Direttore: Fabio Marri

* Per accedere o registrarsi come nuovo utente vai in fondo alla pagina *

Francesca Andone

Francesca Andone

LANCIO SERVIZIO FOTOGRAFICO - 17 ottobre - Eccoci di nuovo qui, dopo 2 anni. Cosa è cambiato? La partenza 100m più avanti? La leggera modifica al percorso? La mascherina? Lo spirito è diverso, ecco cosa c’è. Negli anni scorsi mi avvicinavo alla maratonina della mia città con l’ansia da prestazione, con l’incubo del PB da raggiungere, invece questa volta sono semplicemente felice, felice di esserci, di ripartire, di rivedere Cremona piena di runners. Questa mezza maratona è come una rinascita, una nuova alba, un motivo per fare festa, per godersi la manifestazione con gli amici. Dalla XVIII edizione della HMC-HalfMarathonCremona siamo passati alla XX, la XIX non esiste, quel vuoto è stato volutamente lasciato per ricordare il 2020, un anno difficile che ha messo a dura prova la città.

Il sabato pomeriggio è dedicato al rituale del ritiro pettorali, mi ritrovo con la squadra in piazza Duomo dove incontro Mario Pedroni, Direttore Tecnico dell’HMC: scambiando con lui 2 parole penso a quanto deve essere difficile organizzare una manifestazione di tale portata, chissà quante volte avrà pensato “ma chi me l’ha fatto fare?”. Quest’anno tutto è stato più complicato, protocolli Covid da rispettare, line guida che cambiano in corso d’opera e lamentele da parte dei partecipanti per la mancanza di servizi essenziali come deposito borse o spogliatoi. Solo la grande passione, l’amore per la città e per questo sport spingono lui e tutto il gruppo dell’HMC a non mollare.


Il giorno della gara tutto fila liscio, si vede che l’organizzazione ha ormai tantissimi anni di esperienza e sotto questo aspetto nulla è cambiato. Il percorso è sempre affascinante, nei primi 11 km si toccano i principali punti d’interesse di Cremona, il Teatro Ponchielli alla partenza, il maestoso Po al 3° km, la chiesa di San Omobono al 6° km, poi giù per corso Garibaldi per incontrare il Palazzo Cittanova e la chiesa di Sant’Agata. Al 9° km si sfila al lato della chiesa romanica di San Luca, al 10° km svetta l’imponente Torrazzo fra i vicoli del centro; e pensi, dandoti forza, “fra 11 km sarò lì”. Si percorre la piccola deviazione rispetto al percorso originale, correndo fra i palazzi storici del corso cittadino, dopo 300 m si ritorna al solito tracciato incontrando la chiesa più antica della città, San Michele. Al 13° km inizia il mio incubo, i 5 km in campagna, questa volta va meglio del previsto, sarà il clima più favorevole, sarà che la corsa con i compagni di squadra rende tutto più facile, ma arrivo facilmente (si fa per dire) agli ultimi 3 km in città, dove la fatica si fa sentire e l’ultima salita spegne ogni velleità di sprint finale. Il tappetto azzurro, l’arco dell’arrivo e soprattutto la splendida piazza Duomo è un’emozione che cancella tutta la fatica e accende un sorriso liberatorio. Con la medaglia in mano dimentico anche la promessa, fatta durante i deliranti km finali, di non fare più mezze maratone.


È stata una giornata speciale, un ritorno alla spensieratezza, alla voglia di far festa. È stato come fare un salto indietro di 2 anni, ho ritrovato piacevoli abitudini, le sedute dal fidato fisioterapista Pietro, Elena urlante all’arrivo, gli amici lungo il percorso. Soprattutto ho rivisto i Cremonesi lungo le strade ad incitare, a fare festa con cartelloni, fischietti, applausi e tantissimi bambini pronti fare il tifo. Lo ammetto, per ogni singola persona che abbiamo incontrato ho avuto la pelle d’oca, una sensazione magica che mi mancava da troppo tempo. La medaglia finale è stata la ciliegina sulla torta, la riproduzione dettagliata e fedele dell’orologio astronomico del torrazzo, la più bella medaglia che abbia mai preso.

Il dopo gara è stato perfetto con i sorrisi dei volontari ad accoglierti, acqua, medaglia, cestino con un piccolo ristoro e la pesante borsa del pacco gara. Al di là del tempo finale la gioia per questa maratonina vale doppio, ci fa sentire tutti vincitori contro quel buio 2020.


Promuovo a pieni voti la manifestazione e tutta Cremona, organizzatori, volontari, forze dell’ordine, runners e spettatori. Una domanda però mi rimane in testa, hanno ancora senso tutte le restrizioni del protocollo Covid? Mi riferisco in particolare alle regole per il deposito borse, che rendono impossibile organizzarlo. Capisco l’assenza di spogliatoi e del ristoro finale, ma il deposito borse in un periodo in cui quasi tutto ha riaperto senza limitazioni, è veramente da interdire? Ci avviciniamo alla stagione fredda, sappiamo quanto sia importante rimanere caldi fino a ridosso della gara e soprattutto cambiarsi velocemente alla fine; la mancanza di questo servizio rischia di mettere in grossa difficoltà le gare invernali. Spero che la Federazione riveda nuovamente alcuni punti del protocollo.

              

18 ottobre - Oggi si sarebbe dovuta correre la XIX edizione della maratonina, quali sono i miei pensieri? Non lo so, è tutto strano, molto strano… In questa domenica così anomala decido di uscire a correre e prendo dall’armadio la maglietta dell’ultima edizione. Mentre corro penso all’ansia e all’agitazione che ha sempre preceduto quella gara, perché nella mia città volevo fare bella figura, fare il PB! Chissà se altrove si vive la stessa atmosfera, per noi che abbiamo Cremona nel cuore è l’evento più importante dell’anno, dove si incontrano le 2 passioni, la nostra città e la corsa.
Mentre i km si accumulano ricordo i pesanti allenamenti per la maratonina, con immancabile piccolo infortunio e visita dal fisioterapista. Mi risuonano nella testa le parole di Pietro “se non ci fosse la maratonina ti direi di stare ferma, ma lo so che non lo farai”, così ogni volta si rassegna e riesce a rimettermi in piedi. Ecco perché, nelle foto delle varie edizioni, compare sempre qualche tape colorato. Quel giorno ci devo essere ad ogni costo e devo completare tutti i 21,097 km.
Rido pensando all’ansia che si trasforma in euforia a partire dal sabato che precede la corsa. In quel weekend sono felice come una bambina il giorno di Santa Lucia. Che emozione il ritiro del pettorale, ormai un rito anche quello, appena arrivo in centro l’atmosfera si fa elettrizzante, incrocio amici, partecipanti di altre città, volontari. Ritiro la sacca e passeggiando fra gli stand, presenti in piazza Duomo, sento riecheggiare pronostici, tempi, speranze e risate.
Mentre la mia corsa domenicale sta terminando, mi passano per la mente mille aneddoti e sensazioni che quest’anno purtroppo non rivivrò. Mi mancano le immancabili domande di mia madre della sera prima, “ma quanti km sono?”, “dove passi?”, “arrivi in piazza Duomo?”. Ogni anno mi ritrovo a farle la mappa del percorso dandole indicazioni sui passaggi a lei più vicini. Rivivo quel vuoto nello stomaco della domenica mattina, comminando verso il centro, prima lentamente e poi via via, sempre più veloce come il battito del cuore che accelera sentendo l’emozione, la voglia, la felicità, l’entusiasmo di correre ancora una volta la maratonina di Cremona. La griglia, i gesti scaramantici, i sorrisi, tutti lì pronti a partire.
Chiudo gli occhi, ho la pelle d’oca, mi sembra di esserci, di sentire la voce dello speaker, di sentire lo sparo dello starter. Da lì in poi sono 21km di puro divertimento, la folla è ad ogni angolo della strada, mi sento chiamare, incitare anche da chi non conosco, incrocio i volti sorridenti degli splendidi volontari che sono l’anima di questa manifestazione. I primi suggestivi 11 km, la puntuale crisi del Bosco Ex Parmigiano e gli accidenti che ogni volta mando agli ideatori del percorso, in una città piatta come Cremona sono riusciti a fare gli ultimi 300m in salita.
Lo rivedo, lo rivivo, eccolo lì l’arrivo all’ombra dell’imponente Torrazzo, il tappeto blu che ci accompagna negli ultimi metri, le due ali di folla fra le quali spunta l’immancabile Elena che ogni anno viene a vedermi all’arrivo. Un occhio al cronometro e la gioia che esplode, mi commuovo a ripensarci. Mi mancherà la scarica di adrenalina al termine della gara e le solite chiacchierate con gli amici davanti ad una meritata birra quando abbiamo solo voglia di festeggiare, perché siamo tutti vincitori.

Ritorno a casa, dopo un’ora di corsa in solitaria, tolgo la maglietta della maratonina con un po’ di nostalgia. Com’è strana questa domenica, ma quanto sarà bello ritrovarci l’anno prossimo, quando la gara sarà il momento perfetto per festeggiare la nostra Città e la nostra forza nel superare questo periodo.

 

______________________________


Per non perdere il sapore...

SERVIZIO FOTOGRAFICO 2018
SERVIZIO FOTOGRAFICO 2017
SERVIZIO FOTOGRAFICO 2016
SERVIZIO FOTOGRAFICO 2015
SERVIZIO FOTOGRAFICO 2014


 
What do you want to do ?
New mail

“Quel matto che stava andando a Capo Nord a piedi con il cane, che fine ha fatto?”  mi sono sentita fare questa domanda da colleghe, parenti, amici; avevano conosciuto Mikhael e il suo amico a 4 zampe Victor  (uno splendido Weimaraner) attraverso le interviste pubblicate su Podisti.net (4 e 26 dicembre, 7 febbraio), e aspettavano con ansia quella finale, al raggiungimento dell’obiettivo.  

Dall’ultima intervista http://podisti.net/index.php/cronache/item/5714-mikhael-bellanza-a-meta-strada-verso-capo-nord.html

purtroppo sono cambiate tante cose, l’emergenza Covid ha cambiato la vita di tutti noi e stravolto il nostro tram tram quotidiano. Il virus è arrivato ovunque, anche i Paesi più lontani dall’Italia hanno dovuto prendere delle contromisure. Per questo motivo Mikhael e Victor sono rimasti bloccati in Lapponia.

Raggiungo Mikhael telefonicamente, la linea è molto disturbata, un paio di volte cade anche la comunicazione, ma riusciamo comunque a chiacchierare per mezz’oretta.

Partiamo dalla fine, ci vuoi raccontare l’ultimo tratto del vostro viaggio?

Il viaggio stava proseguendo bene, ma negli ultimi giorni, anche in Scandinavia, i governi stavano valutando la possibilità di chiudere le frontiere a causa dell’emergenza Coronavirus. La conferma è arrivata quando eravamo cica 110 km dalla Finlandia e circa 700 km dalla meta.  Abbiamo proseguito altri 50km per terminare il viaggio al parallelo svedese del Circolo Polare Artico.

Adesso siete in Lapponia?

Sì, siamo in un paese chiamato Arjeplog ormai da un mesetto, siamo ospiti di un’abitante del posto, Helen.

Come passi le tue giornate?

Seduto sulla poltrona, passo dal letto al divano e viceversa. Lascio uscire Victor da solo, apro la porta e lui fa la sua corsa nella neve. In pratica sono passato dal fare  tutto all’ozio completo - mi dice ridendo e prendendosi un po’ in giro, mentre io fatico ad immaginarlo in poltrona con vestaglia e pantofole mentre fa le parole crociate - Mi sto rilassando, leggo, riposo, al massimo esco una volta al giorno a fare una passeggiata.

Cosa hai pensato quando hai saputo che chiudevano i confini?

L’ho presa con filosofia, ho pensato: ci riproverò. Non è stata una notizia inaspettata, ormai erano alcuni giorni che parlavano di chiudere le frontiere, la prima è stata la Finlandia, ma poi anche la Svezia si è adeguata.

Avevo sentito Mikhael nei giorni antecedenti e successivi al blocco, ha sempre preso la situazione con grande spirito senza mai recriminare su questo stop inaspettato.

Non avevi la paura di rimanere bloccato lì senza un posto dove andare?

No, perché quando la chiusura sembrava imminente, Helen si era già offerta di ospitarci e anche altre persone si erano proposte.

Inoltre, il rientro in Italia per cittadini presenti all’estero è sempre rimasto possibile (se sei in altro paese temporaneamente, ad es. per turismo o affari), ma io ho dovuto aspettare per cercare un appartamento, in quanto avevo disdetto l’affitto di quello in cui vivevo in provincia di Lodi prima di partire.

Ascoltandolo mi immagino il suo rientro in Italia e l’autocertificazione da presentare in caso di controllo “rientro per motivi d’urgenza: stavo cercando di raggiungere Capo Nord a piedi”

Sai già quando e come tornerai?

Dovrei partire il 5 maggio, ieri mi hanno spedito le mascherine dall’Italia. Prenderò almeno 7 treni e un traghetto, il percorso in treno però non è sicuro potrebbero esserci cancellazioni all’ultimo minuto. Penso ci vorranno circa 3 giorni

Torniamo a questa splendida avventura, fisicamente com’è andata? È stata più pesante di quello che immaginavi?

Si prende qualche secondo per pensare. È stato più facile di quello che mi aspettavo, ho avuto qualche problema in Germania, dove per qualche giorno ho sofferto di forti dolori in zona tibiale, ma il problema si è risolto velocemente.

Vuoi dirmi che … non è stato faticoso?

Solo nelle ultime tappe ho iniziato ad accusare un po’ di stanchezza. Più che altro facevo fatica ad ingranare al mattino, ma dopo un paio di km riprendevo il ritmo giusto. Il cambio delle gomme del carrellino sicuramente ha reso tutto molto più difficile (le nuove ruote aggiungevano 20 kg), tant’è che ho dovuto alleggerirlo perché stava diventando troppo complicato.

Più di 3000 km a piedi spingendo un carretto che arrivava a pesare 120 kg quando all’interno c’era Victor: altro che stanchezza mattutina, la maggior parte di noi avrebbe alzato bandiera bianca già il primo giorno!

Hai passato parecchie notti dormendo su panchine o in altri luoghi all’aperto, hai avuto qualche problema?

No, perché è stato un inverno anomalo, molto mite. Le temperature, anche in Svezia, non sono mai scese sotto i -15°C, mi ero attrezzato per temperature più rigide.

Victor invece come ha vissuto questa avventura? Pur non essendo un cane nordico, vedo dagli ultimi post su Facebook che si diverte a buttarsi nella neve.

Victor è un guerriero! - Mi dice con la voce carica di gioia ed entusiasmo che lo caratterizza ogni volta che parla del suo compagno da 4 zampe - Le sue capacità di adattamento sono superiori alle mie. Facendo le cose graduali non ha avuto problemi, si è progressivamente abituato al cambiamento del clima. Non è stato neanche necessario tutto il vestiario che mi ero portato per lui né accendere il riscaldamento della cuccia. All’inizio aveva paura della neve, appena sprofondava si bloccava, ora invece ci si tuffa, rotola e ci si immerge completamente.

Cosa hai imparato da questo viaggio e cosa ti ricorderai?

Questa lunga camminata ha saputo sorprendermi, non solo per i luoghi mozzafiato che abbiamo attraversato, ma soprattutto per la gente, le decine di persone che abbiamo incontrato. Alcuni ci hanno aspettato lungo la strada per salutarci e sostenerci, altri ci hanno invitato in casa per un caffè, altri ancora ci hanno ospitato per la notte. Questa è stata un’esperienza incredibile che ricorderò per sempre, è bello venire sorpresi dalla solidarietà e dalla gentilezza delle persone. 

Mentre mi parla, scorrono davanti tutte le foto e i racconti delle persone incontrate in ogni tappa e riportate nella sua pagina facebook “A Capo Nord contro il neuroblastoma”. Ogni giorno visi e sorrisi nuovi.

Il viaggio aveva lo scopo di raccogliere donazioni contro il Neuroblastoma (tumore infantile), com’è andata?

Sono arrivate tantissime donazioni, abbiamo superato l’obiettivo che ci eravamo prefissati, la raccolta chiude il 15 maggio, spero che in questi ultimi giorni la somma possa ulteriormente crescere.          

Qui il link per contribuire alla raccolta fondi

https://www.retedeldono.it/iniziative/una-onlus/mikhael.bellanza/a-capo-nord-contro-il-neuroblastoma

La Covid-19 ha impedito a questa insolita coppia di viaggiatori di completare un incredibile viaggio. Anche se non hanno raggiunto la meta, sono usciti vincenti da questa avventura, per il coraggio e la caparbietà con cui l’hanno portata avanti, per tutte le splendide esperienze che hanno vissuto, per la somma raccolta che andrà in beneficenza e per la serenità e maturità con cui hanno accolto e vissuto questo improvviso stop.

In attesa di rivederli in Italia, saluto Mikhael raccomandandogli di fare una carezza al regale e bellissimo Victor da parte mia.

Buon rientro a casa!                                                                                                                                                                                                                                                            

 
What do you want to do ?
New mail
 
What do you want to do ?
New mail
 
What do you want to do ?
New mail
 
What do you want to do ?
New mail

In questi giorni, amici vicini e lontani mi hanno scritto “Come stai?". Questa volta, non è una domanda retorica. “Ti manca correre?”. Certo che mi manca, ma ora non mi pesa rinunciarci. Ho nostalgia delle ripetute con gli amici, dei lunghi domenicali a fianco del maestoso Po, delle gare che diventavano un pretesto per conoscere persone, ma non ora, non in questo momento. È impossibile pensare alla corsa mentre le sirene delle autoambulanze fagocitano la città, quel suono assordante che perfora le orecchie e l’anima. Non importa se quando riprenderò sarò una lumaca, sarò semplicemente felice di poterlo fare avendo come sottofondo solo i suoni della Primavera.

Sono tante le cose che mi mancano, andare allo stadio e cantare tutti insieme in curva Sud, la birra post partita con gli amici, quando si discuteva animatamente sugli attaccanti della Cremo. Mi manca andare in bici in centro per un aperitivo, oppure aggirarmi fra le bancarelle del mercato salutando gli amici che hanno i negozi nelle vicinanze. Mi manca tremendamente la nostra piazza, mi rivedo nelle sere invernali correre per le vie del centro e fermarmi al cospetto del Torrazzo. Spegnevo il gps e rimanevo con il naso all’insù per qualche secondo, ipnotizzata dalla bellezza del cuore della nostra città.

Tutto è cambiato dal 21 febbraio 2020. Cremona è stata una delle prime città colpite, siamo diventati ‘zona arancione’. Palestre, impianti sportivi, cinema, teatri, scuole, stadi sono stati chiusi. All’inizio qualcuno si lamentava, ma con il passare dei giorni abbiamo preso coscienza di quello che stava succedendo. Le restrizioni si sono fatte via via più dure e noi rispettosamente ci siamo adattati. “Adattati” è il termine che voglio usare, non “abituati”. Non voglio abituarmi ad incontrare gente con la mascherina, ad avere paura di incrociare qualcuno, a salutare le persone da lontano, a tenere il metro di distanza, o al rumore delle sirene interrotto solo da brevi momenti di silenzio assoluto.

Ogni sera quando torno a casa dal lavoro percorrendo una irreale e spettrale Paullese mi ripeto “non può essere vero”, ma le luci blu mi riportano alla triste realtà. Il pensiero va alle persone all’interno dell’ambulanza, al paziente e ai soccorritori, alle loro emozioni, paure, speranze. Arrivata in città, anche il cartello luminoso “Benvenuti a Cremona” è spento. La Statale termina in quello che io chiamo “il rotondone”, prima teatro di lunghe code, ora deserto. Imbocco le ultime vie per arrivare a casa, ma quell’ansia provata lungo il tragitto, quel vuoto che mi schiaccia da dentro mi fa scoppiare in lacrime. Vedere la mia città in ginocchio fa molto male.  Un contagiato ogni 114 abitanti, la proporzione più alta d’Italia. Oggi, questo pensiero mi soffocava.  Amo la mia città, i Cremonesi sono la mia grande famiglia.

Noi cremonesi siamo strani, abituati a vivere nella nebbia d’inverno e nell’afa soffocante d’estate; siamo quelli che vogliono sempre andarsene da Cremona, ma che difendono strenuamente le loro tradizioni, cresciuti a “marubini” [la tipica varietà cremonese dei tortelli, cappelletti ecc., in brodo: NdR] e grana siamo quelli che si lamentano di tutto, ma che poi con fierezza dicono “Io sono cremonese”. Siamo orgogliosi di Cremona, della nostra Regione, del nostro Paese. Stiamo affrontando con dignità e forza questa emergenza. Insieme ce la faremo, torneremo a discutere e a fare polemica sulle piste ciclabili, sui decibel dei concerti estivi, sui lavori in corso… oppure no, forse finito tutto questo capiremo quali sono le cose importanti, quanto bella è la nostra città e quanto belli siamo noi.

Forza Cremona, forza cremonesi, non vedo l’ora di riabbracciarvi.

 
What do you want to do ?
New mail
 
What do you want to do ?
New mail
 
What do you want to do ?
New mail
Venerdì, 07 Febbraio 2020 09:25

Mikhael Bellanza a metà strada verso Capo Nord

6 febbraio - Abbiamo conosciuto Mikhael e Victor (il suo splendido Weimaraner) quando mancavano 10 giorni all’inizio di questa pazza e straordinaria avventura: raggiungere CapoNord a piedi, partendo da Lodi, con lo scopo di raccogliere fondi per la ricerca contro il Neuroblastoma (tumore Infantile). Li abbiamo risentiti la Vigilia di Natale , quando avevano già attraversato le Alpi innevate e dopo 600km erano giunti in Baviera, regione sudest della Germania. È quindi arrivato il momento di disturbare nuovamente il loro viaggio per farci raccontare le meraviglie e le difficoltà di questa impresa.
Raggiungo Mikhael telefonicamente mentre sta cenando in una pizzeria a Vagnhärad, 70km a sud di Stoccolma. Come altre migliaia di persone, ho seguito quotidianamente il loro viaggio (la pagina fb “A Capo Nord contro il Neuroblastoma” ha più di 13.000 “mi piace”).

Ciao Mikhael, come state? A che punto siete del viaggio?

Noi stiamo bene, Victor è in gran forma! Ride sapendo che il mio primo pensiero è sempre per Victor. Abbiamo festeggiato il raggiungimento dei  2000 km l’altro giorno, quindi adesso saranno circa 2100 km.

Quante scarpe hai consumato?

2 paia, devo iniziare il terzo, ma aspetto di essere a Stoccolma, dovrei arrivarci fra 2 giorni. Starò in città un paio di notti per far sistemare definitivamente le ruote del carretto. Purtroppo quelle iniziali non hanno retto il peso, ma d’altronde non potevo fare la struttura più leggera, al fine di assicurare un buon isolamento termico a Victor.  

Non avete trovato freddo?

No, siamo sempre qualche grado sopra lo 0°C. Questo sicuramente è un inverno anomalo, la gente del luogo mi dice che solitamente c’è la neve e una temperatura di -10/-15°C. Per ora le temperature più rigide rimangono quelle trovate fra Svizzera e Austria.  Qui però piove spesso e con il vento la temperatura percepita è più bassa.

Quindi tu sei ancora in maglietta e pantaloncini?

Scoppia nuovamente a ridere. Lo sapevo che me lo chiedevi! La sua tenuta estiva è una causa di preoccupazione fra le migliaia di persone che seguono la sua pagina Facebook. Sì, sono ancora in maniche corte, ma non credo ancora per molto, mi hanno assicurato che a 200km a nord di Stoccolma il clima cambia radicalmente.

Seguendo le varie tappe ho avuto l’impressione che tu abbia fatto più fatica mentalmente che fisicamente, è così?

Fisicamente sto bene, anche se ho iniziato a sentire un po’ di affaticamento da quando abbiamo cambiato le ruote al carrellino, appesantendolo. Sono solo 20kg in più, ma pesava già 100kg con Victor dentro, quindi ora devo portare 120kg! Mentalmente c’è stato qualche episodio, ma nulla di insuperabile. Per fortuna c’è sempre la persona giusta al  momento giusto.

 

Non gli chiedo spiegazioni, ma sono sicura che la forza per superare i momenti difficili gli arrivi dai sorrisi e  dagli abbracci di persone sconosciute che incontra nel viaggio, dalle voci e dai messaggi degli amici e delle migliaia di “zie” acquisite che lo seguono con affetto e apprensione dall’Italia.

Ti sei dovuto fermare qualche giorno a Berlino per far cambiare le ruote al carrellino, anziché essere un’occasione per riposarti per te è stato motivo di stress, come mai?

Innanzitutto è stato uno stop inaspettato e non sapevo  quando sarei potuto ripartire. La parte più difficile è stata rimettersi in viaggio, è stato un po’ come riprendere a studiare dopo anni che hai lasciato la scuola. Ci sono voluti 2 o 3 giorni per ritrovare il giusto ritmo fisico e mentale.

Qualche giorno fa su facebook hai scritto che non ci sarebbero state più ospitalità organizzate, vuoi spiegarci meglio?

Per prima cosa ci tengo a dire che sono grato a chi mi ha dato ospitalità e a chi aveva organizzato ogni singola tappa. La Croce Rossa Svedese è stata molto efficiente e disponibile progettando un itinerario che mi avrebbe permesso di dormire ogni sera in una delle loro sedi. Per me però stava diventando troppo stressante, giorno dopo giorno ho iniziato sentire la pressione, avevo paura di non arrivare in tempo alla tappa successiva perché sapevo che c’era qualcuno che mi aspettava.  A volte ero stanco e avrei voluto semplicemente fermarmi lungo il tragitto e riposare un po’, ma non lo facevo per non deludere chi mi avrebbe ospitato.

Inoltre stavo perdendo il bello del mio viaggio, la parte che più amo, svegliarmi la mattina e non sapere dove avrei passato la notte, scoprire luoghi inaspettati e incontrare tantissime  persone. Anche se questo vuol dire ogni tanto sbagliare strade o dormire su una panchina. Se durante il cammino incontro qualcuno che mi dà ospitalità ne sono felicissimo, ma senza alcun programma.  Inoltre dormire qualche notte fuori mi permette di abituarmi gradualmente al clima e prepararmi mentalmente alle notti più dure, visto che fra poco arriverà la parte più difficile.

Mikhael mi ripete più volte questi concetti, teme di essere frainteso. Ma io ricordo la nostra prima intervista, il suo sguardo si illuminava e la sua voce si accendeva di spontaneo entusiasmo quando mi raccontava dei suoi  viaggi fatti di luoghi sconosciuti e di incontri inaspettati. La carica mattutina era proprio l’imprevedibilità “cosa succede oggi? chi vedrò? dove dormirò?”.

A proposito di persone, qual è stato l’incontro più bello?

Ci riflette un attimo e mi confessa che in Svezia sta trovando un’incredibile solidarietà ed accoglienza.
Sul mio cammino incontro parecchie persone, perché spesso quando arrivo in qualche paese mi intervistano. Appena  esce il pezzo sul quotidiano locale la gente mi aspetta per strada, anche solo per salutarmi. Mi ricordo in particolare un giorno in cui ero in grande difficoltà, pioveva e stavo facendo molta fatica, poi ad un certo punto vedo una coppia che mi aspetta al bordo della strada da non so quanto tempo, per offrirmi caffè e brioche; è stato bellissimo, quel gesto ha cancellato di colpo le avversità della giornata.  Oppure recentemente a Krokek abbiamo incontrato una splendida cucciola di Golden Retriever, di cui Victor si è follemente innamorato. Mentre Victor faceva conoscenza, io ne ho approfittato per chiedere alla ragazza, proprietaria del cane, se nella stazione dei treni c’era la sala d’attesa. Lei invece con una semplicità disarmante ci ha invitati a casa sua e della sua famiglia. È stata incredibile la spontaneità e naturalezza con cui lei e la sua famiglia ci hanno accolti.

La tappa più bella invece qual è stata?

Sicuramente la corsa contro il tempo per andare a prendere il traghetto, non ero mai salito su un traghetto, inoltre mettere il piede in Svezia per la prima volta è stato molto emozionante. Forse perché  i Paesi del Nord Europa hanno un fascino tutto particolare: avevo sentiti parecchi racconti sulla Scandinavia anche da parte di amici e quindi vedere finalmente questi paesi è stato come realizzare un sogno.

C’è un’ultima cosa che ci vuoi dire?

Vorrei invitare a continuare a donare, la raccolta fondi purtroppo ha rallentato in questi giorni.

 

Ricordiamo che il viaggio di Mikhael e Victor promuove la raccolta fondi per la Ricerca contro il Neuroblastoma, qui il link per le donazioni

https://www.retedeldono.it/iniziative/una-onlus/mikhael.bellanza/a-capo-nord-contro-il-neuroblastoma

 

Saluto Mikhael: “fai una carezza da parte mia a Victor e mi raccomando, state attenti!”. Ecco la solita apprensione da “zia”, oggi ancora di più delle altre volte visto che i prossimi 2000km saranno i più duri.

Continueremo a seguirli sempre più affascinati e rapiti da questa impresa che sembrava folle anche solo a pensarla.

 

Prima intervista:

https://www.podisti.net/index.php/commenti/item/5385-mikhael-e-victor-da-domenica-lodi-capo-nord-per-i-tumori-infantili.html

Seconda Intervista:

https://www.podisti.net/index.php/cronache/item/5488-mikhael-e-victor-gia-in-germania-continua-il-viaggio-verso-capo-nord.html

 

 

Teresa Montrone, classe 1988, laureata in Matematica con Dottorato, lavoratrice a tempo pieno presso la società ESTECO, atleta dell’Alteratletica Locorotondo, PB nella Maratona 2h37:35, vincitrice dell’ultima Maratona di Reggio Emilia. Basterebbe questo per presentarla, ma per me è soprattutto una ragazza molto simpatica e disponibile, con un genuino e contagioso amore per la corsa. Conobbi Teresa nel dicembre 2016 mentre facevamo colazione in albergo prima della mezza di Cittadella. Appena la vidi pensai “questa è una che va forte”. Iniziammo a parlare e mi colpì l’entusiasmo con cui mi raccontò della sua prima esperienza in maratona, pochi mesi prima.

(per la cronaca quella maratonina lei la vinse … io arrivai circa 40 minuti dopo!)

Dopo i primi saluti parto subito con la domanda che tutti i tapascioni vorrebbero fare a chi, pur non essendo professionista, raggiunge alti livelli nella corsa.
Come gestisci lavoro e allenamenti? So che tu preferisci allenarti al mattino presto prima di andare al lavoro, ma riesci a fare anche gli allenamenti della maratona a digiuno?

“Solitamente mi alleno al mattino presto a digiuno. Mi sveglio alle 6, bevo un caffè ed esco a correre (Inizio a lavorare alle 9). Ormai sono abituata ad allenarmi così e non mi pesa, anzi quando devo fare allenamenti al pomeriggio sono più in ansia, preferisco fare tutto al mattino per poi concentrarmi sul lavoro così anche se devo fermarmi di più non ho problemi. Correre a stomaco vuoto non mi da particolari fastidi, sto attenta però a fare una cena più sostanziosa la sera prima.

Quando ho allenamenti molto specifici per la maratona esco a correre al pomeriggio, e comunque tengo il lungo sempre per la domenica. Fare quel tipo di allenamento a digiuno sarebbe troppo difficile.


Riesci ad inserire anche allenamenti doppi?

“Ho provato quando preparavo la maratona di Verona, ma per me è stato deleterio, correre 2 volte al giorno e in più lavorare era troppo pesante. Faccio doppio allenamento solo unendo alla corsa del mattino degli esercizi alla sera.”


Volevo chiederti proprio questo, i professionisti integrano la corsa con esercizi di potenziamento, qualcuno affianca anche il nuoto o altre attività sportive. Tu lavorando ci riesci?

“Ammetto che prima non facevo nulla, ho iniziato da qualche mese a fare esercizi di potenziamento. Ho preso questa decisione questa estate, quando sono andata in vacanza a Livigno ad allenarmi con i nazionali di Doha (Dossena, Epis), in quell’occasione diverse persone mi hanno consigliato lavorare a livello muscolare perché il mio punto debole è la forza, quindi per poter avere risultati in Maratona devo colmare questa lacuna. Ho iniziato con un corso di Pilates, mentre ora mi sto facendo seguire da un personal trainer, Quando avrò rafforzato la muscolatura riproverò con i doppi allenamenti di corsa, per ora sarebbe controproducente.

Mi piacerebbe fare anche un corso specifico di Yoga per runners, sono molto bloccata, purtroppo ho sempre trascurato gli allungamenti; fra i vari impegni devi cercare di tagliare da qualche parte e le prime cose che vengono sacrificate sono quelle.”

Mi viene spontaneo commentare “beh vedo che è una cosa comune”; e scoppiamo entrambe a ridere scherzando sul meccanismo che ci porta colpevolmente a trascurare gli esercizi di stretching. Ma come si fa d’inverno , con 0°C a fermarsi al gelo per fare gli allungamenti?

Oltre al Personal trainer hai qualcun altro che ti segue?

“No a Trieste, dove vivo, sono da sola, sono rimasta legata alla mia società di origine “Locorotondo” di Bari e al mio allenatore Antonio Petino, che può seguirmi solo da lontano.”

Quindi i tuoi allenamenti triestini sono sempre in solitaria?

“Ci sono diversi gruppi in città, ma è difficile far coincidere gli allenamenti, perché io ho la mia tabella per la maratona e loro la propria. Al mattino presto trovo un ragazzo che corre con il mio ritmo, ma per le sedute più specifiche invece è difficile. Per la maratona serve anche una ‘lepre’, perché arrivi ad un certo punto che fai le ripetute allo stesso passo senza migliorare. Ho sempre fatto fatica a spingere in allenamento, per questo ho bisogno di qualcuno che mi tiri, che mi dia il passo. In gara è tutto diverso, l’adrenalina mi aiuta ad andare più veloce.”

 

Mi ritrovo nelle sue parole quando cerco disperatamente una competizione solo per riuscire a fare bene l’allenamento, oppure quando tento di convincere un amico a fare con me le tanto odiate ripetute.

“Da un lato penso sia giusto non tirare troppo in allenamento per non rischiare di infortunarsi prima della gara, soprattutto per chi come noi non lo fa di professione e non ha il tempo di recuperare.”
Fa una pausa come a tirare le somme di tutti i pro e i contro e poi mi dice determinata: “ma, d’altra parte ci voglio provare, voglio vedere fin dove posso arrivare, devo fare tutto il possibile per capire dov’è il mio limite. Ho un grande punto di forza che è la testa, con quella ho raggiunto importanti risultati.”

Come hai iniziato a correre? Tu facevi canottaggio?

Sorride confessandomi che è una storia lunga e particolare.

“A 10 anni dovevo scegliere quale sport fare, io volevo continuare con la pallavolo, ma al CUS dove mio fratello faceva canottaggio (Domenico Montrone, bronzo Olimpico 2016) non c’era; quindi per comodità ho scelto anch’io quello sport.  Non ho mai preso in considerazione l’atletica, perché la maestra delle elementari non mi selezionò per i giochi della gioventù dicendomi che la corsa non faceva per me.

Nel canottaggio ci facevano spesso correre “per fare fiato”, per questo il mio insegnante di educazione fisica delle medie mi fece fare le selezioni provinciali e regionali delle campestri e mi qualificai bene. In prima superiore il mio allenatore attuale mi tesserò, dovevo fare 3 gare all’anno, 3 cross, pur continuando l’attività da agonista in canottaggio e senza cambiare il mio modo di allenarmi, correvo solo un’oretta la sera per fare fiato. A 18 anni ho lascito il canottaggio, anche se gareggiavo nei pesi leggeri; fisicamente ero molto più esile delle altre e iniziavo a sentirmi un pesce fuor d’acqua, così  ho deciso di dedicarmi solo all’atletica.

Lì forse ho sbagliato e sono passata subito all’agonismo, senza aver mai fatto ripetute in pista, senza aver mai messo le chiodate, dai 18 ai 23 anni sono stata spesso infortunata. Non avevo mai allenato la velocità e non avevo mai imparato a correre, infatti ancora adesso non ho una buona tecnica, anche se sono migliorata da quando ho iniziato.”


Mi sembra di capire che i vostri genitori vi hanno sempre incoraggiato e sostenuto anche nell’attività sportiva.

Si, nonostante non pratichino sport. Anzi ci seguono in tutte le gare più importanti, sia in Italia che all’estero. A volte hanno il problema di dove andare perché capita che io e mio fratello abbiamo gare in contemporanea.

Tanto di cappello ai coniugi Montrone, che hanno saputo comprendere l’importanza dello sport e coltivare le doti dei figli nello studio così come nell’attività agonistica.

So che anche la tua azienda ti sostiene.

“Sì, i miei colleghi sono fantastici. Il mio capo ogni giorno mi dice: “allora questo tempo quando lo facciamo? - Allora andiamo a Tokyo? - Io cerco di fargli capire che non è proprio possibile ma lui insiste, -…va bene lasciamo stare Tokyo, ma allora questo tempo?”

La domanda che ci sentiamo fare tutti noi runner: perché corri?

Ho bisogno di fare sport, se no impazzisco devo scaricare in qualche modo. Penso che praticare sport faccia bene e la corsa è la cosa che mi rilassa di più in assoluto, mi fa sciogliere le tensioni. La testa mi va sempre a mille mentre corro, tutti i pensieri vanno via.

Quando ci siamo conosciuta a Cittadella mi parlavi con entusiasmo della tua prima esperienza in maratona a Padova. Qual è stata la cosa più difficile nel passare dalla pista alla lunga distanza?

“Non ho avuto difficoltà a passare alla maratona, perché a me piace correre a lungo e piano.”

La interrompo di pensando ad alta voce: “Beh piano…. 3’44”al km non mi sembra così piano. Va bene che tutto è relativo, ma una maratona con quel passo è oggettivamente un bell’andare!” Capendo il mio appunto specifica sorridendo:

“La prima maratona è stata bellissima, perché io dovevo solo correre senza obiettivi di tempo. Il difficile arriva ora, devo andare più veloce. Però ti confesso che correrla e prepararla è per me entusiasmante, anche gli allenamenti mi piacciono e non mi pesano.”

Mentre me lo racconta si nota che quello che fa è per pura passione, amore per questo sport, racconta la maratona come se non ci fosse cosa più stupenda al mondo che correre per 42,195km.

Ripercorriamo il 2019, un anno un po’ altalenante…

Non riesco neanche a finire la domanda; mi interrompe scuotendo la testa:
Un anno da dimenticare! Ho iniziato l’anno infortunata. Ho ripreso ad inizio marzo, ma mi sono subito fermata per un’infiammazione al tendine d’Achille. Da novembre 2018 ad aprile 2019 ho corso pochissimo. A maggio ho comunque voluto partecipare ai campionati italiani dei 10.000 in pista, che sono andati male perché non ero pronta, ma volevo farli, volevo esserci. Questa estate è stato il periodo migliore, ho utilizzato le mie ferie per andare a Livigno ed allenarmi con gli Italiani che si stavano preparando per Doha. È stata un’esperienza bellissima. Il mio obiettivo era la maratona di Francoforte. Sono arrivata alla gara allenata, i risultati si vedevano, ma purtroppo sono crollata di testa! Mi sono fatta influenzare troppo dalle critiche che avevo ricevuto in quel periodo, mi dicevano che mi allenavo in modo scorretto, che correvo malissimo, etc…  In quella gara volevo dimostrare che si sbagliavano, ma invece sono stata come sopraffatta da tutta quella negatività ed ho ceduto. Poi si sono aggiunti altri fattori il freddo, la fame, le vesciche etc… ma la vera crisi è stata mentale. Quelle critiche mi hanno fatto segnato negativamente, ho corso con l’obiettivo di voler dimostrare a quelle persone che avevano torto, mentre io ho sempre gareggiato per il piacere di correre, per me stessa. Mi sono ritirata perché non volevo chiuderla male, ero andata per fare il personale, ho pensato: “piuttosto ne faccio un’altra in Italia”. Mi è capitato un paio di volte in carriera di ritirarmi in gara per infortunio, ma mollare così è stato molto peggio.”

Capisco quello che Teresa mi vuole dire, è proprio vero, quando facciamo qualcosa per dimostrare agli altri perdiamo di vista il vero obiettivo, cioè noi stessi. Stare bene e fare quello che ci fa piacere.

Come hai fatto a riprenderti? Recuperare “la testa” forse è una delle cose più difficili.

“È stato bruttissimo, era la prima volta che mi capitava. Non sapevo neanche io come fare e cosa fare. Ho cercato semplicemente di dimenticare e di concentrarmi su altre gare, la mezza di Palmanova e la maratona di Reggio Emilia. Lì sono proprio partita con l’idea di vincere, non mi interessava il tempo, anche perché il percorso non è facilissimo. Sono stata in terza posizione per gran parte della gara, per poi riprendere le prime due e tagliare per prima il traguardo. È stata una grande gioia e mi ha permesso di chiudere bene il 2019.

Obiettivi per il 2020?

“I Campionati Italiani di Mezza maratona di Verona e una maratona in primavera, molto probabilmente Milano, con la ricerca del personale: vorrei avvicinarmi il più possibile a 2h e 35’. Anche 2h e 36’ andrebbe bene!” ci ripensa e dice ridendo “meglio 2h e 35’ e 59”. Però, sai, in maratona non è mai detto. Quello che premia è sicuramente la continuità che io sono riuscita ad avere solo da maggio in poi. Comunque se il tempo non arriva a Milano, non mi fermerò, ci riproverò!”

Sono sicura che il PB per Teresa arriverà presto, grazie alle gambe ma soprattutto grazie alla sua testa! Se vi capiterà di incontrarla a qualche gara andate a conoscerla, il suo sorriso che riflette l’amore, la dedizione e l’entusiasmo per la corsa è contagioso.

Ultimi commenti dei lettori

Vai a inizio pagina