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Come promesso nel nostro articolo di venerdì scorso ecco la lista dei compensi che la FIDAL verserà ai suoi collaboratori esterni nell'anno in corso. Si tratta d'importi lordi, comprensivi delle imposte. Una breve descrizione illustra a fronte di quali servizi. Eravamo curiosi di conoscere cifre e nomi, ma ora, lista alla mano, sinceramente non ci sentiamo in grado di fare commenti. Nella maggioranza dei casi, con gli elementi a nostra disposizione, è molto difficile, se non impossibile, capire quante ore lavorative siano necessarie per questi incarichi/missioni. Ci domandiamo anche se per tali consegne non fosse sufficiente impiegare il personale già assunto. Confessiamo che anche questo dato ci manca. Quindi sospendiamo il giudizio, ma apriamo il dibattito con i lettori, specialmente con chi disponesse di altri elementi utili al dibattito.

Di certo sappiamo che a fronte di queste spese, la Federazione ha tagliato dei rimborsi agli atleti "meno performanti" come descritto nel nostro summenzionato articolo.  

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Come Vi anticipavamo su queste colonne mercoledì scorso, è stato definito l’elenco degli atleti che sono stati designati a far parte dell’Atletica Élite Club (AEC), in sostanza la nazionale italiana. Saranno in 37 atleti (24 uomini e 13 donne), ma sono stati predefiniti fino a ulteriori 8 nuovi ingressi, per completare i gruppi delle staffette 4x100 maschile e per le due 4x400.

La nota pubblicata ieri sera dalla FIDAL, aggiunge questa novità:”...come da richiesta del nuovo Direttore Tecnico Antonio La Torre, è stato identificato all’interno di questi numeri il gruppo “Top”, che sarà composto da 11 atleti: Antonella Palmisano, Alessia Trost, Elena Vallortigara, Sara Dossena, Filippo Tortu, Eseosa Desalu, Yeman Crippa, Daniele Meucci, Gianmarco Tamberi, Massimo Stano. A loro potrà aggiungersi anche la marciatrice Eleonora Giorgi, se accetterà un programma per affrontare la 50km di marcia (in caso contrario, resterà nell’elenco AEC, ma non farà parte di quello Top)…”

Passando anche alle note dolenti, si menzionano:”…18 gli azzurri che, classificati come AEC nel 2018, non faranno parte dell’elenco nei prossimi 12 mesi, mentre ad altri 11 di loro verrà decurtata del 50% l’indennità di preparazione. Nove sono invece i nuovi ingressi, uno dei quali (quello dell’ostacolista dei 400 Mario Lambrughi) sarà da verificare al 31 dicembre, vista la collocazione dell’azzurro al 24esimo posto delle liste mondiali (l’ultimo utile in virtù del regolamento AEC)”.

Dando un’occhiata alle liste complete che potete leggere anche Voi cliccando qui e limitandoci alla corsa di fondo e mezzofondo, tra i 37 confermati troviamo i due siepisti Chiappinelli e Zoghlami. Nei nuovi ingressi vediamo la meritatissima inclusione di Sara Dossena e della coppia Rachik, Ghebrehiwet Faniel. Un po’ a sorpresa viene data una chance anche a Federica del Buono e Veronica Inglese che sono ai box da tempo. Più in generale, tra promossi e bocciati, sorprende la conferma dei due triplisti Donato e Greco, non più giovanissimi ed a secco di risultati da tempo, mentre la grande esclusa è senza dubbio Libania Grenot che paga il conto della controprestazione individuale e in staffetta agli ultimi europei. Al contrario tra i nuovi entrati annotiamo con piacere Daisy Osakue, la discobola vittima di un aggressione pochi giorni prima della rassegna continentale, dove è riuscita ad entrare in finale e poi tra le prime otto.

Ci sarebbe anche da trattare anche l'argomento dei compensi di tutti i collaboratori federali, pubblicato in questi giorni, ma ne parleremo in una prossima puntata.

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Mercoledì, 03 Ottobre 2018 14:29

La FIDAL taglia gli stipendi a molti nazionali!

Ragazzi, non ci capiamo più niente: dopo i risultati degli Europei a Berlino, un deludente 16° posto nella classifica a squadre, dopo quasi uno zero al quoto alle precedenti edizioni di olimpiadi e mondiali, ci eravamo permessi di chiedere le dimissioni di Giomi e di molte persone dello suo staff. Al contrario, l’ineffabile presidente aveva spiegato a tutti che non avevamo capito nulla, che i risultati era stati buoni. Insomma: “tutto va ben, madama la marchesa” per evocare l’ironica canzonetta dove invece l’amata cavallina della nobildonna era morta, le stalle si erano incendiate, un’ala del castello crollata ed il marchese si era suicidato… Un disastro.

Ma finalmente qualcuno pagherà! Da dove si parte? Di solito nelle società che vanno male la prima testa a saltare è quella dell’amministratore delegato. A seguire i dirigenti più importanti. Qui invece a pagare saranno gli atleti. Grazie ad un pezzo firmato da Marco Bonarrigo a Gaia Piccardi, apparso oggi sulle colonne del Corriere della Sera, scopriamo che a 17 azzurri dell’Athletic Elite Club verrà cancellato l’assegno di studio, ad altri 14 dimezzato, mentre a meno di una decina sarà mantenuto. Per i militari resterà il paracadute dello stipendio percepito dalle rispettive armi di appartenenza. In pratica per altri significherà l’estromissione dalla nazionale. Dalle purghe si salveranno in pochi. Tra i nomi che trapelano quelli della medagliata Palmisano (e ci mancherebbe, verrebbe da dire), il saltatore Tamberi, il recordman Tortu e Fausto Desalu.

A spiegare le ragioni è stato il nuovo CT Antonio La Torre. Per quello uscente, Elio Locatelli, lo spostamento a Direttore della Performance. Non chiedeteci di cosa si tratti con esattezza e nemmeno se sia una promozione. Siamo ignoranti in materia. Di certo lui non è stato mandato via come molti azzurri. In attesa di verificare un rientro in federazione del dimissionario Stefano Baldini, a cui La Torre vorrebbe affidare il settore fondo, restiamo in paziente attesa della lista dei collaboratori fiduciari e specialmente dei loro stipendi, come promesso recentemente da Giomi.

 

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13 Settembre - E’ apparsa stamani sul sito della RomaOstia Half Marathon la lettera aperta che Luciano Duchi scrive ad Alfio Giomi, presidente della Federazione Italiana di Atletica Leggera, contestando il trattamento riservato alla “mezza maratona italiana più qualificata da un punto di vista tecnico e tradizionalmente più partecipata”, che vede da quattro anni la concomitanza con la festa del Cross, mentre la stessa Federazione è direttamente impegnata nell’organizzazione della Rome Half Marathon – Via Pacis”…

Una lettera da leggere con attenzione. Eccola, riportata interamente:

Roma 11 Settembre 2018 

Caro Alfio,                          

sono il tuo ben cognito Luciano Duchi, dal lontano 1974 presidente e organizzatore della mezza maratona Roma Ostia. La gara, come ben sai, è da tempo immemore percepita erga omnes come la mezza più famosa d’Italia ed è qualificata dalla Federazione Internazionale da ormai 6 anni con la prestigiosa etichetta “Gold Label”. In particolare, in questi ultimi due anni, unica gara di corsa su strada italiana a potersi fregiare di questa etichetta.

Si tratta indubbiamente della mezza maratona italiana più qualificata da un punto di vista tecnico e tradizionalmente più partecipata, come testimoniato dal numero dei classificati, parametro che la rende seconda in assoluto nel panorama italiano, maratone comprese.

Una manifestazione che sarebbe a tutti gli effetti, scusa il condizionale, il fiore all’occhiello di qualsiasi altra Federazione, per la sua storia, il suo albo d’oro, la sua valenza internazionale e, non ultimo, per il credito di cui gode all’estero. Un prestigio appunto, parametro che nel mondo anglo-sassone, in particolare in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, gioca un ruolo fondamentale, confermato dal fatto che due dei loro migliori corridori di lunga lena di sempre – il britannico Steve Jones (ex primatista mondiale di maratona e plurivincitore delle maratone di New York, Londra e Chicago) e lo statunitense Galen Rupp, orgoglio d’America, vincitore della Roma-Ostia lo scorso anno (vice campione olimpico sui diecimila in pista a Londra 2012, bronzo nella maratona olimpica di Rio e recente vincitore delle maratone di Chicago e Praga) – figurano entrambi nell’albo d’oro della gara.

Per queste e numerose altre considerazioni, qualsiasi federazione avrebbe avuto degli ottimi motivi per tutelare gli aspetti promozionali e principalmente tecnici della Roma-Ostia, agevolando la partecipazione dei migliori atleti italiani alla gara, in passato più volte scelta come banco di prova per le selezioni aventi come obiettivo la maglia azzurra.

Come viene espressa questa tutela tecnica dalla attuale Federazione di Atletica? Programmando da quattro anni la FESTA DEL CROSS, cioè i CAMPIONATI ITALIANI INDIVIDUALI e di SOCIETA’ A STAFFETTA ASSOLUTI E MASTER, nello stesso giorno della Roma-Ostia. Questo malgrado le riunioni avute, anche conviviali e a seguito di lettere di protesta, nostre e di tanti partecipanti che non possono prendere parte alla nostra gara perché convocati dalla propria società o perché atleti di valore assoluto.

In particolare ti voglio ricordare che in occasione del festeggiamento del mio tardo settantanovesimo genetliaco, quando ho presentato il mio libro “Meraviglioso o……”, nel tuo affettuoso discorso hai fatto ammenda delle pluriennali concomitanze e della tua assenza alle presentazioni della Roma-Ostia, promettendo che tali circostanze non si sarebbero ripetute. Questo di fronte ad una platea di un centinaio di persone (tra le quali numerosi “addetti ai lavori”). Ed ora vengo ad apprendere soltanto dal web che la promessa non è stata mantenuta. Senza che, da uomo a uomo, oltre che da Presidente della Federazione a Presidente del Comitato Organizzatore, sentissi la necessità di comunicarmelo direttamente.

La Fidal da parte sua concentra le sue forze e la sua attenzione nell’organizzazione della “Rome Half Marathon – Via Pacis” che viene pubblicizzata dalla Federazione in maniera imponente, che impegna direttamente tante forze federali, civili e militari, diventando la vera alternativa alla Roma-Ostia, che noi poveri organizzatori abbiamo da 45 anni considerato come la vera “Rome half Marathon”.

Quindi caro Giomi, saremmo nostro malgrado in competizione con distinti e contrapposti interessi, come organizzatori entrambi di una mezza maratona? E di conseguenza, l’inserimento, ancora una volta, del campionato italiano di cross lo stesso giorno della Roma-Ostia, come deve essere interpretato e qualificato?

Fra l’altro, come diciamo da anni, siamo obbligati, da disposizioni federali, a destinare il 25% dell’importante montepremi della gara agli atleti italiani. Ma se i migliori atleti italiani sono invitati dalle società a partecipare agli assoluti di cross, perché dovremmo essere in ogni caso obbligati, come ci è stato confermato lo scorso anno da un vostro solerte dirigente, a mettere a disposizione il montepremi italico?

Credimi caro Giomi, sono molto amareggiato e sto meditando sinceramente di porgere l’altra guancia, come ho fatto sempre nella mia vita. Ma a questa mia “non presa” di posizione si oppongono fermamente il comitato organizzatore, la mia famiglia e gli oltre undicimila partecipanti alla gara. Tu pensi che, dopo il totale impegno nella disciplina sportiva che è stata la ragione principale della mia vita, sia una cosa giusta, che io, e quindi la Roma Ostia, si continui a porgere l’altra guancia?.

Luciano Duchi

Presidente dal 31 Marzo 1974 della Roma – Ostia Rome Half Marathon

 

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Nel primo dopoguerra la ritrovata libertà portò alla creazione di aggregazioni che non potevano sfuggire ai fini politici dell’epoca, per cui il Fronte Popolare creò l’UISP, De Gasperi la Libertas e Almirante la Fiamma. La politica era entrata a piedi uniti nello sport, ci fu l’ENDAS che cercò di riportare lo sport al centro dell’associazionismo, ma con scarsi risultati; anche la Confindustria, preoccupata per la nuova situazione, fondò lo CSAIN nel quale sarebbero dovuti confluire tutti i dopolavoro industriali.

Tutto funzionava regolarmente, l’atletica leggera si svolgeva negli stadi, gli atleti (under 40) erano tesserati solo con la FIDAL e il settore giovanile era gestito in comune con gli EPS.

Poi venne la crisi energetica e dal 2 dicembre 1973, con la prima domenica a traffico bloccato, un gran numero di manifestazioni di corsa su strada si aggiunse alle poche che già c’erano: anche gli over 40 e gli “scarsi” trovarono la loro “casa” nel Podismo, soprattutto negli EPS.

La nuova situazione creò, come logico, una serie di inconvenienti, il CONI fu incaricato di regolamentare la materia e pose alcune condizioni per il riconoscimento degli EPS: Statuto in linea con le regole del CONI, minimo 1000 società affiliate, 100.000 tesserati, presenza in almeno 15 regioni. A fronte di ciò il CONI s’impegnava a dare dei contributi che tenessero conto del numero di società e tesserati e dell’attività svolta.

In considerazione che il Podismo è corsa su strada, lo  affidò alla FIDAL, decisione logica dal punto di vista formale, ma errata dal punto di vista pratico: è come affidare al sovrintendente alla Scala un concerto di Jovanotti in quanto trattasi di “musica”. La soluzione corretta sarebbe stata riconoscere la Federazione Italiana Amatori Sport Podistici (ovviamente pretendendo il rispetto di alcune regole-base).

Un’aggravante fu il ritardo con cui fu presa la decisione, ben 26 anni dopo la nascita del Podismo, durante i quali si era creata una situazione di gestione spontanea in cui accanto alla FIDAL agivano gli Enti più attivi e spregiudicati, e una nebulosa di organizzatori “naif“ difficilmente controllabile.

La FIDAL è nipote del marchese De Coubertin, che nel 1896 s’inventò le Olimpiadi moderne per mettere pace tra le Nazioni: obiettivo drammaticamente fallito (ma questa è un’altra storia), ma intanto nacque il CIO e, in ogni nazione aderente, un Comitato al quale fanno capo tutte le federazioni degli sport olimpici, col compito di applicare il Regolamento Tecnico Internazionale e portare la migliore formazione possibile alle Olimpiadi.

E’ evidente che gli atleti in grado di ben figurare alle Olimpiadi non hanno nulla a che vedere con la massa dei podisti, e la FIDAL all’inizio prese l’incarico con scarsa attenzione, privilegiando la pista e non cercando di capire l’animus del Podismo. Si limitò a ricorrere al TAR del Lazio contro l’attività degli EPS ottenendo nel 2003 una sentenza favorevole:  “il Decreto Legislativo n. 242/99 attribuisce alle Federazioni il controllo della pratica sportiva agonistica, affermando che qualora un Ente di Promozione Sportiva intenda svolgere questa tipologia di attività non può prescindersi dalla affiliazione alle Federazioni Sportive di pertinenza”. Ma senza nessun effetto pratico.

Il CONI, per mettere pace, nel 2008 puntò sulle Convenzioni tra FIDAL ed EPS: ma, come sosteneva Otto von Bismarck e insegna la storia, i trattati sono “chiffons de papier”, pezzi di cartastraccia, se non c’è la volontà di rispettarli.

La FIDAL avrebbe dovuto fin dall’inizio fare chiarezza sul fenomeno e ottenere gli interventi necessari per una gestione esclusiva del podismo; invece all’inizio lo ha snobbato e solo recentemente gli ha dedicato attenzione, più però come fonte di sostentamento che come attività fondamentale con pari dignità (e con maggiore importanza  pratica) a quella che si svolge su pista.

In dieci anni a furia di aggiustamenti siamo arrivati al trionfo del politichese, che trova il suo apice nell’allegato 3 della Convenzione Fidal-Uisp firmata a Roma il 30 maggio 2017 dai rispettivi presidenti Giomi e Manco, dal titolo “Attività Sportiva”.

 3.1 La FIDAL è soggetto riconosciuto dal CONI designato all’organizzazione e al controllo  delle manifestazioni competitive-agonistiche. Sono definite manifestazioni competitive-agonistiche:

  • Le manifestazioni su pista a carattere territoriale, nazionale e internazionale
  • Le manifestazioni non stadia inserite in Calendario Federale, Gold, Silver e Bronze di corsa su strada, cross, montagna, trail e ultratrail
  • Maratona e Mezza Maratona, discipline per le quali la FIDAL è l’unico ente a certificare e omologare il percorso e le prestazioni

L’UISP è un EPS riconosciuto dal CONI e organizza le attività sopraindicate , promozionali, amatoriali e dilettantistiche, seppure con modalità competitive (sic)

Val solo la pena di sottolineare che la Convenzione FIDAL – EPS (qui allegata in fondo) parla di manifestazioni similari, e non può essere altrimenti, considerando l’esclusività della FIDAL nella gestione delle Maratone e Mezze Maratone derivante dal Regolamento Tecnico Internazionale.

La “guerra tra poveri”  FIDAL - EPS ha generato una situazione di anarchia in cui prosperano i “naif”: da una stima approssimativa le cosiddette non competitive, quasi tutte fuori da ogni controllo, sarebbero il doppio delle competitive. Solo per citare un esempio  piemontese, nelle  Province di Novara e VCO si svolge da 43 anni la Gamba d’Oro, un circuito di 54 corse su strada non competitive assolutamente indipendente.

Non è forse ora che FIDAL ed EPS si mettano veramente d’accordo nell’interesse proprio e dei podisti ?

“Lascio pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe a capo in giù, nella mano di un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente (....) e dava loro di fiere scosse, e faceva sbalzare quelle teste spenzolate; le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura”. E’ il mirabile ritratto pennellato dal Manzoni della condizione dei quattro capponi che Renzo portava all’avvocato Azzeccagarbugli a pagamento della sua consulenza. Prima che il podismo affondi sotto i colpi degli Azzeccagarbugli attuali, sarebbe bene che noi ‘capponi’ evitassimo di danneggiarci l’un l’altro.

 

ALLEGATO

Fidal: Modello Convenzione con Eps secondo delibera n. 324 Giunta Nazionale CONI del 27 luglio 2015

(con pochi tagli, e corsivi nostri)

La Federazione Italiana di Atletica Leggera (di seguito: FIDAL), nella persona del Presidente pro tempore, Alfio Giomi, domiciliato per la

carica presso la sede legale della FIDAL suddetta

e

L’Ente di Promozione (di seguito: ___EPS___) con sede in ______ __

Premesso

A)

che il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (di seguito: CONI), autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive, intese come elemento essenziale della formazione fisica e morale

dell'individuo e parte integrante dell'educazione e della cultura nazionale, ai sensi del D.Lgs n° 242/1999 e successive modificazioni ed integrazioni, in presenza dei requisiti previsti nel proprio Statuto, riconosce una

sola Federazione Sportiva Nazionale per ciascuno sport ed una sola Disciplina Sportiva Associata per ciascuno sport che non sia già oggetto di una Federazione Sportiva Nazionale;

 

B)

che il CONI, riconosce Enti di Promozione Sportiva le associazioni, a livello nazionale, che hanno per fine istituzionale la promozione e la organizzazione di attività fisico-sportive con finalità ricreative e formative, e che svolgono le loro funzioni nel rispetto dei principi, delle regole e delle competenze del CONI, delle

Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate ancorché con modalità competitive;

 

C)

che il CONI, anche in collaborazione con le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline Sportive

Associate, cura le attività di formazione e aggiornamento dei quadri tecnici e dirigenziali, nonché le attività di ricerca applicata allo sport. A tale scopo lo SNaQ rappresenta il quadro generale di riferimento proposto dal CONI, tramite la Scuola dello Sport, per il conseguimento delle qualifiche dei tecnici sportivi e per la loro certificazione che pur non rappresentando un obbligo o un vincolo per le organizzazioni a cui si rivolge, rappresenta uno strumento perché esse definiscano percorsi formativi efficaci valorizzando la

formazione permanente.

 

D)

che la FIDAL è associazione senza fini di lucro con personalità giuridica di diritto privato ed è costituita dalle società e dalle associazioni sportive riconosciute ai fini sportivi dal CONI. Svolge l’attività sportiva e le relative attività di promozione, in armonia

con le deliberazioni e gli indirizzi del Comitato Olimpico Internazionale (di seguito: CIO) e del CONI

godendo di autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI medesimo;

 

E)

che la FIDAL:

- è riconosciuta, ai fini sportivi, dal Consiglio Nazionale del CONI ed è affiliata alla IAAF e alla EA;

- è l’unica rappresentante riconosciuta dagli organismi nazionali ed internazionali suddetti per le attività dell’Atletica Leggera;

- persegue come obiettivo primario la diffusione dello sport quale insostituibile elemento di promozione della salute;

- ha sempre attuato ed attua il reclutamento, la formazione, l’aggiornamento e la specializzazione delle figure operanti nei suoi Quadri Tecnici inclusi gli Ufficiali di Gara;

 

F)

che l’___EPS___:

- è riconosciuto, ai fini sportivi, dal Consiglio Nazionale del CONI con deliberazione n. __ […]

 

G)

che l’___EPS___, in accordo al “REGOLAMENTO DEGLI ENTI DI PROMOZIONE SPORTIVA”, approvato dal Consiglio Nazionale del CONI con deliberazione n. 1525 del 28/10/2014, promuove ed

organizza attività sportive multidisciplinari con finalità formative e ricreative, ancorché con modalità competitive, curando anche il reclutamento, la formazione e l’aggiornamento degli operatori preposti alle proprie attività sportive;

 

G bis)

che l’___EPS___,  organizza e cura direttamente lo svolgimento di attività sportive nell’ambito della disciplina oggetto di Convenzione in nº__ regioni;

- organizza almeno n° _ gare/manifestazioni/eventi annui di livello nazionale;

- con riferimento alla stagione sportiva conclusasi il _____, il numero dei tesserati praticanti la

disciplina sportiva /specialità oggetto di Convenzione è stato pari a n° ____;

- con riferimento alla stagione sportiva conclusasi il _____, il numero degli affiliati iscritti al Registro

per la disciplina sportiva /specialità oggetto di Convenzione è stato pari a n° ____;

- cura lo svolgimento di corsi di formazione sul territorio;

- possiede una comprovata ed adeguata struttura operativa a livello nazionale articolata sul territorio

come dettagliatamente riportato nell’allegato sub 1 che fa parte integrante e sostanziale della presente Convenzione;

 

H)

che la FIDAL e ___EPS___ (di seguito: le Parti) condividono:

- il principio che lo sport riveste carattere di fenomeno culturale, di grande rilevanza sociale e che, per le insite implicazioni di carattere educativo, tecnico, sociale e ricreativo, deve essere considerato un vero e proprio valore fondamentale per l’individuo e la collettività con riferimento, in particolare, all’art. 2 della Costituzione;

- la finalità della formazione, della ricerca, della documentazione ed in genere la promozione e la diffusione di tutti i valori morali, culturali e sociali riconducibili alla pratica delle attività motorie e sportive;

- la necessità di nuova visione strategica del sistema sportivo italiano in grado di aumentare la pratica sportiva nel paese, soprattutto tra i giovani, occupando quello spazio attualmente gestito da soggetti terzi che operano fuori dal sistema CONI e che, più frequente in alcune discipline e meno in altre, rappresenta comunque un fenomeno ampiamente diffuso.

 

si conviene e si stipula quanto segue

Articolo. 1 - Norme generali

1.1

Le premesse sono parte integrante della Convenzione. Ciascuna delle due Parti non può delegare all’altra i propri compiti istituzionali derivanti dal riconoscimento ai fini sportivi del CONI. Con la presente

Convenzione le Parti intendono realizzare un vero e proprio “patto associativo per lo sviluppo dell’Atletica Leggera” nell’interesse dei praticanti, dell’associazionismo di base e delle comunità locali.

1.2

Le Parti si impegnano, anche attraverso le rispettive strutture territoriali, a svolgere tutte le iniziative

necessarie:

- per sviluppare con le Istituzioni, gli Enti locali, le Scuole, etc., una comune azione per una più razionale utilizzazione degli impianti sportivi pubblici.

- per la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi

- per favorire la promozione dell'attività sportiva nella Scuola e la piena utilizzazione degli impianti sportivi scolastici.

- per promuovere lo studio, la conoscenza, la divulgazione, la pratica dell'attività sportiva e degli aspetti culturali della disciplina sportiva del Atletica Leggera, attraverso dibattiti, seminari, corsi e manifestazioni.

1.3

Le Parti prendono atto degli accordi preliminari intercorsi tra i propri Organi giudicanti che nel rispetto della normativa vigente hanno concordato un’unica tabella di sanzioni per le violazioni concordate indicate nell’allegato sub 2 che fa parte integrante e sostanziale della presente Convenzione.

1.4

Le parti si impegnano a dare efficacia reciproca ai provvedimenti disciplinari adottati dai rispettivi Organi giudicanti nei confronti dei rispettivi tesserati, assicurandosi una periodica e reciproca informazione sulla materia.

1.5

Le parti s’impegnano, altresì, ad azioni comuni nei confronti di organizzazioni terze che operano nell’ambito

della stessa disciplina.

Articolo 1 bis - Assicurazione e tutela sanitaria

1bis.1

Fermo restando l’applicazione a tutti gli atleti delle norme sull’assicurazione obbligatoria e sulla tutela sanitaria, le Parti s’impegnano ad applicare adeguate ed analoghe tutele assicurative specifiche in funzione delle particolarità delle discipline sportive oggetto della Convenzione fornendo reciproca comunicazione.

 

Articolo. 2 – Attività sportiva

2.1

Fatta comunque salva la facoltà dell’affiliazione e tesseramento sia alla sola FIDAL che al solo EPS senza che ciò comporti penalità di alcun genere o discriminazioni, le modalità di reciproca partecipazione dei rispettivi atleti all’attività sportiva agonistica di prestazione organizzata dalle Parti sarà regolata sostanzialmente mediante il “doppio tesseramento” le cui modalità operative sono dettagliatamente riportate nell’allegato sub 3 che fa parte integrante e sostanziale della presente Convenzione.

2.2

I termini “Campionati Italiani” e “Campione Italiano”- per tutte le categorie - e, riferiti all’attività internazionale, “Squadra Italiana” o “Nazionale” (Atleti Azzurri)”, possono essere utilizzati esclusivamente

dalla FIDAL; l’___EPS___ può utilizzare i termini “Campionati Nazionali ___EPS___” e “Rappresentativa Nazionale dell’___EPS___”

2.3

Le parti si impegnano, altresì, previo accordo del livello territoriale interessato, a fornire reciproca assistenza per l’eventuale utilizzo di giudici di gara in proprie manifestazioni con oneri a carico del soggetto

organizzatore della manifestazione.

Articolo 2bis - Omologazione campi di gara, attrezzi

2bis.1

Fermo restando l’osservanza dei criteri e standard di sicurezza previsti dalle norme di legge, tutte le gare/competizioni/eventi oggetto della presente Convenzione saranno svolte nel rispetto della normativa

tecnica della FIDAL in impianti e luoghi idonei e con attrezzature omologate nel rispetto dei criteri di omologazione stabiliti dalla FIDAL.

 

Articolo. 3 – Attività di Formazione e di Aggiornamento Quadri Tecnici ed Ufficiali di Gara

La FIDAL riconosce solo le qualifiche ed i gradi tecnici (inclusi gli Ufficiali di Gara) conseguiti secondo le norme ed i criteri previsti nelle proprie Carte Federali nel rispetto del Piano Nazionale di Formazione dei Quadri operanti nello sport.

L’ EPS___, qualora organizzi corsi autonomamente, rilascia attestati, qualifiche e gradi tecnici validi nel proprio ambito associativo, salvo il caso in cui tali corsi ed attestati siano espressamente svolti in accordo

con la FIDAL e nel rispetto delle normative federali.

3.2

Nell’allegato sub 4 che forma parte integrante e sostanziale della presente Convenzione sono previste le modalità di partecipazione (requisiti per la partecipazione, numero di posti riservati, e costi di iscrizione) dei tesserati dell’___EPS___ ai corsi di formazione e di aggiornamento organizzati dalla FIDAL.

 

Articolo. 4 – Iniziative Culturali

4.1

In caso di organizzazione congiunta di iniziative culturali, anche presso le rispettive strutture territoriali, le spese verranno ripartite in base agli accordi fra le Parti ed in riferimento ad ogni singola iniziativa.

[…]

 

 

Articolo. 5 – Commissioni Paritetiche - Controversie

5.1

Le Parti si impegnano ad affidare ad una Commissione Paritetica - costituita ai vari livelli territoriali in corrispondenza di manifestazioni provinciali, regionali, nazionali - formata da una rappresentanza delle

rispettive Commissioni Tecniche, l’incarico di definire, per quanto possibile, i programmi tecnici ed i calendari dell’attività sportiva.

5.2

Le controversie fra le Parti che traggano origine dalla presente Convenzione sono rimesse alla Giunta

Nazionale del CONI.

 

Articolo. 6 – Durata

6.1

5

La presente Convenzione scade al 30 marzo dell’anno successivo a quello in cui si sono svolti i giochi olimpici estivi e non è oggetto di tacita proroga.

6.2

Ciascuna delle parti ha comunque facoltà di revoca a mezzo lettera raccomandata da inviare entro il 30 settembre di ciascun anno successivo a quello di stipula. La convenzione sarà comunque valida per il primo anno fino al 30 marzo 2017.

6.3

Nel caso di risoluzione simultanea e consensuale delle Parti, la Convenzione viene annullata immediatamente.

 

[…]

______ ______ ______ ______ ______ __ ______ ______ ______ ______ ______ ____

ALLEGATO n° 2 – TABELLA DI SANZIONI PER LE VIOLAZIONI CONCORDATE

MONITORAGGIO DELLA CONVENZIONE E DELLE MANIFESTAZIONI

[…]

RECIPROCITÀ’ DELLE SANZIONI ED APPLICAZIONE DEI PROVVEDIMENTI

DISCIPLINARI ADOTTATI NEI CONFRONTI DEI PROPRI TESSERATI.

Le parti si impegnano a far rispettare ai propri tesserati, Società Sportive e Comitati Territoriali tutte le decisioni disciplinari che di volta in volta verranno rese note dal Coni e dagli organi di giustizia

sportivi. L'etica sportiva condivisa richiede il rispetto di provvedimenti di allontanamento da gare o da impianti degli atleti, dirigenti o tecnici, sospesi, squalificati o radiati per doping o altre violazioni disciplinari,

anche provenienti da attività sportive diverse dell'atletica leggera. Principali fonti di informazione di riferimento saranno il sito e le note informative ufficiali del Coni, nonché le sentenze degli organi di giustizia sportivi. Le parti si impegnano, inoltre, a condividere, tramite le rispettive segreterie, le sanzioni disciplinari che i rispettivi organi preposti avranno comminato ai propri tesserati.

[…]

 

 

ALLEGATO n° 3 – ATTIVITA’ SPORTIVA E MODALITA’ DOPPIO TESSERAMENTO

1) RAPPORTI DI COLLABORAZIONE

La cooperazione tra la Federazione Italiana di Atletica Leggera e gli Enti di Promozione Sportiva è il mezzo per portare l'Atletica nella pratica quotidiana di persone di ogni fascia d'età, sesso e posizione

sociale. Al di là della formale sottoscrizione della presente Convenzione, la cooperazione FIDAL- ___EPS___ si estrinseca in atti concreti legati ad affiliazioni societarie e tesseramento degli atleti, all'organizzazione sinergica delle manifestazioni, alle mutue possibilità di partecipazione alle manifestazioni di atleti, giudici, tecnici e dirigenti, nonché alla gestione degli impianti sportivi ed alla formazione culturale e tecnica di tutti gli attori del mondo sportivo.

I rapporti di collaborazione riguardano tutta l'attività di atletica leggera (attività su pista outdoor e indoor, strada – in tutte le sue forme regolamentari –, cross, montagna – in tutte le sue forme regolamentari –, ultradistanze, corsa in natura – trail e tutte le sue forme regolamentari –), oltre a qualsiasi altra attività che dovesse in futuro rientrare sotto il controllo della Federazione Italiana di Atletica Leggera.

In particolare:

- Organizzazione di manifestazioni, partecipazione alle manifestazioni, regolamenti e calendari;

- Tesseramento degli atleti e doppio tesseramento

- Affiliazioni delle Società;

- Utilizzo degli impianti sportivi;

- Formazione dei Quadri Tecnici e Dirigenziali;

- Formazione dei Giudici di Gara;

- Iniziative culturali e lotta al doping;

- Scuola;

- Accordi territoriali integrativi;

- Reciprocità delle sanzioni ed applicazione dei provvedimenti disciplinari adottati nei confronti

dei propri tesserati (come da allegato 2 alla presente).

2) TESSERAMENTO

La presente convenzione disciplina in particolare le modalità di doppio tesseramento degli atleti, onde permettere e agevolare quanto previsto in tema di partecipazione alle manifestazioni al capitolo “3) Attività Sportiva” del presente allegato sub 3 alla Convenzione. I tesserati presso l’___EPS___ possono i) sottoscrivere regolare tesseramento FIDAL presso una società affiliata FIDAL oppure ii) possono

sottoscrivere tesseramento agevolato tramite Runcard (al costo di euro 15,00, invece che euro 30,00).  La Runcard, rinnovabile annualmente, avrà una grafica personalizzata Runcard ___EPS___ . Il possessore di

Runcard, in regola con le certificazioni in materia di tutela sanitaria per la pratica agonistica dell’atletica leggera, può partecipare a manifestazioni dell’EPS e a manifestazioni FIDAL di corsa su strada, cross,montagna, trail, ultradistanze.

I tesserati presso la FIDAL possono sottoscrivere regolare tesseramento EPS.

 

 

3) ATTIVITA’ SPORTIVA

3.1 La FIDAL è soggetto riconosciuto dal CONI designato all'organizzazione ed al controllo delle manifestazioni competitive-agonistiche di atletica leggera sul territorio italiano. Sono definite manifestazioni competitive-agonistiche:

- Le manifestazioni su pista a carattere territoriale, nazionale e internazionale;

- Le manifestazioni non stadia inserite in Calendario Federale, Gold, Silver e Bronze di corsa su strada, cross, montagna, trail, ultradistanze;

- Maratona e mezza maratona, discipline per le quali la FIDAL è l’unico ente a certificare e omologare il percorso e la prestazione.

 

LEPS organizza, secondo quanto previsto dall’art. 2 comma 1 lettera “a” punto I del Regolamento CONI-EPS, manifestazioni similari, promozionali, amatoriali e dilettantistiche, seppure con modalità competitive.

3.2 Nel caso di manifestazioni FIDAL su pista, la partecipazione dei tesserati per il solo ___EPS___ è consentita alle sole categorie esordienti, ragazzi, cadetti in ambito provinciale e regionale.

Nel caso di manifestazioni FIDAL non stadia inserite in Calendario Nazionale, Gold, Silver e Bronze, la partecipazione dei tesserati per l’___EPS___ è ammessa per mezzo del doppio tesseramento descritto al precedente articolo 2). Tale disposizione entrerà in vigore dal 1 giugno 2016.

Nel caso di manifestazioni FIDAL non stadia inserite nel Calendario territoriale (regionale e provinciale) o di manifestazioni no stadia organizzate da un EPS, i tesserati FIDAL ed EPS potranno partecipare

reciprocamente alle rispettive manifestazioni in forza del proprio tesseramento, nell’ambito di un calendario condiviso e comunicato tempestivamente.

3.3 I tesserati ___EPS___ o Runcard vengono inseriti in classifica, ma non accedono a premi che contemplino elargizione di denaro o generici buoni valore, bonus, ingaggi, rimborsi spese di qualsiasi genere ed a qualsiasi titolo.

3.4 Nelle manifestazioni organizzate sotto l’egida di ___EPS___, gli atleti che abbiano doppio tesseramento FIDAL/___EPS___, devono gareggiare obbligatoriamente per ___EPS___. Nelle manifestazioni organizzate sotto l’egida di FIDAL, gli atleti che abbiano doppio tesseramento FIDAL/___EPS___, devono gareggiare obbligatoriamente per FIDAL.

Tutti i partecipanti alle manifestazioni di atletica leggera competitive-agonistiche organizzate dalla FIDAL e competitive organizzate dall’EPS devono essere in regola con le norme per la tutela sanitaria vigenti, ed avere tessera di appartenenza a FIDAL e/o all' ___EPS___ in corso di validità al momento della manifestazione.

3.5 L' ___EPS___ organizza i propri campionati nazionali e territoriali, riservati ai propri tesserati.

Tali campionati potranno prevedere la sommatoria di più appuntamenti e non necessariamente lo svolgimento in prova unica.

3.6 L'___EPS___, anche attraverso le proprie società affiliate, ai fini di promuovere la partecipazione e non l'agonismo o prestazioni di rilievo agonistico, nel rispetto delle prerogative della FIDAL e conformemente al dettato della presente convenzione può organizzare autonomamente

manifestazioni di atletica leggera che prevedano una classifica e dei premi purché tali premi per gli atleti (e per le società partecipanti) non contemplino nessuna forma di elargizione di denaro o generici buoni valore, bonus, ingaggi, rimborsi spese di qualsiasi genere ed a qualsiasi titolo. I premi possono consistere in premi in natura e/o riconoscimenti protocollari (es. trofei, medaglie...) di controvalore economico complessivo limitato, nell’ordine massimo stimato di 100 euro per il/la primo/a atleta della classifica generale. Possono essere erogati premi di analoga natura e valore inferiore per alcune posizioni successive della classifica generale della gara.

Nelle manifestazioni che si svolgono sotto l’egida di un EPS è ammissibile la premiazione (in natura) degli atleti anche suddivisi in fasce di età.

 

3.7 L' ___EPS___ o una società ad esso collegata può organizzare manifestazioni competitivoagonistiche – valide per l'inserimento nelle graduatorie federali – esclusivamente cooperando con la FIDAL

(o con società affiliate) oppure, autonomamente, affiliandosi alla FIDAL ed operando con l'ausilio della gestione tecnica della manifestazione da parte del Gruppo Giudici Gare della FIDAL, previo il rispetto dei regolamenti federali e l'assolvimento degli obblighi contributivi previsti (affiliazione della società, pagamento della tassa di approvazione gara, eventuale omologazione del percorso o altri servizi richiesti o concordati).

3.8 I calendari – nazionale e territoriali – della FIDAL e dell' ___EPS___ devono essere quanto più possibile armonici e non conflittuali. A tal fine la FIDAL comunica all' ___EPS___ il calendario dei propri campionati federali tempestivamente, non appena esso venga stabilito e vi include, su richiesta, le date dei campionati nazionali dell'___EPS___. Parimenti l’___EPS___ comunica alla FIDAL il calendario dei propri campionati nazionali non appena esso venga stabilito e vi include, su richiesta, le date dei campionati federali.

 

4) AFFILIAZIONI DELLE SOCIETA’

La Società affiliata all'___EPS___, che scelga di affiliarsi anche alla FIDAL per la prima volta senza esserlo mai stato in passato, è esentata dal versamento della quota di affiliazione alla FIDAL. Parimenti, la

Società affiliata alla FIDAL, che scelga di affiliarsi anche all' ___EPS___ per la prima volta senza esserlo mai stato in passato, è esentata dal versamento della quota di affiliazione all'___EPS___. Ciascuna delle parti si impegna a dare seguito a quanto enunciato in osservanza delle competenze stabilite dai rispettivi Statuti e

Regolamenti.

 

5) UTILIZZO DEGLI IMPIANTI SPORTIVI

La FIDAL e l'___EPS___, laddove gestiscano impianti sportivi in convenzione diretta o tramite propri affiliati, si impegnano ad assicurare ai rispettivi tesserati le medesime condizioni di accesso agli

impianti stessi.

 

6) ACCORDI TERRITORIALI INTEGRATIVI

I rappresentanti territoriali di FIDAL e EPS possono sottoscrivere accordi integrativi migliorativi a carattere locale. Tali accordi non devono essere in contrasto con la presente convenzione e con gli Statuti

e i Regolamenti Federali e dell’EPS e la loro validità è subordinata all’approvazione formale della FIDAL e

dell’EPS

 

ALLEGATO n° 4 – MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE ALLE ATTIVITA’ FORMATIVE

FORMAZIONE DEI QUADRI TECNICI E DIRIGENZIALI

I corsi di formazione e le iniziative di aggiornamento per i tecnici e i dirigenti che FIDAL organizza

ai sensi dei Regolamenti Tecnici in vigore sono aperti ai componenti dell'____EPS____ ___ . Parimenti, i corsi di formazione e le iniziative di aggiornamento per i tecnici e i dirigenti che l'____EPS____ _organizza sono aperti ai componenti della FIDAL. […]

 

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Quando nel 1999 il CONI regalò alla FIDAL il Podismo col nome di “Corsa su strada”, il primo problema fu come etichettare la categoria dei nuovi inquilini e come inquadrarli in una Federazione agonistica. Fu così coniato il termine Amatori, dal francese Amateur, dilettante, senza altro diritto che la partecipazione alle manifestazioni open.

Entrarono a far parte dello Statuto, in cui figurano tuttora,  e, nei primi tempi, furono inquadrati in un settore Amatori distinto  dal settore Assoluto; moltissimi col tesseramento individuale, liberi, senza Società di appartenenza.

Ma la “libertà” durò poco, furono presto obbligati a tesserarsi con una Società con vincolo di un anno e possibilità di tesserarsi Senior (agonisti) in qualunque momento; gli over 35, diventati Veterani, furono inquadrati nei Master, atleti a tutti gli effetti, e gli Amatori furono ristretti in un ghetto dai 23 ai 34 anni, fino ad arrivare nel 2015 al tesseramento esclusivo come Senior: il cerchio si era chiuso.

Era intanto cominciata la partecipazione di non tesserati come non competitivi alle manifestazioni agonistiche, soprattutto Maratone e Mezze Maratone, e crebbe perché molto gradita agli organizzatori, soprattutto dal 2010 quando nacque la gabella della tassa partecipazione gare a beneficio della Federazione: un euro per ogni tesserato FIDAL, IAAF, EPS e, oggi, anche  Runcard.

Per assicurare una copertura assicurativa nacque il cartellino giornaliero di partecipazione per non tesserati, che nei suoi sette anni di attività non riscosse molti consensi, finché nel 2015 la FIDAL s’inventò la Runcard, riservata al “liberi” dai 20 anni in su.

Doveva essere un’esca per attirare nuovi “pesci”,  con validità solo per un anno; infatti l’ultimo comma (7) stabiliva che “successivamente si devono necessariamente tesserare con una Società affiliata alla FIDAL”.

Ma il contatto con il mondo dei podisti, totalmente sconosciuto, fece cambiare il piano e la Runcard divenne uno strumento di fidelizzazione, che oggi si presenta pomposamente come “La prima community di Runner powered by FIDAL”.

Sul sito appositamente dedicato si trovano offerte, informazioni, servizi convenzionati (visita medica, assicurazioni, Tds, fisioterapia, piani di allenamento eccetera), oltre ad iniziative dedicate, come la Runfest di metà settembre o il corso di formazione  Run Academy. Per far parte del club anche i tesserati con Società FIDAL possono sottoscrivere la tessera a 10 euro.

Le Runcard si sono moltiplicate: oggi se ne contano tre oltre quella originale, costo € 30, 15 per gli stranieri: montagna/trail € 10 , eps e nordic walking € 15, validità un anno dalla data dell’emissione, tranne che per gli Eps dove la scadenza va ad anno solare.

Quello che soprattutto interessa al podista è la possibilità di partecipare alle manifestazioni FIDAL agonistiche, pur con alcune limitazioni rispetto agli altri tesserati: presentazione del certificato di idoneità agonistica atletica leggera in originale in corso di validità, o consultazione del data base o app da parte dell’organizzatore, concorso al montepremi  non in denaro o assimilati, partecipazione alle gare di Campionato Federale senza concorrere al titolo della propria categoria. E’ possibile inviare l’iscrizione on line a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

Il disguido segnalato alla Federazione circa la mancata  registrazione del risultato da parte di un tesserato Runcard non è quindi attribuibile ad una limitazione della Card:, la partecipazione ad una gara omologata comporta necessariamente a pieno titolo che tutti i classificati abbiano il tempo rilevato e questo venga inserito nelle graduatorie federali, a patto però che venga correttamente segnalato all’ufficio Informatica, e qui entra in campo l’iter burocratico.

Dal 2009 la FIDAL impiega per la gestione delle manifestazioni SIGMA (Sistema Informatizzato Gestione Manifestazioni Atletica), dalle iscrizioni alla rilevazione e pubblicazione dei risultati.

Se tutto fosse gestito da SIGMA non ci sarebbero problemi; purtroppo, però, per venire incontro alle richieste degli organizzatori, la Federazione consente che possano provvedere in proprio, assumendosene, naturalmente, tutti gli oneri e le responsabilità; quindi l’invio dei risultati in un formato standard all’ufficio Informatica è di loro  competenza.

Normalmente l’organizzatore scarica l’incombenza al fornitore di transponder (chip), che, talvolta, si dimentica di inviarli entro sette giorni e comunque, tassativamente, non oltre febbraio dell’anno successivo, termine ultimo per il loro inserimento. 

Pensiamo che l’ufficio Informatica della Fidal coi mezzi attualmente disponibili potrebbe monitorare periodicamente la situazione dei risultati senza grossi problemi e sollecitare l’invio ai ritardatari, ma questo non è obbligatorio: richiede solo un’autentica sensibilità verso  il prossimo , “che intender no la può chi no la prova”.

 

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Lunedì, 10 Settembre 2018 13:48

RunCard : Fidal contro Fidal?

Il recente articolo sulla questione RunCard, pubblicato in seguito ad una lettera di Mauro Marelli:

http://www.podisti.net/index.php/commenti/item/2318-runcard-parente-povera-lettera-alla-fidal.html

induce a ulteriori osservazioni.

Non vi è dubbio che la RunCard sia stata un’invenzione per fare cassa, cosa peraltro legittima se analizzata singolarmente ed isolata dal contesto, ma chi la sceglie decide di risparmiare oppure si tratta di una scelta “concettuale”? Qualcosa del tipo …non faccio agonismo però voglio gareggiare (qui ci vedo una contraddizione di base, ma andiamo oltre) e siccome sono obbligato .... vado di RunCard. I vantaggi che sostiene di dare all’atto pratico sono discutibili o comunque minimi, ma non credo proprio sia questa la motivazione. Invece, appunto, fa risparmiare chi vuole fare gare agonistiche, magari comprando la Runcard tramite gli organizzatori di gare, che abilmente la propongono nel pacchetto iscrizione, si arriva a spendere non più di 10 euro. Tesserarsi con un gruppo sportivo costa mediamente il doppio del prezzo standard (30 euro) e magari mi rompono le scatole dicendomi dove andare a correre. Non è proprio così, ma questa potrebbe essere un’altra motivazione.

A correre si fa sempre (più o meno tanta) fatica, come giustamente osserva il Marelli, ma questo accade nelle gare Fidal, in quelle EPS, nelle corse non competitive …. Il fatto è che si tratta di fare una scelta di campo: mi interessa l’agonismo? Che vengano riconosciute le mie prestazioni? Che se vinco qualcosa debba essermi dato (soldi o salami che siano)? Che se voglio, posso gareggiare in pista? Mi tessero formalmente con la federazione, che ha le sue regole, come in tutte le altre discipline sportive. Oppure faccio altro. A me pare maledettamente chiaro.

Purtroppo è la federazione stessa ad aver creato questa situazione per cui, giustamente per alcuni versi, nella sua missiva alla Fidal, Mauro Marelli fa le sue osservazioni e ha qualche ragione nel sostenere le sue motivazioni.

La RunCard la intendo come una forzatura delle regole, la creazione di un tesserificio che in qualche modo compete contro le stesse associazioni che sostengono la federazione, i gruppi sportivi; ovviamente questi ricevono un danno non indifferente, dato che la loro attività è sostenuta anche attraverso il tesseramento dei master. Se si voleva regolamentare la partecipazione dei liberi (il fu tesseramento giornaliero) di modi ce ne erano tanti, a mio avviso è stato scelto il peggiore. Non certo per Fidal, quantomeno dal punto di vista delle entrate, dato che ad oggi sono state vendute oltre 100.000 tessere in modalità RunCard.

Ora Fidal, in risposta al Marelli, scrive di “un sistema di ranking che comprende tutti i tesserati …” ; forse la lettera inviata dal Marelli è un campanello di allarme, ragionevolmente non è l’unico ad aver sollevato il problema. Si corre il rischio di piazzare meno RunCard, in prospettiva può diventare un problema, dato che nell’accordo con Infront, che nei prossimi 6 anni porterà un bel po’ di soldi nelle casse federali, il progetto RunCard ha una posizione importante. Allora facciamo un altro passo verso il “mercato” del podismo, diamo qualche ulteriore benefit a chi si vuole avvicinare alla pratica della corsa: si tratta di persone ai quali frega poco di appartenere ad un gruppo sportivo, dei campionati di società, degli aspetti sociali che un gruppo di norma rappresenta. Interessa anche poco che tali gruppi (ahimè, sempre meno) sostengano le attività del settore giovanile. Già rispetto alla prima release del progetto sono stati fatti dei passi in avanti (?!?), i RunCardisti possono andare a premio (non in denaro, ma la norma non è poi così difficile da aggirare). Pare che un giorno probabilmente vedranno le proprie prestazioni certificate e magari verranno aggiunti ulteriori benefit. Se questo è il trend, usciamo dall’ipocrisia, equipariamo a tutti gli effetti le RunCard al tesseramento tradizionale, facciamoli correre in pista, non si sa mai che possa interessare; un campione italiano con la RunCard?  Perché no. E se uno è forte e vince una gara, perché non dovrebbe essere pagato in soldoni?

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E’ ancora presto per tirare le somme, ma la situazione delle maratone in Italia è già preoccupante.

Alla fine di agosto 2018 il totale dei partecipanti è di 29.409, di cui 2.659 classificati in maratone non approvate dalla FIDAL (alla faccia dei regolamenti), con un calo di presenze pari a 1.772 con Roma  in grave crisi. Roma in due anni è passata da 14.000 a 11.700 presenze (e adesso si dà addirittura a rischio l’edizione 2019, vedi sotto: ma l’amministrazione romana avrà pur qualche motivo di essere preoccupata!). Caso a parte Trieste, che, delusa dai 400 partecipanti dello scorso anno,  ha puntato tutto sulla Mezza passata da 1301 a 1624.

Lo sport nazionale è ignorare i problemi, finché non diventano emergenza. Eppure…

Due anni fa l’onorevole Daniela Sbrollini presentò con 23 firmatari una mozione relativa al certificato medico per gli stranieri in occasione di Maratone e Mezze Maratone. I tre punti proposti sono quanto mai attuali e validi

  • Consentire la partecipazione degli stranieri in base alle norme sulla tutela sanitaria del loro Paese
  • Attivare un tavolo di lavoro specifico CONI – FIDAL col compito di indicare le Maratone e Mezze Maratone da inserire in un piano di sviluppo economico
  • Studiare forme di sinergie con attività culturali da implementare nelle città interessate, di concerto con l’ANCI (Associazione dei Comuni), a vantaggio degli atleti ed accompagnatori.

Un amico organizzatore mi diceva: “Lo straniero deve  appoggiarsi a cliniche private con un costo di 400-600 euro per avere il certificato che gli consente di  gareggiare in manifestazioni che ne costano 40-50; mentre in tutto il mondo, tranne la Francia, si paga l’iscrizione e si gareggia senza altri contrattempi”.

Personalmente, proporrei anche la “maggiore età per i podisti”: mi spiego, se una persona adulta e matura può rifiutare le cure, non vedo perché non possa presentare un documento in cui afferma di essere a conoscenza della normativa sulla tutela sanitaria in atletica leggera ed aver ottemperato a quanto da essa stabilito.

E’ sconfortante paragonare le nostre due più importanti maratone, Roma con 11.700 e Milano 5.300 classificati, col resto del mondo: non solo Londra 45.000, Berlino 48.000, Parigi 47.000 (cifre che costituiscono il massimale deciso dagli organizzatori, mentre le domande sarebbero molte di più), ma anche le “minori” come Norimberga (22.000) o Amburgo (18.000).

L’ingerenza pubblica non si limita però al solo aspetto della salute, ma, da un anno, anche della sicurezza, con la “odiata” Circolare Gabrielli, che obbliga gli organizzatori a presentare tra le altre scartoffie un Piano di Sicurezza firmato da un tecnico iscritto all’albo, spesa minima 1000 euro.

Ai problemi legislativi praticamente insormontabili, visti i tempi e gli impegni dei nostri “onorevoli”, si sommano le politiche della Fidal nate col Progetto Running, che sta dando il colpo di grazia.

In una realtà come la nostra, in cui solo 11 Maratone riescono a superare i 1000 partecipanti, riservarle tutte al solo settore “Nazionale”, stando a quanto preteso dalla Fidal,  con un costo minimo di approvazione pari a 1500 euro, più la tassa di partecipazione sugli iscritti,  è un incentivo alla fuga, molto più saggio sarebbe consentire alle “bronze” l’approvazione anche territoriale, con tasse più contenute e adatte alla realtà locale.

Il problema di fondo è che alla Federazione interessa solo il ritorno economico, di cui fa parte anche l’esagerata promozione della Runcard - vedasi la Run Fest di settembre e la sponsorizzazione di Infront - indigesta a molte Società, che vedono “fuggire” diversi soci, mentre dovrebbe affiancare il più possibile gli organizzatori promuovendo le iniziative sul territorio (come indicato nella mozione ai punti due e tre), stabilire coi fornitori di transponder accordi specifici a favore degli organizzatori, e supportare col Delegato Organizzativo i meno esperti nella promozione dell’evento.

Ciliegina sulla torta, la notizia fresca fresca di un possibile slittamento della Maratona di Roma al 2020 per problemi relativi al bando di assegnazione della manifestazione, da noi criticato fin dalla nascita. Sono stati sollevati dubbi sul possibile conflitto di interessi di Infront, partner Fidal fino al 2024, secondo l’accordo così presentato dal Presidente Giomi il 27 luglio: “E’ un momento magico per l’atletica azzurra in cui si raccoglie ciò che si sta seminando da anni. Un lungo lavoro fatto di scelte coraggiose, che parte da lontano, costruito nel tempo. Perché l’atletica non si improvvisa. Berlino punto di arrivo di un percorso e punto di partenza per le Olimpiadi di Tokyo 2020” (sic!).

Mala tempora currunt, verrebbe da dire: le maratone e le mezze maratone sono eventi sportivi a vocazione popolare, i più partecipati e diffusi al mondo e con maggiore copertura mediatica, rappresentano un cospicuo beneficio economico per le città in cui si organizzano, correlato alla parte logistica e culturale. La loro salvaguardia e crescita dovrebbero essere un impegno comune. E invece?

 

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Prima di andare in ferie la Giustizia Federale ha depositato la sentenza relativa alla partecipazione di un minore alla StraArona di 10 km, fatto denunciato da noi il 14 aprile (leggilo qui) e da Bio Correndo, come citato negli atti.

In sintesi il Signor Antonio Puricelli, segretario e dirigente dell’Amatori Atletica Casorate Primo, aveva iscritto 54 atleti ed “erroneamente” altri due soci.

La mattina della gara avendo pagato tutti i 56 pettorali, cedeva il pettorale 204 al figlio di dieci anni Marco, consegnando però il chip alla OTC.

All’arrivo i giudici giustamente segnavano il pettorale e lo inserivano in classifica.

Pur essendo chiara e riconosciuta la violazione dei regolamenti federali, sono state rilevate alcune attenuanti e le pene ridotte: 20 anziché 30 giorni di inibizione del Puricelli e sanzione di 366 euro anziché 500 alla Società.

Avendo seguito in diretta la vicenda, desidero sottolineare alcuni aspetti non correttamente indicati.

L’avvocato della Società ha portato a scusante che si trattava di gara non competitiva e, quindi, tutti potevano partecipare: in realtà la gara era competitiva e su percorso omologato di 10 chilometri (parallelamente la Pro Loco aveva organizzato una passeggiata non competitiva con partenza differita di 5 minuti, di cui non risulta, naturalmente, traccia).

Val la pena di sottolineare che da quest’anno la partecipazione di non tesserati FIDAL o EPS (perché in realtà di ciò si tratta) a manifestazioni competitive FIDAL territoriali comporta una sanzione di 2000 euro a carico della Società organizzatrice.

L’avvocato ha anche fatto presente di aver chiesto e ottenuto l’oscuramento della foto con il minore: ritengo che il diritto di cronaca sia inviolabile, se una fotografia documenta una irregolarità – e così è stato, perché la foto è stata allegata agli atti – deve essere comunque e sempre ammessa. In questo caso non era imputabile al minore, ma al padre, in più la foto ha evidenziato la mancanza del chip sulla scarpa del bambino e contribuito alla riduzione della sanzione.

 

Informazioni aggiuntive

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Venerdì, 24 Agosto 2018 19:15

Salviamo i… Giudici-panda

Avevo appena gustato su Podisti.net  il filmato dei Giudici dell’Emilia Romagna

http://podisti.net/index.php/commenti/item/2235-se-scompaiono-i-giudici-scompare-la-competizione.html

quando dal sito del mio Piemonte ho appreso che il giudice Michele Racca, 78 anni, era scomparso dopo una lunga malattia.

Il fatto mi ha colpito, un po’ perché Michele aveva solo un anno più di me, molto perché lo conoscevo e so quanto ha fatto per l’atletica a Moretta, una piccola, ma valida Società della Granda, con un suo modesto campo di atletica e una gara podistica, la Corrida di San Giovanni drammaticamente finita cinque anni fa quando un giudice di servizio sul percorso fu investito e ucciso da un automobilista.

Ogni anno scompaiono dei Giudici, un po’ per l’età se vanno in pensione, o, peggio, se vanno a gestire le gare in Paradiso.

Il problema Giudici è ormai un problema almeno trentennale, come tutte le cose italiane si conoscono i problemi, ma non si affrontano e, quindi, non si risolvono.

Dalle statistiche della FIDAL risulta che dal 2000 allo scorso anno gli Atleti sono cresciuti da 127.041 a 220.456, i Tecnici da 5.364 a 6.312, ma i Giudici sono passati da 5.174 a 4.424: una lenta, ma costante erosione.

Il Gruppo Giudici Gare è l’organismo della Federazione, che ha il compito di controllare le manifestazioni di atletica leggera, completa autonomia giudicante e competenza tecnica esclusiva nell’applicare le norme del R.T.I., nei regolamenti particolari delle manifestazioni e nelle disposizioni degli organi federali competenti, senza alcun vincolo di subordinazione.

La figura e il ruolo del giudice sono l’essenza stessa dell’Atletica, non ci può essere gara senza che ci siano i risultati, e chi garantisce la correttezza del loro conseguimento è solo ed esclusivamente il giudice.

I nostri giudici sono quasi tutti ex atleti che portano nel loro lavoro oltre la passione anche le conoscenze dei regolamenti e l’esperienza acquisita negli anni di militanza attiva.

Svolgono un’opera di volontariato altamente qualificata e meritoria oltre che di grande responsabilità, e sono per questo apprezzati da tutti gli sportivi degni di tale nome: sono la “benemerita” dell’Atletica.

Purtroppo manca il ricambio, l’età media oggi oscilla intorno ai 60 anni, occorre trovare al più presto un rimedio a questa situazione, che mina alla base la sopravvivenza del …”Panda”.

Il filmato realizzato dal GGG dell’Emilia Romagna è  un grido di dolore che andrebbe amplificato e mandato al Consiglio Federale, che si riunirà a settembre, perché prenda coscienza della realtà e cominci a investire  nella  rifondazione dell’atletica italiana: Giudici, Tecnici, Attrezzature, Società (corsi di formazione per dirigenti) per un servizio serio e qualificato agli Atleti, dal vivaio al top e ai Master, magari utilizzando le risorse previste per Doha (a Berlino c’erano 90 atleti e 140 accrediti, ecco come si ama oggi utilizzare gli euro disponibili). 

E’ utopia, no: un sogno di mezza estate.

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Col ritorno dalle vacanze per molti runner riprende l’attività agonistica e dunque potrebbe essere utile fare una breve riflessione sul ruolo cruciale dei Giudici di Gara. Quindi per coloro che se lo fossero perso, riproponiamo un bel video del nostro canale Youtube, realizzato dai Giudici FIDAL Emiliani, sottolineando come la loro presenza sia indispensabile non solo in pista, ma anche per le gare su strada.

Dura solo un minuto e mezzo: non perdetevelo.

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Non vorremmo dover dire, anche dopo Berlino, “parturient montes nascetur ridiculus mus” (così terminavo il mio articolo sul disastro di Londra della nostra Atletica Leggera).

Le dichiarazioni del Presidente Alfio Giomi il 12 agosto, complice anche l’insperata “manna” della maratona, non lasciano campo alla speranza.

“Alcune cose non sono andate (sic!). A settembre, come previsto, analizzeremo tutto e prenderemo le decisioni per il futuro. Quello che è certo, è che in questi anni l’atletica italiana si è finalmente svegliata” (?!?!)

“Tanti giovani hanno dimostrato di poter essere competitivi a livello assoluto”.

Questo è vero, grazie anche all’impegno che il referente del settore under 25 Stefano Baldini ha profuso in otto anni, anche con 15 ore di lavoro al giorno: forse è per questo che, con l’orgoglio del campione, non ha sopportato l’ennesimo “depistaggio” del Presidente, che avrebbe dovuto restare in carica fino al 2016 (così almeno aveva promesso quando fu eletto nel 2012); e ha detto:

“In Italia non si cresce, non vengono ammessi gli errori. Mi sono stancato, la mia asticella è alta. Ho sentito solo stilare bilanci positivi e parole di difesa del proprio operato. Non è così che si cresce. L’autocritica deve essere schietta e a caldo. Non sono queste le tempistiche con cui affrontare situazioni e problemi seri, tra qualche settimana tutto verrà annacquato”

La catalessi della nostra Federazione è ormai un dato di fatto che non si risolverà finché non si affronteranno seriamente e senza falsi pudori i problemi che da anni l’avvolgono in un sudario di cemento, e che ho già più volte denunciato.

Non occorre essere un esperto per prevedere che a Doha a ottobre del prossimo anno (che clima ci sarà?), i quattro bronzi che abbiamo faticosamente portato a casa (senza citare le benemerite ma strane medaglie a squadre della maratona) non reggeranno il confronto con l’atletica mondiale.

 

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Giovedì, 16 Agosto 2018 15:31

Malagò, pensaci Tu!

Caro Giovanni,
scusa se Ti chiamo per nome, mi permetto in quanto siamo quasi coetanei e ci occupiamo entrambi di sport, sebbene a livelli ben diversi. So bene che sei molto impegnato nel cercare di convincere amministrazioni locali e politici ad organizzare un’olimpiade,  mettere una pezza ai disastri avvenuti nel calcio, festeggiare molti altri sport per i loro successi continentali, ma qui c’è un problema da risolvere. Urgente.

Mi riferisco alla FIDAL ed ai suoi vertici, che sono riusciti nella difficile impresa di scontentare tutti, tranne loro stessi.

Le società di base, poco sostenute, non ne possono  più dei crescenti balzelli e della concorrenza “sleale” tramite la Runcard.

Gli atleti master di vertice si sentono abbandonati a loro stessi in occasione delle manifestazioni internazionali, dove i dirigenti presenti fanno del loro meglio, praticamente senza disporre di risorse. Pensa che non viene nemmeno offerta una divisa della nazionale…

Gli spettatori, appassionati di questo sport hanno dovuto assistere all’ennesima debacle. A livello di vertice i risultati, desolanti, sia in termini di medaglie che di atleti in finale, sono sotto gli occhi di tutti. Salvo poi leggere comunicati federali trionfali che dimostrano come gli scriventi o non siano a contatto con la realtà oppure mentano, sapendo di mentire.

I giornalisti. Non c’è un media che abbia promosso la recente spedizione azzurra agli europei di Berlino, a partire dai cronisti e commentatori RAI Bragagna e Tilli.

Il vento di rinnovamento è stato boicottato. Stefano Baldini ha appena pubblicizzato le sue dimissioni che a suo dire volevano essere silenziate ed annunciate soltanto in settembre dal presidente FIDAL.

Caro Giovanni, per favore muoviti in prima persona. Non sperare che questi se ne vadano di loro spontanea volontà. Grazie e scusa per il disturbo.

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Mercoledì, 15 Agosto 2018 16:04

Stefano Baldini : goodbye Fidal

Avrà deciso di passare un buon Ferragosto ed allora si è tolto il peso subito, magari la decisione era maturata da tempo, addirittura prima degli europei. Comunque sia Stefano Baldini, fino ad oggi Direttore dello sviluppo e del settore tecnico giovanile, saluta la Federazione italiana di atletica leggera. In un’intervista alla Gazzetta dello Sport spiega chiaramente che è stufo dei cattivi risultati ottenuti, che secondo lui sono figli di errori di gestione e di improvvisazione; ritiene di essersi dedicato al massimo del suo impegno e della sua professionalità, probabilmente è stufo di vedere associato il suo nome ai continui insuccessi della nazionale. Pare che subito dopo la conclusione degli europei, avesse già comunicato la sua decisione al presidente Giomi, il quale ha pensato bene di rimandare tutto a settembre (?!?), allora ecco che Baldini ha ritenuto fosse davvero troppo ed ha formalizzato le dimissioni. Farà come molti, che danno le dimissioni per negoziare qualcosa di più e di meglio? Non credo, e comunque è lui stesso a sgombrare il campo dagli equivoci. Non se ne fa niente.

Giova ricordare che, al momento di sostituire Massimo Magnani (precedente DTO) a Stefano Baldini era stata proposta la posizione di direttore tecnico organizzativo; lui presentò il suo progetto, bocciato perché ritenuto troppo oneroso, almeno così si disse in Fidal. Forse era anche una questione di autonomia, o di indipendenza da certe influenze e invadenze? Sta di fatto che venne in qualche modo sdoppiata la figura del DTO: da una parte Elio Locatelli, che si occupava dell’alto livello e dall’altra parte Baldini, ad occuparsi dello sviluppo e del settore giovanile, un settore che in effetti nei tempi recenti ci ha dato qualche soddisfazione.

Ebbene, la cosa non ha funzionato; la (brutta) impressione dall’esterno è che manchi un vero progetto, che si confidi in qualche medaglia per fare meglio dei precedenti campionati (difficile fare peggio) per poter dire “siamo sulla strada giusta”, cosa che peraltro il presidente Giomi ci racconta comunque da anni. A prescindere.

Ora si rimanda tutto a settembre, le fatiche berlinesi dei vertici federali meritano un periodo di riposo, poi si vedrà di fare. Già, ma cosa?  Mentre le nazioni che, guarda caso, hanno fatto benissimo a Berlino (Polonia e Gran Bretagna sono in testa al medagliere) negli anni hanno centralizzato il sistema di gestione, in Italia si è puntato al decentramento (“ognuno ha il suo atletino che si coltiva gelosamente nell’orto di casa propria” ha detto Stefano Tilli), che non ha funzionato. Abbiamo un bel settore giovanile che fa già bene e potrebbe fare anche meglio, in prospettiva, ma è precisa responsabilità della federazione fare in modo che ciò avvenga, creando le migliori condizioni possibili.

In bocca al lupo Stefano, qualunque cosa andrai a fare. Buon lavoro ad Elio Locatelli (si sarà pentito di essere tornato?), ha avuto il buon gusto di assumersi la responsabilità di scelte sbagliate, ora dovrà rimboccarsi le maniche e lavorare duramente e bene. Infine, buona fortuna a chi arriverà, se arriverà.

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Lunedì, 13 Agosto 2018 21:34

Berlino, siamo arrivati a sei: però…!

Nell’articolo “Berlino per risalire” pubblicato una decina di giorni prima degli Europei, avevo posto come limite minimo sei medaglie: dovrei essere soddisfatto, perché in effetti le medaglie portate a casa sono sei, anche se grazie ad un artificio poco gradito ai puristi; ma non è così per diversi motivi.

Tre medaglie, oro, argento e bronzo vengono dalla maratona, una dalla marcia e due solo dalla pista: ma se guardiamo bene, i 10000 e le siepi poco hanno a che vedere con la pista; nella mia regione Piemonte trovare nell’arco dell’anno gare dedicate a queste due specialità è un’impresa e anche a livello nazionale i 10000 hanno un campionato a  parte e il minimo per gli Italiani si può ottenere anche nei 10 km su strada (omologati, ovviamente).

In parole povere, la strada mantiene l’atletica non solo dal punto di vista finanziario, ma anche da quello agonistico.

La faraonica spedizione, 90 atleti e 140 accreditati ha partorito un topolino, con vuoti preoccupanti.

Nel settore femminile mancavano atlete nei 1500, 5000 e 10000, praticamente assenti i lanci col solo peso presente, e nei salti vuota l’asta;  nel triplo abbiamo un record poco lusinghiero, entrambe le atlete non classificate;  conclusione ? nessuna medaglia su pista.

Tutto da buttare, dunque ? Non proprio, prima di tutto le staffette a cominciare dalla 4 x 400, quinta, “tradita” da Libania Grenot nella finale, e la 4 x 100 settima col record stagionale, Yadisleidy Pedroso quinta nei 400 hs, poi  Daisy Osakue, quinta nel peso, nonostante tutto,  Alessia Trost ottava nell’alto, in chiara ripresa; ma mi è rimasta nel cuore Isabel Mattuzzi nei 3000 siepi, protagonista di una eliminatoria incredibile, quinta col personale  di 9’34”02; ha poi pagato lo sforzo nella finale. Ma l’atleta deve avere un pizzico di follia e buttare il cuore oltre l’ostacolo, l’attendismo e il timore di sbagliare sono il peggiore difetto.

Per questo motivo vanno elogiati Yemaneberhan Crippa, Johanes Chiappinelli e Yassine Rachik, i nostri tre bronzi, quasi quattro - se Crippa non avesse avuto nelle gambe i 10000.

Mi ha particolarmente colpito Rachik, da “vecchio” maratoneta ho trepidato fino alla fine, quel continuo guardare l’orologio e voltarsi indietro negli ultimi chilometri erano chiaro segnale che la benzina era agli sgoccioli, poi passato il traguardo è andato giù stremato: aveva veramente dato tutto, questo è un atleta, cioè nel senso greco di “guerriero”.

Abbiamo bisogno di ritrovare questo spirito, di lasciare spazio ai giovani, anche e soprattutto nella guida: basta coi vecchi rituali e con gli stucchevoli autoincensamenti. Andiamo sul concreto, fra un anno a Doha sarà ancora più dura, e non abbiamo se non poca stoffa e sarti d’antan.

 
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Aggiornamenti positivi, almeno sul fronte principale del caso-Daisy, cioè della sua salute e della possibilità di gareggiare agli Europei.
Sono stati rapidamente identificati gli autori del lancio di uova a Daisy Osakue, colpita ad un occhio dagli occupanti di un’auto in corsa. Si tratta di tre ragazzi italiani abitanti nella cintura torinese, a Vinovo, La Loggia e Moncalieri, che per compiere la loro furbata si sono serviti dell’auto del padre di uno di loro (è filtrato il cognome, De Pascali, e l’età del figlio, 19 anni).

Non era la prima volta che i bulletti (pare addirittura sette) compivano azioni del genere: già ci avevano provato pochi giorni prima ai danni di un’altra persona, a Moncalieri, e altre volte (pare sette in tutto) in luoghi diversi. Purtroppo per loro, le nostre strade sono piene di telecamere; da queste si è risaliti alla targa, al proprietario e agli utilizzatori.

Cretini non una volta (per l’azione compiuta), ma almeno tre, per la serialità del fatto sempre a bordo della stessa auto, e perché non si erano nemmeno premurati di cancellare le chiazze di uovo rimaste sulla fiancata. Diciamo pure, settanta volte sette: il loro livello intellettuale è evidentemente pari a quello di coloro che compiono reati, li filmano e li mettono online. Ma al cosiddetto esame di “maturità”, promossi con elogi.

Creda chi vuole alla balla messa in giro dall’avvocato difensore di questi “ragazzi normali”: "Si sono spaventati, hanno pensato anche di costituirsi ma gli inquirenti li hanno preceduti” (che peccato, sembra di sentire Jannacci “Quelli che perdono la guerra... per un pelo, oh yeah!”).  E per conferme sul livello intellettuale, ecco la motivazione: "Un gioco cretino che abbiamo visto in tv" (al confronto, gli “Amici miei” che schiaffeggiavano i partenti sul treno meritano il Nobel della pace). Come ha detto il sindaco di Vinovo (residenza dell’ “autista” del misfatto), questi ragazzi “ogni tanto non accendono il cervello e fanno azioni di una totale idiozia".

 I tre sono stati denunciati per lesioni e omissione di soccorso, naturalmente a piede libero;  e chissà se metteranno mai piede nelle patrie galere, o meglio, nei campi di rieducazione che sarebbero il luogo più adatto per loro. C’è tanto da lavorare in Italia, dalla raccolta dei pomodori alla pulizia dei servizi igienici negli edifici pubblici, dal servizio nei ricoveri per anziani allo scavo con piccone nel tunnel della Tav, che sarebbe un peccato lasciare questi giovanotti a casa propria, magari a esercitarsi con le freccette e a postare tweet di “chiedo scusa”.

Rispetto a questi impuniti (l'aggettivo è il più calzante per loro), importa molto di più la sorte di Daisy (studentessa di legge, che scopriamo aver praticato in gioventù anche la corsa a ostacoli, con successi in campo nazionale). Ed ecco l'atteso comunicato della Fidal, diramato oggi 3 alle 11,50, e che vi riproponiamo:

"Daisy si è sottoposta questa mattina ad una visita di controllo presso l'Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del CONI a Roma. Questo è il referto redatto dal prof. Antonio Spataro, Direttore Sanitario dell'IMSS.
"Il controllo oculistico effettuato dall'atleta Daisy Osakue presso l'Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del CONI, in data odierna ha documentato un miglioramento del quadri clinico che consente la sospensione progressiva della terapia cortisonica e la partecipazione ai Campionati Europei di atletica a Berlino".
In virtù di questa comunicazione, la primatista italiana under 23 di lancio del disco farà regolarmente parte della squadra azzurra che domani, venerdì 4 agosto, partirà per la rassegna continentale in Germania (6-12 agosto)

Alleluia! Sperando che questo non alleggerisca la posizione dei tre impuniti di cui sopra. "Falce, vanga e fonderia / questa la cura per "ecc. ecc., era un murale affisso all'università di Bologna nel Sessantotto.

Per quanti si collegassero solo oggi, riprendiamo il nostro pezzo di ieri, aggiungendo che si unisce alla trepidazione Sebastiano Scuderi, il quale pochi minuti fa ci ha scritto su Daisy, da lui personalmente conosciuta:

Per anni mi sono allenato sulla pista della Sisport e l'ho vista iniziare i primi passi nel campo appositamente attrezzato per i lanci con la grande Maria Marello. Prima di lei ho conosciuto Zahra Bani, altra 'colorata' e i suoi tre fratelli meno noti, a Giaveno coi Padri de La Salle, e Kevin Ojiaku a Ivrea, Marouan  Razine a Rivoli, Bencosme de Leon a Cuneo,  eccetera: l'atletica è la culla dell'integrazione, anche per questo la AMO

Una prima visita oculistica, eseguita il 1° agosto, ha evidenziato (comunicato Fidal)

“abrasione ed edema retinico importante all'occhio sinistro post traumatico, trattata dallo specialista con terapia antibiotica e corticosteroidea per via locale e sistemica. Venerdì 3 agosto l’atleta eseguirà un controllo oculistico presso l’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport, al fine di valutare se le condizioni cliniche e la terapia in atto siano compatibili con la partecipazione agli Europei di Berlino”.

Perché c’è anche questa sottigliezza degna di azzeccagarbugli: il cortisone che sta assumendo potrebbe farla risultare positiva all’antidoping. Supponiamo però che esibendo la prescrizione medica l’ente antidoping dovrebbe consentire la cura (e ci mancherebbe che la vietasse!).

Purtroppo però non credo che la terapia antibiotica aiuterà l’organismo di Daisy a sostenere efficacemente lo sforzo sportivo: speriamo che la sua forza di volontà, e la cosiddetta adrenalina messa in circolo dall’episodio, possano supplire alle oggettive defaillances fisiche.

In ogni caso, vorremmo Daisy a Berlino. Anche per arrivare ultima, ma su un piedistallo ben più alto di quello dei suoi aggressori “pentiti”.

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L’Armata Brancaleone è il titolo di un film di grande successo al botteghino e premiato con tre Nastri d’Argento. Girato nel 1966 da Mario Monicelli, vantava un cast d’eccezione tra cui spiccavano Vittorio Gassman e Gian Maria Volontè. La vicenda, ambientata nell’Italia dell’XI secolo, narra di un esercito di miserabili male assortito e dalle divise ognuna diversa dall’altra, genialmente preparate da Piero Gherardi. 

Perché parliamo dell’armata Brancaleone? Semplice, lo facciamo in quanto ad ogni rassegna mondiale o continentale di atletica master, mentre molti dei nostri avversari sembrano dei figurini, tutti in divise eleganti ed uguali tra di loro, la compagine azzurra si presenta in maniera da ricordarci questo film. Canottiere vecchie, nuove, alcune appartenute a suo tempo alla nazionale maggiore, altre inventate di sana pianta. Magliette di varie fogge che hanno come unico comun denominatore la scritta “Italia”. Non parliamo poi dei pantaloncini o del miraggio-tute da indossare alle premiazioni. 

Lo scorso 24 Luglio la FIDAL, sul suo portale, ha pubblicato il seguente articolo:

“Master: nuovo abbigliamento Asics - Da gennaio in vendita su AtleticaShop, anche per gli over 35, la linea prodotta in esclusiva da Asics per la Nazionale Assoluta. Nuovo abbigliamento tecnico in arrivo per gli atleti master. Gli over 35 affiliati alla Federazione Italiana di Atletica Leggera avranno la possibilità di vestire la linea di completi gara ideata e prodotta in esclusiva da Asics per la Nazionale Assoluta. Lo sponsor tecnico della squadra Italiana ha infatti messo a disposizione di tutti gli appassionati di atletica e in particolare – in vista delle rassegne internazionali over 35 del 2019 - dei master,  tuta di rappresentanza, canotta, pantaloncino, top e culotte. L’abbigliamento sarà acquistabile a partire da gennaio 2019 nello store online AtleticaShop.” 

Ringraziando per questa buona nuova ci permettiamo di fare le seguenti osservazioni. La prima è che per gli Europei in pista di Malaga previsti per il prossimo mese di settembre ci ritroveremo sempre in stile Armata Brancaleone. La seconda è che sarebbe ora di fornire alcune semplici linee guida che suggeriamo qui di seguito:

1)            Chi partecipa è obbligato ad indossare la divisa di ultimo tipo

2)            Se non lo fa, sarà sanzionato con una multa assegnata alla società di appartenenza che è quella che invia l’iscrizione (non è possibile agire da soli come può avvenire in una gara nazionale non stadia) e dunque è bene a conoscenza della partecipazione del suo atleta. Sanzione di un importo superiore al costo della divisa. E non veniteci a dire che è un costo importante in quanto stiamo parlando di persone che spendono già importi considerevoli per le trasferte, non sono qualche decina di euro che fanno la differenza.

3)            Non tutti devono pagarsi la divisa, i migliori dovrebbero averla gratis dalla FIDAL secondo criteri di merito da stabilire. Per esempio misure di qualificazione, oppure medaglie conquistate in rassegne internazionali precedenti o la vittoria di un campionato nazionale. Come meglio credono.

Perché tutte le volte non si possono fare comunicati esaltando le medaglie conquistate e poi non offrire nemmeno canottiera a pantaloncini in premio. Tanto, adesso non ci sono i soldi di Infront?

 

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Giovedì, 12 Luglio 2018 18:09

Mondiali della 100 km: Fidal chi convochi?

La Croazia in questo periodo sembra quasi al centro del mondo: domenica si giocherà la sua prima finale ad un mondiale di calcio, un grande traguardo per una nazione con 4 milioni e 200 mila abitanti. Ma la Croazia è anche un paese che corre, anzi ultracorre. Il prossimo 8 settembre, nella croata Sveti Martin na Muri, si correrà il campionato del mondo della 100 km. Si correrà in una nazione dove negli ultimi anni il movimento è veramente cresciuto soprattutto a livello femminile: il merito va ad una “banda” di ragazze terribili capitanate da Nikolina Sustic capace quest’anno di vincere 50 km di Romagna, 100 km del Passatore e la Pistoia-Abetone. Ma non dimentichiamoci di Marija Vrajic, altro pezzo da 90 molto conosciuta sulle nostre strade e vincitrice di numerose maratone e ultra. Se a loro aggiungiamo anche Veronica Jurisic ecco che il gioco è fatto!

Anche noi italiani ci saremo e faremo bella figura, sicuramente. Abbiamo una lunga tradizione nella 100 km: molti stranieri, in passato, hanno voluto studiare la materia da noi cercando di carpire qualche nostro segreto. Negli ultimi anni siamo un po’ calati, ma siamo sempre forti e lo dimostreremo. 

Ma un momento…. ci saremo per davvero? Le convocazioni dovevano essere fatte entro il 30 maggio ma al momento non si conoscono i nomi.

 

Come da documento della Fidal (CRITERI DI PARTECIPAZIONE), la scelta degli atleti veniva fatta in base a:

 

  • Atleti preselezionati: Laura Gotti, Giorgio Calcaterra: due nomi ci sono, l’intramontabile ultramaratoneta romano e la parrucchiera bresciana che però è stata dirottata alla maratona degli europei di Berlino che si disputeranno in agosto;
  • Vincitori del campionato italiano della 100 km: e qui non si scappa, gli altri due atleti sono Matteo Lucchese e Daniela De Stefano che vanno di diritto (dopo la sospensione della Pitonzo in attesa della probabile squalifica per doping);
  • Migliori prestazioni tecniche conseguite negli ultimi 24 mesi in manifestazioni ufficiali nazionali e internazionali sulla distanza di 100 Km, purché ricomprese nei tempi limite di 7h15’ (uomini) e 8h30’ (donne): tolti Calcaterra e Lucchese, sotto le 7h15’ troviamo cinque atleti: Andrea Zambelli, Gianluca Tonetti (ma anche lui sospeso in attesa della squalifica per doping), Francesco Ciancio, Hermann Achmuller e Francesco Lupo. Tra le donne, tolte Gotti, De Stefano e ovviamente Pitonzo, non abbiamo nessuna che rispetti questo criterio. Chiara Milanesi ha corso in 8h34’ nel marzo 2017, Elisa Zannoni in 8h43’ l’ultimo Passatore e Federica Vernò 8h52’ quest’anno a Seregno; 
  • Scelta tecnica: qui entrano in gioco Paolo Germanetto (Responsabile tecnico di corsa in montagna, trail e ultradistanze) e Tito Tiberti (Assistente alla direzione tecnica) che dovrebbero valutare il percorso fatto dagli atleti e la loro affidabilità in gara.

 

Siamo al 12 luglio, mancano meno di due mesi all’appuntamento mondiale, ma ancora non sono state diramate le convocazioni ufficiali. 

Le ipotesi possono essere molteplici:

  • gli atleti interessati sanno già che dovranno correre il mondiale in Croazia, si stanno tranquillamente allenando e le convocazioni non sono state rese pubbliche per qualche problema burocratico;
  • gli atleti non sanno nulla, sono nervosi e si allenano (male!) sperando che prima o poi arrivi la chiamata tanto attesa;
  • Germanetto e Tiberti si sono completamente dimenticati di mandare le convocazioni e quando leggeranno queste righe correranno immediatamente ai ripari scusandosi, in primis con gli atleti, per l’inconveniente;
  • Alla Fidal non interessa nulla dell’ultramaratona, fa finta di niente, non convoca nessuno e risparmia risorse economiche da utilizzare in altri settori facendo, di fatto, morire questa nazionale che tante soddisfazioni ci ha regalato in passato.

 

Ci piacerebbe che qualcuno che sa facesse chiarezza, magari gli stessi Germanetto e Tiberti, in modo da rispettare una disciplina che, come detto sopra, tante gioie ha regalato agli appassionati. Attendiamo fiduciosi, l’8 settembre è sempre più vicino!

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Domenica, 01 Aprile 2018 21:42

Torino 15 aprile: troppa grazia!

Da 35 anni Vivicittà è la gara italiana con maggiore partecipazione, coinvolgendo, in una globalizzazione ante litteram, 60 città di cui 12 straniere, nello spirito internazionale della UISP, con classifica unica compensata.

Si svolge normalmente la prima domenica di aprile, ma quest’anno era Pasqua, quindi lo spostamento è stato inevitabile; la domenica successiva si svolgono le due più importanti maratone italiane, Roma e Milano, insomma era giocoforza spostarla al 15 aprile.

A Torino ha sempre coinvolto un migliaio di podisti, ma…

Si narra che il 18 giugno del 1836, quando fu costituito il corpo dei Bersaglieri, il Re, partito subito dopo da Piazza Castello in carrozza, trovò a Stupinigi un reparto dei fanti piumati a rendergli onore.

Rimproverò il generale Lamarmora per averne costituiti due anziché uno come ordinato, ma il generale rispose “Maestà, è lo stesso reparto, che vi ha preceduto di corsa”.

Lo stesso percorso è oggi Tuttadritta, 10 km che attraversano il cuore di Torino in una festa che in 17 anni ha visto al traguardo, ogni volta, oltre 5000 partecipanti. La Turin Marathon prima e la Team Marathon poi, hanno sempre curato la manifestazione con la massima attenzione a misura di podista: servizio navetta, spogliatoi, trasporto borse, classifica con transponder, pasta party finale.

Le stesse considerazioni valide per Vivicittà hanno portato a stabilire anche per Tuttadritta la data del 15 aprile.

Possibile? ma l’Assessore allo Sport Finardi, che a suo tempo impedì l’effettuazione della Royal Half Marathon (di Enzo Caporaso) per “motivi di ordine pubblico” non ha avuto nulla da obiettare?

La FIDAL e la UISP non si sono messe in contatto? e sì che si conoscono le date di Vivicittà fino al 2020 (7 aprile ’19 e 19 aprile ’20); e analogamente dovrebbe essere per Tuttadritta, essendo manifestazione internazionale.

Per fortuna i due percorsi nemmeno si sfiorano, Vivicittà da sempre si svolge tra il Parco del Valentino e i lungopò… ma anche solo istituire un servizio d’ordine per due grandi manifestazioni è tutt’altro che semplice.

A parziale scusante dell’assessore Finardi c’è da dire che in un anno (52 settimane) a Torino si svolgono 20 manifestazioni, di cui almeno cinque con grande partecipazione: le Mezze della Base Running e della Team Marathon, che organizza oltre a Tuttadritta anche la Stratorino e la Maratona, inoltre Base Running ha in calendario anche la mezza Un Po’ di corsa.

C’è poi Just the woman I am del Cus Torino, e la new entry, la Mezza della Felicità di Giannone.

C’è proprio da dire: “troppa grazia Sant’Antonio!” (e vinca il migliore…).

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Il Run Project FIDAL sta entrando a regime e già si vedono i primi “frutti”: due decisioni del Tribunale Federale del 12 marzo, relative alla Mezza Maratona di Caserta del 19 novembre ed alla 11^ Mezza Maratona Terre d’Acqua città di Trino del 26 novembre 2017. Nel primo caso si è rilevata la presenza di 435 tesserati EPS, mentre l’articolo 34.1 delle norme non stadia prevede esclusivamente la partecipazione di tesserati FDAL, IAAF, Runcard e Runcard EPS. Il Presidente Francesco Rivetti ha espresso il suo sincero pentimento per una decisione motivata dalle ingenti spese sostenute a fronte della mancanza di qualsiasi contributo degli Enti. Grazie al comportamento processuale, la pena è ridotta a 20 giorni di inibizione, e la sanzione a carico della Società Reggia Run a 666 euro. Nel secondo caso la gara, non organizzata sotto l’egida FIDAL e non inserita in un calendario condiviso come previsto dalla Convenzione FIDAL EPS, ha visto la partecipazione di 251 atleti tesserati FIDAL e 28 Runcard: situazione particolarmente pericolosa in quanto la copertura assicurativa e medico-sportiva è garantita unicamente ad atleti partecipanti a gare regolarmente autorizzate. L’assenza di un rappresentante della Società alla seduta del 12 marzo non ha consentito un esame di eventuali attenuanti, e l’inibizione del dirigente è di 30 giorni, mentre la sanzione per il GP Trinese è di 1000 euro.

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Venerdì, 09 Marzo 2018 20:04

Stadio Paolo Rosi: accordo Roma Capitale-FIDAL

Approvata il 6 marzo dalla Giunta comunale di Roma la delibera relativa allo Stadio Paolo Rosi, che diventerà finalmente la “Casa dell’Atletica Romana”.  Roma Capitale e FIDAL hanno raggiunto un accordo di cooperazione con l’obiettivo di riqualificare lo stadio partendo proprio dal ripristino del manto della pista di atletica e delle annesse pertinenze. L’obiettivo è quello di promuovere valorizzare e diffondere lo sport, e in particolare l’atletica leggera, nelle varie fasce d’età della popolazione, con particolare riguardo alle categorie disagiate e alla terza età. Verranno inoltre messe a disposizione ogni anno otto borse di studio per i giovani talenti dell’atletica romana.
«Finalmente avremo la Casa dell’Atletica Romana, la quale diventerà un vero e proprio polo di riferimento e di aggregazione per le diverse specialità sportive dell’atletica. Grazie alla convenzione di Roma Capitale con la FIDAL quest’ultima si impegna a ripristinare il manto della pista, restituendo così alla cittadinanza lo stadio in tutta la sua bellezza. Per l’Amministrazione, promuovere lo sport come elemento qualificante la vita sociale, e intendere l’attività sportiva come un percorso di integrazione e inclusione sociale, avvalendosi della collaborazione delle varie federazioni, del Coni e delle società sportive, è obiettivo primario da sempre. Siamo davvero orgogliosi, dopo anni di tentativi vani, di essere riusciti a sbrogliare la matassa e ad arrivare a una convenzione che porterà vantaggi tangibili per tutta la popolazione romana», dichiara l’Assessore allo Sport, Politiche Giovanili e Grandi Eventi Daniele Frongia.
«È una notizia che il mondo dell'atletica aspettava da tempo ‒ commenta il presidente FIDAL, Alfio Giomi ‒ e che oggi accoglie con  grande soddisfazione. È un traguardo che porterà finalmente alla riqualificazione di un impianto chiave per la promozione e la pratica del nostro sport nella Capitale, adiacente al Centro di Preparazione Olimpica dell’Acqua Acetosa. Un ulteriore passo nel solco di una collaborazione tra la Federazione e l’amministrazione di Roma Capitale che ha già portato all'organizzazione congiunta di eventi come la Roma Via Pacis Half Marathon e il Fly Europe a Piazza del Popolo».


Sono cresciuto allo stadio Paolo Rosi. Si chiamava stadio delle Aquile. Ho iniziato l'atletica in età giovanile. Mi ci recavo qualche volta la settimana, dopo la scuola. Vi ho visto correre campioni come Pietro Mennea, Stefano Tilli (mio compagno al liceo scientifico), la Ottey, Donato Sabia, Alessio Faustini, Franco Fava, ecc. Con il tempo il campo di atletica si è deteriorato. Il Progetto Filippide vi ha fatto il suo campo di allenamento, luogo d'incontro con soggetti con disabilità. E' facilmente raggiungibile con i mezzi propri e c'è la fermata del trenino, ma non una linea bus efficiente. Una volta (30 anni fa e oltre) alle 17 d'inverno chiudeva. Ora si era arrivati anche fino alle 20, ma le condizioni interne sono poco felici. Una volta il martedì e il venerdì era riservato al calcio, il sabato al football americano con Nicola Pietrangeli. Ricordo che il giorno dopo gli spogliatoi erano di una sporcizia indicibile.
Speriamo che le promesse siano realizzate. L'atletica è uno sport che permette di relazionarci con il nostro corpo, la nostra mente e con gli altri. Non è da considerarsi uno sport proletario, in quanto i costi non sono indifferenti tra abbigliamento, tesseramento, iscrizione società, iscrizioni gare, fisioterapia in caso di infortuni. Se poi si aggiunge il dover pagare una quota d'ingresso e la doccia post-allenamento, allora divengono ancora più elevati.
Purtroppo spesso l'Italia pare  “una repubblica fondata sul... pallone". Manca una vera cultura sportiva. Per praticare sport necessitano strutture efficienti.
L'augurio è di vivere un futuro più roseo.

 

 

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Sicuramente non sono il primo e credo nemmeno l’ultimo che propone il problema delle quote iscrizione elevate, alcune molto elevate, con l’aggiunta di optional obbligatori e quasi obbligatori.
Mi spiego: alla quota di iscrizione già elevata - per le mezze si arriva a € 30/40, per le maratone intorno a €  60/80 -, per le iscrizioni on-line (anche qui in molti casi obbligate, perché non ci sono alternative) si aggiunge la quota della  transazione, “diritti di vendita”. Col  pagamento tramite carta di credito si aggiungono altre spese per ogni iscritto, anche se si fanno 10 iscrizioni. Con il bonifico iscrivo 10 persone e pago una sola commissione, mentre con la carta pago una commissione ogni iscritto: e questo è obbligatorio per alcune organizzazioni: le banche ingrassano. 

Per non parlare della “furbata” dell’assicurazione per poter trasferire la propria iscrizione ad un altro atleta o posticipare tale iscrizione all’anno successivo. Costo dell’assicurazione altri € 10; ma non è finita perché nel caso di trasferimento iscrizioni chiedono altri € 10 per diritti di segreteria: in pratica chi vuole iscriversi ad una maratona/ina deve quasi chiedere un mutuo!  La Fidal non potrebbe intervenire con qualche direttiva, come obbligare gli organizzatori a stabilire una quota senza pacco gara? Lo so che è già stata sperimentata, ma evidentemente gli interessi degli organizzatori venivano meno e quindi ben pochi l’hanno attuata. 

Se poi pensiamo al pacco gara - sempre più carta e cavolate varie e sempre meno sostanza - la rabbia di chi deve sborsare un sacco di quattrini è evidente. E’ vero che nessuno viene obbligato a partecipare se ritiene la quota elevata, ma è altrettanto vero che sembra che gli organizzatori si siano coalizzati in una specie di cartello, e se vuoi correre è così, altrimentistai a casa. 

Sono rari, ormai, gli organizzatori che pensano al bene dell’atleta, quasi tutti pensano solo ed esclusivamente al proprio tornaconto, si deve avere un buon margine di utile. Ho sentito alcuni organizzatori e tutti piangono miseria, illustrando le spese sostenute, oltre a quelle per la Fidal, per il discorso della circolare Gabrielli, del personale, dei giudici, del pacco gara (ridicolo, perché al 90% sono sponsorizzati). Però non accennano mai alle entrate degli sponsor (vedi striscioni o pubblicità sui volantini) e dalle iscrizioni, che sono un salasso per i partecipanti: pagare 30/40 euro più accessori vari per una maratonina è davvero un furto legalizzato,  che dovrebbe far riflettere chi di dovere. 

Un plauso, invece, ai pochi che mantengono le quote entro limiti decenti, ma soprattutto non permettono alle banche di ingrassare ulteriormente e non chiedono 10/20 euro per un trasferimento del pettorale ad un altro atleta. Da segnalare che questi balzelli favoriscono quelli che corrono con un pettorale altrui, insomma inducono a ‘peccare’ per risparmiare. Si dice di non fare i furbi, che non è regolare o non è permesso, giusto! Per carità le regole vanno rispettate ed è giusto rispettarle, ma perché solo da parte dell’atleta? 

 

NdR. Già, dove è finita la regola Fidal di una quota ridotta senza medaglia e pacco gara?In ambito di deregulation, temiamo che non ci siano troppe regole obbligatorie per gli organizzatori; e almeno la circolare Gabrielli (oltre tutto, interpretata troppo estensivamente, dato che non riguarda gli eventi sportivi di piccole-medie dimensioni) è un salasso per i piccoli organizzatori; molti dei quali infatti danno forfait. D’accordo per il fastidio dei balzelli  sui pagamenti con carta di credito o attraverso certi siti che offrono tutto “cotto-e-mangiato” agli organizzatori: il nostro consiglio è pagare tramite bonifico bancario online, che è gratuito ed è ammesso da quasi tutti gli organizzatori (dieci e lode poi ai pochi che ammettono il pagamento con carta di credito senza sovrapprezzo!). [FM]

 

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Venerdì, 16 Febbraio 2018 22:13

Se ne è andato Marco Martini, storico dell'atletica

Marco Martini non è più tra noi. Nato a Bologna nel 1953, ha speso gran parte della sua vita a Roma. È stato uno straordinario appassionato di atletica e di statistica con il pallino per la ricerca, una ricerca appassionata e scrupolosissima. Atleta in gioventù con la maglia del Cus Roma, i 400 m erano la sua specialità. Nella Capitale si era diplomato all’ISEF nel 1976. Insegnante di educazione fisica nella sua prima vita lavorativa, ruolo che ha espletato sino al giugno del 1982. A parte gli impegni lavorativi (è stato dipendente della Federazione Italiana di Atletica Leggera), Marco ha dedicato i suoi interessi culturali alla storia dell'atletica e alle origini dello sport, divenendo motore dell’ASAI, l’archivio storico dell’atletica leggera, nel quale sino all’ultimo ha svolto un ruolo determinante. Autore di un apprezzato e prezioso lavoro sulla storia dell'atletica maschile, che vide la luce a puntate sulla rivista federale Atletica, e subito dopo fu raccolto nel volume Da Bargossi a Mennea. Co-autore di parecchi libri di storia del nostro sport, ha collaborato con i suoi studi a diverse pubblicazioni specializzate di sport, circo, antropologia del sacro.
È autore anche di diverse voci monografiche (antropologia, circo, colonialismo, donna, etnologia, evoluzione dello sport, religione) sulla Enciclopedia dello sport della Garzanti, meglio conosciuta come Garzantina (2008). Qui di seguito la lista delle sue principali pubblicazioni: Atletica Europea Indoor (FIDAL, 1978); Storia dell'atletica leggera italiana femminile fino al 1950 (1994); Storia dell'atletica leggera italiana maschile (FIDAL, 1995); Correre per essere, origini dello sport femminile (AICS-ASAI, 1996); Storia dell'atletica leggera laziale, 3 volumi (Italia Marathon Club, 2003-2005-2007); Ritorno alle tradizioni (ASAI, 2009); L' energia del sacro: lo sport tra i popoli di interesse etnologico (Aracne, 2014).

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La genesi, i fasti, il crollo, la mancata ricostruzione e le prospettive future

Terza ed ultima puntata

Link Prima puntata -   Link Seconda puntata

Le vere cause del crollo

Oggi riprendiamo il racconto da dove avevamo iniziato la prima puntata. Ovvero le ore 1.35 antimeridiane del 17 gennaio 1985. Dopo quattro giorni e tre notti di nevicate che avevano depositato al suolo circa 90 centimetri di coltre bianca, il tetto del Palasport crolla, per fortuna senza provocare vittime. Gli ultimi sportivi ad utilizzarlo erano stati alcuni ciclisti dilettanti e poi la compagine dell’Inter che svolse una partitella di allenamento, in quanto i campi di Appiano Gentile erano impraticabili e sostanzialmente irraggiungibili. Le precipitazioni record fecero crollare molti altri tetti, fra cui quello del velodromo Vigorelli. Purtroppo le cause del cedimento non vanno ascritte soltanto alla neve ma anche alla mancanza di manutenzione ed all’assenza di comunicazione tra le parti interessate. Occorre ricordare che la copertura era costituita da una serie di funi metalliche che si incrociavano tra loro, che a sua volta sosteneva la struttura di tamponamento, ovvero il tetto. Le funi metalliche, quando sotto carico, hanno inizialmente un allungamento permanente, per cui è necessario controllarle periodicamente ed eventualmente riprendere la geometria della tensostruttura, in modo da rientrare nei valori previsti dal progetto. In seguito fu appurato che durante il decennio di attività, i cavi non erano mai stati controllati e si erano allungati eccessivamente. In conseguenza a ciò la copertura aveva assunto una conformazione anomala. In parole povere si era creata una grossa insaccatura, se così possiamo chiamarla, nella parte centrale del tetto.

Il 16 gennaio, il responsabile tecnico del Palazzone decise di cercare di sciogliere il manto nevoso che aveva assunto dimensioni preoccupanti, in quanto superiori a quelle massime previste in fase di progettazione. Per raggiungere tale obiettivo innalzò al massimo la temperatura interna e prolungò il riscaldamento anche nelle ore notturne. Poche ore dopo ci si accorse con sgomento che l’acqua di fusione formatasi sul tetto non usciva dalle condotte di scarico, in quanto le stesse erano ostruite da ghiaccio misto a sabbia. E ciò era conseguenza del fatto che a settembre, durante i lavori di riverniciatura, fossero stati impiegati dei getti di sabbia per rimuovere la vecchia vernice. Al termine dei lavori la sabbia, anziché essere rimossa, era penetrata nei condotti di scarico, ostruendoli. L’acqua di scolo che scendeva dal tetto aveva poi riempito i tubi, e dato che nei giorni precedenti vi era stato un periodo di freddo intensissimo, si era gelata. I tecnici attuarono allora due manovre disperate, dapprima cercando di rompere le tubazioni di scarico, sperando di trovare una zona non ghiacciata da dove fare fuoriuscire l’acqua di fusione accumulata sul tetto. Fallita questa strada cercarono di forare la volta della copertura, onde consentire all’acqua di cadere sul parquet. Le dotazioni interne si sarebbero danneggiate, ma questo escamotage avrebbe salvato il Palasport. Entrambe le soluzioni non ebbero successo. Nel frattempo il problema diventava sempre più critico perché aveva cessato di nevicare e pioveva diffusamente. Questa situazione non aumentava il peso complessivo che gravava sul tetto del palazzone, ma l’innalzamento della temperatura favoriva la formazione dell’acqua di fusione che date le pendenze andava a confluire nella sopracitata insaccatura. Ciò incrementava la criticità in quella zona. Infatti, aumentando il carico di quel punto, le funi si allungavano ulteriormente, l’insaccatura diventava ancora più profonda e l’acqua affluiva ancora di più. In un circolo vizioso senza fine. Si stima che al momento del disastro, nella zona centrale della copertura vi fosse un carico superiore a 500 kg/m2, mentre il progetto prevedeva un massimo di 140 kg/m2 tra neve e peso proprio delle struttura.

La mancata ricostruzione

Sono molte le ragioni che stanno alla base della mancata ricostruzione. Di sicuro la vicenda processuale che con i suoi tempi lunghi, congelò ogni azione immediata. Tanto è vero che nel 1992 si giunse ad un accordo extragiudiziario tra impresa costruttrice e CONI. Poi l’inserimento di Milano, da parte del ministero competente, in un area considerata ad elevata nevosità. Questo fatto faceva si che le nuove costruzioni dovessero rispondere ad un carico di neve di superiore a quello del progetto iniziale. Sebbene il palasport fosse una struttura già esistente, buon senso suggeriva di fare altrettanto per non correre ulteriori rischi. A ciò andava aggiunta la scomparsa di Rodoni, il Presidente della Federazione Ciclistica e come raccontato nella prima puntata, grande sponsor del Palasport. Inoltre Il CONI stesso che aveva ricevuto un rimborso esiguo dalle assicurazioni, non aveva più intenzione di promuovere e gestire una simile struttura. Bella, ma mangia soldi. Anche il Comune si svincolò e dopo la distruzione con esplosivi di tutta la struttura, le macerie furono evacuate per fare posto ai lavori di miglioria dello stadio e delle zone attigue, in vista dei mondiali di calcio di Italia 90. Macerie che peraltro ospitarono anche loro degli allenamenti sportivi di cui fui testimone. Alcuni pugili venivano portati in mezzo alle macerie dal loro preparatore atletico, l’italo americano Ruti Del Vecchio. Un vero sergente di ferro, in quanto ex-sergente dei marines, reduce dalla guerra in Corea. Una volta sul posto i pugili dovevano intervallare riprese di box figurata a picconate sulle macerie! Nel luglio del 1998 ci fu un ultimo tentativo di rinascita, in quanto la Giunta Comunale approvò una delibera per realizzare un nuovo palasport da 10.370 spettatori da realizzarsi nella stessa area del precedente. Nel 2000 seguì l’approvazione del Consiglio Comunale, ma l’iter burocratico si arenò nel 2003 e da allora non si parla più di ricostruzione.

Come si sono organizzati gli altri sport e gli eventi musicali?

Bene. Nel giro di un anno dal crollo, fu costruito il Palatrussardi, struttura da quasi 9000 spettatori e nel 1990 sorgeva il Forum di Assago che contiene oltre 12000 persone. Basket, volley, tennis, pugilato, concerti e quant’altro hanno trovato una nuova casa. Solo due attrezzature sportive non possono essere accolte in questi impianti, ovvero le piste di atletica e ciclismo. Per quest’ultimo ricordiamo che comunque Milano dispone del Vigorelli (pista rifatta di recente - 8000 posti al coperto) e sempre restando in Lombardia, da circa dieci anni a Montichiari c’è un moderno velodromo indoor che ha una capienza di circa 2000 spettatori.

E l’atletica?

E’ l’unica che non ha provveduto a trovare delle soluzioni. Dopo il crollo del palasport, la sua pista fu recuperata e cominciò a girare in cerca di un tetto. Nei primi anni novanta trovò alloggio a Lodi, in un linificio dismesso, ospitando allenamenti e campionati regionali. Nella seconda parte del decennio fu trasferita nel varesotto, a Castellanza, in un freddissimo capannone dove furono organizzati anche dei campionati nazionali junior e promesse. Da quel momento si sono perse le tracce. L’atletica è restata l’unico sport col cerino in mano. Acceso. Il panorama lombardo è sconfortante. Ci sono solo alcune piste/corridoio da sprint sui 60 metri a Saronno e Castenedolo (BS). In arrivo, dopo laboriosa gestazione anche quello sotto le tribune del campo XXV Aprile a Milano. Di anelli da 200 metri nemmeno a parlarne. Per trovarli bisogna spingersi fuori regione, fino ad Ancona o a Padova. E non è che nel resto della penisola ci sia molto altro. Sostanzialmente due impianti in tutta Italia. Con le aperture ad intermittenza e chiusure di anni a Genova e Torino. Infatti ora sono entrambe indisponibili. Oppure le piste più corte di Parma e Firenze. Prospettive non ce ne sono. Nemmeno oggi, nel pieno di una campagna elettorale forse povera di contenuti, ma certo non di promesse che vengono elargite a piene mani su qualsivoglia argomento. Molti schieramenti hanno promesso di tutto e di più, sia a livello nazionale che regionale. Ma di nuovi impianti indoor per il nostro amato sport nemmeno a parlarne.

Tristezza.

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Giovedì, 25 Gennaio 2018 20:57

Caso Schwazer: condannati i medici Fidal

Il caso Schwazer non finisce mai: nel processo penale di Bolzano, proprio a seguito della testimonianza del marciatore altoatesino, sono stati condannati per favoreggiamento gli ex medici federali Pierluigi Fiorella e Giuseppe Fischetto: due anni con l’interdizione della professione per l’identico periodo. Condannata a nove mesi  Rita Bottiglieri, funzionaria della Fidal all’epoca responsabile dell'Area Tecnica.   

Il verdetto del Giudice Carla Scheidle si riferisce al processo sul primo doping di Schwazer, nell’agosto 2012, quando prima dell’Olimpiade di Londra, era stato trovato positivo all’epo: lo stesso atleta aveva patteggiato otto mesi di condanna.  

Le condanne vanno oltre le richieste del pm Giancarlo Brumante (un anno e dieci mesi per Fiorella, un anno e otto mesi per Fischetto, assoluzione per Bottiglieri) e fanno storia poiché è la prima volta che due medici sportivi, inseriti nella dirigenza di una federazione, vengono condannati per favoreggiamento nel doping (sapevano dell'uso di sostanze dopanti da parte del marciatore, ma non avevano denunciato il fatto).  

Soddisfatto il legale di Schwazer, Gerhard Brandstaetter: “La sentenza del tribunale di Bolzano contro i medici Fidal conferma che Alex Schwazer davanti ai giudici ha detto la verità. Questo per noi è una importante conferma. Prima di commentare una sentenza, alla quale non ho direttamente assistito, voglio comunque vedere e leggere le motivazioni”.

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Mercoledì, 24 Gennaio 2018 09:34

Storia del Palasport di San Siro: 2 - I fasti

La genesi, i fasti, il crollo, la mancata ricostruzione e le prospettive future

Seconda puntata

 

Link Prima puntata

 

L’impianto

La struttura, progettata dall’architetto Valle per quanto riguardava gli aspetti architettonici e dall’ingegner Romaro per la copertura, si distingueva per dimensioni e  bellezza estetica. Proprio  per questi motivi, oltre che per l’innovativa soluzione tecnica della copertura, nel 1976 il progetto vinse il premio della Convenzione Europea per le Costruzioni Metalliche. Il palasport era costituito da una struttura in cemento armato a pianta ellittica, con ben 24 ingressi e che ospitava le tribune poste sui lati della vasta platea. Da questa struttura si innalzavano 35 mensole, distribuite sul perimetro che sostenevano la copertura, coprendo una superficie di 15.500 mq. Il tutto senza colonne intermedie. Bellissima.

La platea accoglieva una pista ciclistica, con curve sopraelevate, di lunghezza pari a  250 metri e con larghezza 7 metri, molto più bella di quella del Palafiera che era più stretta e corta. Vi era poi una pista per la corsa a quattro corsie, anch’essa regolare in quanto lunga 200 metri. Ampi spazi potevano facilmente accogliere tutte le attrezzature per le varie specialità  dell’atletica leggera. Al centro c’era spazio per un parquet per il basket o il volley, anche se quest’ultimo non entrò mai nell’impianto. Oppure il ring per il pugilato, insieme a delle tribune supplementari. In quest’ultimo caso la capienza aumentava da 12.300 spettatori ad oltre 15.000.  Il Palasport aveva pertanto una capacità d’accoglienza superiore al Palazzo dello Sport di Roma ed al mitico Madison Square Garden dell’epoca.

 

I fasti extra-sportivi

Oltre allo sport, il palazzone ospitò molti altri eventi importanti. Nel tardo pomeriggio del 23 maggio 1983, dopo sei secoli dall’ultima visita pastorale papale, Giovanni Paolo II incontrava le religiose  presentate dal cardinale Martini. Ma la lista dei protagonisti è lunga, dalla politica, col leader del PCI Berlinguer, all’opera lirica della Scala. E poi i balletti, Holiday on Ice, Giochi Senza Frontiere. Passando per tanti concerti. I primi ad esibirsi furono gli Inti Illimani, un gruppo folk cileno che ai tempi andava per la maggiore. Gli ultimi furono i Queen. Per non parlare di quella serata estiva con Reinhold Massner, appena rientrato da una delle sue quattordici scalate oltre quota ottomila. Erano presenti migliaia di persone, tanti dovettero addirittura restare fuori e nonostante il caldo allucinante, restammo tutti in religioso silenzio ad ascoltare la sua avventura.

 

Gli altri sport

Come accennato nella prima puntata, il Palasport era nato per accogliere il ciclismo ed infatti era un grande velodromo coperto, buono anche per l’atletica, di cui parleremo nel prossimo paragrafo, ed altri spettacoli, ma poco adatto per altri sport, o meglio per gli spettatori. 

Nel ciclismo, la prima sei giorni fu un successo memorabile, col trionfo della coppia formata dal campione d’Italia in carica, Francesco Moser, e dal belga Patrick Sercu. Accorsero quasi 90.000 spettatori.

Ci fu spazio anche per il tennis al massimo livello. Un torneo WTC con Borg a battere in finale Gerulaitis. La ginnastica ospitò Nadia Comaneci, la prima atleta al mondo ad ottenere un 10. Presente anche la boxe, con incontri validi per la corona mondiale o continentale, come Antuofermo-Warusfel, Arcari-Mattioli, Stecca-Cruz, McCallum-Minchillo che registrarono spesso il tutto esaurito.

Lunghissimo il capitolo del basket, tra tornei della nazionale, campionato e coppa campioni. Erano gli anni della Xerox dello sceriffo del Nebraska, Chuck Jura, ma soprattutto l’inizio dell’epopea dell’Olimpia di Dan Peterson, Meneghin e D’Antoni. Come  spettatore posso purtroppo confermare come, in queste occasioni, si formassero tre gruppi ben definiti, i primi due formati da chi giocava e chi vedeva la partita seduto nelle tribunette a bordo campo. Il terzo si trovava sulle tribune, a distanza chilometrica dal campo e la partita più che altro se l’immaginava. Anche perché ai tempi di tabelloni elettronici che fornissero immagini e replay, non se ne parlava proprio. Non esistevano nemmeno internet o trasmissioni via satellite e quando nel settembre del 1981, per sfidare l’Olimpia, sbarcò al palazzone una selezione NBA capitanata dal Doctor J, al secolo Julius Erving, l’effetto fu simile a quello dello sbarco dei marziani. Ed io non dimenticherò mai un suo terzo tempo, iniziato quasi da metà campo e terminato a canestro. Mi venne subito in mente una definizione di Aldo Giordani, storico commentatore e divulgatore televisivo della pallacanestro. Il basket è atletica giocata. Ebbene, io avevo appena visto il nuovo record mondiale del salto triplo. Con pallone.

 

L’atletica nazionale

Nel 1976, 1977, 1978 e 1980 il palasport ruppe il monopolio di Genova, ospitando i campionati nazionali indoor. A questo proposito abbiamo brevemente intervistato un protagonista di quei tempi, oltre che fruitore della struttura. E’ Franco Ambrosioni, più volte azzurro e nono assoluto alla maratona di New York del 1978: “Ai tempi l’attività indoor non esisteva. In occasione delle mie trasferte con la Nazionale era brutto vedere come invece in Europa gli impianti, anche molto belli, non mancassero. Prima del palasport noi correvamo indoor giusto un giorno all’anno, quando si andava a Genova per i campionati Italiani. Mi ricordo che c’era una pista in legno non bellissima e molto rumorosa. Invece quella di San Siro era un gioiello. Si correva benissimo e per noi corridori di lunga lena era fantastico potersi allenare anche lì e vedere come i risultati del nostro lavoro “organico”, venissero “trasformati” su quell’anello. I 3000 metri erano una distanza troppo corta per me, ma correre vicino a casa e davanti a chi mi conosceva fu un grosso incentivo. Agli Italiani del 1977 vinse Gerbi, ma in quella combattutissima finale a venti, io riuscì a conquistare il terzo posto con una super volata. Ricordo ancora il tempo: 8’12”.”

 

L’atletica internazionale

Tra le date storiche dell’atletica indoor milanese vanno senza dubbio menzionate l’11 ed il 12 marzo 1978, quando per la prima volta in Italia vennero ospitati i campionati europei.

Ai tempi il programma delle gare al coperto non era ricco come al giorno d’oggi. I 200 metri non erano previsti e quindi fu chiesto a Pietro Mennea di regalarci un oro sui 400 metri, dove in 46”51 prevalse di soli 4 centesimi contro il polacco Podlas che anche grazie a qualche scorrettezza gli diede del filo da torcere. L’altro successo arrivò da Sara Simeoni che saltò 1.94 m. L’argento della Bottiglieri sui 400 ed il bronzo di Buttari nei 60 ostacoli completarono il nostro medagliere, spingendo l’Italia al quarto posto, dietro soltanto a Germania Est, URSS e Finlandia.

Questa edizione sarà inoltre ricordata per il cosiddetto “volo di Volodja”. Il russo Vladimir Yaschenko compì qui la sua impresa. Saltando 2.35 conquistò l’oro, il primato continentale e l’imbattuto record mondiale con tecnica ventrale. Fu l’ultimo acuto di una giovane promessa la cui esistenza, condizionata dalla dipendenza dall’alcool e dagli infortuni,  fu molto breve.

Il 6 ed il 7 Marzo del 1982 Milano concesse il bis, con la XIII^ edizione dei campionati continentali al coperto. Cambio degli interpreti in casa Italia, ma conferma al quarto posto nel medagliere, grazie alla doppietta di Maurizio Damilano e Mattioli sui 5 km di marcia, l’argento di Cova sui 3000 in 7’54”12, i bronzi di Evangelisti nel lungo e Di Pace sui 200 metri in campo maschile. Al femminile furono decisive le nostre mezzofondiste. La Dorio vinse i 1500 in 4’04”01. Agnese Possamai, che si esaltava sulle curve del palasport e fece incetta anche di titoli italiani al coperto su questa distanza, trionfò nei 3000 metri col tempo di 8’53”77.

Tra i tanti meeting è giusto ricordare anche ciò che avvenne il 24 febbraio 1977, con la miglior prestazione mondiale di Carlo Grippo negli 800 metri: 1’46”37. Il palasport fece ancora in tempo ad ospitare un paio di volte Bubka. Il re dell’asta aveva già inaugurato la spettacolare e proficua politica del miglioramento centimetro dopo centimetro. Nel febbraio del 1984 fu la volta di quota 5.82 metri.

Nel prossimo articolo parleremo delle cause del crollo, che fine fece la pista di San Siro e le prospettive future in materia d’impianti per l’atletica al coperto. (fine seconda puntata)

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Mercoledì, 17 Gennaio 2018 09:47

Storia del Palasport di San Siro: 1 - La genesi

La genesi, i fasti, il crollo, la mancata ricostruzione e le prospettive future

Prima puntata

 

Premessa

Il 17 gennaio 1985 crollava il Palasport di San Siro che era diventata la casa dei milanesi per molti sport indoor, atletica compresa. A trentatré anni esatti di distanza non è stato ricostruito. Oggi cominciamo una serie di articoli che con cadenza settimanale vogliono raccontare le ragioni per i quali fu edificato e le sue caratteristiche per i diversi sport ed eventi che ha ospitato. Seguirà una carrellata sui suoi otto anni di attività, costellata da eventi importanti. Descriveremo le cause del crollo e la mancata ricostruzione. Vedremo anche come, nel frattempo, si sono riorganizzati i vari sport ed i promotori di altri eventi. Anche qual è stata l’unica Federazione sportiva che dopo il crollo non ha rimediato ed è restata col cerino acceso. Si, avete indovinato. E’ la FIDAL. Ma non vincete nulla: la domanda era troppo facile.

 

Ringraziamenti e fonti consultate

Prima d’iniziare vorrei ringraziare Mauro Gurioli che con il suo articolo pubblicato sul sito www.museodelbasket-milano.it/ mi ha dato lo spunto per questa iniziativa. Partendo dalla sua scrupolosa ricerca ho integrato la stessa con altre fonti. Quindi ciò che leggerete si baserà principalmente su:

  • il precitato documento;
  • l’archivio del Corriere della Sera;
  • articoli scritti dal progettista, l’Ing. Giorgio Romaro;
  • pezzi pubblicati dai siti FIDAL Roma e Milano;
  • alcune interviste con i protagonisti del tempo.

Tutto questo verrà integrato dai ricordi di chi Vi scrive, che è stato spettatore al Palazzone in molte occasioni. A questo punto non mi resta che augurarVi una buona lettura.

 

La genesi

A Milano negli anni cinquanta la disponibilità d’impianti sportivi coperti di grandi dimensioni si limitava al palazzo dello sport ubicato nel recinto adibito ai padiglioni della vecchia fiera campionaria. Nato nel 1933, era stato realizzato con criteri ottocenteschi: una grande platea a pianta ellittica circondata non da tribune, così come intese al giorno d’oggi, bensì da una serie ininterrotta di palchi, disposti in maniera simile a quelli dei teatri dell’epoca. Il montaggio e smontaggio delle tribune era laborioso ed antieconomico. Salvo nelle giornate di gara, il Palafiera, successivamente chiamato così per distinguerlo da Palalido e Palazzone di San Siro, non veniva adeguatamente riscaldato, come mi ricordava Sandro Gamba, giocatore e poi allenatore delle mitiche scarpette rosse del Simmenthal, l’attuale Pallacanestro Olimpia. Faceva un freddo cane, ma per il basket era già un passo avanti rispetto al campo all’aperto di via Washington, oppure alla palestra Forza e Coraggio di via Gallura. Bella, ma con poca tribuna. Qualche volta si ricorreva al palazzo del ghiaccio di via Piranesi, riadattato per l’occasione. Tuttavia si trattava di un costoso e faticoso palliativo.

Fu così che il Comune decise di costruire finalmente una struttura flessibile ed adatta ad alcuni sport indoor, quali il basket, il pugilato, il volley ed il tennis. Con l’inaugurazione del Palalido, alla fine del 1960, ebbe praticamente termine ogni attività sportiva al Palafiera, ad eccezione del ciclismo su pista che anzi godette di grande popolarità grazie alle 6 giorni. L’impianto però non soddisfaceva né gli organizzatori né il pubblico, per cui Adriano Rodoni, vicepresidente del CONI, oltre che presidente della Federazione Ciclistica, cercò in tutti i modi di convincere il Comune di Milano a  realizzare un grande palazzo dello Sport. Ogni tentativo fu vano perché il Comune si era già molto indebitato per realizzare la linea 1 della metropolitana. Rodoni tuttavia non mollò la presa. Ai tempi era una potenza. Per chi non lo conoscesse, si può paragonarlo a Primo Nebiolo, che governò l’atletica mondiale come presidente IAAF dal 1981 fino alla sua morte nel 1999. Analogamente il milanese Rodoni fu presidente UCI, l’Unione Ciclistica Internazionale dal 1957 al 1981. Quindi fallita la strada con il Comune, pensò fosse possibile utilizzare i fondi CONI provenienti da Lotto e Totocalcio che ai tempi convogliavano grosse risorse essendo in pratica i soli giochi d’azzardo consentiti.

E l’atletica? In questo frangente svolge un ruolo marginale. L’attività al coperto praticamente ancora non esiste. Quindi non c’è una vera domanda. Per il primo campionato italiano indoor bisognerà aspettare il 1970, quindi per usare un paragone ciclistico, resta a ruota, in scia a Rodoni, ovviamente ben lieta di ricevere questo possibile nuovo quanto gradito regalo.

 

La costruzione

E’ il 1965 quando il CONI accetta la proposta. Tre i fattori decisivi: Rodoni, la popolarità del ciclismo ed il fatto che Roma avesse avuto in dono, grazie alle Olimpiadi, una serie impressionante di impianti sportivi. Secondo i desiderata del Comitato Olimpico, l’impianto avrebbe dovuto sorgere in zona est del capoluogo lombardo, ma l’amministrazione comunale spinse per farlo vicino allo stadio calcistico in quanto la zona era l’unica ad essere già attrezzata per accogliere un numero considerevole di sportivi grazie ai mezzi pubblici ed agli ampi parcheggi. I punti qualificanti dell’accordo tra CONI e Comune prevedevano che:

  • il CONI avrebbe realizzato il Palazzo e ne avrebbe anche garantito gestione, funzionamento ed operatività, senza alcun onere per il Comune;
  • Dopo 29 anni il Comune avrebbe rilevato la struttura dal CONI ad un prezzo prefissato e pari alla metà del budget stabilito per la costruzione; era data al CONI la possibilità di prorogare la proprietà per ulteriori 29 anni, ma al termine di quest’ultimo periodo la proprietà sarebbe passata gratuitamente al Comune;
  • Il CONI, nell’ottica di favorire non solo lo sport di vertice, avrebbe totalmente finanziato la creazione di alcuni centri sportivi di base nelle periferie cittadine, sempre senza alcun onere per il Comune.

L’arredo interno prevedeva una pista ciclistica di lunghezza omologata, una pista di atletica, oltre alla possibilità di installare attrezzature idonee per ogni sport indoor, inclusa una eventuale superficie ghiacciata. Nel mesi di maggio del 1969 fu finalmente aperta la gara per la designazione dell’impresa costruttrice.  In dicembre dello stesso anno la Commissione proclamò vincitrice la ditta CONDOTTE D’ACQUA con un progetto che prevedeva una spesa complessiva pari a 2,7 miliardi di lire, equivalenti a 1,4 milioni di euro, che con la rivalutazione, ad oggi corrisponderebbero a circa 25 milioni di euro. Il  24 febbraio 1970 veniva posta la prima pietra del Palasport e nel contempo venivano iniziati lavori per le strutture sportive di base: il centro sportivo al Forlanini e sei piscine da realizzare nei quartieri Gorla, Bruzzano, Sant’Ambrogio, Gallaratese, Lorenteggio e Gratosoglio. Tra ritardi, interruzioni e modifiche in itinere al progetto iniziale, servirono 6 anni per terminare l’opera. Il bilancio finale parla di oltre 1.000.000 di ore di lavoro, 27.000 metri cubi di calcestruzzo, 4.000 tonnellate di acciaio, 6.000 metri quadrati di vetro. Il costo finale fu triplo rispetto al budget: circa nove miliardi di lire. Prima dell’apertura, il 10 gennaio 1976  si svolse un meeting non ufficiale di atletica, a porte chiuse, a cui partecipò anche Pietro Mennea. Sabato 31 gennaio 1976, in diretta televisiva, con la conduzione di Mike Bongiorno, il Palasport venne ufficialmente inaugurato. Fu un grande show, con musica, cabaret oltre a molti ospiti sportivi tra cui i ciclisti Alfredo Binda, Vittorio Adorni, gli schermidori Dario ed Edo Mangiarotti, il pugile Duilio Loi.  (fine prima puntata) 

 

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Raffronto Maratone dal 2006 al 2017
Statistica sulle gare di Mezza Maratona 2017
Statistica sulle gare di Maratona 2017 

Terminato il primo anno del Run Project FIDAL è tempo di fare i conti e lasciar parlare i numeri, anche se la statistica, come dice Trilussa, è quella scienza secondo la quale se io mangio un pollo e tu resti a digiuno ne abbiamo mangiato metà a testa.
Cominciamo dalle Maratone: i dati farebbero pensare ad un’esplosione dell’attività da 54.196 classificati del 2016 a 60.819 con un incremento del 12%; in realtà la situazione è più complessa: ci sono 20 gare “anomale”, 14 fanno parte di due manifestazioni con maratone giornaliere consecutive, e 6 sono gare accessorie a latere di ultramaratone.
Sul podio della partecipazione salgono Roma con 13.318, Firenze 8.391, Venezia 5.905; per la media dei primi tre tempi maschili invece troviamo Roma 2h08’40”, Milano 2h09’00” e Brescia 2h10’20”; al femminile svetta Firenze con 2h30’16” davanti a Roma e Milano con 2h30’20”.
Il dato più significativo, invece, poste le premesse, cioè il “monopolio” FIDAL, è la suddivisione delle maratone: 43 FIDAL, 28 UISP (anche se ci sono le 14 di cui sopra), 2 CSI e una “naif” degli Elba Runners.
Il fenomeno però non ha influito sul 2018: le maratone FIDAL perdono quattro manifestazioni, ma ne guadagnano tre e Trieste si accontenta della sola mezza maratona.
I mesi più graditi sono dicembre, ottobre, marzo e aprile: non fanno testo agosto e giugno, in cui si sono svolte le maratone in più giornate consecutive.
Un’ultima considerazione riguardo al ritorno finanziario per la FIDAL; senza riportare i conti al centesimo, considerando 4 gold, 4 silver, 31 bronze e 4 territoriali le tasse approvazione danno circa 81.000 euro: i classificati sono 56.973, ma l’euro si paga sugli iscritti, che sono in media il 12% in più, quindi altri 68.000 euro. Si può allora ipotizzare una cifra intorno a 149.000 euro nelle casse federali.

Molto più complicato il discorso relativo alle Mezze Maratone, dove la creatività italica si è sbizzarrita non poco; dal momento che il termine maratonina non è dotato di copyright è stato usato con gare di 21 km, 21,108 eccetera da Società FIDAL, mentre gli EPS, soprattutto uno, lo hanno opportunamente ignorato arrivando a scrivere non solo km. 21,097, ma anche “omologati” dall’Ente stesso: una fake news, dal momento che, questo sì, la FIDAL è l’unico Ente che, a livello internazionale, ha questa prerogativa. Ma veniamo ai numeri delle Mezze: 255 gare, 183 FIDAL, 56 UISP e 16 altri, tra cui una non competitiva! I classificati sono 205.407 , di cui 177.498 FIDAL, 22.818 UISP e 5.051 altri. C’è da fare un discorso sul variegato mondo FIDAL: 18 mezze maratone fanno parte di una manifestazione unica con la maratona, 12 sono regionali, con il trucchetto di cui ho già parlato. C’è però un fatto molto strano: per caso ho scoperto che la maratonina di Olbia inserita nel calendario nazionale ha però l’approvazione regionale, dai regolamenti sembrerebbe non ammesso, però… Sui podi della partecipazione, della media dei tempi maschile e femminile, i primi due posti sono della Roma Ostia, 9.974, 59’41” e 1h07’50”; poi Milano con 6.358, 1h01’28”e 1h09’33”; il bronzo va rispettivamente diviso tra Verona 5.389, Trento 1h02’12” e Verbania 1h09’50”. Un discorso sulla stagionalità: i mesi d’oro sono ottobre, novembre e marzo. Il calendario provvisorio 2018 riporta 164 mezze maratone FIDAL, vorrebbe dire un calo di 19 unità: in realtà se consideriamo che ci saranno comunque delle maratonine regionali, il calo non dovrebbe essere drammatico, soprattutto legato a quelle manifestazioni che non hanno potuto organizzare la gara nella data richiesta per i regolamenti imposti dal Run Project. Aver portato la distanza chilometrica da 300 a 250 chilometri fa sorridere. Termino anche qui con i conti: considerando 3 gold, 7 silver, 171 bronze e 12 regionali la tassa di approvazione dà un introito di circa 183.000 euro, i classificati sono 177.498, ma sempre calcolando un 12% in più gli iscritti sarebbero circa 213.00 per una somma totale pari a 396.000 euro, con i 149.000 delle maratone fa un totale di 545.000 euro. È proprio vero che i podisti contribuiscono non poco all’attività federale, speriamo almeno che questi contributi diano frutti a Berlino.


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Chiuso storico accordo tra le tre Federazioni che a livello campano, ma soprattutto a livello nazionale, si occupano di Atletica Leggera. Abbattute definitivamente, così, le barriere tra atleti normodati, paralimpici e con disabilità intellettiva relazionale.

Nelle stanze del Coni di Napoli, l’altro giorno, si sono incontrati i presidenti e delegati di FIDAL, FISDIR e FISPES (Sandro Del Naia, Alfonso Palumbo e Alfonso Ancona) per ratificare un Protocollo d’Intesa che li impegna ad una promozione ed alla diffusione dell’Atletica Leggera in maniera sinergica.

“Tale protocollo è il primo in Italia sottoscritto dalle tre Federazione e per questo motivo si può parlare a giusta ragione di risultato storico, dove si vede la regione Campania essere capofila ed in anticipo per quanto concerne lo sviluppo dell’Atletica Leggera su tutte le altre regioni del territorio nazionale”, hanno chiosato i presidenti e delegati di FIDAL, FISDIR e FISPES .

Infatti, attualmente i rapporti tra le tre Federazioni Nazionali sono regolati dal Protocollo d'Intesa sottoscritto nel 2006 tra la FIDAL e il C.I.P. la cui validità, nell'anno 2010, è stata tacitamente estesa, in seguito allo scioglimento del "Dipartimento 3 di Atletica Leggera del CIP", alla FISPES.

Il Protocollo firmato in questi giorni parte dal presupposto che, quello siglato tra le parti nel 2006 necessità di un'ampia revisione soprattutto in funzione del forte sviluppo che l'Atletica Paralimpica italiana ha conosciuto nelle recenti stagioni agonistiche.

Tra le Parti, a livello nazionale, è in atto una proficua collaborazione di carattere organizzativo, non ancora sostanziata in un protocollo operativo, e un costante interscambio di professionalità ed esperienze che può essere un valore aggiunto a servizio dell'intero movimento nazionale dell'Atletica Leggera.

Da oggi in poi, invece, con questo storico accordo firmato in Campania, le Parti s'impegneranno a creare quante più possibili occasioni di integrazione e crescita sinergica agli aspetti di promozione e diffusione dell'Atletica Leggera.

Il presente Protocollo d'Intesa deve essere considerato, pertanto, uno strumento operativo i cui benefici in termini tecnici, organizzativi e gestionali devono concorrere alla sana crescita ed ad un continuo sviluppo dell'Atletica Leggera italiana senza pregiudizi e barriere culturali.

La FIDAL è la Federazione Sportiva Nazionale deputata alla promozione, all'organizzazione, alla diffusione e alla disciplina dell'Atletica Leggera Olimpica in Italia in armonia con le deliberazioni del CIO, del CONI e della IAAF.

La FISPES è la Federazione Sportiva Paralimpica Nazionale deputata alla promozione, all'organizzazione, alla diffusione e alla disciplina dell'atletica leggera paralimpica in Italia su delega del Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e in armonia con le deliberazioni dell'IPC e dell'IPC Athletics.

La FISDIR è la Federazione cui il CIP (Comitato Italiano Paralimpico) ha demandato la gestione, l’organizzazione e lo sviluppo dell’attività sportiva per gli atleti con disabilità intellettiva e relazionale, regolando il più proficuo avviamento alla pratica di varie discipline sportive tra le quali l’atletica leggera.

 

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Venerdì, 29 Dicembre 2017 23:48

Giovinazzo e Babbo Natale: Azzeccagarbugli chi?

La squalifica dell’amico Francesco Cannito non mi ha per nulla sorpreso.
Alla Maratona del Mugello 2015, per motivi pratici, avevo il pettorale ben visibile sulla parte inferiore dell’addome, mantenuto da una cinghia che qualche volta si trova nel pacco gara. Alla partenza, una giudice mi ha fatto notare che il pettorale si chiama tale perché va portato sul petto, e mi avrebbe squalificato se non lo avessi applicato come prescritto dal regolamento. Non ho obbedito alla sua richiesta, logica ma assurda, perché era troppo tardi, non certo per spirito d’insubordinazione. La sfortuna ha voluto che lo stesso arbitro fosse sul traguardo a registrare manualmente i numeri dei pettorali. Ha puntato meccanicamente i suoi occhi sul mio petto, e non trovandolo, ha portato il suo sguardo più in basso, perdendo qualche frazione di secondo che avrebbe potuto dedicare agli altri concorrenti, nel frattempo, sopraggiunti numerosi. “Te l’avevo detto!”, ha esclamato con animo irato, e mi stava squalificando. Non so neanche io perché, poi, mi abbia graziato. Non mi ero vestito né da Babbo Natale né da carnevale. Ero in regola per tutto il resto. Eppure una giudice di una (grande) Regione, che non ha un giudice come Governatore, voleva squalificarmi.
Al pari della giudice toscana, anche l’ultraottantenne Luigi De Lillo, come afferma Roberto Annoscia, conosce i regolamenti “a memoria”, è persona irreprensibile che ha dedicato un’intera vita al volontariato, e soprattutto lucida.
Azzeccagarbugli lui? I suoi detrattori, piuttosto.
Si dimentica che le gare Fidal sono competitive, e la prima regola è che i concorrenti devono riconoscersi. Alle Olimpiadi di Atene, Stefano Baldini non poteva mimetizzarsi sotto le sembianze di un dio greco. E lo stesso vale anche per chi aspira al podio nelle categorie maschili e femminili.
Vi volete divertire travestendovi da carnevale o da Brigitte Bardotte? Bene! Tutte le non competitive sono vostre. Che poi le norme Fidal vadano aggiornate alle esigenze delle maratone di massa, questo è un altro discorso.
Perché a Ravenna sì e a Giovinazzo no; perché a tizio sì e a caio no. Anche coloro che commettono reati gravi adducono queste giustificazioni. Viene punito chi viene scoperto.
Mi auguro che non passi l’interpretazione dell’ammenda di 100 Euro. Le trasgressioni sono tali e tante da rendere la Fidal ancor più ricca e i maratoneti sempre più poveri.

 

NdR: In Spagna il pettorale si chiama dorsal, in Francia dossard. Se ne desume che quando corriamo là, secondo la giudice mugellana, dovremmo spillarci i “dorsali” sulla schiena? E aspetto di vedere quale trattamento sarà riservato in Italia alle atlete che graziosamente esibiscono il proprio “torso” nudo fatta salva l’area off-limits celata dal reggiseno: sarebbe davvero un reato contro l’estetica se fossero costrette a coprirsi con una maglietta su cui spillare il numero (o si potrebbe brevettare un pettorale stile cerotto, non bisognoso di spille?).
Quanto al Cannito, non è che a Ravenna o Reggio non sia stato “scoperto”: semplicemente i giudici Fidal locali hanno usato il buon senso, che evidentemente difetta all’irreprensibile giudice De Lillo, governato dal giudice Emiliano. La Puglia è una “regione etica”, e semmai il giudice De Lillo andrebbe perseguito per omissione di atti d’ufficio e dissipazione di pubblico denaro (l’ammenda da 100 euro è legge, non credo soggetta alle interpretazioni), non avendo proposto per la squalifica o almeno la multa tutti gli altri partecipanti alla maratona che non indossavano la maglietta societaria. E soprattutto quelli vestiti da bersagliere o in altre fogge disdicevoli all’austerità etica regionale, ma ben documentati dalle nostre foto.
La corsa è una cosa seria,  guai a chi ci va per divertirsi! [F. M.]

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