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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

5 novembre - Nella giornata delle quattro maratone italiane, dove la più “italiana” è stata ancora una volta quella di New York con quasi 2400 danarosi connazionali partecipanti, la maratona di Assisi ottiene un risultato discreto in termini quantitativi, con 721 classificati di cui 152 donne, con l’aggiunta di 553 censiti nella 10 km competitiva (cui si è aggiunta una non comp di 5 km).

Per dare un quadro della giornata, la maratona più frequentata in territorio nazionale è stata quella di Torino, con 1319 sulla distanza completa e 1159 sulla mezza; in meno di un migliaio complessivi erano invece sul Lago Maggiore, dove solo 224 si sono cimentati sui 42 km, 144 sulla strana distanza dei 33 km, 429 nella 21 e 149 nella 10 km. Che fine abbia fatto la regola, o almeno l’accordo tra gentiluomini, che cercava di impedire concomitanze, di fronte a due maratone nella stessa regione e in località distanti 125 km l’una dall’altra (Torino-Arona), non so.

Meglio occuparsi di Assisi, di questa dichiarata prima edizione della San Francesco Marathon, nata sotto auspici altissimi che partivano addirittura dal Vicario di Cristo in terra e passavano dal santo più Santo dei santi, sotto la cui basilica avveniva la partenza, e nel cui luogo di morte era stabilito l’arrivo, di faccia alla “cupola bella del Vignola - dove incrociando a l’agonia le braccia - nudo giacesti su la terra sola!”, per dirlo con Carducci: il più anticlericale dei nostri poeti, che però di fronte al Santo prorompeva in un inno di alta spiritualità: “Qual del tuo paradiso in su le porte - ti vegga io dritto con le braccia tese - cantando a Dio: Laudato sia, signore - per nostra corporal sorella morte”.

Cosiddetta prima edizione, dunque, e questo varrà a scusare (almeno in parte) la carenza organizzativa più grave, di cui parlo sotto. Ma molti di noi ricordavano bene le due edizioni della stessa maratona, l’ultimo giorno degli anni 1999 e 2000, con percorso invertito (partenza da S. Maria degli Angeli e arrivo nella città alta), e tracciato che si spingeva a ovest fino a Bastia Umbra, mantenendo invece il giro di boa orientale nella bellissima Spello (vedere foto 68 e 69 allegate). Dunque, gara altimetricamente più dura allora: nella versione odierna il Gps mi dà, tra i 318 metri della partenza e i 152 dell’arrivo, una discesa complessiva di 362 metri, ma con 216 metri di salite; insomma, una cosa abbastanza ondulata, che spiega i tempi non eccelsi dei vincitori: il titolato Lorenzo Lotti, trentanovenne assessore forlivese, si aggiudica la gara con 2.36:54, ben lontano dal 2.30:26 con cui vinse a Busseto nel 2019 e dal 2.31.53 di Messina (per citare una distanza con planimetria omologabile). Precede di oltre due minuti Federico Furiani, di oltre dieci Evgenyi Glyva.
Tra le donne, successo della solita riminese Federica Moroni, 51enne che inanella vittorie in gare di livello tecnico non eccelso e qui ha regolato le compagne con 2.55:35 (il suo primato sta sulle 2.48); la seconda, e sua coetanea, Paola Salvatori sta a due minuti, poi un abisso prima della terza, Cristina Mercuri, che pure ha dieci anni di meno.

Certo però che se riprendo in mano le classifiche delle due edizioni di cui sopra, trovo che col tempo di oggi, il primo uomo sarebbe stato settimo nel 1999 e 12° nel 2000; la prima donna rispettivamente quinta e sesta (la nostra amica reggiolese Antonella Benatti, quinta nel 2000 con 2.54, oggi avrebbe vinto). E, ripeto, gli ultimi 2,195 dei percorsi di allora erano sui tornanti che portano in centro (personalmente, chiudendo fra i 3.52 e i 3.54, ci impiegai un quarto d’ora pulito). Chi lo sa: ma non è da oggi che si scopre l’involuzione tecnica della maratona italiana, che per giunta riposa nelle gambe di atleti con cognomi difficili da pronunciare. Troppo faticoso, per il trentenne discotecaro e tiktoker di oggi, preparare come si deve 42 km: meglio puntare ai prosciutti delle 10 km. Siamo rimasti noi, trenta-quarantenni delle Assisi di allora (eravamo in 897 nel 1999, in 762 nel 2000: ma  all’ultimo dell’anno, coll’eremo delle Carceri sotto la neve e il Subasio ghiacciato!), dove oggi torniamo da settantenni, e i più bravi di noi impiegano un’ora più di allora, ma c’è anche chi sfora le due ore: nel 1999, Giuseppe Togni, classe 1926, finì in 4.34, che gli avrebbe garantito oggi un piazzamento intorno al 350°.

Eppure noi sopravvissuti ci siamo ancora e accettiamo con filosofia il passare degli anni, salutando e incoraggiando i non moltissimi “giovani”, o almeno, più giovani di noi, che a quelle Assisi non c’erano ma in queste ci fanno compagnia; e permetterete il campanilismo di segnalare il 5° posto femminile della carpigiana Silvia Torricelli, una “ragazza” che tra un mese compirà quarant’anni e qui è venuta a fare un pazzesco 3.18 (ma otto mesi fa a Roma era stata sulle 3.10); e di Simona Bacchi, qualche annetto in più e mamma due volte, che in compagnia del marito Alessandro Mascia ha sofferto ma chiuso appena sopra le 5 ore. Né manca Rita Zanaboni, la fornaia del Naviglio, che nel 2000 mi diede 10 minuti, esattamente quelli che stavolta le restituisco io; ed è impossibile non citare Angela Gargano, primatista di tutto, che c’era in 5.07 e c’è oggi in 5.59: “ho combattuto buone battaglie e non ho perso la fede”, potrebbe dire col marito Michele Rizzitelli.

Non è un caso che il nostro primo incontro avvenga sulla tomba del Santo; come alla prima di Milano, sempre in quei tempi antichi, avvenne alla messa in Duomo. Nei tempi antichi Michele ad Assisi arrivava un quarto d’ora dopo di me; ora invece mi supera al km 39,5 e mi infliggerà quasi 4 minuti.

Torniamo alla vigilia, o come dicono in Tv “riavvolgiamo il nastro” (senza dire se intendono i VHS o i Beta o i Geloso o le audiocassette, o semplicemente ripetono una frase fatta senza conoscerne il significato). Questa nuova edizione, accuratamente preparata già in altissime sfere (la prima volta, pre-Covid, che me ne parlò il padre Castrilli, mi pregò di non pubblicare nulla), rinviata e alla fine fissata per questa prima domenica di novembre, si basava su una logistica eccellente della quale mi basterà citare la prenotazione alberghiera attraverso la Pro Loco “Umbriasì” che dava diritto non solo al rilascio tardivo della camera ma anche a una tariffa ridotta sull’iscrizione (40 euro, chi è andato a New York faccia la differenza; il pacco gara contiene una bella maglietta a maniche lunghe, che aggiungerò alle due felpe argento e blu degli anni antichi, ma tuttora in pieno uso).

Scelgo un albergo a 50 metri dal Duomo e 150 dal parcheggio principale della città, nella zona forse più caratteristica e commovente di questo borgo che, anche senza San Francesco, sarebbe tra i più stupendi d’Italia (e poi ci aggiungete Cimabue, Giotto, Simone Martini, i versi di Dante, e alla prossima politicante che esecrerà il “ritorno al medioevo” risponderete: magari!). Ritrovo in albergo una legione di concittadini e colleghi di pratiche podistiche, altri ne vedo al ritiro pettorali presso S. Maria (e alle 18 il vescovo celebrerà la messa per noi, con benedizione speciale), altri in giro per i meravigliosi itinerari delle vie S. Francesco, Mazzini, delle chiese di S. Pietro, S. Chiara ecc.: che emozione vedere le scarpe e le calze di Francesco piagato dalle stimmate (tessute da Santa Chiara?).

La notte diluvia e tira vento, ma siamo confortati dalle parole di Alessandro Mascia, che alle 9,30 di domenica smetterà. Ci incamminiamo verso il ritrovo di piazza S. Francesco, infatti, che sta sgocciolando con 14 gradi, e un quarto d’ora prima del via spunta addirittura il sole, accolto da un applauso che ci asciuga gli occhi lucidi dopo la solenne lettura della “preghiera del maratoneta”: grazie Signore perché mi fai correre e non mi lasci solo al km 35… questo mio correre è una preghiera di lode a te che ripeto anche negli ultimi, interminabili, 195 metri della maratona della mia vita. (Lungo il percorso, leggeremo con occhi più stanchi altri cartelli in tema). Festoso ritrovo con gli amici di tante 42, che lo zelante Roberto Mandelli ha voluto assiepare nel solito magistrale collage qui sopra, una foto che forse assembla (che so?) ottomila maratone percorse in tutto da chi appare (io sono tra i più scarsi: non ancora 400…; Giovanni Baldini punta più in alto, ed ha appena finito di scalare attorno a quota 6000).

E si va: un km e mezzo di discesa, nemmeno tanto veloce perché siamo intruppati; poi l’arrivo a S. Maria, primo ristoro di sola acqua e insufficiente a contenere le richieste (decido di soprassedere). Si va per la piana del Subasio, fino a Rivotorto dove ci si entra in una via parallela alla superstrada che grosso modo seguiremo fino a Spello, passando il controllo della mezza poco prima. Uno dopo l’altro, gli amici mi passano: aspettavo Paolino Malavasi verso la metà, invece già al 15 mi supera, con Vanni Casarini cui ricordo il nostro sprint a Malcesine, chissà se in questo o nel secolo precedente. Vanni è troppo più forte, andrà addirittura a prendere Maurito Malavasi sul limite delle 4.45, ma anche papà Paolino mi resterà sempre davanti, accumulando al traguardo una decina di minuti.

Una allegra giovane signora mi raggiunge canticchiando “tu sei stanco, tu sei stufo”: ometto il suggerimento sul modo con cui potrebbe rivitalizzarmi (anche perché sta con una amica e non so se pure a questa poi verrebbero tentazioni poco francescane), e una decina di km dopo, quando le risorpasserò, farò semplicemente notare la mia presenza: ricevendo in risposta solo un sospiro pre-agonico.

Dopo Spello comincia la parte meno godibile del tracciato, un rettilineo infinito di almeno 3 km, poi una curva e un altro rettilineo, quasi tutto contro vento in direzione di Cannara: altro borgo delizioso, col centro storico oltre il fiume Topino (ricordato da Dante in quell’immortale canto XI del Paradiso) che percorriamo in tondo, rendendoci però conto (io almeno) di non averne più.

E’ facile trovare la scusa nella scarsezza o addirittura assenza dei ristori: di sola acqua fino a metà (in uno compaiono pallidi integratori), poi senza bicchieri al km 25 ma in compenso con minimozziconi di banane che un po’ ci alleviano l’arsura; sola acqua al km 30 (stanno versando le bustine di integratore in altre bottiglie d’acqua: aspetta e spera), acqua integratore e banane al 35, niente di niente al 40. Evito di coprire di insulti gli addetti ai ristori, ma santiddio, quando vedete che avete gli ultimi 50 bicchieri o le ultime dieci bottiglie d’acqua, non potete telefonare agli altri ristori, o al limite al traguardo, perché vi portino soccorso? In qualunque posto, sarebbero bastati 5 minuti di auto per recapitare materiale; o malissimo che si mettesse la cosa, suonate a una casa vicina… Al km 28 una signora davanti a casa sua ha in mano una bottiglia di acqua frizzante fresca, e le impartisco una benedizione degna di San Francesco: non sarebbe stato vietato fare una ricerchina del genere, alla peggio in direzione di qualche fontanella pubblica.

Comunque, ripeto, questa è una scusa, e potrei sommarci una sciatica che mi salta fuori al km 30 e mi impedirà di spingere con una gamba per il resto della gara; ma so bene che il motivo alla base rimane “senectus ipsa est morbus”, e che comunque l’Assunta Fava, che mi raggiunge al km 36 e alla fine mi darà 8 minuti, mi batte perché è più brava e più fresca di me. In maratona non c’è l’arbitro venduto che ti regala o nega il rigore: chi arriva davanti vale di più, e se nella mia classe di età risulto decimo su 21, significa che 9 sono più bravi di me e 11 meno bravi (o, diciamo, più sensibili alla sete, che però fa arrivare al traguardo anche me con le labbra screpolate).

Ultimi km un po’ squallidi, prima dell’arrivo scenografico a S. Maria. Bel medaglione, pesante, tondo e dorato come usava una volta; soccorso immediato, dopo l’arrivo, con acqua fresca, prima di costringerci ad altri 150 metri per il tendone dove sta un ristoro più vario (mica tanto: acqua, pallidissimo integratore, pane con l’olio, spicchi d’arance e banana). Lo speaker continua a scandire i nomi di chi arriva, compresi i mostri sacri, i “millenari” Gambelli, Ancora, Zanta, Zanaboni, Gargano; le navette continuano a riportare verso gli alberghi di Assisi chi ne ha bisogno: nel mio, il late checkout verrà allungato senza problemi, per una doccia rigeneratrice e una ripartenza nel sole, e verso il tramonto, nell’aurora boreale.

Non so se sia l’effetto-maratona: ma l’indomani all’una, su Rai 3, l’ubiquo Paolo Mieli, seeempre accompagnato dai suoi gioovani stooorici o semmai attori di wikipedia, dedica il “Passato e presente” alla storia di S. Francesco. Eppure sul Santo ci basta Dante: “Pensa ormai qual fu colui che degno – collega fu a mantener la barca – di Pietro in alto mar per dritto segno… qual segue lui, com’el comanda – discerner puoi che buona merce carca”.

Mercoledì, 01 Novembre 2023 17:57

Bondeno (FE) – 30^ e “ultima” Spadzada

1° novembre – Si torna a Bondeno, per la gara più agonistica della giornata mediopadana, di cui si annuncia l’ultima edizione, e forse per questo la partecipazione è aumentata (chissà che non sia lo stesso stratagemma della non lontana Crevalcore, dove ogni anno la maratona è annunciata come ultima). A Bondeno la classifica finale mette in fila 174 atleti contro i 140 del 2022, anche grazie all’apporto di società extraferraresi come i Modena Runners che portano al via 25 competitivi per il loro campionato sociale.

È passato un anno, ma il ponte in centro paese è allo stesso punto di prima (cioè inagibile)

https://podisti.net/index.php/cronache/item/9431-bondeno-fe-29-na-spadzada-par-bunden.html

e dunque siamo tutti sottoposti a quel paio di km in più, segnalato sì e no. Gioiscono i benzinai, aspettiamo il parere di Greta e dell’Arpae. Nessun problema comunque per i parcheggi, mentre la zona del ritrovo è totalmente pedonalizzata.

Ci accoglie la voce di Michele Marescalchi, che dà il via e registra gli arrivi delle competizioni giovanili, in anteprima a quelle degli adulti: questi ultimi hanno a disposizione 9 km competitivi e 5 non competitivi. Come d’abitudine, molti col pettorale non comp da 3 euro fanno i 9 km da 10 euro: la differenza starà nel pacco gara (quest’anno, niente zucca ma pasta, vino e bevande), oltre che nella classifica garantita solo per quelli che hanno il chip.

A vincere è Federico Antoniolli, un bondenese del 1985, in 30:34, a 50 secondi dal tempo del vincitore 2022, ma oggi 11 secondi meglio di Buono De Togni (Tornado), e con un netto vantaggio su tutti gli altri (il terzo, Antonio Adamo, accusa un minuto dal primo).

Più numerosa e qualificata dell’anno scorso la partecipazione femminile, che segna il trionfo della reggiana Rosa Alfieri, classe 1970, 26^ assoluta in 35:38, cioè due minuti meno della vincitrice 2022 e, oggi, 33 secondi meglio di Elena Agnoletto (1979, Formignana), con la terza, Rosanna Albertin, a un minuto e mezzo.

Percorso rigorosamente chiuso al traffico (la parte più bella erano i primi sinuosi km sull’argine del Panaro), e ottimamente presidiato; ristoro unico, solo al traguardo, un po’ lento: quando tocca a me (religiosamente rispettando la coda) sono finiti i bicchieri e bisogna andarli a cercare. Premiazioni dei meglio classificati, ricche per le categorie non veterane e molto avare, secondo tradizione, per gli over 53 anni.

Ci si vede, o non ci si vede, tra un anno.

22 ottobre – La 3^ Maratonina del Culatello era la terzultima delle 21 prove del circuito provinciale podistico di Parma, e valeva come prova unica per il titolo di campione provinciale della specialità. Così denominata perché incentrata in una delle aree regine al mondo del mangiar bene, cui è anche intitolato uno dei tre itinerari gastronomici della provincia (la “Strada del Culatello di Zibello” lungo il fiume Po, nella terra d’origine del Culatello, della Fortana e della Spalla Cotta di San Secondo); ma è anche la terra dove i lettori di Guareschi, più che i semplici spettatori dei film, ritrovano i luoghi dove sono ambientate le storie del Mondo Piccolo.

Non a caso, Guareschi è nato a 8 km da Zibello, a Fontanelle: qui la sua casa natale ha ancora il balcone da cui il leader socialista Giovanni Faraboli, ispiratore del personaggio di Peppone, espose il neonato Giovannino al popolo radunato per il 1° maggio 1908 (foto 22-27); ed alla piazza del capoluogo Roccabianca, ed alla sua chiesa (foto 17-21), pensava quando vi immaginava i suoi eroi, che poi vagabondavano per i dintorni, da Stagno a Ragazzola al Crociletto a Diolo coi suoi due campanili, e soprattutto sull’argine del Grande Fiume percorso allora dalle strade di grande comunicazione e ogni tanto attraversato da ponti di barche (si tentò di farne uno, nel dopoguerra, anche a Zibello, ma la cosa ebbe esito solo nel 1980 e non esattamente in corrispondenza del paese).

Non sarà un caso che Gian Carlo Chittolini, padre della maratona verdiana e della 50 km di Salsomaggiore, aveva immaginato una maratona guareschiana, da svolgersi appunto il 1° maggio, congiungendo idealmente l’area di Zibello-Roccabianca a quella di Roncole-Busseto (dove Guareschi visse gli ultimi anni, è sepolto e ha lasciato un grande archivio-museo) ed a Brescello, divenuto “il paese di don Camillo” per merito del regista Duvivier che non ritenne abbastanza fotogenica la piazza di Roccabianca. L’idea non si realizzò, eppure anche ora il 1° maggio è una data cui manca una grossa 42, dopo il flebile esito di quelle tentate in Piemonte (ma purtroppo Chittolini si gode una seconda giovinezza a Tirrenia e pare che si trovi troppo bene in riva al mare per aver nostalgia della Bassa).

Veniamo a oggi, anticipando che la maratonina (due giri quasi uguali, metà su strada e metà sull’argine del Po, il che ha prodotto un dislivello complessivo di 50 metri), con alcuni passaggi suggestivi tra cui la bellissima chiesetta sul fiume al km 8-19 (foto 15-16, 34-38), monumentata da lapidi con brani di Guareschi, Pavese e di quell’altro cantore del Po che fu Riccardo Bacchelli, è stata vinta da Claudio Tanzi (M 45 del Circolo Minerva) in 1.15:57, un minuto e 15” su Simone Pau (M 40, Casone Noceto) e 1’30” su Michele Capretti, under 34 del Casone. Noterò che il 19° assoluto si chiama Giovanni Guareschi (CUS Parma).

Tra le donne ha prevalso Blerina Blegu (F 45 del Marathon Cremona) con 1.25:46, per cui il titolo parmense è andato a Silvana Cristaldi (FM 40 del Casone), 1.27:45, davanti alla compagna di squadra e coetanea Evgeniya Kovaleva (1.29:52). Appena dietro, con 1.30:36, è giunta la vecchia amica (s’intende per data di conoscenza, che risale al secolo scorso in terra veneta) Emanuela Pagan, alias signora Fanfoni, ovviamente Polisportiva Torrile, mamma della biondissima Aurora e valida insegnante di sport per i più giovani.

E lasciatemi andare verso il fondo della classifica (227 arrivati, non male, senza contare i partecipanti alle 5 e 10 km Fiasp) per salutare la campionessa delle M 75, Raffaella Dall’Aglio del Casone, compagna di infinite corse emiliane (ne ricordo una a S. Ilario il giorno di Pasqua, forse trent’anni fa).

Giro, come detto, piacevole sebbene ci sia mancato qualche tratto nel greto del Po come sogliono darci i vicini reggiani; in compenso, dall’alto dell’argine lo sguardo spaziava sui tanti campanili che punteggiano questi territori. Un solo dubbio di segnalazione sul percorso, proprio a 400 metri dall’arrivo con l’ingresso nel rettilineo finale del quartiere Pallavicino (foto 11): siccome ci si arrivava, nei due giri, da due direzioni opposte, si era pensato bene di non mettere frecce né sbandieratori; meno male che nel primo passaggio ho visto il Fanfo che portava a spasso l’Aurora e mi sono diretto verso di lui…

Iscrizioni della competitiva, per i “foresti” non iscritti al campionato, a 10 euro + 3 di affitto del chip (col corrispettivo di una maglietta griffata); per i non competitivi, secondo le tariffe Fiasp. Quattro ristori in gara, di sola acqua (non ditelo a Giangi), mentre al traguardo c’erano anche succhi di frutta, biscotti e dell’ottima crostata.

C’è tutto il tempo, prima di rientrare a casa, per rivedere i luoghi guareschiani di cui dicevo, che includono le memorie di Faraboli e del grande critico cinematografico Pietro Bianchi, pure lui di Fontanelle e quasi coetaneo di Guareschi, coi cui giornali collaborò sotto lo pseudonimo di Volpone, venendo infine a morire a Baiso nel reggiano nel 1976. Si corre sempre volentieri, ma la corsa non è tutto nella vita.

Marano sul Panaro, 15 ottobre – Erede di una corsa nata da pochi anni per sostenere le scuole locali, questo Marun (nome che in bocca lombarda non suonerebbe molto elegante) ha imboccato più decisamente la via del fuoristrada, assegnando al percorso lungo di 16,5 km il nome di “Tre Croci Trail”.

Già, perché non c’è montagna che si rispetta che non abbia tre croci su un cocuzzolo (magari, come succede a Scandiano, croci sommerse dalle antenne di radiotv e telefonini), e in attesa che quelli là non chiedano e ottengano dal CAI il loro sradicamento, gli organizzatori podistici ne fanno meta o intermedio di apprezzate gare.

Non poteva essere diversamente qui a Marano (per i non modenesi: paesone poco a sud di Vignola, all’incrocio di strade importanti per Sestola, Bazzano-Bologna, Serramazzoni, e di altre stradine sui due versanti della Valpanaro predilette dagli allenamenti podistici), dove il podismo che conta è gestito da Mud&Snow, negozio e società sportiva ricca di adepti e iniziative, tra cui la consuetudine dell’allenamento serale su due percorsi fissi, uno dei quali è stato sfruttato nella corsa di oggi (cui si è affiancata una non competitiva di circa 8 km, che dicono molto gradevole come appare da alcune foto del servizio allegato).

Percorso circolare, che dopo 4,5 km sostanzialmente in piano a quota grossomodo di 150 metri lungo la carraia che fiancheggia la riva sinistra del Panaro, si inerpicava per circa 3 km (corribili solo dai campioni) fino a un’altitudine massima di 540 metri; dopo di che, raggiunto il crinale, ovviamente dotato di saliscendi abbordabili, costeggiava a distanza il bellissimo borgo di Denzano (dove nelle prime edizioni di questa gara c’era il giro di boa), saliva alle Tre Croci, con un bel panorama che foschia permettendo si estendeva fino a Modena e oltre, per poi discendere su single track (da affrontare con cautela, delicato ma non pericoloso) e qualche breve tratto di asfalto fino a circa il km 11. Poi ultima risalita (anche qui, i campioni avranno corso, non certamente quelli del mio entourage) fino a una grande acetaia/agriturismo, e il ritorno a Marano per la discesa asfaltata che in senso opposto conduce a Villabianca (altra meta di una corsa a cronometro ormai leggendaria, che partiva dall’altro versante, quello di Castelvetro).

Il Gps mi conferma 16,650  (a un vicino di gara dava più abbondante) e in merito al dislivello sta sopra i 600 metri (rispetto ai 500 promessi dal regolamento). Quanto al risultato, è stato un trionfo incontrastato del triatleta olimpico (Londra 2012) Davide Uccellari, modenese qui coi colori MDS, che in questi giorni ha compiuto 32 anni e li ha festeggiati con 1.13:30, cinque minuti e mezzo sul secondo William Talleri e nove sul terzo Andrea Aldrovandi.

Analogo dominio tra le donne, dove Mirela Alice Cerciu (Corradini Rubiera), che curiosamente ha appena compiuto anche lei gli anni (30), con 1.32:12 ha dato 5’15” a Ramona Barbieri e quasi 11 a Sonia Lauria.

Solo 100 sono gli arrivati della classifica ufficiale (fornita da Endu-Evodata), e qui mi si conceda una duplice tiratina d’orecchie: a occhio, i partenti (vedi foto a sinistra del collage di copertina, come al solito messo insieme da Roberto Mandelli) saranno stati il doppio, incluse amiche amici e conoscenti miei ma di cui non farò il nome perché non li vedo in classifica. Evidentemente avevano il pettorale non competitivo, che in teoria li avrebbe dovuti limitare agli 8 km.

Se questo non è un atteggiamento corretto al 100%, bisogna però guardare anche l’altro lato della cosa: l’iscrizione costava 18 euro, dunque un po’ più del canonico euro/km, ma soprattutto le procedure erano complicatissime, gestite non da Mud& Snow ma dalla Proloco di Marano, che si valeva di un sito spagnolo (!) che pretendeva una quantità industriale di moduli da compilare (manco fossimo ancora al tempo del Covid), e poi si faceva anche la cresta di € 1,80.

Posso dunque capire (non giustificare!) la rinuncia di molti ad acquistare il pettorale competitivo: personalmente l’ho acquistato, ma per esaurimento mentale e in segno di sfida non ho compilato la dichiarazione di scarico di responsabilità, e alla consegna del pettorale nessuno me l’ha chiesta, come non mi ha chiesto il certificato medico che saremmo stati obbligati a esibire (in Spagna sono rimasti alle gride manzoniane firmate da Ferrer e dal conte di Olivares?).

Cresta identica di 1,80 imposta anche per la non competitiva, il cui prezzo base era di 3 euro (ma bisognava stare attenti a cancellare l’assegnazione della maglietta, altrimenti vi costava altri 10 €) e dunque con una tassa del 60%. Ecco la ragione della duplice tiratina d’orecchie (meno male che non c’era Giangi, che avrebbe risolto alla radice il problema-prezzi).

Peraltro, il percorso era gestito impeccabilmente, segnatissimo e con numerose “frecce umane” che indicavano e sorvegliavano gli incroci; tre ristori sul percorso e uno in fondo, ben forniti di liquidi, solidi (dalla frutta alle torte) e di belle ragazze a servirci (come vedete dalla foto in basso a destra del collage mandelliano). Spogliatoi con docce a fianco dell’arrivo; possibilità di pranzo a prezzo convenzionato; pacco gara che includeva maglietta, asciugamanini, marmellata e gadget minori. Premiazioni ai primi e alle prime dieci assolute, senza categorie.

Parcheggi carenti in zona (pieno centro del paese), salvo infilarsi in una piazzetta senza uscita a sinistra della partenza, bella comoda ma dove, guardando bene, un divieto d’accesso “salvo autorizzati” si nascondeva tra le chiome rigogliose e non potate di un albero, restando invisibile a chi entrava stando seduto alla guida. Speriamo che l’eventuale fotocamera sia gestita cum grano salis, e così potrei confermare la risposta alla domanda postami da chi mi ha messo al collo la medaglia (per la precisione, un rettangolo di plastica rossa di cm 7x3 con bassorilievo e traforo): Ti sei divertito? – Certo che sì!

14 ottobre – In un pomeriggio caldo al punto giusto, Maranello ripresenta la sua camminata “di solidarietà” (3 euro l’iscrizione normale, 8 quella sostenitrice) per i bambini di Rio de Janeiro e delle missioni in Amazzonia gestite dall’eroico don Maurizio Setti (per dieci anni parroco a Modena dopo esserlo stato a Fiorano, e dal 1998 missionario oltreoceano) e sostenute anche dall’Uisp Modena.

Non moltissimi i partecipanti (a occhio, quelli partiti all’orario ufficiale delle 16 non superavano i duecento, e aggiungi pure un centinaio di partiti alla spicciolata); fa piacere l’aver visto varie famiglie con bambini piccoli, perlopiù sul percorso corto di 3.4 km, ma alcuni sul tracciato di 7.8 km, un gradevole “otto” ricavato in prevalenza sui parchi collinari immediatamente a sud del centro storico, con un dislivello complessivo di quasi 200 metri. Giro ottimamente presidiato dai vigili nel tratto urbano, e da molti volontari nelle zone campagnole. In discesa supero una giovane mamma che sta spiegando al suo bimbo (3 anni al massimo) che gli alberi hanno le radici per stare fermi; aggiungo che con le radici bevono l'acqua e mangiano anche la cacca, che per loro è buona. E lui mi chiede: anche la pipì? Certo, gli dico; se fai pipì sotto un albero lui ti dice grazie. Ma - aggiunge la mamma - i vigili ti fanno la multa.

Tra i podisti adulti che non mancano mai, c’erano specialmente gli affiliati alle società di Cittanova e Madonnina: dalla Cecilia con sorella, figlio e marito Italo (cui devo le foto usate per il collage), ai Malavasi al completo (Simona, Paolino & Maurito), a Giuseppe Cuoghi felice della sua nuova residenza a Piumazzo dove respira senza più ossido di carbonio la stessa aria dell’insigne Valerio Massimo Manfredi; a Micio Cenci, oggi in veste di fotografo mentre a corcamminare provvedeva la moglie Lella;  fino a Giangi, al cui arrivo dopo un’ora e trenta era per fortuna ancora presente il ristoro dotato di frutta e di tè, davvero squisito (al pari di quello del ristoro intermedio): ho detto a chi l’ha preparato che è, senza esagerare, tra i migliori del calendario podistico di quest’anno, non troppo felice per le corsette.

Domani si penserà al cronometro, e le occasioni non mancano: per oggi, siamo felici di aver “dato” in questo modo.

Correggio (RE) 8 ottobre - Saimir Xhemalaj, il forte atleta ventinovenne in forza ai Modena Runners, ha messo con 1.13:12 il suo sigillo sulla maratonina, organizzata all'interno della 39^ Camminata di S. Luca. Singolare che abbia battuto per 31 secondi uno degli organizzatori del circuito Five Road Race, Emilio Mori, quindici anni di più, valido evidentemente sia come organizzatore sia come atleta. Terzo è giunto addirittura un "ragazzo del 71", Enrico Rivi, 1.16:55.

Tra le donne, ennesimo successo con 1.29:50 di Rosa Alfieri (1970, risultata vincitrice anche dell'intero circuito), tre minuti e mezzo davanti a Evgenya Kovaleva e cinque davanti alla terza, Lorena Belli. 293 i classificati, cifra decisamente alta per la zona.

Con questa gara si è chiuso il circuito Five Road Race, la cui classifica finale annovera 659 atleti, di cui 518 uomini e 141 donne.
Il gruppo organizzatore commenta: “Questo circuito è nato sulle ceneri che il covid ha lasciato nel mondo podistico modenese/reggiano – sono le parole di Andrea Baruffi, Emilio Mori, Luca Taroni, Sonia del Carlo e Vidmer Costi - partito con l’obiettivo di unire le forze per sostenere la partecipazione alle gare, e oggi divenuto una realtà importante che mette insieme 5 delle più belle gare del territorio. Ringraziamo i volontari, gli atleti e Macron che ci sostiene con i premi”.

In un periodo storico in cui tutte le manifestazioni podistiche competitive segnano un meno, il circuito ha avuto un notevole incremento di iscritti. Questo a conferma del fatto che la qualità delle gare, la bellezza dei percorsi e la perfetta armonizzazione da cui è composto il circuito ottiene un parere favorevole da parte dei podisti emiliano romagnoli. Per entrare in classifica bastava partecipare a 4 delle 5 gare in calendario, e il punteggio rispecchia il piazzamento ottenuto in classifica. A titolo di esempio: se un atleta arrivava decimo otteneva 10 punti, se primo ne otteneva 1.

I commenti degli atleti sono unanimi: piace la genuinità che si respira alle gare, l’attenzione ai particolari da parte degli organizzatori, i luoghi unici in cui si sviluppano le gare (come il Novisad di Modena, il Vertical sulle colline di Ospitaletto o i vigneti della Staffetta di Borzano).

Il comitato organizzatore sta già lavorando alla terza edizione e promette diverse novità!

 

I vincitori.

MASCHILE

1° a 51 pt.

_ DAVOLI FEDERICO 1986 UISP PODISTICA CORREGGIO A.S.D.

2° a 55 pt.

_ POGGI FABIO 1977 UISP SAN VITO POL. A.S.D.R.C. E.T.S

3° a 75 pt.

_RINI GIUSEPPE 1981 UISP G.P. AVIS NOVELLARA

4° a 103 pt.

_ TONI FABIO 1978 UISP A.S.D. SPORTINSIEM

5° a 105 pt.

_ RIVI CLAUDIO 1978 UISP A.S.D. SPORTINSIEME

6° a 111 pt.

_ CAPARRUCCI MAURO 1971 FIDAL POD. FORMIGINESE

7° a 146 pt.

_ IORIO PIETRO 1979 UISP G.P. AVIS NOVELLARA

8° pari merito a 172 pt.

_ PEZZONI ARONNE 1980 UISP UISP COMITATO TERR.LE MODENA APS

_ SALICI MIRCO 1984 UISP TEAM MUD & SNOW ASD

10° A 203 PT.

_ BOZZOLI GIOVANNI 1984 UISP CASTELFRANCO POL. ASD APS

FEMMINILE

1ª con 16 pt.

_ ALFIERI ROSA 1970 UISP CIRCOLO MINERVA ASD

2ª a pari merito a 48 pt.

_ MALVOLTI ELENA 1979 UISP A.S.D. SPORTINSIEME

_ PAGANI ILENIA 1976 UISP CIRCOLO MINERVA ASD

4ª a 68 pt.

_ PEDRELLI FEDERICA 1976 UISP CIRCOLO MINERVA ASD

5ª a 91 pt.

_ PIGONI CARMEN 1963 FIDAL ATLETICA MDS PANARIAGROUP ASD

6ª a 104 pt

_ BERNINI PAOLA 1964 FIDAL A.S. LA FRATELLANZA 1874

 

I numeri delle gare:

217 arrivati – 5MILA DEL NOVISAD + 161,45% rispetto al 2022

228 arrivati – 10MILA DELLA BILANCIA + 28,09% rispetto al 2022

190 arrivati – VERTICAL OSPITALETTO + 77,57%  rispetto al 2022

170 arrivati (85 coppie) – LA STAFFETTA DI BORZANO + 51,79%  rispetto al 2022

293 arrivati – MEZZA DI CORREGGIO + 34,68% rispetto al 2022

 

8 ottobre – La Camminata Petroniana (chiamata così, credo, per essere corsa in prossimità della Sagra di San Petronio) è probabilmente la più bella di Bologna, dopo l’inarrivabile maratonina dei colli che in parte ne ricalca il tracciato. Organizzata dalla Polisportiva Porta Saragozza, alla sua nascita era patrocinata da una delle più grandi podiste bolognesi, Iside Bentivogli più volte protagonista sulle lunghissime distanze nazionali (e qualche volta, negli anni Novanta quando andavo forte, compagna di maratonine a ritmo folle sotto 1h35, con le sue colleghe di allora, la Montebugnoli, la Bonzagni e altre).

Gara, questa Petroniana, tra le più prestigiose del coordinamento, poi deve essere successo qualcosa: ricordo che un anno, l’offerta degli organizzatori di pane e mortadella venne presa un po’ troppo alla lettera dai partecipanti, che fin da prima della partenza si preoccuparono di sbafare piuttosto che di correre, e magari anche di acquistare il pettorale: da qui la definizione di “morti di fame” per un buon numero di podisti “coordinati”, e la defezione della Petroniana dal calendario ufficiale (che, Covid o non Covid, dopo la dipartita di Pareschi fa acqua più di un barcone per Lampedusa).

Sta di fatto che oggi la gara ufficiale della provincia si svolgeva a Sala Bolognese (e chissà se valgono ancora le minacce del Coordinamento 2018 per chi non ci andava: http://podisti.net/index.php/commenti/item/2743-il-comitato-podistico-di-bologna-minaccia-sanzioni-agli-indipendentisti.html ); alla facoltà di Ingegneria invece (quella costruita secondo il modello delle Università tecniche tedesche, e con la pianta a forma di M per intuibili ragioni), per la gara ‘fuorilegge’ (seppure benedetta da una giovane assessora comunale, foto 13-14) c’erano solo un paio di tende societarie, con quella del Passo Capponi a distinguersi per imponenza e per numero di partecipanti (foto 4-5).

Alla faccia degli invidiosi bolognesi, dello squalificato spione M.M. e del suo squalificatissimo compare vesuviano (O ciggnale nnamurate, fuori di testa per un paio di tette che gli furono prima promesse poi negate), Alessio Guidi da S. Agata (foto 8) è tornato a galvanizzare la gente che non va più veloce del “passo Capponi”, gente che “arriva piano, ma arriva”, che preferisce gli amici sbronzi agli amici str**, e riempie di allegria (che non significa mai pagliacceria) le strade bolognesi, altrimenti popolate da patetici personaggi votati al partéss prémma.

A occhio e croce (e vedi la foto 15), oggi alla partenza regolare delle ore 9 eravamo in mezzo migliaio, a dispetto della tariffa “esosa” di 5 euro (devoluti in beneficenza; vedi foto 9), per un percorso che dopo 6 km di salita blanda (prima per via Vallescura poi per via San Mamolo, residenze dei miei due grandi Maestri di università) saliva più decisamente sui colli, in pratica circumnavigando San Luca (foto 28, 31, 33), aprendo scorci fascinosi sulla Bologna alta e bassa, costeggiando altre chiese storiche come Roncrio e Ronzano, e toccando anche i luoghi cari alle altre corse collinari (via Gaibola, dove stava Olindo Guerrini alias Lorenzo Stecchetti; via dei Colli, dove una casa porta il nome di Pazzaglia, altro nume tutelare degli studi letterari bolognesi). Il pensiero va anche al grande Luca Goldoni, giornalista bolognese sommo, morto a 95 anni questa notte, che tenne sempre la residenza a Bologna perché il suo terrazzo dava sui colli.

Un paio di strappi più duri, dove qualche vicino di strada (i più costanti nei paraggi sono “Vituzzo” e Rita del gruppo-Capponi con le sue simpatiche compagne: foto 17, 18, 26) decide di camminare; e due discese a tornanti una delle quali ripercorre la mitica discesa antica della 25 km, quando si finiva in via Ravone e alle scuole Battaglia (Felice, fu-rettore dei miei anni da matricola e ‘fagiolo’). Poi un paio di km in via Saragozza e un’ultima salitina verso il traguardo di Ingegneria, dopo 15,3 km ufficiali (il mio Gps dice 14,850, con 340 metri di dislivelli), ovvero 8,3 km per il percorso più corto ma non meno bello.

All’arrivo, due bambine ti mettono al collo la medaglia, “da dare ai tuoi bimbi” (foto 36-38); il profumo di mortadella ci guida verso il banco del ristoro, dove il panino imbottito è celato (a difendersi dai morti di fame) da un involucro di carta. E va detto che anche il ristoro doppio del km 6/12 era succulento, a prova di Giangi (mi sono perfino impiastricciato le mani e il telefonino causa un biscotto al cioccolato), e con le addette che per giunta ci facevano il tifo.

Al resto ci pensano i capponiani, con una tavola imbandita da cubetti di mortadella, fette di salame, patatine e frittelline di mais, ciccioli secchi, birra e perfino Aperol (foto 39-43). Per rubare una frase ad Alessio (che ovviamente, quando il gioco si fa duro, sa correre duro, tra la maratona di Berlino e quella di Parma), “è questo il podismo che piace a me”.

Sabato, 07 Ottobre 2023 20:11

Spilamberto (MO) – 2^ CorriLamberto

7 ottobre – In un calendario modenese che stenta a trovare continuità e deve ricorrere - più che nei tempi andati - al soccorso della provincia reggiana, ben vengano iniziative come questa, in buona parte su stradine campestri adiacenti al corso del Panaro, per giri quotati rispettivamente 3.5, 7.5 e 11 (in realtà, il più lungo era di 9.3, in pratica un rettangolino aggiunto al percorso dei 7,5).

Ritrovo e partenza-arrivo nel bel parco retrostante alla Rocca Rangoni (foto 2 e 18), un’oasi fresca in una giornata con temperatura fino a 28 gradi; non moltissimi i presenti, tra cui non poteva sfuggire agli sguardi la neo-nonna e sempre seducente Anna Cavallo, che qui è praticamente di casa (foto 6-9); immancabile Giuseppe Cuoghi (foto 3 e 5), come Paolo (ancora in foto 5) & Mauro Malavasi, reduci dalla maratona di Napoli che francamente definiscono brutta; Micio Cenci sceso con la signora Lella (in blu al centro della foto 11) dai monti e dai suoi animali di bosco; poi Rambo Benassi (foto 12 in gara), Simona Malavasi, nonno Italo con le sorelle Gandolfi moglie(-nonna) e cognata, la coppia psichiatrica Paolo (foto 3) & Eleonora (il figlio Zeno, ormai, frequenta le zone alte delle classifiche in gare di rango), e perfino Frau Maria Lieber da Berlino.

A chiudere il gruppo Giangi (in giallo nella foto 15), che non è affatto contento dei ristori di sola acqua (più qualche biscottino alla fine), in cambio di 3 euro d’iscrizione: cifra che infatti  all’arrivo si fa restituire andando ad acquistare tè freddo in un supermercato (questa, non l’avevo mai vista in 51 anni di podismo).

Primo posto tra le società, ovviamente, al Cittanova; premio per tutti, mezzo kg di pasta: ma ovviamente siamo venuti qui non per la pasta ma per muovere le gambe e respirare un po’, mentre in città sono scattate per l’ennesima volta le misure estreme antiinquinamento e non si può nemmeno fare una grigliata con le “biomasse”. Chissà che destino avranno, qui a Spilamberto, i tanti pozzi di metano attivi (dove, avverte un cartello, “è vietato entrare con fiammiferi e accendini”) e i tre distributori di metanauto in zona: li convertiremo in spacci di zincocadmiolitioterrerare per batterie perché “ce lo impone l’Europa”?

Domani, intanto, a Modena e provincia non si corre; andrà meglio domenica prossima, con due gare a contendersi il popolo podista in un raggio di 22 km.

Senna Lodigiana, 1° ottobre – In un fine settimana affollato da eventi grandi o che millantavano di essere grandi, la mia scelta (favorita, voglio precisare, da un ‘suggerimento’ durante l’assemblea annuale del Club Supermarathon) è caduta su questa gara, in un paese che nemmeno avevo mai sentito nominare, ma tutto sommato è vicino a casa, un’ora e venti quasi tutta in autostrada dato che la località è a due passi dal casello di Casalpusterlengo. Siamo sulla sponda sinistra (lombarda) del Po, che da qui fino a Cremona si sbizzarrisce in una serie di zigzag in modo che, in qualunque direzione tu guardi, hai sempre l’argine che si staglia sull’orizzonte; Po che per di più riceve il Lambro nei pressi della celeberrima abbazia di San Colombano, senza contare i numerosi canali che garantiscono irrigazione e prosperità a queste terre.

Insomma, non è difficile trovare percorsi di fiume che, senza allontanarsi per più di 4-5 km da partenza e arrivo, offrano una serie infinita di piacevoli variazioni (l’unico tratto che mi è piaciuto meno è quello stradale dalle parti di Ospedaletto-Livraga, interrotto però dal magnifico passaggio per Orio Litta e la sua regale villa, indi da un tratto di argine del Lambro).

Sono le cifre a dichiarare il successo della manifestazione: 170 classificati ufficiali, contro i 117 dell’anno scorso e gli 87 del 2021: dunque, raddoppio in due anni. Perché?

Iscrizioni a 25 euro (35 per i ritardatari), con sconti per alcune categorie; pacco gara che contiene una giacca impermeabile di ottima fattura; pasta party alla fine gratuito e senza formalità di tagliandini o simili: e si tratta di un pasta party con primo secondo dolce e (a richiesta, ma sempre gratis) vino e birra, come dalle foto 59 e 60 oltre che da un particolare del collage di copertina assemblato come al solito da Roberto Mandelli. Docce calde a 300 metri dal traguardo, custodia bagagli, atmosfera famigliare con appuntamento nel cortile del municipio e nella vecchia sala-teatro (foto 7; mi viene in mente Marengo, sede di una antichissima maratona dove ci si trovava sotto un portico simile, e la distribuzione pettorali era fatta da Togni e Govi…), parcheggi ”diffusi” piccoli ma ben segnalati. E poi, il fascino del percorso, che ricorda un po’ certe ventuno reggiane, e si dirama nello stile Fiasp in tanti tracciati minori (da 5 fino a 25 km) cui ci si iscrive con 3 euro, e per quanto riguarda la maratona mi sembra perfettamente misurato: la foto 61 dal mio Gps segna 40,940, ma l’orologino non ha “preso” i primi 1300 metri, e dunque il totale coincide davvero con la distanza canonica, cui aggiungo 165 metri di dislivello prodotto dalle tante salite e discese su argini e golene e ponti, compresa la coppia di passaggi sospesa sul fiume verso il km 38 (uno dei due è nelle foto 53-54, dove il mio occasionale compagno di viaggio raccomanda di scendere piano per non finire in acqua…).

Ritrovo pre-gara con tanti amici, prima in ordine di apparizione (foto 9) Rita Zanaboni, con cui rievochiamo il record in maratona fatto insieme a Russi, 29 anni fa; secondo il valido superamaratoneta cesenate Luciano Bigi (immancabilmente affiancato dalla moglie maratoneta Monica); terza (foto 10) la coppia piemontese Enzo&Daniela, già incontrati tra le Canarie e la Val d’Aosta; quarto, e non ultimo (foto 11), l’onorevole Paolo Cova da Sesto, uno per il quale Mandelli e il sottoscritto voterebbero anche (più volentieri, aggiungiamo, se cambiasse partito…). Correremo affiancati in varie occasioni, recuperando affinità di visione podistica e politica, fin che verso il km 23 se ne andrà avanti (foto 34 e 35). Mi rassegno a non rivederlo più, e così sarà fino al pasta party, salvo che in classifica risulta arrivato 12 minuti dopo: non è possibile, risolva il mistero l’onorevole-galantuomo, che già mi aveva surclassato alla maratona di Padova (scambio di chip? Soccorso prestato alla compagna di squadra Stefania Focarelli che arriverà quasi insieme??).

Doveroso adesso citare gli atleti a tutto tondo, cominciando dal vincitore, Tiziano Marchesi classe 1969 dei Runners Bergamo, più volte azzurro, primatista nazionale delle 48 ore e dei 6 giorni (914 km!), che taglia il traguardo 16 secondi dopo lo scoccare delle 3 ore, precedendo di oltre 6 minuti il molto più giovane Vasyl Ambros (Running Oltrepò), di quasi 7 Marco Ezio Tarantola (Runcard).

Prima donna, quindicesima assoluta, è Clauda Vezzosi (Codogno 82) in 3.38:03, 4 minuti su Valentina Comandù (Corno Giovine), e quasi mezz’ora sulla compagna di squadra codognese Immacolata Nappo.

I tempi mostrano (come mi diceva uno che l’aveva già fatta) che il percorso non è certo “per fare il tempo”: decisamente “muscolare”, con tratti anche in campi di mais (foto 30) o su stradelli sassosi come le massicciate ferroviarie (foto 33: è qui che per la prima volta mi metto a camminare, e non sono l’unico…). Ma lo scenario prevalente, e delizioso specie quando si corre all’ombra - dato che si sta sui 26 gradi - sono le stradine bianche, alcune anche di sabbia soffice, e i sentieri erbosi dove a volte calpestiamo il fieno appena tagliato, scambiandoci commenti divertiti. A un certo punto sento citare Concorezzo e chiedo di approfondire: ma certo, lui è Michele Zocco, vicesindaco (carica che l’interessato smentisce, lamentando però che Mandelli non vada mai alle “sue” corse).

Poi, l’apparizione mirabile (foto 37-41) del centro di Orio Litta, con la villa-castello Litta attorno a cui giriamo prima di rientrare nella ben lastricata piazza prospicente andando poi verso la parrocchiale di S. G. Battista.

Ancora argini e golene: noto che nelle golene fanno scendere solo noi maratoneti, mentre quelli dei percorsi corti stanno sull’argine, salvo poi ricongiungersi magari 2 km dopo per noi, e 200 metri per loro (in mancanza di controlli, auguriamoci che tutti tutti i maratoneti siano onesti, cosa della quale esistono purtroppo controprove…). Ultimo momento di “crudeltà” ecologica è nel secondo passaggio da Ospedaletto: sotto c’è la stradina, che abbiamo già percorso mezz’ora prima, e ci danno l’illusione di scenderci di nuovo; macché, scendiamo e poi risaliamo subito sull’argine per un altro km abbondante di sentierino su-e-giù prima di ritrovare l’asfalto.

Ma ormai siamo verso l’arrivo: i km, segnalati solo ogni 5 come da usanze trail, fanno eccezione per un cartello che ci avvisa dei meno 2,5 (foto 55: da lontano avevo letto meno 25, con un brivido di terrore…), poi il 40° e infine l’ultimo km su pista ciclabile, chiudendo sull’asfalto urbano. Tifo rumoroso dei 25 filippini che hanno già concluso la gara, infine rientro nel cortile del municipio, dove lo speaker mi chiede l’età, al che si avvicina un altro coetaneo (arrivato 8 minuti prima) per chiedermi in che mese sono nato…: “Ah, allora il più vecchio sono io!” (mia moglie aggiunge, sottovoce, che porta pure peggio gli anni…). Comunque ha sportivamente vinto lui e tanto basta. Medaglia rotonda e dorata, come nella tradizione sempre più disattesa, che raffigura un pellegrino della Francigena che infatti qui ha un ostello.

Segue un salutare beveraggio (peraltro non erano mai mancati i ristori, specie liquidi, grosso modo ogni 5 km), il recupero della borsa e, senza bisogno di passare dalle docce dato che il clima è gradevole e non sono nemmeno troppo sudato, si entra nel teatrino divenuto refettorio.

Riecco l’onorevole Cova (in partenza per un evento pomeridiano, come il sottoscritto del resto), ecco Carla Ciscato efficiente e piacente segretaria dei supermaratoneti (alcuni dei quali, more solito, chiuderanno l’ordine d’arrivo, beneficiati da una salutare tolleranza sul tempo massimo), riecco Enzo&Daniela con cui usciremo assieme verso il parcheggio e le docce. Come detto, calde e accoglienti: coi colleghi rimasti, ci si dà appuntamento “alle prossime”, e la meta più gettonata sembra Assisi tra cinque settimane, saltando a piè pari altre rinomatissime e forse troppo professionali. Vedremo, se san Colombano e san Francesco ci daranno la grazia.

24 settembre – Una 45^ edizione non è cosa di tutti i giorni, e il titolo simpaticamente dialettale Marcialonga dal buter e furmai testimonia dell’antichità della gara e del suo prestigio non scalfito dal Covid e dall’invecchiamento della popolazione (nello stesso giorno, a Modena si svolgeva una maratonina competitiva… sì, appunto si svolgeva; adesso è diventata una non comp dalla lunghezza massima di 15 km, la cui principale attrattiva è stata la premiazione del circuito del Frignano: come a dire, premiamo l’Ultra Trail du Mont Blanc sulla spiaggia di Cannes).

Logico dunque che chi corre ancora col cronometro sia emigrato in varie località del nord-Italia, e qualcuno sia venuto anche a Taneto, una frazione di Gattatico beneficiata dalla vicinanza del nuovo casello autostradale delle “Terre di Canossa”, e la cui storica 21 fa parte del Gran Prix dell’Uisp reggiana, giustificando così la presenza di Paolo Manelli padre della maratona di Reggio e dio della macchina di innumerevoli iniziative in provincia (si veda la foto 2 del servizio fornito da Nerino Carri – a sua volta nella foto 4 - ed assemblato da Roberto Mandelli).

I competitivi in classifica sono 155, fino all’ultima, la 29^ donna Mirella Crivello, gratificata di un 2h40 decisamente benevolo. In testa vediamo due dominatori, con circa 3 minuti di vantaggio sui rispettivi secondi: Fabio Gervasi (Minerva PR, foto 22) ha vinto in 1.16:19, con due minuti e mezzo su Manuel Cagliari (Guastalla-Reggiolo), tre e mezzo su Giuseppe Rini (Avis Novellara). Sprint per il quarto posto, con Hicham El Massa che precede di un secondo il parmigiano tesserato Modena Runners Gian Paolo Buratti.

Diciottesima assoluta, e prima donna, Blerina Blegu (Marathon Cremona, foto 23), che con 1.26:49 infligge giusto tre minuti all’eroina locale tesserata Minerva, la gloriosa Rosa Alfieri (già vincitrice di una maratona di Palermo; qui in partenza, foto 19) per cui gli anni non passano mai, e quasi 4 minuti alla terza, Evgeniya Kovaleva (Sampolese).

Da citare anche gli applauditissimi 9 ragazzi in carrozzella accompagnati dagli “spingitori” (foto 5-9): i più bravi sono stati quelli di Marco Gambarelli, Lorena Belli e Nicolas Frigieri, classificati ex aequo con 1.42:27.

Poi, ci siamo noi, competitivi e no, per un totale di circa 350 partecipanti (si aggiungevano tracciati più brevi di 5 e 9 km), lungo un percorso circolare tra le campagne, con qualche casolare, un paio di minuscole chiesette di antica tradizione, e addirittura una scuola ora passata ad altro uso per carenza di bambini.

In mancanza del consueto conforto dei cugini Giaroli che oggi hanno ripiegato sui 9 km, ho corso più di metà gara con un gruppetto di povigliesi (rievocando gli antichi fasti del retrorunning premiatissimo) cui si era aggiunta la fisioterapista correggese Maria Giulia Montecchi: abbiamo anche ricordato le tante staffette 4xmezz’ora che si svolgevano da queste parti, a S. Ilario, a Campegine assediata dalle zanzare, a Barco, a Cavriago, al Campo di Marte, e senza vergognarci di una media ampiamente sopra i 6/km siamo tornati a Taneto, accolti, in aggiunta al consueto ristoro, da un inatteso spritz gratuito: vino bianco con aggiunta a scelta di Campari o Aperol, elegantemente shakerati dalla seducente Barbara Manghi da Castelnuovo sotto (foto 25-26).

Al deposito borse provvedeva spontaneamente Carlo, il Run Specialyst da Correggio (foto 3), e alla consegna dei premi di partecipazione collaborava l’Assunta Fava; comodo il parcheggio in un pratone a 250 metri, e comoda pure l’erogazione di acqua frizzante comunale (come sempre gratuita nel reggiano, dove non spadroneggia Hera), giusto di fianco al traguardo.

La classifica per società è stata aggiudicata a pari merito a Novellara e Bagnolo con 41 iscritti ciascuna, seguiti dal Cavriago con 30.

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