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Nella testa di chi corre: “runner in qualche modo”
Alberto Rossetti e Matteo Girardi firmano per Città Nuova editrice Essere un runner in qualche modo. Sul perché correre fa bene ma può anche farti male (158 pp. 16,90 euro). Pubblicato in questo novembre 2024, il libro nasce dall’interesse e soprattutto dall’esperienza personale e professionale dei due autori, psicoterapeuta il primo (esperto anche di psicologia in ambito sportivo), autore per i Social network il secondo.
Viene approfondita soprattutto la dimensione personale e psicologica del corridore amatoriale, con temi come la consapevolezza di sé ed il superamento dei limiti. Gli autori si soffermano in modo leggero su aspetti positivi e critici della pratica della corsa. Attraverso aneddoti personali, riflessioni e approfondimenti, raccontano il mondo della corsa rivolgendosi anche a chi non corre e vuole comprenderne meglio alcune dinamiche.
Diciamo che il libro è segnato in tutte le sue pagine da un certo realismo con tinte a volte un po’ pessimiste (il sottotitolo potrebbe suonare una minaccia!). Tuttavia troviamo pagine dove la dimensione ludica e un po’ idealistica della corsa a piedi è descritta nelle sue varie dimensioni. Di fondo la consapevolezza, maturata dalla pratica, che la corsa a piedi è una fonte sana di salute e benessere. Lo sguardo antropologico sul mondo del runner, le storie dei campioni di questo sport (Bikila, Switzer, Zátopek, Do Nascimento, Crippa, Kipchoge, Kiptum…) e i romanzi sulla corsa (Correndo nell’aria sottile, Sulla corsa, Born to run, La solitudine del maratoneta, La filosofia del running…), si intrecciano in un mix gradevole.
Rossetti e Girardi sostengono che “quasi tutti gli amatori iniziano a correre per rispondere a una crisi di qualche tipo (…) Spesso si comincia a correre in periodi particolari e delicati della propria vita, periodi in cui esiste il rischio che un’esperienza gratificante e rivoluzionaria come la corsa possa, se non viene gestita con equilibrio, esporci ad alcuni rischi”. Il libro è rivolto soprattutto agli atleti amatori e a chi da poco ha cominciato ad inserire la corsa regolarmente nella propria vita. E’ ricco di personaggi e riflessioni: non troviamo né tabelle, né consigli specialistici su attrezzature, alimentazione o altro. Una lettura tutto sommato piacevole, una sorta di chiacchierata tra amici podisti.
Il saluto del Papa ai corridori “dei Santi” per l’Ucraina
1 novembre - Vale la pena soffermarsi sul saluto che papa Francesco ha rivolto oggi ai partecipanti alla Corsa dei Santi a Roma. La gara, che si svolge da 16 anni nel giorno di Ognissanti, è da sempre gemellata con i progetti d solidarietà delle Missioni don Bosco; quest’anno in particolare gli organizzatori hanno pensato di sostenere la costruzione di un centro sportivo in Ucraina.
Queste le parole di Francesco: “Saluto i partecipanti alla ‘Corsa dei Santi’, organizzata dalla Fondazione Missioni Don Bosco. Cari amici, anche quest’anno ci ricordate che la vita cristiana è una corsa, ma non come corre il mondo, no! È la corsa di un cuore che ama! E grazie del vostro sostegno alla costruzione di un centro sportivo in Ucraina”.
Si parla della “corsa della vita”, che è spesso ad ostacoli oppure in salita. Qualche volta in discesa, ma chi corre sa bene che la discesa è muscolarmente più impegnativa, dunque anche in queste circostanze occorre correre con intelligenza.
E poi c’è un riferimento al cuore: vivere con un cuore che ama. Un richiamo alla recente enciclica Dilexit nos “sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo”, un invito ad essere sensibili alle necessità del prossimo.
A proposito del progetto del Centro sportivo in Ucraina gli organizzatori dicono: “Non è possibile fermare la guerra, ma è possibile creare condizioni di quotidianità ed offrire spazi di serenità. In questo, la pratica sportiva riveste un ruolo fondamentale, assumendo anche un valore terapeutico. Il progetto solidale di Missioni Don Bosco mira a ristrutturare un campo sportivo a Lviv, Ucraina, per sostenere la riabilitazione fisica e psicologica di bambini, ragazzi e adulti traumatizzati dalla guerra. Il contesto della guerra ha lasciato molte infrastrutture essenziali danneggiate, ma lo sport può offrire momenti di pace, stabilità e socializzazione, cruciali per il benessere psicologico delle persone, soprattutto dei più giovani”.
Nelle parole successive papa Francesco ha ricordato le vittime dell’alluvione a Valencia dove esattamente tra un mese, il 1° dicembre, sarebbe in programma la 44^ edizione di una maratona molto veloce e anche per questo apprezzata da tanti.
Vesco, il maratoneta che diventa cardinale
La notizia ha fatto il giro del mondo. Tra i prossimi 21 cardinali che saranno istituiti da papa Francesco c’è anche un maratoneta. Si tratta di Jean-Paul Vesco, vescovo di Algeri di cui abbiamo avito già modo di parlare sulle pagine di podisti.net:
https://podisti.net/index.php/notizie/item/8228-un-maratoneta-diventa-arcivescovo-di-algeri.html
Vesco vanta il tempo di 2.53’38’’ alla maratona di New York. Nel settembre 2019 corse a Roma in 1.39’44’’ la Half Marathon Via Pacis. 62 anni, domenicano di nazionalità francese, avvocato, mons. Vesco è in Algeria dal 2002. E’ stato vescovo di Orano, seconda città del Paese, dal 2013 al 2022.
In una recente intervista al Servizio di informazione religiosa (SIR) ha spiegato che questa nomina “è il riconoscimento ad una Chiesa piccola, di periferia, in dialogo con tutti”. “La mia nomina era inimmaginabile”, dice. “Non so perché papa Francesco lo abbia fatto e non lo saprò mai. Ma quello che vedo, è l’attenzione del papa per le periferie, per il dialogo interreligioso e con l'Islam. Questa nomina giustifica anche un impegno di tutto il mio episcopato a favore dell’accoglienza dei divorziati risposati, a favore della sinodalità, a favore di un maggiore spazio dato ai laici e alle donne nella Chiesa”.
L’8 dicembre 2018, mons. Vesco ha accolto nella sua diocesi la beatificazione dei 19 martiri dell’Algeria, tra cui mons. Pierre Claverie, ex vescovo di Orano assassinato nel 1996, e i monaci di Tibhirine. E’ arcivescovo di Algeri dal 2021.
La storia sportiva e di fede di mons. Jean-Paul Vesco è raccontata nel libro ‘Preti (sempre) di corsa’ (edizione Missionari OMI) di cui podisti.net ha parlato nel 2020: http://podisti.net/index.php/commenti/item/6314-preti-sempre-di-corsa-il-libro-continua-in-un-progetto.html
Vesco riceverà la berretta cardinalizia in occasione del Concistoro che si terrà in Vaticano il prossimo 8 dicembre.
Treglio (CH): 6/8 Ore sulle Orme di San Francesco
15 settembre - La sesta edizione della 6/8 Ore Correre sulle Orme di San Francesco è una delle tante manifestazioni podistiche che uniscono sport e solidarietà. In questo caso una finalità eminentemente missionaria: sostenere le Opere francescane in Burkina Faso, Paese dell’Africa occidentale noto fino al 1986 con il nome di Alto Volta. Qualche settimana fa, vari raid di milizie jihadiste nel Nord del Paese hanno causato 200 morti e numerosi rapimenti.
I Podisti Frentani, società organizzatrice, hanno messo in campo le forze migliori per organizzare un evento che prevedeva quattro distanze: oltre alla 8 Ore (partita alle 8) e alla 6 Ore (partita alle 10) anche la 33 giri e la camminata a passo libero (entrambe partite alle 10).
Quartier generale piazza S. Giorgio con la bella chiesa dedicata a Maria Santissima Assunta. Al termine della manifestazione, che si è disputata su un giro di quasi 1km (D+13), queste le classifiche.
8 ore maschile
- Andrea D'Agostino (Atletica Val Tavo), 90 giri (85503)
- Massimo Petronio (I Lupi D'Abruzzo), 83 giri (79440)
- Gennaro Oliva (ASD Sabauda Athletic Club), 81 giri (77532)
8 ore femminile
- Marciel Gonda Mendoza (ASD Sabaudia Athletica Club), 82 giri (78345)
- Simona Oggero (Atl. Tusculum), 78 giri (74706)
- Stefania Maccarone (Manoppelo Sogeda), 66 giri (63145)
6 ore maschile
- Antonio Zaini, 82 giri (77900)
- Mattei Camiscia (ASD Pallano Outdoor), 76 giri (72278)
- Riccardo Conversano (Maratoneti Andriesi), 75 giri (71574)
6 ore femminile
- Lorella Bassani (Manoppello Sogeda), 59 giri (56663)
- Antonella Manca (Run&Smile ASD), 55 giri (52985)
- Giulia Paternò (Manoppello Sogeda), 54 giri (51586)
Ogni partecipante ha ricevuto la maglia celebrativa con il logo dell’evento, la medaglia commemorativa ed un ricco pacco gara.
Antonio Valentini, ideatore della manifestazione, spiega l’origine dell’evento sportivo: “L’idea nasce nel 2018. Era una manifestazione podistica per raccogliere fondi da inviare in Burkina Faso alla missione dei Francescani conventuali, ordine al quale sono legato da un’amicizia fraterna. In passato abbiamo fatto degli eventi podistici da convento a convento; ma non erano delle gare. Dal 2023 è una gara vera e propria. Grazie ai Podisti Frentani per aver raccolto la mia proposta”.
A vent’anni dall’oro di Baldini, senza dimenticare il resto…
C'è una costante che emerge negli articoli a vent'anni dallo splendido oro in maratona di Stefano Baldini alle Olimpiadi di Atene 2004: è quasi del tutto scomparso Vanderlei de Lima, l'atleta brasiliano aggredito tra il 35° e il 36° km dall'intervento sciagurato di uno spettatore.
Ricordiamo velocemente i fatti. Vanderlei de Lima, pettorale 1234, è in testa alla maratona olimpica di Atene con una trentina di secondi sugli inseguitori tra i quali Stefano Baldini. E' la sera del 29 Agosto 2004. Negli ultimi chilometri della gara in mezzo alla folla sul bordo strada si nasconde Cornelius Horan, un religioso irlandese, che già in passato si era distinto per interventi plateali. Quel giorno indossa un kilt scozzese. Al passaggio di de Lima esce dalla folla e si scaglia sull’atleta che cade: si rialza poco dopo per proseguire verso il traguardo. Nei chilometri successivi viene però superato da Baldini che si invola verso una vittoria storica.
Nelle interviste del decennale molti colleghi domandarono a Baldini se avesse saputo di questa aggressione, che cosa avesse provato al sorpasso... Ebbene negli articoli del ventennale questo episodio è praticamente scomparso. Dimenticato, omesso?
Si badi bene. Baldini avrebbe vinto quella maratona 9 volte su 10. I suoi parziali dal chilometro 30 al 35 e dal 35 al 40 lo testimoniano con gli ultimi 5km di gara corsi in 14’10’’. Impressionante... Il tempo finale fu di 2.10’55’’, con la seconda metà di gara condotta al ritmo di 3’km (parziale di 1.03’33’’). Inoltre, al di là dello spiacevole episodio, gli inseguitori erano in evidente rimonta sull’atleta brasiliano. Tuttavia riteniamo che, raccontando quella vittoria, non si debba dimenticare, non si debba omettere. Il rischio è di non riferire i fatti e, in termini forse più estremisti, di riscrivere la storia.
De Lima rende ancora più vera la vittoria di Baldini. La maratona è una distanza incontrollabile sotto tanti aspetti: personali e ambientali. Quel giorno il brasiliano, classe 1969, arrivò terzo dopo Baldini e lo statunitense Meb Keflezighi. Poco prima di tagliare il traguardo mimò un aeroplano ed un cuore e distribuì baci, fu sicuramente la sua migliore prestazione in maratona. “Ad Atene – raccontò anni dopo - avevo studiato i miei avversari e il clima, e mi sentivo molto sicuro della mia prova. Non posso affermare che avrei potuto vincere la maratona, ma penso che mi sia stata negata l'opportunità di poter lottare fino alla fine. E' chiaro che non posso togliere il merito a Baldini di aver conquistato l'oro”,
Al termine di quella edizione dei Giochi Olimpici il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) conferì a De Lima la medaglia Pierre de Coubertin per meriti sportivi. Nel 2016 fu scelto come ultimo tedoforo per la cerimonia di apertura dei Giochi olimpici di Rio de Janeiro.
Elogio della debolezza olimpica
Parigi, sabato 10 agosto mattina, rue de Meudon, appena passato il 30° km della maratona olimpica. C’è un uomo che cammina. E’ Eliud Kipchoge. Il campione keniano sta per ritirarsi e mettere fine al sogno di vincere un terzo oro olimpico dopo Rio 2016 e Tokio 2020. Parla con la gente, si toglie le scarpe, le calze sale sulla vettura dell’organizzazione. “La mia peggiore maratona in carriera”, dirà più tardi, “Non so in questo momento quale sarà il mio futuro”.
Parigi sabato 10 agosto, ore 19.48. C’è un uomo a tappeto. E’ Gianmarco Tamberi che sbagliando la misura di 2metri e 27 centimetri esce dalla finale di salto in alto. Un paio di coliche renali dei giorni precedenti ed un ricovero mattutino lo mettono fuori gara. Impossibile difendere l’oro di Tokio 2020.
Parigi 1° agosto. C’è una donna piegata in avanti che si appoggia ad una transenna. E’ Antonella Palmisano che si ritira dalla 20km di marcia al 13° chilometro. Abbraccia l’allenatore e marito cercando una spiegazione. Qualche giorno dopo dirà: “Purtroppo ho contratto il Covid, sono sempre stata monitorata e isolata per non allarmare i miei compagni di squadra”.
E per finire con l’ultima gara olimpica, Parigi 11 agosto: Giovanna Epis arriva tra le ultime in maratona, ma trova che questo sia quasi un buon risultato, dopo che una microfrattura l’aveva ridotta a non camminare fino a due mesi fa.
Campioni medagliati in tante manifestazioni internazionali devono arrendersi a contrattempi e malanni fisici. Le loro vicende, forse, ci riconciliano con la vita e con lo sport. Gli atleti non sono della macchine, ma degli esseri umani, e i carichi di lavoro ai quali si sottopongono non li rendono invincibili. Kipchoge che cammina per qualche centinaio di metri, gli occhi spenti di Tamberi, le lacrime della Palmisano ci fanno sentire più vicini questi campioni che per un momento della loro carrierahanno vissuto le condizioni degli amatori spesso alle prese con imprevisti o infortuni.
Da tali esperienze si riparte verso nuove mete. Gli schiaffi che scombinano la vita sono fonte di umiltà. San Paolo, che nei suoi scritti ha usato spesso metafore sportive, direbbe: “quando sono debole è allora che sono forte” (2Cor. 12,10). Una prospettiva davvero originale. Le ripartenze, poi, sono sempre possibili: lo sport vive anche di rivincite.
Eliud Kipchoge, la tregua olimpica, il ritiro?
Quando domenica 11 agosto Eliud Kipchoghe comincerà a correre verso il traguardo della maratona dei XXIII Giochi Olimpici di Parigi (affrontata il giorno prima dalle donne: un percorso impegnativo con circa 500 metri di dislivello positivo), a caccia del terzo oro ad un’Olimpiade, transiterà nella zona della chiesa della Maddalena. Pochi chilometri dopo la partenza, che avverrà dall’Hotel de Ville, il municipio di Parigi, si punterà verso l’Opera e si passerà sull’area della Maddalena.
Il 19 luglio in questa chiesa-monumento, Laurent Ulrich, arcivescovo di Parigi, ha celebrato una messa alla presenza di numerose autorità tra le quali la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach, il Nunzio apostolico in Francia Celestino Migliore.
Il momento molto intenso si è aperto con il messaggio di papa Francesco che ha chiesto una tregua olimpica perché i Giochi “per loro stessa natura, sono portatori di pace, non di guerra”. Si tratta di un’antica consuetudine: nel tempo dei Giochi olimpici venivano sospese guerre e contese. “In questi tempi difficili, in cui la pace nel mondo è seriamente minacciata, spero ardentemente che tutti rispettino questa tregua nella speranza di risolvere i conflitti e ripristinare l'armonia”, scrive il Papa. “Che Dio abbia pietà di noi! Che Egli illumini le coscienze di coloro che sono al potere sulle gravi responsabilità che incombono su di loro, che conceda agli operatori di pace il successo nei loro sforzi e che li benedica”.
Il Vangelo delle Beatitudini è stato invece al centro dell’omelia dell’arcivescovo di Parigi, il quale ha affermato che è un insegnamento valido “in tutti i periodi della storia”. “Umiltà, compassione, mitezza, giustizia, misericordia e benevolenza, rettitudine, ricerca del bene degli altri e del bene comune” sono da contrapporre a “ricchezza, benessere, potere, violenza, giudizio duro sugli altri, sospetto permanente, spirito di dominio, menzogna e ingiustizia, insulto”. Ulrich ha richiamato anche lo spirito dei Giochi Olimpici, citando Pierre de Coubertin e padre Henri Didon: “sviluppare contatti e relazioni tra i giovani delle nazioni che partecipavano a questi Giochi per favorire lo spirito stesso della pace”. Al termine della messa sul sagrato della chiesa della Maddalena sono state liberate delle colombe come simbolo di pace.
Parlando della sua terza maratona olimpica, Eliud Kipchoge si è detto fiducioso della forma attuale, ha detto di andare a caccia del suo terzo oro, e a chi gli domandava di un suo possibile ritiro (a novembre compirà 40 anni) ha risposto: "Se nel momento in cui taglierò la linea del traguardo mi convincerete che il mondo intero è diventato un mondo che corre allora potrò considerare la possibilità del ritiro”.
Pescara: di corsa in preghiera per Thomas
26 giugno - Al chilometro 7 dell’allenamento mattutino entro nel parco Baden Powell di Pescara. Qui domenica scorsa è stato ammazzato Christopher Thomas Luciani. Aveva quasi 17 anni. Siamo in via Raffaello Sanzio, un chilometro circa dalla stazione ferroviaria, poche centinaia di metri dal conservatorio, vicinissimi alla parrocchia Regina Pacis che sul parco ha uno sbocco tramite cancelletto.
Un regolamento di conti per questioni legate allo spaccio di droga ha condannato questo giovane originario di Rosciano. Christopher aveva lasciato la sua famiglia e viveva con la nonna, da alcuni anni era in una comunità in Molise con altri minori in cerca di equilibrio e futuro. Domenica pomeriggio aveva appuntamento con i suoi carnefici, cinque coetanei. I due inquisiti sono di famiglie della Pescara bene, figli di un avvocato e di un carabiniere. Hanno infierito in maniera violenta e brutale sulla vittima colpita ripetutamente con un coltello da sub, di cui poi si sono disfatti andando al mare che dista 600 metri dal parco. Dai primi interrogatori emerge “un’assenza di empatia”, una sorta di incoscienza diffusa nella testa e nel cuore di questi due giovani, che avranno la vita segnata per sempre.
E’ una mattinata nuvolosa, quando entro nel parco trovo alcune persone con cane a guinzaglio, gli addetti alla pulizia del luogo, i giornalisti della RAI e delle TV locali, fiori e messaggi (pochi) ai cancelli. Mi dicono che in mattinata è stata ripristinata una rete di recinzione. Mi avvicino al luogo del delitto (è a ridosso della ferrovia adriatica), sosto per una breve preghiera. Mi tornano in mente le parole del sindaco Masci e del vescovo Valentinetti, che nei giorni scorsi hanno espresso il dolore della città e si sono posti tante domande soprattutto sul rapporto tra le generazioni.
Stasera ci sarà una veglia di preghiera organizzata dalla comunità di Sant’Egidio. “L’omicidio di un sedicenne, ad opera di altri minori, avvenuto nel cuore della città, ci colpisce nel profondo. - scrivono gli organizzatori - Pescara non può restare indifferente di fronte al disagio dei suoi giovani e alla violenza: occorre fermarsi, esprimere cordoglio e vicinanza alla famiglia di Thomas, e riflettere su come ridare la possibilità di crescere in un ambiente umano, non violento e interessato agli altri, a partire da chi è più in difficoltà. Non possiamo lasciare spazio ad un’indifferenza che cancella i sentimenti di pietà”.
"Ciuffi d’erba". La favola della corsa raccontata da Monteforte& Spina
Un libro pensato per i bambini dai 5 agli 8 anni, una favola sulla corsa, che come spesso capita parla molto anche ai grandi. Questo è Ciuffi d’erba (Città Nuova 2024, 13.90 euro) di Max Monteforte.
Si racconta di un bambino che possedeva un potere speciale: “dove correva spuntavano ciuffi d’erba e anche il cemento si trasformava in un manto erboso”. Con il sogno di convertire il Pianeta intero in un manto verde. Ad ostacolare questo progetto gli Sdraiati, il mondo degli adulti “sempre tristi, passavano intere giornate senza far niente distesi sotto l’ombra di qualche albero”. In particolare un certo Perunsoffio che una volta eletto sindaco fece cambiare il nome del Pianeta in Grigiasfalto. Il finale della storia lo lasciamo al lettore.
Il testo di Max Monteforte, ultramaratoneta, oggi allenatore e co-fondatore del progetto Purosangue, è illustrato dalle tavole di Leonardo Spina, docente di grafica e illustratore di numerosi libri. Spina ci consegna l’immagine di un bambino sorridente con capelli verdi, occhiali cerchiati, canotta rossa e cronometro al collo.
Le pagine conclusive del libretto contengono un testo dello psicoterapeuta Alberto Rossetti, che nella vita si occupa di clinica dell’adulto e dell’adolescente. Le sue pagine trattano, tra l’altro, un punto interessante: l’idea (da correggere) secondo la quale l’attività sportiva sarebbe destinata solamente a poche persone talentuose. Rossetti descrive anche l’importanza della corsa a piedi, e dello sport in generale, per la crescita psico-fisico-relazionale dei ragazzi.
Ciuffi d’erba ci rimanda in qualche modo ai dati recentemente pubblicati dalla Fondazione Open Polis (“L’impatto dello sport sulla condizione sociale dei giovani”) secondo i quali l’Italia (ma lo sapevamo da tempo) è agli ultimi posti tra i Paesi europei per impianti pubblici a disposizione della pratica sportiva (131 impianti ogni 100mila abitanti). E dal momento che i minori “fanno sport soprattutto in contesti strutturati, all'interno di impianti sportivi: l'offerta e la condizione di queste strutture è cruciale”. Inutile aggiungere che al Sud la situazione è peggiore sia in termini quantitativi che qualitativi.
Il sogno è che insieme ai “ciuffi d’erba” spuntino persone coscienziose che, amministrando la cosa pubblica, si occupino in maniera adeguata del benessere delle giovani generazioni.
Charleroi, la prima maratona del “paese nero”
12 maggio - La quarta città del Belgio, Charleroi, si trova in una zona di antiche miniere di carbone e ferro. Qui avvenne il famoso disastro di Marcinelle, sobborgo nel quadrante sud della città, dove l’8 agosto 1956 trovarono la morte 262 minatori di cui 136 italiani, metà dei quali provenienti dall’Abruzzo. Miniere e triste evento meritarono a questa città il nome di “paese nero”.
Si calcola che tra il 1946 ed il 1956 più di 140mila italiani andarono a lavorare nelle miniere della Vallonia. Nel 2006 arrivò a Charleroi il Giro d’Italia in una tappa organizzata proprio per il cinquantenario del disastro. Vinse per la cronaca l’australiano Robbie McEwen. Ho in mente tutto questo, mentre mi preparo per correre la 1^ maratona internazionale di Charleroi Métropole. Una bella cornice per la mia maratona numero 25.
A Charleroi la distanza regina si corre per la prima volta. Una prima edizione che ha avuto una preparazione in parte turbolenta soprattutto per la tracciatura del percorso. All'iniziale idea di percorrere la città in un giro unico in senso orario, passando dalla vicina Châtelet, è subentrata la necessità di tracciare parecchi chilometri (26 circa) in un'andata-ritorno lungo il canale Charleroi-Bruxelles. Il motivo: la coincidenza di un evento in programma a Châtelet che non ha permesso alle forze dell'ordine di garantire assistenza ad entrambi.
Comunque un bell'ambiente ed un percorso con poco dislivello ma fino al km 30. Dopodiché inizia un saliscendi che porta il computo del dislivello totale a quasi 300 metri. La maratona di Charleroi non è velocissima, dal km 33 al km 36 si transita in zone popolari che molto assomigliano ai paesi del Sud Italia. La gente è tutta per strada probabilmente meravigliata della novità. Gli ultimi chilometri sono lungo il fiume Sambre per rientrare a place Verte da dove si era partiti.
In partenza abbiamo notato subito una novità. Gli organizzatori hanno fatto correre gli atleti per 500 metri in centro città, dopodiché è stata effettuata una seconda partenza, quella da dove iniziava la misurazione effettiva della distanza maratona. All’arrivo domina il nero, nella medaglia (praticamente tutta nera) e nella sacca consegnata a ciascun atleta.
473 gli atleti al traguardo nella maratona (7 gli italiani), 1252 hanno tagliato il traguardo della Mezza Maratona (21 gli italiani), Niente male per una prima edizione.
Belgio al primo gradino del podio in tutte le distanze. Nella maratona vincono Caroline Jans in 3:44:02 e Lahcen El Matougui in 2:34:21; nella mezza maratona Valentine Mathy in 1:21:33 e Geoffrey Marrion in 1:13:41.
I miei voti:
- percorso: 7,5
- organizzazione: 8
- costo del pettorale: 7,5
- pacco gara: 7,5
Madonnina di Pescara, protettrice di pescatori e podisti
“Ci vediamo domenica alle 8 alla Madonnina”. Generazioni di podisti pescaresi hanno pronunciato questa frase. Si sa che il popolo dei corridori è affezionato a luoghi e consuetudini. Per gli allenamenti di gruppo si cercano spesso posti di appuntamento facilmente raggiungibili, magari con un ampio parcheggio e a portata di mano. Punti di partenza di itinerari di varia lunghezza a seconda delle diverse esigenze.
La Madonna del Porto di Pescara è proprio uno di questi siti. Una colonna sormontata da una statua della Vergine Immacolata con Bambino, sita proprio all’inizio del Lungomare in prossimità del Ponte del Mare. Ma se il posto è conosciuto, forse lo è meno la sua storia. Chi ha costruito quella stele? Quando? Perché?
Inizialmente la statua era di gesso. Fu un’idea dei pescatori delle città adriatica, che partono e rientrano nel porto-canale, a favore della loro protettrice. Andata in rovina, consumata dagli agenti atmosferici, dopo circa cinquant’anni l’immagine fu sostituita nel 2004 con una statua bronzea realizzata da Vito Pancella.
La statua è situata nel territorio della parrocchia di Sant’Andrea Apostolo amministrata dai Missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI) dagli anni del dopoguerra. Un’esperienza ante litteram di “chiesa in uscita” (per dirla con i termini attuali). I pescatori non andranno mai in chiesa e allora la chiesa va da loro... Questa l’idea di padre Moretta, a lungo parroco a Sant’Andrea, che fece inaugurare la statua l’8 dicembre 1954, festa dell’Immacolata Concezione. A dirla tutta l’idea primitiva di Moretta era di erigere una statua in onore di San Gabriele dell’Addolorata (protettore dell’Abruzzo) o di Sant’Andrea apostolo, ma davanti alle affermazioni dei pescatori (“quando un pescatore si trova nel pericolo in mare non dice San Gabriele aiutami tu o Sant’Andrea aiutami tu, bensì Madonna mia aiutami tu…”) si decise definitivamente per la Vergine Maria.
Da alcuni mesi sono in corso lavori di restyling di quest’area nella quale sono collocati il mercato ittico ed il Museo del mare. E’ prevista la creazione di una nuova fontana proprio nella piazzetta dell’Immacolata, la sostituzione della pavimentazione, lo spostamento in questa zona del Centro per la cura delle tartarughe marine attualmente dislocato in un sito cittadino lontano dal mare.
L’8 dicembre, festa dell’Immacolata concezione, viene offerta ogni anno una corona di fiori portata dai Vigili del Fuoco. La stessa cosa si ripete a fine maggio, mese tradizionalmente dedicato alla Vergine. Si replica un gesto di devozione, si alzano gli occhi al Cielo: la protezione benevola dell’Immacolata sui pescatori, sulla città, sul popolo dei podisti.
Buona Pasqua… "correndo da Dio" verso l’Eco-maratona del pellegrino
29 marzo, Venerdì Santo - Domenica di Pasqua tradizionalmente scarna di gare podistiche sulla Penisola. Si ricorda e si celebra il fulcro della fede cristiana: la morte e la Risurrezione di Cristo. Una movimentata mattinata in cui tutti, allora, correvano: i discepoli Pietro e Giovanni, le donne prime testimoni del sepolcro vuoto… E noi rivolgiamo gli auguri di una Pasqua serena agli amici lettori di podisti.net raccontando di una Eco-maratona davvero originale che offre cuore, fatica e sudore a chi ha bisogno di sostegno ed incoraggiamento.
Il secondo sabato di maggio (11), a Verona va in scena l’Eco-maratona del Pellegrino “Noi corriamo da Dio”. Un mix davvero interessante di corsa, preghiera condivisione e solidarietà. Si parte dal Centro Camilliano di Formazione (via Astico 11), e puntando in direzione nord-ovest si arriva, dopo circa 43km, al Santuario della Madonna della Corona sul monte Baldo, luogo di fede al quale i veronesi sono molto affezionati e che risale al 1500.
“Chi corre a piedi ha la forza di fare fatica che offriamo a persone bisognose, persone che sarebbero felici di venire a correre ma, per una serie di motivi, è loro impedito. Ogni partecipante porta nel cuore, nel suo sudore e nella fatica questa persona”, dice Luciano Venturini, segretario dell’associazione “Noi corriamo da Dio”. Ogni atleta riceve un rosario da polso che viene utilizzato nelle soste per la recita delle cinque decine per essere donato, dopo la maratona, alla persona per la quale si è pregato. Lungo il percorso ci sono anche alcuni sacerdoti che accompagnano gli atleti offrendo la possibilità di accostarsi alla confessione.
Una festa, un pellegrinaggio, una giornata ricca di persone e di valori, ideata da Massimiliano (Max) Bogdanich, due volte campione italiano master in maratona nel 2015 e nel 2016, sostenuto da alcuni amici sin dalle prime edizioni.
- Massimiliano, come è nata l’Eco-maratona “Noi corriamo da Dio”?
- Quest’anno festeggeremo i primi dieci anni, perché nel lontano 2014, dopo aver fatto un pellegrinaggio nella terra di San Camilo de Lellis… abbiamo sposato i valori del Santo. La croce rossa fatta di parole che portiamo sulle nostre maglie è in parte simbolo dei padri Camilliani.
Nel 2014 abbiamo corso a staffetta da Bucchianico (Chieti) a Roma: in quell’occasione si ricordavano 400 anni dalla morte di San Camillo. Durante quell’evento sono successe cose talmente particolari che ci hanno fatto credere che era un progetto che poteva essere portato avanti. In effetti, dopo aver donato la maglietta al Papa, abbiamo ricevuto risposta: ci ha ringraziato per avere pensato a lui e ci ha detto di proseguire questa bella iniziativa. Abbiamo pensato che potesse essere un modo alternativo e moderno di portare un messaggio cristiano.
Da lì è nata l’idea di raccogliere fondi attraverso attività sportive. Ne ricordo una in particolare: nel 2017 (e per me è stato motivo di grande gioia), abbiamo fatto “Il sorpasso di Max” raccogliendo più di 10mila euro. Partivo per ultimo e superavo tutti gli iscritti all’evento (la Giulietta e Romeo Half Marathon, ndr.). AGSM ci aiutava dandoci un euro per ogni persona superata. Sono state superate circa 7mila persone, l’evento è stato molto sentito, e AGSM strappò in quell’occasione un assegno di 10mila euro che il giorno dopo donammo ad ABEO, associazione che sostiene le famiglie con bambini emopatici.
- Chi sono i partecipanti a questa Eco-maratona in terra veneta?
Di solito tutta gente che viene dal mondo delle corse a livello agonistico, gente che corre per passione. Tra i partecipanti c’è anche qualcuno un po’ più ferrato, ma comunque che ha passione e gusto di correre. Ci sono anche le persone normali che non fanno le gare di calendario, però corrono perché gli piace stare all’aria aperta e condividere. Corre anche chi non ha mai affrontato le maratone proprio per il fatto di vivere una giornata di pellegrinaggio, e magari da lì in poi si scoprono maratoneti!
- Ci dai qualche notizia più tecnica sul percorso? Si corre su strade trafficate?
- Il percorso si snoda quasi completamente su una pista ciclabile che parte dal Centro Camilliano di Formazione che si trova in un quartiere periferico di Verona, a ridosso della collina. Da lì si attraversa il fiume Adige, si va cioè sulla riva opposta al punto di partenza percorrendo la famosa diga del quartiere Chievo. La ciclabile si snoda poi in tutta la Val d’Adige con uno scenario meraviglioso fino ad arrivare ai piedi del monte Baldo, a 90 metri sul livello del mare. Da lì si abbandona la modalità di corsa, ognuno prende sulle proprie spalle lo zaino e si inerpica su questa montagna, una vera parete ripida a picco e raggiunge il santuario che si trova a quasi 900 metri di altitudine. Questo edificio si trova aggrappato alla parete, a picco, tanto da sembrare quasi impossibile che possa restare “attaccato” così.
- Tante edizioni, ormai, un vero e proprio viaggio... Nel corso degli anni quali sono state le sorprese più belle di questa Eco-maratona?
- Nessuno corre per se stesso o per una prestazione cronometrica bensì per offrire la propria fatica alla Madonna come intercessione. Tutti gli atleti-pellegrini prima di partire individuano una persona bisognosa, ammalata, che ha bisogno di un conforto; vengono forniti di una piccola corona del rosario da indossare al posto del cronometro, dove riporranno tutte le loro intenzioni e fatiche. Dopo aver ricevuto la benedizione questo oggetto viene donato alla persona per la quale si è offerta la preghiera. E’ successo che qualche persona che aveva ricevuto queste preghiere, l’anno successivo si sia ritrovata a correre in mezzo a noi. Ci è stato riferito, ed è per noi motivo di grande gioia. Qualche persona che non aveva nessuna attitudine a fare maratone si è poi scoperta maratoneta!
- L'edizione 2024 sarà decisamente particolare. In pratica aprirete la settimana della visita di papa Francesco a Verona...
Infatti, la settimana dopo il nostro pellegrinaggio farà visita alla città di Verona papa Francesco. Noi saremo quelli che apriranno la settimana delle iniziative che precederanno l’evento. Ci saranno affidate le intenzioni di tutta la città da portare al Santuario della Madonna della Corona, che è il santuario di riferimento per tutti noi cittadini. Lo vediamo come un luogo importante dove andare nei momenti in cui abbiamo bisogno di pregare.
Giovedì prossimo, 4 aprile, è prevista la presentazione dell’ottava edizione di questa bella manifestazione (nella Scuola dell’infanzia principessa Jolanda, via Scuderlando 234 - Borgo Roma - Verona) i cui proventi andranno a favore del Centro Accoglienza Minori (CAM) della città scaligera.
Sono stati quelli di “Noi corriamo da Dio” a coniare lo slogan “Per non lasciare indietro nessuno” che vivono nel giorno della Eco-maratona (ripetiamo, quest’anno l’11 maggio) e propongono come stile di vita.
Storie di sport, lezioni di vita
Sorride Valentyna Veretska nella foto che la ritrae dopo aver tagliato vittoriosa il traguardo della maratona di Gerusalemme il 25 marzo 2022. Avvolta da una fascia per capelli verde smeraldo si gode una giornata di sport e di serenità e i suoi 31 anni pieni di futuro. Ha lasciato l’Ucraina sotto le bombe ed il marito al fronte. Insieme alla figlia si è rifugiata in Polonia, terra che in questi due anni ha accolto migliaia di profughi dalla vicina Ucraina. Il cronometro segna 2h45’54’’, le mani vittoriose di Valentyna stringono la bandiera ucraina e quella Israeliana.
Quel giorno non immaginava che era alle porte un’altra guerra molto sanguinosa proprio su quel suolo della vittoriosa maratona. Valentyna è un’atleta talentuosa. Ha corso in Germania, Portogallo, Romania, Albania, Kuwait, Stati Uniti. Ha personali di 2h38’ sulla maratona ed 1h15’ sulla mezza maratona. Ha partecipato quattro volte con la maglia della sua nazione ai Campionati europei di corsa campestre.
La storia di Valentyna Veretska, assieme ad altre 19 è racchiusa in un libro: “A Futura memoria. Storie di sport, lezioni di vita” (ed. Minerva, 2023). Vicende sportive alcune note, altre (la maggior parte) meno conosciute, raccolte e ben descritte da Massimiliano Castellani, giornalista di Avvenire e Adam Smulevich, giornalista dalla cui penna era partito il riconoscimento di Gino Bartali come “Giusto tra le Nazioni”.
“La Memoria passa anche da una pista di atletica e corre veloce su una bicicletta e quando è forte è sospinta dalla Storia. Taglia il traguardo per prima e poi sale su un podio da dove più nessuno riuscirà a farla scendere”, scrivono gli autori nelle prime pagine.
Nel libro ci sono storie di pugilato, ciclismo, tennis, lotta greco-romana, ginnastica, rugby, atletica, calcio... Tutte con un minimo comune denominatore, la potente frase di Nelson Mandela: lo sport, più dei governi e dello scacchiere politico, “ha il potere di cambiare il mondo”.
Avvicinandosi l’appuntamento olimpico di Parigi 2024 spicca tra le altre la storia di Shaul Ladany, atleta israeliano di origine balcanica, oggi 87enne, deportato da bambino in un campo di concentramento e scampato all’attentato ai Giochi Olimpici di Monaco del 1972. “C’è tanta vita da calpestare - è stata negli anni la sua testimonianza. - Ma guai a ignorare il passato, perché se lo rimuoviamo questo si ripresenterà».
L’illustratore Carlo Cazzaniga completa questo libro con una galleria di immagini che usano il formato del francobollo “come fosse un elemento comprovante la verità delle storia presente nel racconto”. Un espediente utile a fissare le vicende narrate esaltandole in una maniera equilibrata. Immagini che Cazzaniga definisce “volutamente imperfette” come imperfetti sono le donne e gli uomini raccontati, persone “in balia degli eventi, protagonisti involontari se non addirittura protagonisti loro malgrado”.
Il caldo e le bottigliette: un invito alla responsabilità
Le alte temperature fuori stagione del mese appena trascorso preoccupano (e non poco) i corridori italiani. In particolare al Centro e al Sud della Penisola sono state registrare giornate con temperature massime attorno ai 16 gradi. Un fatto del tutto anomalo per uno dei mesi tradizionalmente più freddi dell’anno (almeno nell’emisfero Nord del Pianeta). Gli esperti di meteorologia dicono che il primo mese dell’anno del 2024 è stato il gennaio più caldo della storia da quando si misurano le temperature atmosferiche. Il Servizio per i Cambiamenti Climatici Copernicus (C3S) ha riportato medie globali superiori di 1,6 gradi centigradi rispetto alla media pre-industriale. Una continuazione del 2023, l’anno più caldo della storia da 150 anni a questa parte.
Ci siamo resi conto delle temperature insolite correndo in particolare nella pausa pranzo, momento preferito per gli allenamenti da molti podisti nei mesi autunnali e invernali. Verrebbe da dire che i tradizionali consigli che vengono pubblicati per chi pratica la corsa a piedi nei mesi estivi siano validi anche ‘fuori stagione’, se non fosse che le giornate sono corte e alcune cime risultano imbiancate.
Dentro questa costatazione ce n’è un’altra: quale può essere il nostro impegno di sportivi e amanti della corsa per limitare questa situazione? Cosa posso fare io podista della domenica insieme evidentemente a tanti altri che sono sensibili all’argomento? Ho io le possibilità di cambiare il corso degli eventi? Si tratta di mettere in campo buone pratiche che contribuiscano, assieme allo sforzo di tanti (ma ancora pochi, forse), a rendere migliore il nostro vivere rispettando le persone e anche l’ambiente.
Vorrei attirare l’attenzione, per trattare un punto concreto, sull’uso della plastica nelle manifestazioni podistiche. Bottigliette per l’acqua, bicchieri, piatti e contenitori, pettorali e striscioni... La plastica è stata una grande invenzione e una grande alleata dello sviluppo umano. Il suo inventore attorno al 1861, l'inglese Alexander Parkes, la riteneva un sostituto economico di altri materiali come legno, metalli e vetro. Un secolo dopo la sua invenzione la plastica cominciò ad essere usata nella produzione di massa nei settori dell’abbigliamento, del confezionamento, della moda e anche dello sport.
L’utilizzo della plastica oggi rischia di inquinare irrimediabilmente terre, fiumi e mari ed il suo riciclo sembra essere insufficiente come pratica per limitare i danni. L’accumulo di plastica, in particolare nei mari, comincia ad essere un problema molto serio. La luce del sole, il vento e le correnti non sono infatti sufficienti per scomporla definitivamente. E i rifiuti in plastica contribuiscono al surriscaldamento globale influendo sulla stabilizzazione dell’effetto serra.
Qualche anno fa è nato Run for the Oceans, un movimento di podisti di tutti i continenti che pensa la corsa come un mezzo “per fermare l’inquinamento causato dalla plastica negli oceani”. I podisti che vi parteciparono si sentivano “ambasciatori” di questo messaggio. Il progetto veniva da una nota marca di scarpe. Al di là di una possibile strumentalizzazione pubblicitaria della questione, crediamo vada apprezzato l’impegno per una presa di coscienza del mondo della corsa su questo delicato tema.
Sono molte le manifestazioni che stanno lavorando sull’argomento. Ai Giochi Olimpici di Rio 2016 le medaglie con cui furono premiati gli atleti avevano i nastri fabbricati per il 50% con plastica riciclata, e i milioni di bottigliette di plastica impiegati vennero riciclati per costruire sedili degli stadi di calcio. Lo scorso anno alla Mezza Maratona di Napoli il Centro Studi Interdisciplinari Gaiola onlus propose un concorso tra i partecipanti che sceglievano di fare la gara basandosi sulla propria riserva idrica senza consumare acqua dalle bottigliette distribuite lungo il percorso.
Pensando alla prossima estate ci vengono i brividi (magari!): come ci salveremo dal grande caldo? Ma più opportunamente potremmo forse chiederci: come salveremo questo clima ed il nostro Pianeta? E ancora: cosa è possibile mettere in atto nel mondo del podismo?
La mia Ecomaratona della Capitale
Le “prime” hanno sempre un fascino particolare. Vale per la prima di un’opera teatrale, della proiezione di un film, dell’inaugurazione di una mostra o di un museo. Vale anche per una manifestazione sportiva, ad esempio una maratona. La I edizione della Ecomaratona della Capitale che si è corsa domenica 28 gennaio con partenza e arrivo allo Sport City Roma (strada del Portillo 282) è stata una “prima” interessante e con alcuni punti da migliorare. Siamo nel quadrante Sud-Ovest della capitale, appena al di fuori del Grande Raccordo Anulare alle porte del Campus Biomedico.
Cominciamo raccontando il percorso. Anello di 7km tra pista ciclabile e sterrati nell’area naturale Decima Malafede. 40 metri circa il dislivello positivo di ogni giro. Abbiamo incrociato cavalli, cani (al guinzaglio) e visitatori in una domenica tiepida e leggermente ventilata soprattutto nella prima parte. Ottimi i due ristori, ai due estremi del tracciato, con cibi e bevande fino all’ultima ora di gara. Due i segna-chilometri posizionati in maniera erronea (un anticipo di circa 200metri) al quarto e al sesto chilometro.
Devo dire che ero abbastanza scettico sui due attraversamenti stradali al secondo e al quinto chilometro, nel senso che già immaginavo le ire degli automobilisti verso la tarda mattinata. Non è stato così (e credo sia giusto sottolinearlo) grazie al lavoro e alla disponibilità della Polizia locale di Roma Capitale e ai volontari lungo il percorso.
L’organizzazione del Club Super Marathon Italia del presidentissimo Paolo Gino ha dato il meglio di sé tenendo conto che la primitiva collocazione di questa Ecomaratona era fissata all’Ippodromo Capannelle. Solo il 10 gennaio abbiamo ricevuto la comunicazione dello spostamento nel territorio del Municipio IX di Roma con un comunicato che esaltava la bellezza paesaggistica della campagna romana. I membri del Club Super Marathon, che conta maratoneti in quasi tutte le regioni d’Italia e alcuni esteri, si sono ritrovati per l’assemblea annuale alla vigilia di questa prima edizione della Ecomaratona della Capitale.
Tre le distanze competitive in programma, che corrispondevano ad uno, due e sei giri del percorso. Nella 42km sono stati 107 gli atleti giunti al traguardo (26 le donne), regolati dall’abruzzese Alberico Di Cecco (Vini Fantini) e dalla pugliese trapiantata a Roma, Sara Pastore (Calcaterra Sport).
Quando verso le 13.30 lo speaker ha annunciato la vittoria di Jannik Sinner all’Australian Open abbiamo capito di essere davanti ad un’altra “prima”. Ad entrambi (l’Ecomaratona di Roma e Sinner) l’augurio di tante splendide repliche.
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- Fonte Classifica Club Supermarathon Italia
Papa Francesco sui valori dello sport
Mattinata di sport in Vaticano. Sabato 13 scorso papa Francesco ha ricevuto nella sala Clementina il ministro dello Sport, Andrea Abodi, il responsabile del comitato olimpico francese David Lappartient ed il presidente FIDAL Stefano Mei. Quest’ultimo ha donato al papa una maglietta degli Europei di Atletica Leggera che si svolgeranno a Roma dal 7 al 12 giugno. Mei ha anche rivolto un invito a Francesco allo Stadio Olimpico. L’occasione dell’incontro erano i cinque anni di Athletica Vaticana, la società sportiva della santa Sede della quale avevamo parlato su queste pagine proprio nei giorni della sua nascita.
Nell’occasione papa Francesco ha rivolto un discorso sui valori dello sport di cui vorremmo sottolineare alcuni passaggi.
Il Santo Padre cita anzitutto la pericope nella quale si parla per la prima volta dello sport in un documento ufficiale della Santa Sede. Si tratta del numero 154 della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, del 2022, nella quale si afferma che gli uomini e le donne di sport “si sappiano e si sentano riconosciuti dalla Chiesa come persone a servizio della ricerca sincera del vero, del buono e del bello”.
Nel suo discoro il papa ha sottolineato due volte l’importanza di preservare la dimensione “amatoriale” dello sport. Il “grande mondo dello sport, oggi rappresenta la più diffusa espressione culturale, a patto che si mantenga sempre quella amatorialità che custodisce lo sport”. Il dilettantismo, diremmo, aiuta a conservare i valori veri dello sport, “è come il succo che dà vita all’attività sportiva”.
Francesco affronta tre tematiche interessanti anche per il mondo del podismo: la fraternità, il rispetto delle regole, il contatto con i propri limiti.
“Lo sport è un mezzo per… costruire la società. Lo sport, infatti, ci insegna il valore della fraternità. Non siamo isole… non importa la provenienza, la lingua o la cultura di una persona. Ciò che conta è l’impegno e l’obiettivo comune. Questa unione nello sport è una metafora potente per la nostra vita. Ci ricorda che, nonostante le nostre differenze, siamo tutti membri della stessa famiglia umana. Lo sport ha il potere di unire le persone, al di là dalle loro abilità fisiche, economiche o sociali. È uno strumento di inclusione che rompe le barriere e celebra la diversità”.
Il rispetto delle regole è una dimensione essenziale della pratica sportiva. “Il gioco poi è fatto di regole da rispettare. Vincere con umiltà e accettare la sconfitta con dignità sono valori che lo sport insegna e che devono essere vissuti nella vita di ogni giorno per costruire una società più giusta e fraterna”, afferma il Papa.
Ogni disciplina sportiva è basata sull’impegno e sulla dedizione del singolo atleta nel rispetto dei limiti del proprio corpo e della propria mente. “Lo sport ci mostra pure che possiamo affrontare con pazienza e determinazione i nostri limiti. Ogni atleta, attraverso la disciplina e l’impegno, ci insegna che con la fede e la perseveranza possiamo raggiungere traguardi che mai avremmo pensato possibili. Questo messaggio di speranza e coraggio è cruciale, specialmente per i giovani”.
Nel suo messaggio, ascoltato da tutti con grande attenzione, Francesco ha fatto riferimento anche alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi della prossima estate e alle tensioni internazionali in corso. “È significativo che questo nostro incontro avvenga nei primi giorni del 2024, che è Anno Olimpico e Paralimpico. Ripensando al valore della ‘tregua olimpica’, la mia speranza è che, nel momento storico particolarmente buio che stiamo vivendo, lo sport possa gettare ponti, abbattere barriere, favorire relazioni di pace”.
Infine papa Francesco ha voluto richiamare alcuni valori cristiani che si possono vivere tramite lo sport: “lealtà, sacrificio, spirito di gruppo, impegno, inclusione, ascesi, riscatto”.
Pretisempredicorsa: un 2023 ricco di gare e trofei
Tempo di bilanci anche quest’anno per i ‘pretisempredicorsa’. Il gruppo di preti corridori si costituiva quattro anni fa con il desiderio di un maggiore coordinamento di questa semplice e significativa presenza nell’ambito sportivo ed in particolare della corsa a piedi. Anche nel 2023 non sono mancate partecipazioni a gare e manifestazioni con alcuni risultati di prestigio di cui diremo. Continua pure l’impegno di solidarietà con micro progetti a favore delle giovani generazioni, in particolare in Paesi del Sud del mondo.
Cominciamo la carrellata del 2023 con la realizzazione di un sogno. Il 5 novembre si è corsa una nuova edizione della maratona di Assisi. Ci ha lavorato per anni con grande passione don Federico Claure, prete argentino adottato dalla diocesi di Assisi. Federico è presidente dell’ASD Life running Assisi. Papa Francesco ha inviato un messaggio per l’occasione: "Auspico che il significativo evento costituisca una provvida occasione per promuovere i valori umani, cristiani e francescani che allo sport possano assicurare un’anima e una spinta ideale”. Se si consulta il sito Internet di questa maratona si possono leggere i “princìpi ispiratori” rintracciati nei valori francescani della bellezza, della gratuità e della solidarietà. Il motto della maratona di Assisi è stato "I bless you Life" ("Ti benedico Vita"). “Assisi - ama dire il vescovo mons. Domenico Sorrentino - è un santuario a cielo aperto”. E la maratona, secondo l’idea degli organizzatori, è stata “orientata ad introdurre i partecipanti alla ricchezza del patrimonio e del messaggio che detiene Assisi e l’Umbria”.
Numerose le gare e le affermazioni di don Franco Torresani, sacerdote trentino da tanti decenni sulla scena del podismo italiano. Franco continua a collezionare con merito trofei e grandi soddisfazioni. Domenica 26 novembre si è laureato vice-campione italiano 10km su strada. La gara si è disputata a Canosa di Puglia (BAT) e ha visto quasi 1200 atleti al traguardo. Franco ha corso in 37'03'' classificandosi 113° assoluto. L'8 ottobre aveva partecipato alla cronoscalata sul monte Dolada (3,5km con 650D+) che ha chiuso al 9° posto assoluto. Era al rientro alla gara dopo un infortunio e ha colto un bellissimo primo posto di categoria. Alla 45^ Ivrea-Mombarone (20km, 2100D+), domenica 17 settembre, aveva concluso la gara in 2h43'48" (38° assoluto). Il 25 giugno a Gagliano del Capo (Lecce) aveva vinto l’ennesimo titolo italiano di Corsa in Montagna nella categoria M60. Ad Adelboden, nota località sciistica della Svizzera, si è laureato vice campione europeo ai "Campionati europei master di Trail Running e Mountain Running 2023" andati in scena dal 7 al 9 luglio.
A Torun, in Polonia, per la IX edizione dei Campionati Mondiali Master indoor svoltisi a fine marzo, don Franco ha raccolto vari successi. Il 29 marzo aveva gareggiato sui 10km con un quarto posto assoluto e l’ottimo tempo cronometrico di 35’45’’. Due giorni prima aveva gareggiato sul cross (8km) con un bronzo individuale (30’39’’) e un bronzo a squadre. A completare i successi il terzo posto individuale ed il terzo posto a squadre, sabato 1 aprile, nella mezza maratona che ha concluso in 1h20'38''. Don Franco è un’atleta a tutto tondo e si cimenta anche sugli sci. Aveva cominciato il 2023 (il 29 gennaio, giorno del suo 61° compleanno!) con la partecipazione alla 50^ edizione della Marcialonga, 70km conclusi in 9h30’. Franco ha già in calendario alcune manifestazioni a cominciare dalla 50^ edizione della prestigiosa Ciaspolada che si correrà il prossimo 6 gennaio.
Don Pino Fazio è affezionato alle lunghe distanze che ormai corre con disinvoltura. E’ parroco a Curinga (Catanzaro) dove ogni estate va in scena il “settebello curinghese” con una serie di sette maratone che si corrono ogni giorno su percorsi differenti. Ha avuto un’estate molto brillante. Il 10 giugno era in Sicilia dove ha partecipato alla XVI edizione della Super Maratona dell’Etna. E' arrivato in cima tra gli ultimi completando la prova in 8h29'07''. Il 30 luglio a Santo Stefano di Sessanio (Aq) ha corso la XII edizione della 50km del Gran Sasso ed il 12 agosto ha corso la 6 ore a Curinga. Una settimana dopo, il 19 agosto, ha realizzato 54.010 metri alla 8 Ore di Cagnano Varano (Foggia). A fine settembre, a Policoro (Mt) nel corso dell'edizione invernale del Festival italiano di ultramaratona, don Pino ha corso una 100km. Da sottolineare il suo notevole impegno di annuncio del vangelo sui social media, in particolare sulla piattaforma Tik Tok sulla quale è molto conosciuto.
Don Marco Carletto, prete trevigiano, è tra gli organizzatori della messa del maratoneta alla vigilia della maratona di Venezia. Quest’anno alla 37^ edizione di questa maratona, Marco ha corso in 4h04’.
Padre Zweli Mlotshswa, missionario OMI, ha partecipato a varie edizioni della Comrades Marathon, gara di circa 80 km che si corre in Sudafrica tra Pretoria e Pitermaritzburg. Per farlo è necessario partecipare a delle gare di qualificazione come la Soweto marathon del 5 novembrem che Zweli ha corso in 5h40’16’’.
Un parroco che corre una maratona il giorno della Domenica della Palme? E' accaduto il 2 aprile 2023 alla maratona del Lamone di Russi (Ra) dove don Luca Ravaglia ha partecipato in ricordo di don Lorenzo Milani, concludendo la prova nel tempo limite di 6h30'.
Fermo ai box, per modo di dire, l’altro capitano dei pretisempredicorsa don Vincenzo Puccio, parroco in Sicilia a Barcellona Pozzo di Gotto (Me). Quest’anno non ha gareggiato dedicandosi con passione all’attività di allenatore: sta seguendo il percorso atletico di tre ragazzi molto promettenti.
E proprio a fine anno la bella sorpresa di due serate fiorentine per presentare il libro ed il progetto dei pretisempredicorsa. Il 18 dicembre presso lo Stadio di atletica Emil Zatopek a Campi Bisenzio, il giorno seguente presso la parrocchia di San Mauro a Signa.
L’anima della maratona: il Papa per Assisi
Che un papa scriva un messaggio per una maratona è una notizia (era accaduto per il Giubileo del 2000, alla partenza da piazza S. Pietro della maratona con la benedizione di Giovanni Paolo II). E’ per questo motivo che vogliamo tornare sul telegramma di papa Francesco alla maratona di Assisi dello scorso 5 novembre. Il successore di Pietro ha inviato questo testo al vescovo di Assisi mons. Domenico Sorrentino: "Auspico che il significativo evento costituisca una provvida occasione per promuovere i valori umani, cristiani e francescani che allo sport possano assicurare un’anima e una spinta ideale”.
La maratona è definita “significativo evento”. Lo è nella vita degli atleti che si preparano a correre la distanza regina dando il meglio di sé nella giornata di gara. Lo è senz’altro per le loro famiglie. Un podista che corre le maratone deve fare un certo chilometraggio distribuito in almeno quattro allenamenti settimanali, e se ha famiglia, questa deve in qualche modo integrarsi con il ‘progetto maratona’ che diventa quindi un evento significativo per tutto il nucleo familiare. Spesso penso che la medaglia, al termine di una maratona, vada messa al collo di tutta la famiglia del corridore!
La maratona è “occasione per promuovere i valori umani”. Certamente la corsa a piedi sottolinea e incarna i valori umani dell’amicizia, della solidarietà e dell’onestà. Sono purtroppo ancora tanti gli atleti che ricorrono al doping svilendo e mercificando lo sport. Inoltre anche nel mondo del podismo nostrano sono presenti personaggi che si improvvisano allenatori e preparatori atletici senza avere alcun titolo.
La corsa promuove anche “valori cristiani” come il sacrificio. Chi corre le lunghe distanze impegna tempo e risorse per questa passione. Si esce con tutte le temperature e condizioni atmosferiche, si incastrano gli allenamenti nella vita lavorativa e familiare, a volte si sacrificano serate con gli amici o giorni di vacanza. Ma è un sacrificio gradito, forse avvertito come tale più dagli altri che dal podista stesso.
E infine promuove “valori francescani” a cominciare, direi, dall’umiltà e dalla povertà. Fa bene allo sport e alla maratona che i suoi protagonisti siano umili, che parlino l’essenziale, che siano realistici e concentrati su sé stessi. E poi la povertà incarnata dal santo di Assisi. La corsa non muove i grandi denari di altri sport, inoltre per essere praticata non ha bisogno di costosissime attrezzature.
Il messaggio del papa si conclude affermando che i valori “assicurano un’anima e una spinta ideale” alla maratona. Uno sport con l’anima diventa occasione di incontro, dialogo e fraternità. Le maratone sono sempre una festa di popolo, grandi processioni che si muovono tra i sette e i venti chilometri all’ora per le strade di città, paesi e campagne con un traguardo comune da raggiungere. Ognuno cerca di progredire e di essere migliore (che non significa necessariamente essere “il” migliore).
Leggendo il testo di papa Francesco mi sono tornate alla mente le parole di Haruki Murakami (‘L’arte di correre’, 2009): “Proprio nello sforzo enorme e coraggioso di vincere la fatica riusciamo a provare almeno per un istante la sensazione autentica di vivere. Raggiungiamo la consapevolezza che la qualità del vivere non si trova in valori misurabili in voti, numeri e gradi, ma è insita nell’azione stessa, vi scorre dentro”.
Alla partenza della San Francesco Marathon è stato osservato un minuto di silenzio e preghiera per la pace, per i bambini morti e per le vittime della guerra, per ricordare la Terra Santa e ogni luogo dove si vive il flagello della guerra. Si corre, ma non ci si estrania dalla “valle di lacrime”.
21 ottobre: la maratona di Pescara preceduta dalla Messa del maratoneta
Dopo le maratone italiane di Roma, Venezia e Firenze, anche la maratona di Pescara avrà la “messa del maratoneta”. Alla vigilia della 23ma edizione della maratona dannunziana, che partirà alle 9.30 di domenica 22 ottobre da piazza Salotto, viene proposto un momento di raccoglimento e preghiera per gli atleti, i familiari e gli accompagnatori. La “messa del maratoneta” sarà celebrata nella chiesa San Pietro apostolo, nota anche come “chiesa del Mare”, sabato 21 ottobre alle ore 19.30. La chiesa, che si trova su piazza I Maggio, poche centinaia di metri dal quartier generale della maratona, fu realizzata su progetto di alcuni giovani architetti pescaresi tra il 2000 ed il 2005 in stile moderno. Il tempio che ha una pianta ellittica custodisce opere di Pietro Cascella, Corelia von den Stein e Mauro Berrettini, terrecotte di Alfea Ciccone, vetrate di Gabriella Albertini e Guido Giancaterino.
Molto ricco il programma del fine settimana in riva all'Adriatico allestito dall’ASD Vini Fantini. Sabato 21 si svolgerà la “8 ore Ultra Beach”, campionato italiano IUTA di 8 ore sulla sabbia, una passeggiata inclusiva e le gare dei bambini. Domenica mattina la maratona, la mezza maratona e una 10,5km non competitiva, precedute dalla partenza dei pattinatori.
Nel corso della “messa del maratoneta” è prevista la benedizione degli atleti, dei pettorali e delle medaglie che verranno consegnate l'indomani. La chiesa desidera essere presente nel mondo dello sport in maniera semplice e discreta per sottolineare i valori della vita, della salute, dell'inclusione e del rispetto del Creato. L'associazione “pretisempredicorsa” (www.pretisempredicorsa.it) che organizza questa messa a Pescara, da vari anni è impegnata in micro progetti di avviamento al gioco e allo sport per i ragazzi dei Paesi del Sud del mondo.
La ‘filosofia’ di Eliud Kipchoge alla vigilia di Berlino
“Avere la mente in pace mi ha permesso di correre una maratona sotto le due ore”. Parole di Eliud Kipchoge, primatista mondiale in maratona 2h01’09’’ (Berlino 22/09/2022) e unico atleta ad aver corso una maratona sotto le due ore seppur in una prova non omologata (1h59’40’’, Vienna 12/10/2019).
E’ chiaro che non bisogna solamente avere la mente serena, ma occorre allenarsi seriamente. Kipchoge ha più volte detto di non esagerare con gli allenamenti, ma di terminare sempre le sue corse quotidiane con la voglia di sorridere. Lo ha fatto anche in questi mesi di preperazione alla 49ma edizione della maratona di Berlino che si correrà domenica prossima, 24 settembre.
Tenendo presente che siamo davanti ad un talento assoluto, vediamo almeno cinque concetti espressi negli anni da Eliud Kipchoge e che possono tornare utili a tutti i corridori, élite e amatori.
1. Allenarsi con la frequenza cardiaca. “Mi alleno con questo metodo. Ho delle persone del mio staff che mi aiutano a scaricare i dati e a ad interpretarli su base settimanale e mensile. In questo modo posso vedere come reagisce il mio corpo verso il migliore standard possibile di allenamento”. L’allenamento con la frequenza cardiaca prevede un ampio chilometraggio a bassa intensità. Si possono trovare guide che illustrano chiaramente questo metodo. Uno scoglio iniziale per gli amatori che scelgono questo criterio di allenamento è che per correre a bassa intensità bisogna inserire dei tratti di camminata.
2. Imparare dai fallimenti. Nel 2017 Kipchoge fece il primo tentativo di correre una maratona sotto le 2 ore: il tentativo fu disputato sul circuito automobilistico di Monza, ma non andò a buon fine. Quel giorno Eliud corse in 2h00’25’’. Il secondo tentativo, questa volta riuscito, andò in scena a Vienna nell’autunno 2019. Eliud corse in 1h59’40’’. “Io e tutto il team non sapevamo cosa sarebbe successo al primo tentativo. Tutti eravamo nuovi ad una simile impresa. Ero come un pugile che va verso il ring senza sapere se avrebbe vinto o meno ai punti o atterrando l’avversario. O se anche fosse stato sconfitto. Ho fallito per soli 25 secondi, ma lo considero come un grande successo, perché sono stato il primo essere umano ad aver osato pensare di correre una maratona sotto le due ore. Così abbiamo trasferito la grande esperienza di Monza a Vienna. Abbiamo capito quello che andava fatto per correre sotto la barriera delle due ore. Correre nel 2019 è stato molto importante, incluso il fallimento. Abbiamo imparato molto. Tutto il team si è riunito di nuovo per riconsiderare l’impresa”. Cinque milioni di persone seguirono quel giorno l’impresa ad ogni latitudine del Pianeta. Tanti trovano in Kipchoge una grande fonte di ispirazione. https://www.podisti.net/index.php/commenti/item/5026-kipchoge-i-valori-e-il-messaggio-di-un-giorno-storico.html
3. La corsa sport di squadra. Sebbene la corsa sia uno sport individuale, Kipchoge ha sempre fatto riferimento all’importanza del gruppo. Anzitutto gli atleti con i quali vive e condivide gli allenamenti e poi il team che lo affianca (allenatori, fisioterapisti, sponsor, ecc.). Considera imprescindibile il rapporto con gli altri fonte di forza, ispirazione e correzione. Molti corridori si allenano da soli per motivi di organizzazione della giornata e anche per la difficoltà a trovare colleghi che abbiano gli stessi ritmi di allenamento. E’ da considerare la possibilità di fare allenamenti insieme (stesso luogo, stessa ora) ma ciascuno con i propri ritmi.
4. Ogni persona, ogni atleta ha una vocazione. “Io ho avuto la chiamata a correre una maratona sotto le due ore. E’ necessario avere un sistema che ti permetta di raggiungere la tua vocazione. Il mio sistema prevede buoni allenatori, buoni colleghi di lavoro, buona pianificazione ed organizzazione, gli sponsor giusti. Tutto questo sistema sostiene il mio allenamento. Inoltre bisogna avere fede, credere in quello che si sta facendo”. Sembrano davvero ottimi spunti anche per chi corre da amatore.
5.Allenamenti adeguati e bilanciati. “Impegnarsi negli allenamenti, ma terminare ogni sessione avendo l’energia sufficiente per continuare a sorridere. Dopo ogni allenamento fare tutta la mia parte per un recupero veloce che mi permetta di allenarmi il giorno seguente. La vera differenza sta in ciò che si fa dietro la scena”. Imparare a correre significa anche polarizzare gli allenamenti: saper andare piano e saper spingere con dosi opportune. Il rischio è di correre sempre dei ‘medi’ che si fanno poi sentire sia a livello aerobico che muscolare facendo accumulare fatica e stress, sovente fonti di infortuni.
Maratona di Budapest: Ramakongoana dal Lesotho alla ribalta mondiale
27 agosto -. La vera notizia della maratona mondiale di Budapest 2023 (ce lo concederanno i medagliati) è il quarto posto di Tebello Ramakongoana, atleta del Lesotho. 2h09’57’’ il suo tempo al traguardo che equivale al record personale, a 1’04’’ dal vincitore, l’ugandese Victor Kiplangat e a 38’’ dal bronzo dell’etiope Leul Gebresilase.
La piccola nazione circondata interamente dal Sudafrica non ha una grande tradizione nell’atletica e, a dire la verità, nemmeno in altri sport. Siamo una zona montuosa dell’Africa meridionale lontana dalle grandi direttrici commerciali e turistiche e con condizioni economiche piuttosto distanti dalla vicina nazione arcobaleno. La terra dei Basutu (il nome originario era proprio Basutoland) è molto cara ai Missionari Oblati di Maria Immacolata che due secoli fa l’hanno percorsa in lungo e in largo. Una decina di anni fa sono stato a Maseru, la capitale, per visitare la tomba del beato Joseph Gerard, missionario Oblato di origine francese molto conosciuto e amato.
Tebello Ramakongoana è nato il 1° ottobre 1996, ha dunque 26 anni. Il 2023 è senz’altro il suo anno d’oro. Il 3 giugno ha infatti stabilito il suo personale (nonché record nazionale) sulla Mezza Maratona in 1h00’35’’. I suoi tempi sulle distanze minori non sono stratosferici, ma dicono la consistenza dell’atleta: 28’45’’ sui 10km, 14’14’’ sui 5000metri.
Nato nel villaggio di Qacha’s Nek, Tebello ha cominciato a correre nel 2011. Si mise in evidenza partecipando ad un 5000 ai campionati studenteschi. Il tempo ottenuto in quella gara rimase imbattuto per molti anni. Ha corso la sua prima maratona a 18 anni mostrandosi subito come una valida promessa. Solo nel 2021 ha debuttato in una maratona di livello internazionale ottenendo il tempo di 2h10’24’’ (Cape May Marathon). E’ sposato ed ha un figlio.
E’ allenato da James McKirdy. “Tebello non è interessato ai record personali - dice il coach - Il suo scopo è vincere le gare. La cultura è molto diversa da quella che abbiamo noi negli Stati Uniti. Il suo obiettivo è avere un’ottima forma per vincere gli eventi piuttosto che rincorrere i record personali”.
L’edizione di quest’anno della maratona di Durban in Sudafrica che si è svolta il 13 marzo, è stata la sua gara test. “Da metà dicembre a marzo Tebello ha lavorato molto sul ritmo maratona - dice coach McKirdy - Ha fatto tantissimi chilometri a ritmo maratona. Abbiamo inserito anche dei lavori più esplosivi, ma il focus era sviluppare l’abilità di mantenere la velocità per l’intera distanza. Il meteo a Durban è stato una sfida. Il giorno della maratona c’erano infatti 24 gradi ed un vento che sul lungomare soffiava a 35km/h. Tebello ha chiuso quella maratona con il tempo di 2h10’10’’, record personale”.
Quanto detto spiega la bandiera del Lesotho che l’atleta ha portato con orgoglio al traguardo. Un quarto posto che equivale ad una vittoria. E ora l’obiettivo è correre in 2h08’10’’, il minimo che gli è richiesto dalla Federazione per partecipare alla maratona olimpica di Parigi 2024.
Don Torresani, neo campione italiano, e le croci sulle vette
Fresco Campione italiano di Corsa in montagna, don Franco Torresani è stato interpellato dal Corriere del Trentino sulla decisione per ora non ufficiale del Club Alpino Italiano (CAI) di abolire il posizionamento delle croci in vetta.
Domenica 25 giugno Franco si è laureato campione italiano (ennesimo titolo per un’atleta senza età) a Gagliano del Capo (Lecce) dove era in programma il Campionato Italiano di Mountain e Trail Running Cadetti e Cadette per regioni e Master individuale e per società.
Un’attenta condotta di gara lo ha portato al titolo 2023 (gara conclusa in 37’07’’) nonostante qualche problema fisico accusato negli ultimi mesi. “Un percorso nervoso con parecchi saliscendi. - dice il prete trentino a PodistiNet. Siamo arrivati con un gruppetto ai piedi della rampa finale ed è lì che ho potuto fare la differenza”.
Giornata afosa sulle asperità dell’Aspro salentino che ha messo a dura prova gli atleti. Franco ha contribuito alla vittoria a squadre dell’Atletica Paratico, la società per cui è tesserato, che si è aggiudicata il titolo a squadre sia femminile che maschile.
Dicevamo delle croci. La questione era sorta dopo le dichiarazioni del direttore editoriale e responsabile delle attività culturali del CAI, Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro. Ma il CAI ha precisato, con le parole del presidente generale, Antonio Montani, che si è trattato di un equivoco: “Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco ad immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce. Il CAI guarda con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato ed eventualmente, in caso di necessità, si occupa della loro manutenzione (ripulendole dagli adesivi, restaurandole in caso di bruschi crolli). Questo perché, è giusto evidenziarlo una volta di più, rimuoverle sarebbe come cancellare una traccia del nostro cammino; un’impronta a cui guardare per abitare il presente con maggior consapevolezza".
Sulla questione era intervenuta anche la ministra del turismo Daniela Santanché dicendosi “basita della decisione del CAI di togliere le croci dalle vette delle montagne senza aver comunicato nulla al Ministero. Non avrei mai accettato una simile decisione che va contro i nostri principi, la nostra cultura, l’identità del territorio, il suo rispetto".
Anche le parole di don Franco Torresani sottolineano che le croci “hanno sempre fatto parte della nostra realtà di montagna”. “Condivido la valutazione del CAI (che non sembra favorevole a nuove croci sulle vette, ndr) - dice don Franco - in merito soprattutto a sobrietà, manutenzione delle croci esistenti, cura del paesaggio. Ma non condivido quella sorta di posizione ideologica a oltranza per cui, in nome della cosiddetta ‘laicità’, si vorrebbe, un passo alla volta, far scomparire dalla nostra millenaria cultura cristiana tutti i simboli religiosi”. Don Franco tra l’altro è tesserato CAI e al suo Club invia un messaggio chiaro: “Anche il CAI dovrebbe sapere che pure sulle maestose cime dell’Himalaya sono posizionati significativi simboli religiosi, che richiamano un messaggio di valore universale, come quello di Buddha. Anche la croce è un simbolo di valore universale”. “La croce ricorda agli uomini di oggi il grande valore della pace. E la montagna deve portare a costruire persone di pace”, conclude don Torresani.
Un discorso antico quello della croce ritenuta “simbolo divisivo” che ritorna ciclicamente. La croce come “portafortuna” viene invece accettata quando ci si segna prima di una prova impegnativa oppure si colloca la croce su collane, bracciali e orecchini!
Il tempo passa: accettarsi e correre comunque nella gioia
Lettera ad un amico podista master sul valore della corsa per la nostra vita. Per liberarsi da una “trappola mentale” che spesso condiziona: l’immagine di sé stessi.
Caro amico amatore “master”,
il tempo passa e la nostra passione per la corsa resta intatta, ma a volte subisce il rischio di essere intaccata dai …virus. Uno di cui vorrei parlarti è il confronto con il “me stesso” del passato, con l’immagine che ci siamo creati di noi e che pensiamo sia quella che hanno anche gli altri colleghi corridori.
Smascherare questo virus ci è utile per ritrovare la forza e la gioia della corsa a piedi.
Voglio cominciare subito da un dato sul quale forse non sarai d’accordo. La conoscenza del mondo dei master e l’esperienza sul campo dice che il miglior tempo cronometrico sulle distanze lunghe lo si ottiene ai primi tentativi. In maratona direi che si può raggiungere il record personale tra la terza e la sesta maratona; sulla mezza probabilmente tra l’ottavo e il dodicesimo tentativo. Altra cosa sono le distanze più brevi dove possono esserci molte più variabili. In altre parole molti corridori (anche top runner) hanno ottenuto il proprio PB in uno dei primi tentativi sulla distanza. Il tempo di prendere le misure e di fare i conti con le proprie possibilità, di impostare allenamenti e alimentazione ed arriva il record personale sulla distanza, giusto coronamento di tanti sacrifici.
La domanda è: “possiamo sempre correre una gara con l’intenzione di fare il nostro record personale e con la conseguente frustrazione di non ottenerlo?”. Tra i quarantacinque e i cinquantacinque anni c’è un calo fisico sostanzioso in termini muscolari. Gli allenamenti di sempre non ci danno più i risultati soliti, e anche se li aumentassimo non otterremmo grandi benefici. Diminuisce la massa muscolare, i tempi di recupero si allungano, aumentano gli acciacchi. Alimentazione corretta ed esercizi di forza aiutano senz’altro a mantenere la forma, ma non ci possono togliere gli anni che passano inesorabili.
E’ utile accettare serenamente il tempo che passa. E’ utile staccarsi dall’immagine che abbiamo di noi stessi e dalla “reputazione sportiva” che dobbiamo difendere e mantenere a tutti costi. Non dobbiamo, in altre parole, dimostrare niente a nessuno. Ho un amico che non si è presentato alla partenza di una bella 10km cittadina, perché riteneva di non essere in forma e di non avere “nelle gambe” il tempo per andare sul podio di categoria. Scorrendo la classifica di quella gara, dopo l’arrivo, si è morso le dita: ha scoperto, infatti, che sarebbe tranquillamente arrivato primo di categoria!
Un altro amico, davvero forte, ha cominciato ad avere infortuni: uno dietro l’altro. Non è riuscito a gestirli a livello mentale (oltre che fisico evidentemente), ma soprattutto ad accettarli. Non ha capito che è necessario correre più lentamente per evitare quelle ripetute circostanze che arrivano con una certa puntualità. Che è opportuno ridimensionare i traguardi sportivi il che non significa accontentarsi, ma continuare a dare sempre il meglio di sé.
Aspettare che tutto sia perfettamente a puntino prima di mettere un pettorale e correre una gara significa correre in una o due manifestazioni all’anno… Il tempo corre e tu continui ad inseguire una chimera! Iscriviti ad una gara per la gioia di correre, di incontrare amici, di passare una bella domenica. Cosa importa se hai avuto contrattempi, se non hai non hai fatto alla lettera tutta la tabella degli allenamenti previsti?
Penso che nella corsa, come in altri ambiti della vita, può essere utile reinventarsi. Non c’è un solo modo per vivere, ma molteplici, non c’è un solo modo di eseguire un lavoro, né di interpretare la corsa a piedi. Questa presenta molte sfaccettature e infinite possibilità. Si possono affrontare gare in montagna dopo aver corso per una vita su strada, si può iniziare a praticare il triathlon, si può accedere ai corsi di formazione per diventare allenatori o giudici di gara, si può scrivere sulla corsa, si può affiancare un figlio o un amico e introdurlo alla corsa condividendo la nostra grande esperienza… Sono proprio tante le possibilità. Se la nostra mente si ‘restringe’ sui ricordi gloriosi o sugli infortuni, noi possiamo provare ad ‘aprirla’.
La corsa è bella solo se realizzo record e vado sul podio? Posso migliorare i miei tempi all’infinito? Posso tirare continuamente la corda? Certo che no! Bisogna forse arrendersi e trovare nuove forme per vivere lo sport che ci appassiona da tanti anni e non toglierci (con le nostre stesse mani) i benefici (enormi) che la corsa a piedi porta nella nostra vita. Il valore della corsa è molto di più di un podio e di un cronometro! Molto di più di un’immagine di noi stessi dalla quale non riusciamo ad affrancarci.
Ad una recente “6 ore” ho corso una decina di chilometri con un atleta molto forte. Ha partecipato a maratone in tutta Europa, a gare estreme, ha corso lunghe distanze… Il suo nome è ben conosciuto nell’ambito degli amatori. Era entrato in una sorta di spirale che prevedeva tabelle massacranti, gare su gare, competizione esasperata con gli altri e con se stesso. Un paio di volte si è ritirato a metà gara perché il suo tempo non era all’altezza della sua fama. Gli infortuni sono arrivati e si sono cronicizzati… Ha lavorato parecchio sulla sua mente. Ha accettato ad esempio di alternare la corsa alla camminata veloce, di diminuire il numero delle gare, di smarcarsi dai ricordi belli (ma condizionanti) del passato. Gli ho fatto i complimenti! Vederlo a quella “6 ore” è stata una vittoria forse più importante dei suoi numerosi podi del passato. Quel giorno ha corso con saggezza e impegno e a al termine ha portato a casa 50 chilometri!
Il tempo scorre e noi non possiamo diventare schiavi, ma dobbiamo essere sempre più liberi.
Ti auguro il meglio, caro amico master, sia da un punto di vista sportivo che umano.
Pasquale
Buona Pasqua con la San Francesco Marathon
Conferenza stampa ufficiale di presentazione della Maratona di San Francesco che si correrà domenica 5 novembre. Nella cornice di Palazzo Murena a Perugia, martedì scorso, 4 aprile, è stata presentata la maratona alla presenza degli organizzatori, delle istituzioni religiose, civili e sportive e di numerosi partner dell’evento. A moderare l’incontro i giornalisti Marina Rosati e Andrea Luccioli. Presente anche la madrina della gara, la cantante e atleta Annalisa Minetti.
La maratona toccherà i comunità di Assisi, Spello e Cannara, luoghi legati al Poverello della Città Serafica. Il 2023 coincide con il primo dei cinque centenari che dal 2023 al 2026 scandiranno il cammino della famiglia francescana.
https://podisti.net/index.php/notizie/item/9055-maratona-di-assisi-2023-c-e-la-data.html
“I Bless You Life” (“Ti benedico Vita”) è la frase ispiratrice del progetto che si sviluppa su tre eventi sportivi ai quali stanno lavorando gli organizzatori: Maratona, 10.2K e la camminata ‘Vieni con me’. La frase sottolinea la profonda vita evangelica di San Francesco e la conseguente attenzione al Creato.
Le iscrizioni sono già aperte da metà febbraio:
“Tutto è iniziato qualche anno fa in Terra Santa quando con don Federico Claure abbiamo corso la Maratona di Gerusalemme con indosso una maglietta che recitava la frase ‘I Bless You Life’ - ha spiegato il vice presidente del Comitato promotore «Francesco, Va», Tiziano Severi Pierini -. La reazione delle persone a quella scritta è stata incredibile: ci siamo accorti di come quel messaggio potesse far cadere muri e barriere. Da qui l’idea della maratona di San Francesco che abbiamo proposto al vescovo Domenico Sorrentino”.
“La maratona è una metafora della vita, è fatta di sacrificio, dolore ma anche di tanta gioia. Anche per questo lo sport ci aiuta a decifrare il senso delle cose che viviamo - ha sottolineato il presidente del comitato «Francesco, Va», don Federico Claure -. A tutto questo, pensando alla San Francesco Marathon, abbiamo voluto aggiungere il desiderio di condividere la bellezza del Creato, di Assisi. Una terra bellissima capace di dare tanto al cuore delle persone e con questo evento noi vorremmo che tutti quelli che arriveranno ad Assisi possano poi riportare a casa un po’ di questa bellezza e di questa gioia”.
“Questa maratona ha un valore aggiunto: San Francesco. E questo è ancora più importante al giorno d’oggi. Viviamo tempi in cui la cultura è sbriciolata, la società è sbriciolata, non c’è unità né armonia. Così, in questo tempo di grande frammentazione, il tema ‘Francesco va e ripara la mia casa’, che il Santo ricevette durante la preghiera davanti al Crocifisso di San Damiano, è di grande attualità - ha sottolineato il vescovo delle diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino-Foligno, monsignor Domenico Sorrentino -. La maratona è un evento che consente l’incontro, un incoraggiamento a cercare quell’unità di cui tutti abbiamo bisogno. Ad Assisi abbiamo recuperato l’ingresso del vecchio Vescovado che ora è una porta aperta, l’abbiamo chiamata Porta di Francesco perché da lì San Francesco entrò ricchissimo e ne uscì povero ma soprattutto libero e pronto a riscoprire quell’umanità in cui tutti i figli di Dio sono uniti e vicini”.
Il rettore dell’Università degli Studi di Perugia, Maurizio Oliviero, ha sottolineato come “in questo luogo, l’Università, non dobbiamo solo custodire il sapere, ma costruire il modo in cui vivere il presente. Le Università sono luoghi importanti dove si rimuovono le disuguaglianze. Il percorso universitario dei ragazzi è come una maratona e se è vero che correre è bello, dobbiamo ricordarci che tra gli sport è solo la maratona che ti dà tempo di guardarti intorno, capire chi hai vicino, pensare al percorso, imparare ad affrontare la fatica. L’Università come la maratona richiede impegno e un giusto spirito di solidarietà, perché ci sono tante persone che provano a fare la strada insieme”.
Il vice sindaco di Assisi, Valter Stoppini, ha ricordato come l’amministrazione comunale sia “davvero felice di collaborare alla realizzazione di un evento così importante: non c’era mai stato ad Assisi un appuntamento di questa portata. La città merita un evento di livello internazionale come la San Francesco Marathon. Anche per me la maratona è come la vita, fatta di momenti belli e brutti, ma la fatica è sempre ripagata dalla felicità del traguardo”.
Il direttore generale della San Francesco Marathon 2023, Gian Luca Mazzocchio, ha sottolineato come l’evento abbia già ricevuto un riscontro positivo grazie anche “agli stand che abbiamo organizzato durante la Maratona di Roma e quella di Milano, dove sono venute a trovarci tantissime persone. Gli iscritti sono già tantissimi e mi preme ricordare che sono già arrivate tante richieste di partecipazione anche da paesi stranieri come Danimarca e Portogallo. Infine vorrei dire a tutti quelli che ce lo chiedono, che no, non è una maratona difficile! Il percorso ha addirittura un dislivello negativo!”.
La madrina della maratona del 5 novembre sarà la cantante, presentatrice e grande sportiva Annalisa Minetti che, durante la conferenza stampa, ha evidenziato come “questo progetto mi ha fatto capire ancora di più quanto questo territorio sia magico. Ti benedico vita: io lo faccio tutti i giorni e voglio ricordare a tutti l’importanza dello sport come mezzo riabilitativo. Non avere la vista mi ha dato la possibilità di andare oltre e interpretare la vita in un modo più giusto: se non posso vedere la luce, ho capito di poter diventare io luce. La vita è fatta di volontà e di impegno e in questo lo sport ha un grande potere educativo. Anche per questo ci sarò!”.
La San Francesco Marathon 2023 ha avuto una prova generale con la gara sulla distanza dei 10.2K dello scorso 6 novembre da Assisi a Santa Maria degli Angeli. Il percorso della maratona del prossimo novembre è stato pensato per mettere in contatto gli atleti con la bellezza dell’Umbria e per farli immergere in un contesto unico al mondo. L’arrivo della maratona è previsto davanti al “vascone” della Basilica di Santa Maria degli Angeli, di fronte al sagrato.
Attenzione. Molti si ostinano a scrivere che la maratona del 5 novembre è la prima maratona di Assisi. Non è così, come abbiamo avuto modo di scrivere su queste pagine. Si tratta eventualmente della prima di una nuova serie, dopo quelle del 1999 e 2000 che salutarono il vecchio e il nuovo millennio; la prima delle quali, addirittura, in "combinata" con la maratona del Giubileo benedetta il giorno dopo da papa Giovanni Paolo II.
Don Ravaglia corre la maratona nella sua Russi ricordando don Minzoni
Celebrare un centenario nella domenica della Palme correndo una maratona. Don Luca Ravaglia, domenica 2 aprile, sarà al via della maratona del Lamone a Russi (RA), cittadina di cui è parroco. Correrà con un rametto di ulivo in mano per ricordare l’ingresso di Cristo a Gerusalemme nei giorni che precedettero la sua passione.
Ravaglia ha pensato di dedicare la corsa a don Giovanni Minzoni a cento anni dal suo martirio avvenuto il 23 agosto 1923. Minzoni, che aveva chiesto di essere inviato al fronte della Prima Guerra mondiale, nel dopoguerra fu impegnato accanto alla gente della zona di Argenta (FE) rigettando l’ideale fascista. “Fu il suo fascino spirituale, esercitato sulla popolazione, sulle forze del lavoro ed in particolare sui giovani, a provocare l'aggressione, si volle stroncare soprattutto la sua azione educativa diretta a formare la gioventù per prepararla nel contempo ad una solida vita cristiana”, scrisse papa Giovanni Paolo II nel 1983 quando la salma di don Minzoni fu traslata dal cimitero monumentale di Ravenna alla chiesa di San Nicolò di Argenta.
La maratona del Lamone, giunta alla 45^ edizione, è la seconda maratona più antica d’Italia dopo quella del Mugello. E’ organizzata dal G. S. Lamone della presidente Lucia Sassi, al suo terzo mandato.
“La nostra è una società meravigliosa e completa, abbiamo circa 250 soci e 150 ragazzi che gareggiano”. - dice Lucia. “Da più di quindici anni abbiamo preso il nome Lamone che è il fiume che attraversa Russi. Abbiamo deciso di adottare un nome neutro che non sia collegato a sponsor, il fiume che identifica il nostro territorio e la nostra cittadina. La nostra è una maratona organizzata dal volontariato puro: tutti volontari al cento per cento. Oggi è difficile organizzare una maratona con il volontariato, ma siamo orgogliosi di essere la seconda maratona più antica d’Italia. E’ tutto frutto del nostro lavoro e di una forte collaborazione con l’amministrazione comunale e con tante associazioni del territorio, in un paese come il nostro di 13mila abitanti circa, dove ci si conosce praticamente tutti e ci si aiuta. Puntiamo molto sull’accoglienza delle persone: tanti tornano ogni anno da tutte le parti d’Italia”.
Lucia spiega anche come è stato possibile organizzare la maratona proprio il giorno delle Palme: “La nostra è sempre stata una maratona complessa. Nella mattinata mettevamo tante gare con uno scarto di cinque minuti l’una dall’altra. Quest’anno inizialmente volevamo fare una maratona in due giorni: la corsa dei bambini il sabato in una piazza già allestita per la maratona e la domenica una gara competitiva di 10km e la maratona. Non è stato possibile perché il 2 aprile è la domenica delle Palme. Ringraziamo la parrocchia di Russi e il nostro arciprete don Luca Ravaglia che ha spostato tutte le messe, previste nella chiesa arcipretale di piazza Farini, nell’altra chiesa più piccola. C’è una grande collaborazione tra le associazioni culturali, sportive, di volontariato e della parrocchia. Tutte ci sono venute incontro in questa maniera e noi siamo andati incontro a loro non facendo nessuna gara agonistica il sabato. La processione delle Palme è infatti anticipata al sabato pomeriggio”.
Il 30 ottobre 2022 don Ravaglia aveva fatto l’ingresso nella sua nuova parrocchia di Sant’Apollinare a Russi percorrendo a piedi una ventina di chilometri. Nell’omelia il vescovo Mario Toso aveva sottolineato questo gesto: “Oggi questa comunità di sant’Apollinare riceve il suo nuovo parroco nella persona di don Luca Ravaglia, proveniente dalla parrocchia di san Savino in Faenza. Vi è giunto a piedi, marciando a grandi passi. Un modo originale che ha certamente un suo significato non banale”. Ne avevamo parlato su podistiNet
Dessì vince la “Coppa degli ultimi” alla maratona di Roma
19 marzo - Un’idea originale e innovativa: premiare l’ultimo. E’ accaduto alla Maratona di Roma. Romano Dessì, 69 anni, l’atleta transitato in ultima posizione al passaggio della maratona da piazza Pio XII-San Pietro (16° chilometro) ha ricevuto la “Coppa degli ultimi”, che rappresenta una figura umana protesa verso il traguardo, illuminata dai raggi del sole e con le braccia tese al cielo.
Un messaggio di speranza, secondo i promotori, che intende in certo modo “contribuire e rendere visibili gli invisibili”, un simbolo “di perseveranza, tenacia e di eguaglianza con i vincitori primi classificati”. Il progetto è stato possibile per l’interesse di Athetica Vaticana, la società sportiva della Santa Sede nata nel gennaio 2019 e che raggruppa atleti di varie nazioni.
La “Coppa degli ultimi” è stata realizzata dall’artista guatemalteco Erwin Alfredo Bendfeldt Rosada che vive a Roma da qualche anno dopo essersi sottratto alla dittatura del Guatemala. Un storia davvero drammatica la sua. In Guatemala fu oggetto di un attentato e gettato, perché creduto morto, in una fossa comune. Lì lo trovò un sacerdote arrivato sul luogo per benedire i cadaveri. Erwin che vive attualmente a Roma assistito dalla Caritas era presente di persona a consegnare il trofeo assieme alla Banda musicale della Gendarmeria Vaticana che ha accolto il transito del vincitore.
La coppa è stata benedetta da papa Francesco il 15 marzo quando ha incontrato in piazza san Pietro gli organizzatori dell’Acea Run Rome The Marathon. In quell’occasione il Pontefice ha espresso con queste parole un saluto e un augurio: “Avete la maratona, buona maratona a tutti i partecipanti”. Nella stessa occasione Francesco ha ricevuto in dono la maglia ufficiale della maratona con la personalizzazione “Pope Francis”.
Dessì, tesserato con la Podistica Solidarietà, storica società romana, è noto nell’ambiente come marciatore. Per la cronaca, nella classifica finale della maratona 2023 lo rintracciamo con il pettorale 3335 solo fino al km 25 dove è transitato in 4h03’19’’ (non risulta tra gli arrivati alla fine).
Alex, la sua prima maratona nonostante la paralisi
Barcellona, 19 marzo - Alex Roca ce l'ha fatta. Alle 14.25 di quest’oggi è diventato la prima persona al mondo con paralisi cerebrale e con il 76% di invalidità a concludere una maratona. “Non riesco a descrivere il significato di questa maratona per me. Ho sognato a lungo questo giorno", sono state le sue prime parole dopo aver tagliato il traguardo. Ha realizzato l'impresa nell'edizione 2023 della maratona di Barcellona, la sua città.
Il suo tempo finale è 5h50'51' (posizione 10.754 su 10.863 arrivati), per questo atleta di 32 anni, davvero unico.
Qualche giorno fa abbiamo raccontato la sua storia su queste pagine: https://www.podisti.net/index.php/notizie/item/9892-alex-roca-tenta-l-impossibile-alla-maratona-di-barcellona.html
Un esempio di coraggio e forza, la capacità di collaborare con la sua squadra, la voglia di stupire se stesso prima ancora che il mondo, sono alcuni degli ingredienti di questa impresa. Alex, pettorale 1005, è transitato alla mezza maratona in 2h48'30'' ed è andato regolare fino al chilometro 40 quando ha accusato un calo con un conseguente rallentamento. Il suo piede torto, operato più volte ai tendini, ha retto bene lo sforzo di quasi sei ore di corsa. Indovinata è stata anche la strategia alimentare studiata a lungo nelle settimane che hanno preceduto la gara, e basata su piccole quantità di liquidi ingeriti regolarmente.
Sul percorso Alex è stato accompagnato da un gruppo di amici e dalla moglie Mari Carmen Maza che lo sostiene in ogni impresa sportiva e gli fa da interprete (Alex comunica con la lingua dei segni). La sua prova è stata trasmessa integralmente su Twitch, Tik Tok e da Mundo Deportivo, uno dei principali quotidiani sportivi spagnoli. Anche Catalunya Radio ha fornito aggiornamenti costanti della prova di Alex. Complessivamente circa 6 mila persone hanno seguito in diretta la maratona di Alex su questi canali.
Il sole è stato luminoso oggi sopra Barcellona.
Papa Bergoglio e la sua maratona: più lunga delle nostre
Il giorno in cui papa Bergoglio cominciava a Roma il suo ministero, dieci anni fa, io correvo la mia prima maratona. Era il 17 marzo 2013 (l’elezione era avvenuta il 13 marzo quando Francesco si era presentato al mondo con le parole: “Fratelli e sorelle. Buonasera”). Mi ero preparato con cura, ero molto emozionato. Ricordo il ritiro del pettorale, la notte insonne, l'incognita di affrontare per la prima volta i 42km e poi l'atmosfera di festa, i sanpietrini dei chilometri finali nel centro storico, l'arrivo al Colosseo, il compleanno di mio fratello…
Quel giorno, per ragioni di sicurezza, non ci fecero transitare da San Pietro e tirammo dritto sul Lungotevere per arrivare alla mezza maratona e poi continuare in direzione nord. Ammetto che sarei passato volentieri da via della Conciliazione per poi lambire il “colonnato di destra” e suggellare la mia prima maratona con un ricordo indelebile, ma non fu possibile... Gli elicotteri erano numerosi, quel giorno, nel cielo di Roma (soprattutto sopra Castel Sant’Angelo), io correvo e pregavo per questo papa “venuto dalla fine del mondo”.
La fatica di una maratona è forse paragonabile all’impegno che papa Francesco ha dovuto affrontare in questi anni non facili. Anzitutto la riforma della Curia vaticana, desiderata dal suo predecessore che però non ebbe energie per realizzarla. Ci voleva un uomo più giovane e forse più libero, aggiungiamo noi. Lo scoppio del problema degli abusi, diffuso nella società ma che fa senz'altro più rumore quando vissuto tra le mura ecclesiastiche. Le critiche feroci arrivate più in ambito ecclesiale che dall'esterno. Queste ultime, un'assoluta novità: non c'era mai stata prima d'ora la licenza per un manifestato dissenso nei confronti di un pontefice. E poi la pandemia da Covid19, la guerra in Ucraina…
Una sintesi del decennio del papa piemontese-latinoamericano che viaggia portando con sé il suo bagaglio a mano, ce la offre il mio amico (ormai irraggiungibile) Antonio Spadaro, gesuita, direttore de La Civiltà Cattolica, alla quale ha dato nuovo impulso in questi anni: "Le tre parole dei 10 anni di Papa Francesco: misericordia (il volto di Dio) fratellanza (il rapporto tra uomini, popoli, creature) sinodalità (la riforma della Chiesa missionaria). Se dovessi sceglierne una [un’altra] direi complessità, che Francesco accoglie cordialmente, senza rigidità". Vorremmo aggiungere anche quel ritornello ormai famoso, perché più volte ripetuto e spiegato, di una “Chiesa in uscita” che va incontro al mondo e all’uomo di oggi e accoglie facendosi strumento di misericordia.
Noi stiamo con il papa sempre (non solo perché siamo stati educati così, ma perché lo riteniamo un valore) che si chiami Wojtyla, Ratzinger o Bergoglio. E' possibile vivere lo stesso servizio con stili e contenuti differenti pur nell'unica ortodossia. Dietro e dentro ogni persona c'è una cultura, un bagaglio formativo, esperienze significative, come anche delusioni e ferite. Auguri papa Francesco! Lunga vita!
[NdR. A quella maratona “neopapale” c’era anche il sottoscritto, che arrivò a Roma debilitato da una settimana di influenza e di antibiotici, ma non potevo deludere Alessio Guidi che mi aveva ‘ingaggiato’. Finii in 4.19, tempo che ormai mi sogno anche da ‘sano’. Ma come dice l’apostolo Paolo, l’importante è non perdere la fede: anche nei valori dello sport. F. Marri]
Alex Roca tenta l’impossibile alla maratona di Barcellona
Di storie sulla corsa e sui corridori ne abbiamo lette a centinaia. Tutte belle e ricche di valore, ma questa che presentiamo è davvero incredibile.
Alex Roca Campillo, atleta spagnolo classe 1991, con il 76% di disabilità fisica, correrà la maratona di Barcellona il prossimo 19 marzo. Una situazione, come si dice con un termine tecnico, di emiplegia, cioè la metà del corpo (quella sinistra) compromessa da una paralisi cerebrale. Quando aveva sei mesi i medici dissero ai genitori di Alex che non sarebbe sopravvissuto e che nel migliore dei casi avrebbe vissuto in uno stato vegetativo a motivo dell’herpes nel cervello che aveva scatenato la situazione. Nel 2019 altri medici statunitensi dichiararono che un sostegno deformato come il suo piede sinistro non avrebbe mai potuto sopportare lo stress di 21km di corsa: si sarebbe semplicemente rotto prima di arrivare al traguardo!
Proprio quell’anno Alex corse la sua prima mezza maratona. Ed il 19 febbraio scorso ha partecipato alla mezza maratona di Barcellona, la sua sesta prova sulla distanza. Ad accompagnarlo moglie, suocera e tanti amici. Oltre che a Barcellona, Alex ha gareggiato sulla 21km anche a New York e Miami, entrambe le gare nel 2022. Il coraggio non manca a questo atleta ‘speciale’, come anche la voglia di allenarsi duramente. Le sue sono vere imprese al limite dell’impossibile. Si è cimentato addirittura nel triathlon, e nel 2018 e 2019 ha corso in Marocco la Titan Desert, gara a tappe in mountain bike.
Alex sarà la prima persona con il 76% di disabilità fisica a fare il tentativo di tagliare il traguardo di una maratona. Il problema della sua prima gara sui 42km non risiede solo nel piede, ma anche nell’alimentazione e nell’idratazione. Alex ha infatti una disfagia, cioè ha difficoltà a deglutire sia solidi che liquidi a motivo della glottide che non funziona correttamente. La strategia sarà abbastanza rigorosa: camminare dei tratti al passo per permettere alle pulsazioni di scendere e così alimentarsi e bere piccole quantità.
“Solo quattro anni fa pensavo che con il mio piede non avrei mai corso una mezza maratona e ad oggi ne ho corse cinque” - aveva detto Alex nella lingua dei segni alla vigilia della mezza maratona del 19 febbraio. “La mia sfida è tentare di terminare la maratona di Barcellona, ma prima voglio correre la mezza maratona per vedere quali possono essere le mie sensazioni e immergermi dentro la mia città”.
Alex svolge anche una grande attività di comunicatore parlando a ragazzi, sportivi e impresari… Propone tematiche motivazionali e affronta con disinvoltura (ovviamente nella lingua dei segni) argomenti impegnativi come la disabilità, l’inclusione, il limite come possibilità, la fiducia in sé stessi, la gestione delle frustrazioni, i pregiudizi, l’umiltà. “Non mi piace la parola disabilità - dice spesso. - Siamo semplicemente persone con diverse capacità e desideriamo essere trattati come tutti”. Dal mese di novembre 2021 è ambasciatore della Fondazione FC Barcellona, una delle squadre di calcio più prestigiose al mondo.
Ai giornalisti sportivi che imparano il mestiere si raccomanda spesso di non esprimere, negli articoli, passione ed entusiasmo per una squadra o un’atleta. Noi in questo caso decidiamo di non rispettare la regola. Forza Alex: anche dall’Italia facciamo un gran tifo per te!
Bologna Marathon promossa, percorso da migliorare
5 marzo - "Il Signore è con me, non ho timore". Mentre prego domenica mattina a Bologna, mi soffermo su queste parole del Salmo 117. Mi trovo dentro Palazzo D’Accursio, mancano pochi minuti alla partenza della Bologna Marathon. Mi sto preparando per correre la mia maratona numero 19 e, come faccio di solito, mi raccolgo per qualche momento di preghiera.
Decido che correrò per la pace in Ucraina, per la situazione socio-politica in Italia nel periodo post Covid, per i morti di Steccato di Cutro.
I podisti sistemano le loro borse, piazza Maggiore è vestita a festa per questa bella occasione, la giornata è molto bella anche da un punto di vista meteorologico: 7 gradi la temperatura alle ore 9. Sul bus che ci ha portato verso la partenza faccio due chiacchiere con un podista salentino, lui è alla maratona numero 53. Il giorno della vigilia, al PalaDozza, c’era stato il piacevole incontro con il direttore Fabio Marri e con Maurizio Lorenzini, che ci ha presentato Loris Mandelli, poi terzo assoluto al traguardo della maratona in 2h30'17''.
Sono alcune delle emozioni di questa mia maratona molto sentita perché arrivavo da un anno difficile da un punto di vista atletico (chiusa in 4.34:02, Ndr).
E vorrei aggiungerne un'altra, collegata al mio pettorale: numero 1800, con dicitura 'Preti sempre di corsa'. Avevo chiesto all'organizzazione la personalizzazione con il nome del gruppo, fondato circa quattro anni fa, che vede insieme sacerdoti podisti italiani e internazionali. Una presenza silenziosa nel mondo dell’atletica. Il libro Preti (sempre) di corsa ed il relativo sito Internet (pretisempredicorsa.it) in questi anni hanno avuto una buona diffusione facendo conoscere l'impegno religioso e sportivo di questi preti che inseriscono la corsa a piedi nel loro programma settimanale fatto di celebrazioni, catechesi, ascolto…
L'organizzazione ha lavorato bene: informazioni chiare, ogni particolare curato, tutto ben collocato, dalla postazione per lasciare il proprio bagaglio alla raccolta benefica delle felpe lasciate prima della partenza. A fine gara, ristoro e massaggi per tutti.
Nel fine settimana cadeva l'ottantesimo compleanno di Lucio Dalla ricordato da Gianni Morandi nella conferenza stampa di presentazione della Bologna Marathon, e dalla medaglia ricordo. Sul percorso gruppi musicali e solisti hanno eseguito i pezzi più famosi dell'artista bolognese.
Credo che questa maratona potrà migliorare ancora negli anni futuri. A cominciare dal tracciato piuttosto nervoso con strani attraversamenti, cambi di direzione e curve a gomito. Un percorso meno sinuoso, più “filante”, come si dice in gergo, potrebbe risultare gradito sia ai top runners che agli amatori.
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