corsini (classe 1992) in 35:33, superando di appena 4 secondi Fabio Lusuardi, un 2001 della Corradini Rubiera; il terzo, Andrea Bergianti, altro Corradini sempre presente sui podi in gare di questo genere (e curiosamente terzo nelle due precedenti edizioni), ha impiegato 37:15, prevalendo di soli 4 secondi su Giammarco Accardo della Fratellanza.

Tra le donne, Gloria Venturelli (1979, 15^ assoluta) ha bissato il successo del 2018 vincendo in 41:22 su Francesca Cocchi della Corradini (prima nel 2019), oggi giunta in 43:11, stesso tempo di Martina Cornia, altra 2001 della Fratellanza. Solo 117 gli arrivati (25 donne), contro i 229 del 2019 e i 290 del 2018: diamo pur la colpa alla pandemia, ma l’esito è comunque preoccupante,

Sul sito Atleticando della Uisp Reggio sono disponibili le classifiche delle ultime tre edizioni: https://www.atleticando.net/risultato_realtime.php?id=41001#  

Lunghe premiazioni, per i primi 10 assoluti /-e (niente categorie, pover vecc seinza gnanc na murtadleina: questo potrebbe aver influito sulla rinuncia di molti ‘over’, che in quanto tagliati fuori dai premi hanno preferito risparmiare, siccome il percorso era identico), e per numerose categorie di giovanissimi, oltre che per un’interminabile sequenza di società. Va detto che restringendo il lotto ai soli competitivi, la società più numerosa è risultata la Modena Runners, con 14 arrivati, davanti all’Avis Novellara e alla Podistica Correggio con 10; e si tratta di arrivati di qualità, capitanati da Giuseppe Castiello (sesto assoluto).

Pacco gara di pregio: una torta sbrisolona al cioccolato per i non comp da 2 euro; una bottiglia di vino, 4 etti di parmigiano, una bottiglietta d’acqua e un tortino per i competitivi da 10 euro – solo 5 € se iscritti al campionato reggiano).

Un altro passo, seppure faticoso e con ombre, verso il ritorno alla festosa normalità ante Covid natum.

Lido di Gozzano (Lago d’Orta, NO), 2-5 giugno – Dopo i due anni di interruzione per le cause note, il Club Supermarathon – o per chiamare le cose secondo battesimo, il suo presidente Paolo di nome e Gino di cognome – ce l’ha fatta a riproporre questa iniziativa, nata nel 2017 come ‘perfezionamento’ delle “Orta 10 in 10” agostane, che arriveranno tra breve all’8^ puntata.

I numeri, cioè le classifiche ufficiali gestite da Icron, attestano un totale di 109 podisti (81 uomini e 28 donne) che si sono cimentati durante i 4 giorni del ponte “repubblicano”: 28 uomini e 11 donne hanno completato tutte le gare (su una distanza di circa 43 km ciascuna, con dislivelli dai 490 ai 1400 metri ogni volta); 16 si sono accontentati di gareggiare sui 21 km e 11 sui 10 km (c’è chi ha saggiamente alternato le tre gare).

Per riferire subito del lato agonistico, diremo che a vincere la classifica assoluta è stato l’M 35 Alessio Bozano (Run Riviera Run), rimasto un pelino sotto le 13h30 complessive, con prestazioni fra le 3h16 e le 3h26; l’unico a tenergli testa è stato l’M50 Simone Musazzi, finito a 43 minuti; il terzo, l’ M 45 Stefano Romano, ha chiuso quasi a tre ore dal vincitore!

Nelle gare singole, il duo Bozano-Musazzi aveva concluso in quest’ordine le prime tre maratone (con salite al Vergante, Mottarone e Madonna del Sasso), dovendo però fatalmente cedere con largo margine a Stefano Emma, che è giunto ‘riposato’ all’ultima vincendola con 2h58, 28 minuti su Bozano e 45 su Musazzi (che è stato superato, nell’ultima, anche dall’M 55 Alessandro Ponchione).

Tra le donne, vincitrice della classifica finale è Giulia Ranzuglia (F 40) con 18h11 (tempi parziali tra 4h28 e 4h38), ben tre ore e un quarto davanti alla F 60 Marie-Noelle Lamer. Tre diverse vincitrici nelle gare individuali, con la sola Mirela Hilaj (Tapascione Running) capace di bissare il successo nella prima e nell’ultima tappa, le uniche cui ha partecipato.  Nelle altre si sono imposte Ida Paola Notarnicola (presente in due tappe) e Cristina Colombini, alla sua unica apparizione.

Per scendere molto più sotto le stelle, pure il sottoscritto ha gareggiato nel solo ultimo giorno, e arrivando da molto lontano… insomma fuso dal fuso orario, che mi suggeriva di andare a dormire nell’istante in cui lo starter dava il via alla corsa, e spesso mi riportava ai bei tempi del secondo giorno alla Utmb, quando vedevi i massi animarsi prendendo la figura di orsi e gatti e fatine nel bosco…

Avendo già l’esperienza, nel 2017, delle salite al Mottarone e alla Madonna del Sasso, ci tenevo a fare il giro completo del lago: che non sarà “dorato” come lo chiama Paolo Gino, ma specialmente al tramonto offre visioni da groppo in gola, e ti fa dare ragione agli stranieri (specialmente francesi e tedeschi) che affollano queste plaghe, in misura forse superiore agli italiani - che magari in questo weekend sono andati in gregge alle riviere romagnole subendo poi i meritati blocchi autostradali della domenica pomeriggio.

Invece, nella “Spiaggia Paradiso”, un centinaio di metri di costa presso l’antica sede vescovile che Paolo Gino (foto 12 del servizio messo su da Roberto Mandelli), completamente a sue spese, ha ‘strappato’ alla frequentazione del volgo, si sono radunati un paio di centinaia di persone, tra podisti e familiari: ho fatto in tempo ad assistere alla grigliata del sabato sera, nella quale chi tra le 8 e le 16 si era dato alla corsa o ai servizi, si metteva ora a grigliare, a preparare pasta calda e fredda, ad affettare bresaola della Valtellina, a fotografare, a ballare: specialità, le ultime due, appannaggio particolare di Sergino Tempera, in grande impegno seduttivo mentre l’altro coéquipier Filippo, addetto ai droni, aspettava più defilato o girava per i tavoli  a distribuire piatti, come del resto facevano altri maratoneti da cento o mille "quarantadue" concluse: il marchigiano Ferdinando Gambelli, il trombettiere-bombardiere Lorenzo Gemma, Enzo Caporaso che al suo impegno personale aggiunge quello delle sue seconde e terze generazioni, specie nel settore bevande; e la new entry Carla Ciscato, donna di classe che da qualche mese si è assunta ruoli di segreteria del Club Supermarathon.

Tutti ci ritroviamo verso le 8 della domenica mattina: Temperino l’arrotino a scattare foto fino all’esaurimento della batteria della macchina fotografica (si perderà le premiazioni, urge il rinforzo di Mandelli!), Caporaso a gestire la navetta dal "Paradiso" al parcheggio dello stadio evitando di farci intasare il parcheggio del Lido, Filippo ad azionare droni, Paolo G. a coordinare tutto con una paciosità decisamente poco milanese (se non fosse per la sua efficienza, lo diresti piuttosto un Mammasantissima del Sud). E si parte, in senso antiorario col primo km che dà un assaggio delle salite che ci aspettano (dichiarati 404 metri su e giù, i Gps si avvicineranno piuttosto ai 500, per merito soprattutto delle montagne sopra Omegna quando si salirà in 3 km di 200 metri verticali).

Primi 12 km all’ombra del Mottarone, con il meraviglioso passaggio di 6 km per il centro di Orta-San Giulio, dove è d’obbligo estrarre dal marsupio il telefonino e sparare scatti a raffica: in questo si distingue la già citata Marie-Noelle, donna di classifica ma che quasi ad ogni km si ferma a fotografare (e concede la posa n. 43 anche al sottoscritto, che la tallona finché potrà, beccandosi alla fine una ventina di minuti).

A mandarci verso S. Giulio sono di nuovo Filippo e Vittorio (alias signor Gavazzeni): segue il giro completo della penisola, costeggiata alla fine per una lunga corsia pedonale sul lago, senza parapetto (foto 50-51), che mi dà i brividi al pensiero di esserci col nipotino a stelle e strisce appena salutato in reciproche lacrime sulla soglia dell’asilo, due anni, riccioli di un rosso incredibile, e che sicuramente si metterebbe a correre più veloce di me mollando la manina rallentatrice del nonno.
Si risale sulla statale all’altezza di un pompatissimo tele-ristorante che mai avrà i miei soldi (unitamente al suo degno compare della mia città, e non mi riferisco certo a Ermes, da oggi entrato nel Mito), guidati quasi sempre da freccette ben visibili, da km marcati in maniera un po’ avara (quello del 18 arriva quando il Gps dichiara 19,3), da ristori regolari ogni 5 km, più spesso autogestiti ma dotati comunque di acqua liscia e gasata fresca fino alla fine. Finché ad Omegna, sul lungolago verso il km 21, ci attende un ristoro luculliano (comprensivo di tè, birra, uvetta, banane, crackers, torte e probabilmente altro), gestito da… Filippo e Vittorio, che non mancano (vigliacchissimi!) di imporci la svolta a sinistra al bivio, mentre svoltando a destra avremmo risparmiato forse 3 km.
Ma i cartelli sono perentori, anche quando ci fanno voltare le spalle al traguardo di Gozzano (intravisto al lato opposto del lago) mandandoci verso nord sulla montagna, tra Nonio e Pella per il paese dei gatti, col sole che picchia ma per un paio di km sarà contrastato da una pioggia calda e rarefatta, che diventa vapore afoso al contatto con l’asfalto.

Marie-Noelle se ne va, e siamo in tre a fare l’elastico: la vecchissima conoscenza milanese (30 anni fa, ai tempi della Deads Society) Paolo “Scoubidou” Fastigari, che sta correndo la quarta di 4, e “Vincentius MCMLXII”, alias Vincenzo Lo Re, cui chiedo “quam multa milia signet  gipiessen tuum, ad differentiam officialium signorum”. Fast conclude che mancava il tabellone di un km, e così hanno messo giù quello del km successivo, e così sarà fino al traguardo. Infatti, quando ci immettiamo sul tracciato di ritorno della Madonna del Sasso (incrociando la navetta di Caporaso) e dobbiamo fare un avant-indree di 750+750 metri, al giro di boa (dove Filippo uno e trino ci prende i numeri, a scongiurare il più facile dei tagli) c’è il tabellone dei 34 proprio mentre i gps mio e del Fast segnano 35.

È quasi finita; passando dagli ultimi due beveraggi, ci si immette nelle deliziose stradicciole dei boschi punteggiati da grosse fragole, i viottoli cui pensava Manzoni ambientandoci la passeggiata di don Abbondio o lo scontro tra il signorotto e il futuro padre Cristoforo. Ecco il km 40 (cioè 41), 42, cioè 43, dietro la spiaggia dove un tempo avvenivano gli arrivi ma oggi si ammassano i bagnanti.

Fast arriva, Vincentius mi passa all’ultimo km, mentre agli ultimi 50 metri ol Maurissi Colombo dei Road Runners trascina il suo amico Alfredo Pignanelli di Garlasco a … strapparmi la medaglia d’argento di categoria (ovviamente sono io che sto andando agli 8:20, c’è poco da resistere; importante non aver sbattuto in trance contro qualche moto o ciclista in senso contrario!).

Mentre passano due neo-sposi non podisti a farsi le foto che resteranno sull’album, e Carla Ciscato taglia elegantemente il traguardo, immediatamente segnalata dai monitor (servizio-instant, di classifiche generali in tempo reale, come non ho mai visto in nessun altro evento, dove dobbiamo aspettare ogni mezz’ora che espongano le stampate degli arrivi), noi ci dedichiamo al ristoro made-in-Caporaso, zeppo di birra e panini al prosciutto e formaggio, oltre alla solita acqua liscia e gasata, coca e chissà quant’altro. Mi pregusto il tuffo in lago (sostitutivo della doccia, negataci dai cattivacci dello stabilimento balneare) quando il cielo diventa nero, e un ventaccio atterra l’arco gonfiabile precedendo il rovescio d’acqua, previsto ma che speravo si fosse fermato a Omegna.

Imperterriti continuano ad arrivare i colleghi (a Filippo viene negato il permesso di rientrare alla base finché non sarà passato Luca Gelati, un ed san Fliis che ha da poco celebrato le 100 maratone 'riconosciute'). Vedo così arrivare la gloriosa Rita Zanaboni da Cernusco s.N., mia “spingitrice” ai tempi del record in maratona (Russi, lunedì di Pasqua 1994, dopo un’altra nottata insonne); oggi stacca il Trombettiere di 9 minuti, seguito dalla prima F 70 Rosa Lettieri, dall’avvocato Tundo, dalla Pantera Rosa Carlotta, e infine da Luca Gelati, tre minuti prima del tmax, e che chiude pure la classifica dei 4x4. Sotto il protiro dell’antica chiesa vescovile li attende Paolo Gino con le medaglie a quadrifoglio; sconsolato l’Arrotino non scatta più.

Siccome c’è libertà di opinione, persino per i virologi e i commentatori di politica estera alla greppia di Lilly la Covidica, si possono avanzare dubbi sulla validità tecnica di maratone corcamminate, giorno per giorno, in 6 o 7 ore (come fa quella penna superciliosa il cui senno viene da Bologna, e sciocce, ma non sce ne può più di shti bazzurloni che inquinano la rezina dello shport), e si può dissentire sugli eccessi internettari di certuni (come si fa int’o paese d’o sole, dove non potendosi correre causa squalifiche accumulate, si sfogano le proprie frustrazioni insultando ignobilmente ogni signora che si metta in braghette e magari sia dotata di invidiabile quinta misura non più raggiungibile da terzi): ma lo spettacolo autogestito da duecento cuori felici, la mutua solidarietà, l’allegria, l’ubiquità di Filippo e Vittorio, ecc. ecc., vanno al di là di qualsiasi considerazione tecnica.

La scena si ripeterà nelle prossime settimane, a Campi di Norcia, poi a Pont Sant Martin (dove ho un conto aperto da saldare), a Livigno e dovunque il Popolo delle Lunghe (https://www.clubsupermarathon.it/) sposterà la sua gioiosa macchina di pace.

19 maggio  - Sono 43 le staffette classificate nella staffetta 3 x 1 miglio disputatasi, come da copione ormai storico, nella piazza antistante il castello di Formigine e nelle vie del centro.

La gara è stata preceduta dalle competizioni giovanili individuali, con ben 162 ragazzi in gara: da notare gli 8 della categoria cadetti compresi tra i tempi di 5:10 (Matias Costi, Atl. Frignano) e 5:44; quest’ultimo tempo superato dalle prime due della categoria cadette, Nina Samaradzic (Modena Runners, 5:43.3) e Asia Zagni (Atl. Frignano, tre soli decimi dietro).

Tra gli staffettisti adulti, alcuni sono scesi individualmente addirittura sotto i 4:30 (Riccardo Martellato 4:25, Daniel Turco 4:27, Luis Daniel Ricciardi 4:28), e la vittoria di squadra si è decisa con uno scarto di 3 secondi tra i primi della Bentegodi Verona (Frigo-Garavaso-Turco) e i secondi della Corradini (Agazzotti-Marazzoli-Catelani): sono i tre secondi che hanno separato gli ultimi due frazionisti, che avevano ricevuto il cambio alla pari.

Tra i master ha vinto una mista Fratellanza-Formiginese (Bonfiglioli-Baruffi-Gentile) con 15:31, che è valso il 12° posto assoluto.

Sulle 14 staffette femminili, ha prevalso la squadra più esperta della Corradini (Ricci-Cocchi-Pierli, quest’ultima autrice del tempo di gran lunga migliore, 5:08) con 16:01, soli 6 secondi davanti alla Fratellanza (Imperiale-Badiali-Cordazzo); la Cordazzo ha ottenuto la seconda prestazione individuale con 5:14, ricevendo il testimone alla pari con la Corradini, dove però il super-tempo della Pierli ha fatto la differenza finale.

15 maggio – Altra domenica piena di corse, come è giusto che sia in questi mesi relativamente spensierati ed “evirati” (salvo le ammonizioni dei virologi, preoccupati sia per ragioni mediche sia per la loro sparizione dai talkshow): campionati europei, maratone-trail, campionati nazionali IUTA, e pure – possiamo ben dire, nel nostro piccolo che poi tanto piccolo non è - questa ripresa agonistica sulle lunghe distanze rappresentata, nel modenese, dalla settima edizione della Saxo Oleum Run fortemente voluta, dopo due anni di sospensione ‘pandemiologica’, dalla Guglia di Sassuolo della presidentessa Emilia Neviani, egregia podista in proprio, e qui rigorosa organizzatrice.

A parte la collocazione dei cartelli chilometrici (un po’ admukka, direbbe l’altra benemerita atleta sassolese Cristina Orlandi, ora specialista di yoga), che solo raramente coincidevano con la distanza effettivamente percorsa (ma la colpa è anche di forzosi cambiamenti imposti al tracciato nella penultima ora), e le due strettoie iniziali quando si trattava di uscire dalla pista di lancio, direi che sia andato tutto bene, ad onta dei 27 gradi certificati dai termometri.

Ottima la collocazione del ritrovo, nella zona scolastico-sportiva della periferia di Sassuolo tra il fiume e i colli, rapida la consegna dei pettorali agonistici (costati 10 euro con preiscrizione gratuita sul portale dell’Uisp “Atleticando”), bene anche la gestione dei numerosi non competitivi, che oggi hanno ritrovato le tradizionali tende di società (ma vedi sotto, a smentire la frase fatta “niente sarà più come prima”); e c’erano perfino le docce, oltre ai ristori per via come buon senso comanda, in bicchieri e non nelle antieconomiche e antiecologiche bottiglie sigillate care ai reggiani.

Anche i moderati premi economici hanno contribuito ad attirare qualche habitué dei podii locali (certo non i premi di categoria, che schiacciavano tutti insieme gli ultrasessantenni, cioè una larga fetta dei partecipanti), ma credo che la partecipazione di 210 classificati – per non citare quanti hanno corso i 21,4 km con pettorale non competitivo da due euro, teoricamente riservato ai 5 e 10 km, o senza pettorale spillato – sia dovuta in grande misura alla voglia di testarsi nel percorso più duro e forse più bello fra le maratonine modenesi.

Ha vinto un atleta locale, Andrea Spadoni, classe 1975 e tesserato per la sassolese MDS, in 1.21:10, quasi due minuti su Filippo Capitani, di dieci anni più giovane e tesserato per gli emergenti Modena Runners (che ha vinto la sua categoria); a seguire, cinque nati negli anni Settanta come il primo assoluto. Finché non è apparsa, all’ottava piazza, la giovane e bella ventinovenne Francesca Cocchi (Corradini), che con 1.32:30 ha inflitto quasi sette minuti alla sassolese classe 1979, per lunghi anni dominatrice sulle strade di casa, Laura Ricci, qui in gara per la Podistica Formiginese e ovviamente vincitrice della categoria over 40 davanti alla coetanea e compagna di squadra Francesca Venturelli. 38 in tutto le donne arrivate, e tra loro ci sarebbe stata sicuramente Cecilia Gandolfi se non avesse un braccio ingessato: cosa che non dovrebbe impedirle però di prendere il via, sabato prossimo, al Passatore, in una ennesima dimostrazione di abnegazione fisica e di passione.

Cecilia appartiene alla razza (come diceva lo speaker Brighenti, quando si misurava col qui presente pompando ai 4:30/km) di “quelli che ci sono sempre”, e non hanno paura di sfigurare di fronte a chi potrebbe essere loro figlio o addirittura nipote, e in qualche caso lo è davvero, come il Cecilia-figlio trentottenne Gianluca Spina, 103° poco sotto le due ore, all’interno della schiera di podisti nei quali il sottoscritto si riconosce più volentieri. Come il Modena Runner Mario Eboli, compagno di un sommario riscaldamento preliminare, che ha l’età di mio figlio e chiude sull’1.56, superando di poco il carpigiano Marco Medici, che invece ha gli anni di mia figlia e nel 2008 fece parte – l’unico a meritarlo, tra orde di politicanti e profittatori – della spedizione a Londra organizzata per celebrare il centenario di Dorando; e superando di poco anche Leandro Gualandri, mio coetaneo e compagno di squadra dei primi anni, l’unico (dico con orgoglio) dei rivali di trent’anni fa che mi batte ancora. Come mi batte alla grande Claudio Morselli della Pico (sarà stato un caso, la volta che arrivammo insieme a San Donnino); come mini-consolazione, riesco almeno a tener dietro di pochissimo due suoi compagni di squadra.

Mentre con Paolino Malavasi, più ‘giovane’ di me di un anno e che dunque mi ‘ruba’ con merito i premi di categoria, percorrendo i primi 6 km nel risalire il greto del Secchia, commentavamo quelli che incontravamo, ormai di ritorno dopo una partenza anticipata di chissà quante mezzore: quello che nel 92 mi sfidò alla maratona di Monaco (beccando 4 minuti), quelli con cui nel 93 feci 1.33 alla mezza di Soliera, e varia consimile fauna, tutta gente (diceva Paolino) cui sa fatica spendere 10 euro, e che se la partenza è alle 9 va via alle 7, e se la partenza fosse alle 7 andrebbero alle 5.

Non ti curar di lor, ma guarda e passa: sugli scalini che portano alla rupe del Pescale (km 7,5, 60 metri di dislivello sulla partenza) e sulle rampe della tremenda e panoramica salita di Monte Scisso, che in 5 km ci porterà a rimontare altri 230 metri, Paolino se ne va, come la sua miglior forma comanda (mi darà sei minuti), e a me non resta che fare alternanza battistradale con Maurizio Pivetti, anima della Uisp podistica e già partner di staffetta a una Abbotts Way. Ci consoliamo nel vedere le spighe di grano crescere dove prima era incolto, e quando siamo al km 13,5, zona di Casalpennato, con Montegibbio sulla destra, il Valestra alle spalle e il tracciato della Scandiano-Castellarano (compresa Casa Prodi…) sulla sinistra, gli dico che ormai siamo al passo del Brattello, e laggiù si intravede … Pontremoli.

Con questo miraggio, ci lanciamo nella discesa per San Michele dei Mucchietti, che prelude al rientro sulla ciclabile del Secchia, volando ai… 5:50 a km, per ridimensionarci poi sui 7:30 nell’ultimo tratto in piano, decantandone comunque la bellezza (e per fortuna che non c’è l’auto-scopa dietro noi, altrimenti sai che tentazione!). “Berrei a ogni momento”, dice Maurizio: ma ci facciamo bastare gli ottimi ristori (nell’ultimo, dopo che l’”avvocato” ci ha bloccato il traffico nell’attraversamento dello stradone, intravediamo un’altra protagonista dei nostri anni belli di corsa, Silvana Guglielmi, quasi “mamma” della presidentessa Emilia): acqua, tè saporito come raramente altrove, sali liquidi, banane (tagliate a fette, non tutte intere come fino alla settimana prima), uvetta. Per 10 euro (ma anche 2, nei casi sopracitati) non potete pretendere altro, tanto più che all’arrivo ci spetta pure una felpa impermeabile, probabilmente la ventesima del mio cassettone, ma non per questo sgradita.

Non ce ne restano tanti dietro, è già arrivata persino la Manila che sfoggia una mèche rossa: ma per tutti ci sono l’instradamento sulla retta via (a sinistra!) by Reginato e Mandile, la certificazione d’arrivo da Simona Neri, le parole di Brighenti, le foto di Italo (il signor-Gandolfi), Domenico e Nerino, il soffice prato del campo su cui coricarsi con le nostre apprensive mogli in piedi a chiederci come va.

Dobbiamo risollevarci presto per andare a vedere il Sassuolo calcio, impegnato nell’immondo orario delle 12,30: con gioia del supertifoso Giancarlo Greco, giunto al traguardo insieme al valoroso trailer Marco Belli, lo vedremo trionfare 3-1 sul Bologna, un risultato che il campo darebbe di 5-0 ma che l’osceno Var e uno scarso arbitro - dal valore dei grissini da cui prende il nome - trasformano nella cifra che passerà alla storia. Per fortuna, i risultati podistici non sono soggetti agli arbitrii, e la Sassuolo sportiva resta über alles.

Domenica, 15 Maggio 2022 23:37

Greenway del Sile 2022: alba magica

Lungo Sile (TV), 14 maggio - Non c'è un primo e neppure un ultimo. E' un viaggio di 60 km che inizia a Jesolo e termina a Treviso costeggiando tutto il percorso del fiume Sile. Lo scopo di questa manifestazione è la raccolta di fondi per una struttura trevigiana che ospita ragazzi con problematiche psicosociali. Ho sempre partecipato a questo viaggio, mai uguale, sempre con scorci della Greenway suggestivi.
Quest'anno è stata un avventura unica.

Partenza a mezzanotte di sabato sera dal lungomare di Jesolo. Soltanto 50 i partecipanti ammessi causa la gestione complessa dell'evento.Tutti però con il pettorale personalizzato con il proprio nome, e anche un bellissimo pacco gara.
Partiamo a razzo tra risate e allegria. Ciclisti che aprono la strada e ciclisti scope che chiudono. La luna illumina il sentiero e dopo una decina di chilometri vediamo oltre il Sile Venezia e le sue luci.

Ogni 7/8 chilometri vengono preparati dei ristori che fanno invidia ai trail blasonati. Fino al 20mo chilometro, la carovana di "eroi" continua a procedere a passo spedito. A questo punto la truppa inizia a sentire i primi sintomi di stanchezza. Siamo già a Pontegrandi e mancano ancora 40 km.

Assieme a un manipolo di coraggiosi io parto. Alle 5 del mattino, finalmente l'Alba Magica. A Quarto d'Altino un sole meraviglioso esce dalle acque del Sile offrendo uno spettacolo unico. Con la luce posso ammirare le bellissime ville che si affacciano sul fiume, le piante acquatiche e i cigni che guardano questo gruppetto di pazzi. Inizia a fare caldo e procedo un po' correndo e un po' camminando con i compagni di avventura. Siamo sempre nella Restera lungo il fiume e arriviamo a Casier.Manca poco, passato l'arco delle Alzaie del Sile già si vede il Ponte dea Goba e la Piazza dei Signori di Treviso.

8 ore e 40 minuti. Ma chissenefrega. Siamo tutti primi e tutti ultimi. Dopo la foto di rito, felici e pimpanti, tutti a fare festa. Un hotel di Treviso ha offerto a tutti un mega buffet. Organizzazione ottima. Non è mancato nulla.

Santhià (VC), 1° maggio – In un weekend che, confermando il grande attivismo della settimana precedente, ha riportato il podismo in Italia ai livelli di offerta pre-covid, è tornata dopo due anni di serrata la Maratona del riso (anzi, “del riso… la maratona”, con tanto di orecchiabile motivetto diffuso dagli altoparlanti), alla sua quinta edizione della seconda serie (la prima serie era cominciata nel 2004 con partenza e arrivo a Vercelli, e la benedizione di Livio Berruti).

Le nude cifre testimoniano di un calo degli arrivati nelle tre gare competitive: 241 classificati nella maratona (contro i 336 del 2019), 258 nella mezza (erano stati 296) e 166 nella 10 km competitiva, cui se ne aggiungono 106 nella non competitiva (ma dotata di chip pure essa, e di classifica finale con grave scandalo delle vestali dell’idoneità di tipo B); e altri su percorsi più brevi. https://www.endu.net/it/events/del-riso...-la-maratona-3/results

Partecipazione prettamente amatoriale e in grande maggioranza da Piemonte e Lombardia: d’altronde, i premi ai vincitori nell’ordine dei 100 euro o giù di lì non erano tali da stimolare trasferte di mercenari, se Dio vuole. E’ stato un ritrovo tra amici con la voglia di ricominciare, virtualmente agli ordini dell’ex sindaco (avendo completato i due mandati) Angelo Cappuccio, uno di quei sindaci che non si limita a dare il via con la bandoliera tricolore, ma si presenta invece sulla linea di partenza con la divisa rossa della sua società e il pettorale 250, perché oggi per lui è la maratona n. 250 in carriera, e semmai il via glielo telecomanda il suo presidente dei supermaratoneti Paolo Gino; con l’associazione ben rappresentata dalla segretaria amministrativa Carla Ciscato, una veneta tesserata Novara che quasi affiancherà il Sindaco durante i 42 km arrivandogli 7 minuti dietro (è l’ultimo terzo di gara a generare distacchi consistenti).

Vince Giampiero Chiocchi, torinese M 40, in 2.38:18, tre minuti meglio di Alessio Farina (M 45) e 8 sull’altro M 45, il lecchese Cristiano Magni. Tra le 33 donne, vince in 2.57:58 arrivando ottava assoluta Ilaria Bergaglio (Novese, F 40), una discreta lista di successi in lunghi e lunghissimi, e 18 minuti di vantaggio sulla seconda, Simona Cassissa; più di mezz’ora sulla terza, Anna Giulia Cazzaniga. Ma c’è gloria per tutte, fino alle due supermaratonete F 65 Rosa Lettieri e Carlotta Gavazzeni che chiudono gli arrivi (tra loro si inserisce Rinaldo Furlan, mio sfortunato compagno di un errore di percorso all’ultima maratona della val d’Aosta, con un direttore di gara piemontese tutto d’un pezzo che non volle ascoltare ragioni; ma oggi per fortuna le classifiche erano orchestrate a distanza da Christian Memè, coi vetusti ma perfettamente funzionanti chip a disco volante).

Sulla mezza, partita qualche minuto dopo noi, con superamento da parte dei più bravi in vista di Bianzè, km 10 dove loro tornavano indietro, ha vinto Matteo Lometti di Asti, in 1.12:24, con due minuti sul secondo. Tra le donne, ho ammirato (quando mi hanno sorpassato) il fisico perfetto e l’andatura elegante di due nuove italiane, davvero belle nel loro incedere: Banchialem Amodio (Bergamo-Orio: Naomi Campbell non le allaccia nemmeno le scarpe), prima in 1.22:34, quattro minuti abbondanti su Mina El Kannoussi (Saluzzo).

Sui 10 km, partiti dopo mezz’ora dalla maratona, tempi pazzeschi dei primi due, separati da 4 secondi: Paolo Orsetto (Vercelli) 31:58, Roberto Di Pasquali 32:02; terzo assoluto sarebbe Vinicius Scartazzini (32:56), che però era iscritto alla non competitiva. Non male tra le donne il 36:21 di Valeria Roffino, 3 minuti su un’altra neo-italiana di Saluzzo, Mastewal Ghisio.

Ed eccoci a noi malati di maratona. Il percorso era una sorta di trifoglio, che dopo 5 km all’interno del centro storico di Santhià (molto ben sistemato: bravo sindaco!), usciva in direzione sud-ovest fino a Bianzè: stupendo il passaggio da un immenso campo fiorito di trifoglio rosso-viola, che ci dicono sia un ottimo fertilizzante naturale. Nel paesone, i mezzimaratoneti praticamente invertivano la marcia tornando all’arrivo, mentre noi andavamo verso est, rasentando il territorio di Trino (al km 15 si vedevano sulla destra le torri della centrale nucleare, di cui adesso qualcuno si accorge che farebbe comodo), poi di nuovo a nord fino a Tronzano, percorrendo anche un tratto della ex statale 11 Torino-Milano, perfettamente chiusa al traffico (ri-bravi sindaci!); per poi piegare di nuovo a est, in leggera discesa fino al punto più basso del percorso (che alla fine darà 90 metri di dislivello), in uno stradello di 8 km da fare fino al giro di boa (oltre Salasco, quasi alle porte di Vercelli), tra le risaie e il frumentone che sta nascendo, un grande lago da pesca, gazze e trampolieri, e animazione nel centro di Salasco (il cui nome è legato all’Armistizio 1848, oggi nome di un ristorante, ma che allora segnò la fine della prima guerra d’indipendenza e delle speranze sorte con le 5 giornate di Milano – peraltro, la firma dell’armistizio avvenne a Vigevano).

Altro genere di armistizio tocca stipulare a noi maratoneti di terz’ordine: già alcuni ristori (km 15, 20) non hanno più acqua: attraversando Crova, grosso modo alla mezza maratona e all’attraversamento dello storico Canale Cavour, assisto a male parole (la migliore era cogl**) tra un podista assetato e colui che avrebbe dovuto dargli da bere ma non ne aveva, e se la prendeva a sua volta con la risparmiosità degli organizzatori. Davvero inutile prendersela con dei volontari sotto il sole che picchia, e che nel frattempo stanno cercando di farsi arrivare bottigliette; io me la cavo con le banane, sempre presenti in abbondanza, e al km 31 trovo su un tavolino (lo stesso del km 25, ma in un primo tempo vuoto) 4-5 bottigliette residue. Sta arrivando, ancora nel tratto ascendente, la Carlotta, le dico di far presto a prendere quello che sarà rimasto. Proseguendo la strada, trovo un privato che offre coca e tè verde, ma da bere solo “a canna”, poi due volontari che raccolgono da terra le bottigliette e ce le offrono: il sole picchia, di ombra tra le risaie… nemmeno l’ombra, la sete implora, faccio l’armistizio con le ansie da Covid, ne prendo una: salvo che sarà a 40 gradi, utile solo per farsi la doccia in testa. Ripassando da Crova, una pia donna ci addita una fontanella pubblica a sinistra, e puoi giurarci che tutti ce ne serviamo.
Agli ultimi ristori andrà meglio, mentre noi delle retrovie, ormai a 8/km, ci sorpassiamo quando uno si mette a camminare: c’è chi lo fa di programma, come un ex portiere della Sampdoria che mi perderò a due terzi di gara (quando lo vedo in prossimità del giro di boa del km 28, dove lui è già passato, tenta di velocizzarmi dicendomi che là mi aspetta la Betty); e chi è costretto a farlo in uno dei 4 cavalcavia che ci toccano (sofferti gli ultimi due, al 32 e 37). Il pubblico fa un gran tifo per Timmy, che altrimenti si fermerebbe, ma solo i precetti di Juri del Naviglio, secondo cui la maratona finisce al km 30, e dopo si arriva comunque, aiuteranno a portarlo fino all’arco conclusivo.

Riecco Tronzano, la statale sempre deserta e con quantità di vigili che inflessibili bloccano le auto agli incroci anche se io incedo lemme a 50 metri; e poi il cartello di Santhià punto nodale della via Francigena e del pellegrinaggio verso Oropa. Parecchi incroci senza frecce ma quasi sempre con gli addetti che ti indicano dove andare (proprio all’ultimo bivio sto per fare l’errore di Dorando, che a Londra 1908 imboccò la pista dal lato sbagliato; per fortuna due urlacci mi richiamano e la bella Paola Noris, con cui alla partenza c’eravamo scambiati il pugnetto di saluto ma per fortuna senza più l’ingombro delle mascherine, mi rimarrà appena dietro – giuro che non avevo percepito il suo arrivo).

Traguardo, medaglia datata venerdì 1° maggio 2020, niente la promessa paniscia, ma gli alpini che gestiscono il ristoro a richiesta danno il loro vino in bottiglioni; e poi c’è il Sindaco che festeggia le 250 con torte, patatine, birra e prosecco. Spogliatoi agibili e doccia caldissima (come un anno abbondante fa alla mezza di Trino, salvo che la doccia era ufficialmente vietata…). Per chi ne ha, la bella giornata sui 22 gradi consente le visite turistiche offerte anche dal sito degli organizzatori: non solo Santhià, con la sua straordinaria torre di Teodolinda e il quartiere centrale attorno alla cattedrale di S. Agata (da cui lo strano nome della città), ma anche le chiese monumentali di Vercelli e Novara meritano un paio d’ore: alla fine, la nostra pelle dà la stessa sensazione che abbiamo dopo il primo giorno di spiaggia, ma ne valeva la pena.

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